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    Aumentano gli stipendi statali: da aprile scatta l’indennità di vacanza contrattuale

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    A partire dal mese di aprile, i dipendenti pubblici vedranno un incremento nelle loro buste paga grazie all’attivazione della nuova indennità di vacanza contrattuale. Questo meccanismo di compensazione ha l’obiettivo di sostenere il potere d’acquisto dei lavoratori durante il periodo di transizione tra la scadenza di un contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl) e il rinnovo del successivo.Gli importi previstiL’importo dell’indennità varia in base al ruolo e alla fascia di appartenenza. Per il personale ministeriale, ad esempio, il beneficio economico oscilla tra i 16 e i 46 euro mensili. La Ragioneria Generale dello Stato ha già stabilito gli importi relativi ai Ccnl del triennio 2025-2027, sebbene le trattative per il rinnovo non siano ancora iniziate. Infatti, sono ancora in corso le negoziazioni per i contratti relativi al periodo 2022-2024, con l’eccezione di quello delle funzioni centrali, sottoscritto a gennaio.Le dinamiche delle trattative sindacaliIl percorso per il rinnovo dei contratti pubblici si presenta complesso, con i sindacati Cgil e Uil che continuano a fare pressione per ottenere maggiori risorse per i comparti della sanità e delle funzioni locali. Tuttavia, le risorse economiche a disposizione del governo sono limitate, rallentando il processo di negoziazione. Nel frattempo, i dati dell’Aran evidenziano come gli aumenti salariali previsti dai nuovi contratti abbiano consentito agli stipendi pubblici di mantenere il passo con l’inflazione.L’indennità in dettaglioDa aprile a giugno, l’indennità di vacanza contrattuale corrisponderà allo 0,6% dello stipendio tabellare, per poi salire all’1% a partire da luglio. Questo incremento si traduce in un aumento mensile che può arrivare fino a 46,23 euro per i dirigenti di prima fascia delle funzioni centrali, mentre le elevate professionalità riceveranno 28,86 euro. I funzionari vedranno un incremento di 21,14 euro, gli assistenti poco più di 17 euro e gli operatori 16,54 euro.Nel comparto sanitario, un dirigente medico potrà percepire fino a 36,17 euro, mentre un assistente riceverà circa 17,86 euro. Per il personale scolastico, gli importi varieranno tra i 13,69 e i 36,17 euro, mentre nel settore universitario l’oscillazione sarà tra i 16,64 e i 36,17 euro. Gli enti di ricerca registreranno importi più elevati, con i dirigenti che potranno percepire fino a 78,54 euro.Prospettive future e impatto economicoSecondo le previsioni, gli aumenti salariali garantiti dal Ccnl 2025-2027 varieranno tra il 5,4% e il 7,2%, con un incremento stimato del 7,1% per le funzioni centrali. Considerando il periodo 2019-2027, l’Aran ha calcolato un aumento retributivo medio di 562 euro per i ministeriali, 530 euro per gli infermieri e 395 euro per i dipendenti degli enti locali. LEGGI TUTTO

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    Ventimila agricoltori in piazza a Parma contro la carne sintetica

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    Sono ventimila gli agricoltori della Coldiretti giunti a Parma per manifestare davanti alla sede dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA). La mobilitazione, guidata dal presidente nazionale Ettore Prandini e dal segretario generale Vincenzo Gesmundo, ha visto la partecipazione di numerosi rappresentanti del settore agricolo, amministratori locali e associazioni di categoria. Il corteo ha sfilato pacificamente per chiedere maggiori garanzie sulla sicurezza degli alimenti coltivati in laboratorio e una regolamentazione più stringente per la carne sintetica.Secondo Coldiretti, la ricerca su questi nuovi prodotti non può procedere senza un’adeguata verifica dei potenziali rischi per la salute. «Siamo qui per difendere il diritto dei cittadini a un’alimentazione sicura e trasparente», ha dichiarato Prandini. «Chiediamo che la carne coltivata sia regolamentata come un farmaco e non come un alimento, affinché vengano effettuati studi clinici e preclinici prima della sua commercializzazione». Gli ha fatto eco Gesmundo, ribadendo che «non si può sacrificare la sicurezza alimentare in nome di interessi industriali e speculativi».I manifestanti hanno esposto cartelli con slogan come “Cibo dalle campagne, non dai laboratori” e “I cittadini europei non sono cavie”, sottolineando la necessità di un’Europa che ascolti le istanze degli agricoltori e non solo quelle delle multinazionali. L’iniziativa ha ricevuto il sostegno di esponenti di altre organizzazioni agricole europee, oltre a numerosi enti locali e associazioni di consumatori. LEGGI TUTTO

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    Lavoro, il programma Gol ha raggiunto il 65% del suo target

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    Il programma Gol (Garanzia obiettivo lavoro) ha raggiunto il 65% del suo target finale, con 1,9 milioni di beneficiari su un obiettivo di 3 milioni. Tra questi, 800.000 persone partecipano a percorsi di formazione professionale, di cui 300.000 incentrati sulle competenze digitali. Il progetto, attuato dalle Regioni e dalle Province autonome, si rivolge principalmente a disoccupati, percettori di ammortizzatori sociali o di misure di sostegno al reddito, nonché a lavoratori fragili, con l’obiettivo di promuovere percorsi personalizzati di politica attiva del lavoro.Uno degli obiettivi è il potenziamento dell’80% dei Centri per l’impiego, attraverso il miglioramento della qualità dei servizi, l’analisi dei fabbisogni di competenze e la definizione di piani formativi individuali. Tuttavia, è stato segnalato un avanzamento finanziario limitato, con un utilizzo delle risorse ripartite pari solo al 9,3%. Questo ha spinto il governo a valutare una rimodulazione dei fondi residui verso altri progetti virtuosi nell’ambito delle politiche attive per il lavoro, con particolare attenzione all’occupazione nel Mezzogiorno.È quanto è emerso lunedì scorso a Palazzo Chigi nel corso della Cabina di regia del Pnrr dedicata alla missione Inclusione e coesione, presieduta dal Ministro per gli Affari europei, Tommaso Foti. All’incontro hanno partecipato il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, i presidenti delle Regioni e i rappresentanti della Conferenza delle Regioni. Per facilitare gli enti locali nella verifica dei cronoprogrammi e nel raggiungimento degli obiettivi è stata predisposta un’attestazione che certifichi lo stato di attuazione del programma Gol, sia in termini di target che di avanzamento finanziario. Questo strumento consentirà di chiarire l’effettivo avanzamento delle attività e di proporre soluzioni condivise per l’ottimizzazione delle risorse disponibili. LEGGI TUTTO

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    “Il Reddito di cittadinanza ha fallito”. L’affondo della Calderone sull’iniziativa dei 5Stelle

    “Io credo che il Reddito di cittadinanza, per come è stato strutturato, per come è stato utilizzato e per le sue finalità, non quelle dichiarate, ma quelle che si sono realizzate nel corso del tempo, non è comparabile con gli strumenti che noi abbiamo messo in campo”, l’Assegno di inclusione e il Supporto formazione e lavoro. Così la ministra del Lavoro e delle Politiche sociali, Marina Calderone, a margine del convegno Adapt “Giovani e lavoro: l’attualità del pensiero di Marco Biagi”, rispondendo ad una domanda sul report Istat.”Noi abbiamo fatto una valutazione degli elementi che portavano a dire che il Reddito di cittadinanza aveva fallito rispetto agli obiettivi, perlomeno quello di promuovere le politiche attive, quindi l’inserimento lavorativo delle persone. Sappiamo – ha proseguito – che in questi termini 35 miliardi di investimento non hanno prodotto dei risultati consistenti, certi, in termini di occupazione, ma invece hanno prodotto un accompagnamento nel mantenimento del sussidio. Per quello noi abbiamo fatto una scelta diversa, abbiamo individuato due strumenti, uno che è l’Assegno di inclusione, riconosciuto alle situazioni di fragilità: non dimentichiamo che oltre ad essere rivolto ai cittadini over 60, a chi ha nel nucleo familiare un disabile o figli minori, è riconosciuto anche a chi ha altri bisogni complessi e altre difficoltà, per esempio le donne vittime di violenza oppure le vittime di caporalato”.Oltre alle politiche attive, “bisogna guardare a quello che è effettivamente il risultato dell’Assegno d’inclusione che nel rispondere a queste esigenze restituisce invece una media superiore rispetto a quella del Reddito di cittadinanza. Inoltre, nel 2025 abbiamo aggiornato anche i valori Isee e i valori del reddito medio di riferimento proprio per fare in modo che si tenga conto anche di quella che è l’incidenza dell’inflazione sul potere d’acquisto”, ha concluso la ministra.Statistiche nuove, polemiche vecchieDa qualche anno l’Istat pubblica un report sulla redistribuzione del reddito per misurare dal punto di vista dell’equità sociale le politiche fiscali. L’analisi sul 2024 ha messo in evidenza molte ricadute positive delle scelte effettuate dal governo Meloni attuate l’anno scorso (riforma Irpef, taglio del cuneo fiscale fino a 35mila euro e bonus decontribuzione per le madri). Tuttavia, il dibattito mediatico-politico si è concentrato sull’unico aspetto controverso, ovvero il passaggio dal Reddito di cittadinanza (Rdc) all’Assegno di inclusione (Adi), che ha comportato una riduzione del reddito per circa 850mila famiglie, con una perdita media annua di circa 2.600 euro.Ne è seguita la solita litania di attacchi all’esecutivo da parte dei Cinque Stelle, inventori del sussidio (da Conte fino all’ultimo deputato tutti a concionare di «famiglie sul lastrico»), e anche la Cgil che ha accusato il governo di «cinismo» perché «risparmia sui poveri». È il caso di evidenziare che l’Rdc era una misura universale destinata a tutti coloro che avevano un Isee basso e che non avevano un lavoro, sia perché inoccupabili sia perché disoccupati. Poiché l’Adi si rivolge solo agli svantaggiati, già il paragone è poco calzante, mentre per gli occupabili c’è il Supporto formazione-lavoro, che è tutta un’altra cosa.I numeri parlano chiaroDa marzo 2019 a giugno 2023, l’Rdc è costato 32,3 miliardi di euro. Secondo il rapporto annuale della Corte dei Conti sulla gestione dell’Inps, il 50% dei beneficiari non possedeva i requisiti necessari per accedere alla misura, causando un danno stimato di 1,7 miliardi di euro tra il 2019 e il 2022 (per tacere di coloro che l’hanno fatta franca percependolo e lavorando in nero). Non è finita. La valutazione finale sulla misura effettuata l’anno scorso dal ministero del Lavoro ha evidenziato che, nonostante l’Rdc avesse raggiunto una platea ampia (2,4 milioni di nuclei familiari e 5,3 milioni di persone, secondo l’Istat), non solo non è riuscito a incidere significativamente sulla disoccupazione di lungo periodo, ma ha fallito clamorosamente anche il contrasto alla povertà, poiché solo nel 2021 si è raggiunto il 38% dei nuclei familiari in povertà assoluta, mentre negli altri anni il dato è stato sempre inferiore. A questo si aggiunge il fatto che il sistema dei Centri per l’impiego non è stato in grado di garantire un efficace accompagnamento al lavoro, lasciando molte persone nella stessa condizione iniziale. «I risultati non sono stati soddisfacenti», aveva commentato Natale Forlani, presidente del Comitato scientifico ministeriale che aveva effettuato l’analisi.Se si ritiene che la valutazione ministeriale non sia sufficientemente terza perché politica, esiste un altro studio realizzato dall’Irpet (Istituto regionale per la programmazione economica della Toscana), pubblicato dal sito La Voce, non certo tacciabile di simpatie meloniane. In estrema sintesi, il documento giunge alle stesse conseguenze del ministero: poiché si sovrappongono contrasto al disagio e politiche attive per il lavoro, l’Rdc non ha avuto un impatto significativo sull’occupazione dei beneficiari né in termini positivi né negativi. Semplicemente, la misura non ha incentivato con efficacia la ricerca attiva di lavoro né ha migliorato le opportunità occupazionali.I risultati positivi delle nuove politicheGrazie alla riforma Irpef e al taglio del cuneo fiscale, 11,8 milioni di famiglie italiane, pari al 45% del totale e al 78,5% di quelle con almeno un lavoratore dipendente, hanno beneficiato di un aumento medio del reddito disponibile pari a 586 euro all’anno. Particolarmente significativo l’impatto sulle lavoratrici madri, per le quali l’esonero totale dei contributi ha generato un beneficio medio annuo di oltre 1.000 euro, con punte di 1.800 euro per coloro con retribuzioni superiori a 35.000 euro.Inoltre, il numero di occupati è passato da 23,519 milioni a luglio 2023 a 24,037 milioni a dicembre 2024, con la creazione di 518mila nuovi posti di lavoro grazie a provvedimenti di decontribuzione e al taglio del cuneo fiscale. Il tasso di disoccupazione è sceso dal 7,9% al 6,5%, mentre il tasso di occupazione è aumentato dal 61,3% al 62,2%. LEGGI TUTTO