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    Meloni oggi in Parlamento sulle due guerre. Le opposizioni: «Stop armi a Israele»

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaTornerà a ribadire l’inaccettabilità dell’attacco subito da Unifil dalle forze armate israeliane, l’assoluta necessità che la sicurezza dei soldati in missione sia garantita. E, sempre sul fronte caldo della polveriera mediorientale, la convinzione che solo attraverso la piena applicazione della risoluzione 1701 si possa contribuire alla stabilizzazione del confine israelo-libanese. La premier Giorgia Meloni, attesa in mattinata al Senato e nel pomeriggio alla Camera per le comunicazioni in vista del Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre, ribadirà naturalmente anche il sostegno fermo dell’Italia all’Ucraina, al fianco di Kiev «fino a quando ce ne sarà bisogno» . E mentre i dem annunciano battaglia in Aula sugli hotspot in Albania – tra poche ore per la prima volta i centri di Schengjin e Gjiader apriranno le porte ai primi migranti in viaggio sulla nave Libra della Marina Militare – chi le è vicino si dice convinto che la presidente del Consiglio difenderà a spada tratta il lavoro portato avanti dal suo governo per arrestare l’emergenza migranti e il business «di trafficanti di vite umane, imprimendo un deciso cambio di passo anche a Bruxelles»Ipotesi viaggio della premier in Medio OrienteMa è sui due fronti di guerra aperti, in particolare sulla crisi in Medio Oriente, che la presidente del Consiglio intende focalizzare la parte più incisiva del suo intervento. Mentre da Palazzo Chigi arriva una timida conferma del viaggio imminente della premier – due o tre tappe al momento riservatissime – alla volta del Medio Oriente, di ritorno da Bruxelles. Bocche cucite sulla mete, ma, riferiscono autorevoli fonti all’Adnkronos, le ipotesi allo studio sarebbero due: Giordania e Libano, anche se, vista la difficile situazione dell’area, il viaggio non è ancora ’chiuso’, dunque non è detto che la presidente del Consiglio riesca a raggiungere entrambe le destinazioni.Loading…La risoluzione di maggioranzaDalla maggioranza si attende una risoluzione unitaria: tra gli altri impegni per il governo, la condanna dell’attacco iraniano a Israele ma anche lo sprone a lavorare per un immediato cessate il fuoco sul confine libanese (la cosiddetta Linea Blu), in ottemperanza alle risoluzioni Onu, e in prospettiva alla soluzione dei “due popoli due Stati”.Opposizioni in ordine sparso: stop armi a IsraeleSale intanto la tensione con le opposizioni che chiedono, in ordine sparso, di interrompere la fornitura di armi a Israele e, come ha fatto ieri la segretaria del Pd Elly Schlein, di riconoscere lo Stato di Palestina. Una richiesta che i dem inseriranno anche nella loro risoluzione. I 5 Stelle chiederanno di portare al tavolo europeo l’ipotesi di sanzioni a Israele, lo stop alla vendita di armi a Tel Aviv, oltre all’idea dell’istituzione di una commissione, in seno all’Ue, per accertare eventuali violazioni del diritto internazionale e umano. «Aiutiamo la popolazione e fermiamo l’export di armi verso Israele», scrive Giuseppe Conte sui social. Sul fronte ucraino, i 5 Stelle chiederanno anche di impedire l’uso di armi occidentali in territorio russo.Dopo la presa di posizione di Meloni nei confronti del premier israeliano Netanyahu, al quale la presidente del Consiglio ha ribadito che gli attacchi alle postazioni Unifil sul confine libanese sono inaccettabili, il presidente del Pd, Stefano Bonaccini, sottolinea che «Unifil deve restare dove c’è bisogno e ci manca solo che il governo Netanyahu pretenda di decidere lui dove le organizzazioni internazionali siano ad operare. Apprezzo le parole di Giorgia Meloni a Netanyahu. Secondo me come ha chiesto Elly Schlein bisognerebbe riconoscere lo Stato di Palestina». Da Avs è Angelo Bonelli a reiterare la richiesta dello stop di invio di armi a Israele: «I ripetuti attacchi contro civili palestinesi, la Croce Rossa, ospedali e postazioni Unifil sono veri e propri crimini di guerra, in palese violazione del diritto internazionale, di fronte ai quali non possiamo restare inermi. La premier Meloni deve richiamare immediatamente il nostro ambasciatore in Israele e proporre al Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre l’applicazione di sanzioni contro Israele, fermare l’esportazione di armi e riconoscere lo Stato di Palestina». Dai dem arrivano però anche le parole di Piero Fassino, che sottolinea che chi propone lo stop alle armi «ha il dovere di chiederlo per entrambi i contendenti, altrimenti, disarmando una parte si consentirebbe all’altra di continuare a colpire. Proporre l’embargo delle armi a Israele impone che, contemporaneamente, si chieda a Hezbollah di consegnare i propri arsenali militari a Unifil o all’esercito libanese o a un soggetto terzo neutrale». LEGGI TUTTO

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    Di Stefano: «L’Italia deve cambiare alla radice, l’Africa strategica per la crescita»

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaPiano Mattei e progetti per l’Africa sono al centro del 39esimo Convegno dei Giovani imprenditori di Confindustria, che quest’anno è intitolato: “Orizzonti. Impresa e sviluppo nel Mediterraneo”. Un tema declinato con particolare attenzione agli aspetti della formazione, università, lavoro e di energia. Ma con piglio attento anche su questioni interne, come il Piano strutturale di Bilancio e le prospettive economiche.Di Stefano: più capacità progettualeL’Italia «ha bisogno di cambiare alla radice» passando dai suoi fondamentali, e cioè «formazione, produttività, investimenti, innovazione, certezza del diritto, buona amministrazione». Fattori su cui intervenire con una serie di strumenti, dalla legge di bilancio ad un aumento della concorrenza alla realizzazione del Piano Mattei, partendo dal presupposto che l’asse del mondo si sta spostando da Nord-Ovest verso Sud-Est, con il Mediterraneo strategico per l’Italia e per l’Europa. «Costruiamo una nuova relazione con i Paesi del Mediterraneo e del continente africano», ha sollecitato Riccardo Di Stefano, presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria, aprendo il convegno di Capri. Con uno sguardo attento anche alle prossime scadenze del nostro Paese. Sul Piano strutturale di bilancio Di Stefano ha apprezzato la scelta di articolarlo in sette anni e agganciarlo alle riforme, «ma il quadro riformatore – ha detto – non è sufficientemente chiaro per un Paese ha bisogno di più capacità progettuale», aggiungendo che serve semplificare Transizione 5.0 «con la massima urgenza». «Abbiamo trovato la massima collaborazione nel governo – ha aggiunto – chiediamo che continui, una misura così utile non può essere sprecata». Bene il rigore dei conti, rendere strutturale il taglio al cuneo fiscale, le politiche abitative, la sperimentazione sui mini reattori, la semplificazione. «Nel quadro di questo piano strutturale le leggi annuali, come quella di bilancio o sulla concorrenza, faranno da tagliando. E speriamo non inizi l’era dei contributi volontari».Loading…«Avanti con il Piano Mattei»L’Africa, ha sottolineato Di Stefano, ha a disposizione quanto c’è di più prezioso, cioè energia e materie prime, «di cui l’Europa ha disperato bisogno per alimentare le transizioni, verde, digitale, aerospazio, difesa». Quindi avanti con il Piano Mattei: «ha un ampio raggio strategico, un nuovo approccio organico. Finalmente bene. Al momento c’è l’impianto, ma è necessario accelerare la fase di implementazione, dall’iter del provvedimento alla sua operatività», con la necessità che le imprese, cioè coloro che devono realizzare gli investimenti, «facciano parte in modo stabile della cabina di regia».Bernini: «Lavoriamo a un Piano Sud per dare continuità al Pnrr»«Nel Piano Mattei abbiamo coinvolto le grandi aziende – ha detto il ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini – come Leonardo, Eni, Acea, e con queste le imprese dell’indotto. Noi dobbiamo essere quelli che aprono le porte e che permettono alle imprese di agire. È vero che in Africa c’è già la Cina e che vi si affaccia l’India, ma hanno rapporti viziati da patologie di sistema che noi possiamo sanare con rapporti di partenariato». Bernini parla anche di un “Piano Sud”. «E’ un progetto – ha detto – destinato a dare continuità ai fondi del Pnrr, perché sono fondi cospicui ma è come un doping. Dopo il 2026 se non diamo loro continuità andiamo in crisi di astinenza quindi facciamo peggio. Allora dobbiamo strutturarci fin d’ora. Il piano Sud che noi stiamo facendo adesso, che si ricollega ovviamente al piano strategico che il governo sta facendo sulle zone Zes, è un piano che prevede l’utilizzo all’80% dei fondi di coesione sul Sud. Il che significa portare ricerca al Sud e c’è già, molto più di quanto si immagini».Lollobrigida e Calderone: «Italia apripista» e nuove competenze«Possiamo fare dell’Africa una grande occasione per le popolazioni africane prima di tutto, ma anche per lo sviluppo del nostro modello, delle nostre imprese», ha detto il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, intervenendo a Capri. Per Lollobrigida «l’Africa è un Paese con estese aree coltivabili, con giovani». E conclude: «L’Italia propone un percorso da offrire agli altri. Siamo tornati a essere un paese credibile». La ministra del Lavoro, Marina Calderone, ha poi annunciato «Per rispondere ai bisogni delle imprese, siamo prossimi alla pubblicazione del nuovo bando nuove competenze». LEGGI TUTTO

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    Auto, una mozione di maggioranza chiede di rivedere i tempi del Green deal

    Ascolta la versione audio dell’articolo1′ di letturaLa maggioranza ha depositato una mozione su automotive e Stellantis in cui si impegna il governo ad avanzare una proposta in sede Ue «per rivedere da subito il percorso del green deal», «a promuovere percorsi di transizione della filiera italiana dell’automotive non solo verso l’elettrico» ma anche verso altre «soluzioni tecnologicamente ecologiche», a «convocare i vertici Stellantis per chiarire i termini del piano industriale del gruppo in Italia» impegnando la società «a comunicare i dati dei dipendenti fuoriusciti dagli stabilimenti italiani attraverso la prassi (con accordi sindacali) delle dimissioni incentivate».Loading… LEGGI TUTTO

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    Caso Santanchè, per la truffa sui fondi Covid l’Inps sarà parte civile

    Ascolta la versione audio dell’articolo1′ di letturaL’Inps ha chiesto e ottenuto di costituirsi parte civile per i danni patrimoniali e di immagine nell’udienza preliminare, davanti al gup di Milano Tiziana Gueli, a carico della ministra del Turismo Daniela Santanchè e altri due imputati, tra cui il compagno Dimitri Kunz, e due società nel procedimento per truffa aggravata ai danni dell’ente sul caso Visibilia.L’accusaPer i pm, Visibilia Editore e Visibilia Concessionaria, società del gruppo fondato dalla senatrice di FdI (da cui ha dismesso cariche e quote nel 2022), hanno chiesto e ottenuto la cassa integrazione in deroga nel periodo della pandemia Covid per 13 dipendenti per 126mila euro, ma questi ultimi in realtà lavoravano.Loading…La richeista di patteggiamento di Visibilia SpaNella stessa udienza Visibilia Editore spa (a sua volta imputata) ha chiesto di patteggiare con il pagamento di una sanzione pecuniaria di 23mila euro, oltre al versamento dei soldi contestati nei verbali di accertamento dell’Inps.La difesa di Santanchè: trasferire il processo a RomaLa difesa della senatrice di FdI ha chiesto che il procedimento venga trasferito per competenza territoriale a Roma, sede dell’ente previdenziale. Sull’istanza difensiva il gup di Milano Tiziana Gueli deciderà il 23 ottobre.Santanchè: non sono preoccupataLa ministra si dimostra ottimista: «Escludo che arrivi un rinvio a giudizio oggi, poi sono qui per parlare di politica e non c’è niente di attinente per quanto riguarda la mia attività politica e di ministro» ha detto Santanchè rispondendo alle domande della stampa sulle vicende giudiziarie all’arrivo all’inaugurazione del Ttg Travel Experience, la fiera del turismo di Rimini. Ai cronisti che insistono e chiedono se è preoccupata ribatte: «Vi sembro preoccupata? Sono ottimista». LEGGI TUTTO

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    Psb, ok di Camera e Senato a risoluzione maggioranza. Giorgetti: spread giù di 100 punti grazie a credibilità governo

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaL’Aula della Camera ha approvato con 183 voti a favore, 118 contrari e 2 astenuti la risoluzione di maggioranza sul Piano strutturale di bilancio (Psb) il documento di finanza pubblica da inviare a Bruxelles. Mentre l’Aula del Senato ha dato il via libera al Psb con 95 sì, 66 no e 4 astenuti. Precluse, quindi, in entrambi i casi le risoluzioni presentate delle opposizioni, su cui il governo aveva dato parere contrarioPsb, maggioranza Camera: strutturali effetti taglio cuneo e accorpamento IrpefTra gli impegni che la maggioranza sollecita al Governo attraverso la risoluzione alla Camera sul Piano strutturale di bilancio, si legge che la manovra di bilancio deve prevedere «interventi che rendano strutturali gli effetti del taglio al cuneo fiscale sul lavoro e l’accorpamento delle aliquote Irpef su tre scaglioni già in vigore per l’anno in corso; iniziative a sostegno delle famiglie, con particolare riguardo a quelle numerose, e della genitorialità, anche con misure volte a supportare gli istituti per la conciliazione dei tempi lavorativi con le esigenze familiari; risorse per proseguire con il percorso avviato di rinnovo dei contratti del pubblico impiego; individuare fondi per sostenere la spesa sanitaria e mantenere gli investimenti pubblici in rapporto al PIL al livello registrato durante il periodo di vigenza del Pnrr». Nel documento si chiede anche di «adottare le riforme e gli investimenti pubblici negli ambiti indicati nel Piano»Loading…Giorgetti: voglio costruire credibilità, spread giù di 100 punti«Affrontiamo ogni manovra con il fardello del debito con i relativi oneri e interessi e io invidio miei colleghi europei che hanno un gravame pari alla metà e quando io come un mantra continuo a ripetere prudenza, responsabilità e cautela, qualcuno dice ’questo ha il disco rotto’: no, non è un disco rotto perché io voglio costruire una credibilità a questo governo e a questo paese che ci permetta come ci ha permesso di abbassare lo spread sul debito pubblico italiano di 100 punti base» ha detto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti intervenendo in aula alla Camera in replica alla discussione sul Psb.«Pil pro-capite cresce non Pil Italia, riflettere»«Stiamo diventando una società signorile di massa, in cui il pil pro capite sì cresce ma quello aggregato dell’Italia no. Questa è una riflessione che voglio fare qui, perché quando andremo tra qualche giorno a fare delle scelte in materia di legge di bilancio, abbiamo bisogno di guardare lungo, anche alle nuove generazioni» ha aggiunto Giorgetti. «Ribadisco qui che c’è un’evidente correlazione tra demografia e crescita del Pil», ha spiegato ancora: «Un paese come il nostro che decresce, perdiamo 300mila-400mila cittadini italiani ogni anno, non puoi immaginare una crescita al 3, 4 o 5%» LEGGI TUTTO

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    Liguria, per gli ultimi sondaggi testa a testa Orlando-Bucci

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaCon l’uscita dalla coalizione di centrosinistra da parte di Italia Viva, dopo il diktat di Conte, il voto del 27 e 28 ottobre in Liguria appare tutt’altro che scontato. Si va verso una battaglia all’ultimo voto e un esito al fotofinish. E questo nonostante le disavventure giudiziarie del governatore Giovanni Toti. Il contraccolpo causato dalla decisione di Toti di patteggiare una condanna a due anni e un mese sembra infatti in larga parte svanitoLa conferma arriva da due recenti sondaggi che descrivono entrambi lo stesso scenario. La rilevazione eseguita dall’Istituto Noto per Porta a Porta, vede Marco Bucci, candidato del centrodestra, superare di un soffio Andrea Orlando, candidato del centrosinistra. Il sindaco di Genova si attesta al 47,5 per cento e Orlando appena sotto, al 47 per cento. Dal sondaggio emerge inoltre che il voto si sta polarizzando. Infatti il candidato del centrodestra in 7 giorni ha aumentato i consensi dell’1,5 per cento mentre quello del centrosinistra ha guadagnato l’1 per, cento. Perdono consensi, invece i partiti minori che in sette totalizzano il 5,5, lasciando sul campo il 2,5 per cento rispetto alla scorsa settimana.Loading…Un altro sondaggio, realizzato da BiDiMedia, assegna a Bucci la stessa percentuale: 47,5 per cento contro il 47 per cento di Orlando e il 2 per cento a Nicola Morra, ex senatore M5S candidato per Uniti per la Costituzione. A livello di liste il primo partito è il Pd con il 25,9 per cento davanti a Fratelli d’Italia con il 20,2 per cento. Molto bene Vince Liguria, la lista civica di Bucci, al 10,4, davanti alla Lega (8 per cento) e Forza Italia (5,7 per cento). Mentre nel campo largo il M5s è dato al 7% e la lista civica a sostegno di Orlando al 4%Insomma, quella che sembrava una vittoria annunciata si è improvvisamente complicata con la discesa in campo di Bucci e con il divorzio da Italia viva. LEGGI TUTTO

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    Dall’autonomia alla legge sulla cittadinanza, qual è la posta in gioco dietro l’elezione del giudice costituzionale

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaNell’emiciclo di Montecitorio ieri è andata in scena l’ottava fumata nera sull’elezione del giudice mancante della Corte Costituzionale (che oggi lavora con 14 giudici rispetto ai 15 previsti). La premier Giorgia Meloni avrebbe voluto chiudere su Francesco Saverio Marini, consigliere giuridico di Palazzo Chigi nonché “padre” della riforma del premierato, ma il muro delle opposizioni – unite nel non partecipare al voto – e i numeri risicati per il via libera, alla fine, hanno suggerito la prudenza della scheda bianca per non “bruciare” il nome di Marini. Per il quorum, infatti, sarebbero servite 363 preferenze (tre quinti dei parlamentari) ovvero, al netto di assenti e possibili franchi tiratori, diverse in più rispetto ai numeri della maggioranza. Intanto, il tempo stringe: la casella da riempire è quella dell’ex presidente della Consulta, Silvana Sciarra, il cui mandato è terminato quasi un anno fa. Non solo. A metà dicembre scadranno altri tre giudici portando la Consulta alla soglia minima di 11 componenti.La posta in palioMa qual è la posta in palio dietro l’elezione del giudice mancante e in prospettiva degli altri giudici in scadenza della Consulta? La partita legata al nome di Marini va chiusa per il centrodestra prima del 12 novembre, giorno in cui la Consulta è chiamata a decidere sul ricorso in via diretta delle regioni di centrosinistra contro la legge Calderoli sull’Autonomia differenziata. Ma soprattutto a gennaio i giudici della Corte Costituzionale saranno chiamati a valutare l’ammissibilità di quesiti referendari sui quali l’opposizione (ad eccezione di quelli sul Jobs act) si è compattata. Sono sette i referendum che hanno superato le 500mila firme previste dalle legge. Due contro l’autonomia differenziata, uno sulla legge sulla cittadinanza (dimezati da 10 a 5 gli anni di residenza in Italia richiesti agli stranieri maggiorenni che chiedono la cittadinanza), quattro per cancellare la riforma del Jobs act, o quel che ne resta. Ora attendono il parere della Corte costituzionale sull’ammissibilità. Il “responso” è previsto per la metà di gennaio 2025.Loading…Le accuse dell’opposizioneLe opposizioni accusano il centrodestra di aver tentato il “blitz” prima di questi appuntamenti decisivi, spostando “a destra” gli equilibri della Corte. La Costituzione prevede che i cinque (su 15 totali) giudici di nomina parlamentare della Consulta siano eletti con voto segreto dalle Camera in seduta comune. E’ richiesta la maggioranza dei due terzi nei primi tre scrutini (403 voti sul totale dei 605 tra deputati e senatori in carica al momento) e di tre quinti dei componenti a partire dal quarto scrutinio (363 voti). Sono state fissate soglie alte affinché la nomina non sia appannaggio esclusivo della maggioranza. E per spingere a un’intesa bipartisan per una carica all’interno di un’organo che ha una funzione di garanzia costituzionale.Verso un’intesa bipartisanNei decenni è invalsa la prassi di riservare la designazione dei cinque giudici ai partiti in base ai rapporti di forza in Parlamento. Dopo il fallito blitz di ieri non sembra esserci spazio per forzature. E per uscire dall’impasse la strada sembra proprio quella dell’accordo bipartisan. E’ probabile infatti che a questo punto si attenderà che scadano altri tre giudici entro la fine dell’anno (lo stesso presidente Augusto Barbera, Franco Modugno e Giulio Prosperetti) per trattare tutto il “pacchetto”: uno a Fratelli d’Italia, uno a Forza Italia, uno alla Lega e uno alle opposizioni, che a loro volta però insisteranno per chiederne due LEGGI TUTTO

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    La crescita che manca ai conti pubblici

    Ascolta la versione audio dell’articolo1′ di letturaTra i tanti messaggi arrivati durante le audizioni dedicate alla valutazione del Piano strutturale di bilancio impostato dal governo ce n’è una che fa capire quanto sia stretto, strettissimo, il sentiero entro cui deve muoversi il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti.La crescita sarà dello 0,8%, parola di Banca d’Italia.Loading…Troppo poco per rendere coerente il quadro macroeconomico cui ha sempre pensato il Tesoro che scommetteva su un rilancio dell’economia di almeno un punto percentuale.Dunque l’aspetto tagli o nuove tasse diventa sempre più cogente.E ci sono due variabili di contesto rilevanti: la prima è che il quadro internazionale è quanto mai incerto visto il mondo in guerra; il secondo è che il Piano del Governo presuppone la piena attuazione dei programmi del Pnrr a cui è affidata la cloche per la crescita e gli investimenti. LEGGI TUTTO