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    Anche gli elefanti si salutano

    Caricamento playerGli elefanti sono da anni considerati una delle società animali più strutturate e complesse, come attestato da varie ricerche sui loro comportamenti, sulle loro relazioni di gruppo e sui modi in cui interagiscono. Uno studio pubblicato il 9 maggio scorso su Communications Biology, una rivista scientifica del gruppo Nature, ha ampliato le conoscenze sulla comunicazione tra gli elefanti africani e scoperto che diversi loro gesti in passato considerati casuali, tra cui scuotere le orecchie o muovere la coda in un certo modo, seguono uno schema e sono probabilmente parte di un articolato sistema di condivisione di informazioni all’interno del gruppo.
    Lo studio è stato condotto da un gruppo di ricerca dell’università di Vienna e dell’università di Portsmouth, che ha seguito per un mese un gruppo di nove elefanti in semi-cattività nella riserva Jafuta, vicino alle Cascate Vittoria, in Zimbabwe. Le osservazioni si sono concentrate in particolare sui saluti all’interno del gruppo, e hanno permesso di scoprire che è una circostanza in cui gli elefanti si esprimono in modo molto creativo. Dispiegano le orecchie o le scuotono per fare rumore, camminano all’indietro mostrando la parte posteriore del corpo, allungano la proboscide ed emettono versi a frequenze molto basse, simili a brontolii. Spesso urinano e defecano. Utilizzano insomma una grande varietà di gesti visivi, tattili e acustici, e anche segnali olfattivi: una comunicazione detta “multi-modale”.
    Gli elefanti africani di savana (Loxodonta africana) sono gli animali terrestri viventi più grandi al mondo: possono arrivare a circa 4 metri di altezza al garrese e a un peso di 7 tonnellate. Si distinguono facilmente da quelli asiatici per le orecchie molto grandi, che permettono loro di disperdere il calore corporeo durante la stagione secca. E vivono in gruppo e in grandi spazi aperti: condizione che rende più semplice stimare la popolazione complessiva (circa 415mila individui) e la composizione di ogni nucleo familiare, di solito guidato da una matriarca e formato da una decina di femmine e dai loro cuccioli.

    Gli elefanti africani vivono in società di “fissione-fusione”, un’espressione utilizzata in etologia per indicare organizzazioni complesse – tipiche degli scimpanzé – in cui le dimensioni e la composizione del gruppo, e anche le relazioni al suo interno, cambiano nel tempo. Gli individui si uniscono in un gruppo unico quando dormono o si spostano per lunghi tragitti, per esempio, e si dividono in gruppi più piccoli durante il foraggiamento diurno. Possono quindi trascorrere un certo periodo di tempo, più o meno lungo, senza vedersi.
    Un gruppo di elefanti in fila nel Parco nazionale di Amboseli, in Kenya (AP Photo/Ben Curtis)
    Il gruppo ha scoperto che le combinazioni di versi e gesti di saluto reciproco tra gli elefanti cambiano a seconda di quanto tempo è trascorso dall’ultima volta che i due individui si sono incontrati. E i gesti cambiano anche a seconda che un individuo stia prestando attenzione all’altro oppure no: quando uno dei due elefanti cerca di richiamare l’attenzione utilizza più spesso gesti tattili e uditivi, come sventolare le orecchie, mentre i gesti visivi silenziosi, come dondolare la proboscide, sono utilizzati quando i due si guardano a vicenda. Queste condizioni hanno permesso al gruppo di ricerca di dedurre l’intenzionalità comunicativa dei gesti, alcuni dei quali erano stati invece considerati casuali e irriflessi in precedenti ricerche.

    Uno dei mezzi di comunicazione più noti e studiati negli elefanti è un loro brontolio che produce infrasuoni, cioè frequenze così basse da non essere percepibili dagli esseri umani. Gli elefanti percepiscono le vibrazioni con le loro enormi orecchie, ma anche via terra, tramite le zampe, e utilizzano quindi gli infrasuoni per condividere informazioni anche a chilometri di distanza. Hanno una vista relativamente scarsa ma un olfatto molto sviluppato, che permette loro di fiutare attraverso la proboscide informazioni su altri individui come l’età e la parentela. Molte ricerche si sono tuttavia concentrate sull’olfatto o sull’udito, separatamente, trascurando l’integrazione dei sensi e la combinazione dei diversi gesti comunicativi a distanze ravvicinate.
    Per studiarne meglio i comportamenti durante i saluti il gruppo di ricerca ha selezionato in particolare tre coppie di elefanti che erano molto amici tra loro. Ha separato ogni volta i due individui per circa una decina di minuti, per poi riunirli e osservarli. L’analisi dei dati ha fatto emergere alcuni schemi e sequenze di saluti ricorrenti: la combinazione più comune era un brontolio molto basso e una sventagliata con le orecchie. Era utilizzata prevalentemente dalle femmine, in linea con quanto emerso da altre ricerche su gruppi di elefanti in natura.

    «Proprio come potrei agitare io una mano e urlare “Hey!” verso un amico dall’altra parte della strada, anche gli elefanti combinano apparentemente segnali di comunicazione appropriati quando salutano i loro amici», ha detto a Live Science commentando lo studio Robbie Ball, ricercatore in psicologia cognitiva e comparata alla City University of New York.
    Durante i saluti gli elefanti osservati dal gruppo di ricerca utilizzavano in particolare l’olfatto, tra tutti i sensi: non solo urinavano e defecavano, ma secernevano sostanze attraverso le ghiandole temporali, che si trovano tra gli occhi e le orecchie. Su 89 saluti annotati dal gruppo, il 71 per cento riguardava comportamenti olfattivi. Da precedenti ricerche è noto che tramite le secrezioni delle ghiandole temporali, ma anche tramite i brontolii, gli elefanti sono in grado di comunicare informazioni come la loro identità individuale, l’età e lo stato riproduttivo.

    È anche possibile che gli elefanti urinassero o defecassero durante i saluti semplicemente per l’eccitazione di rivedersi, ha detto a Reuters Vesta Eleuteri, una delle autrici dello studio. Il fatto però che spostassero la coda di lato o la agitassero, mentre urinavano o defecavano, suggerisce che possa essere un modo di invitare il destinatario ad annusare le feci e l’urina. «Forse non hanno bisogno di dirsi a vicenda come stanno, dato che possono sentirlo dall’odore», ha detto Eleuteri.
    La speranza condivisa da Eleuteri e dal resto del suo gruppo è che studi del genere possano contribuire, sul lungo periodo, a estendere un repertorio di gesti degli elefanti e a saperne di più sul modo in cui comunicano. Come ricordato nello studio, gli elefanti vivono in organizzazioni sociali articolate: i gruppi familiari si separano e si ritrovano di continuo, e ogni individuo deve tenere traccia delle proprie relazioni con gli altri. Considerando che gli elefanti possono vivere fino a 70-80 anni, avere molti incontri in un arco di tempo così lungo potrebbe essere in relazione con la necessità di sviluppare forme di comunicazione complesse. LEGGI TUTTO

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    Forse è stato risolto il mistero dell’origine dei baobab

    Caricamento playerDopo anni di studio, un gruppo di ricerca ha ricostruito la storia evolutiva dei baobab e dice di avere risolto il mistero sulla loro particolare distribuzione sulla Terra. Questi grandi alberi, famosi per il loro tronco molto spesso rispetto a fronde in proporzione piccole e corte, avrebbero avuto origine nel Madagascar e non nell’Africa continentale come si pensava inizialmente. Alcune sue specie si sarebbero diffuse in seguito sul continente africano e in Australia grazie alla diffusione dei loro semi attraverso l’oceano Indiano.
    L’origine dei baobab (Adansonia) è discussa da tempo proprio per la particolare distribuzione geografica delle loro specie. Ne esistono otto in tutto il mondo: sei sono presenti in Madagascar, una nell’Africa continentale e una nell’Australia nord-occidentale. Per diverso tempo vari gruppi di ricerca avevano ipotizzato che la pianta avesse avuto origine nel continente africano e che da lì si fosse poi diffusa altrove, con l’evoluzione di nuove specie. Non era però chiaro come fosse avvenuta la diffusione e non c’erano nemmeno grandi elementi per sostenere che la specie originaria fosse quella ancora oggi esistente in Africa.
    Insieme al suo gruppo di ricerca, il botanico Tao Wan del Giardino botanico di Wuhan dell’Accademia cinese delle scienze ha effettuato un’analisi genetica di tutte le otto specie conosciute di baobab e ha poi incrociato i dati ottenuti, ricostruendo la storia nel corso di milioni di anni di questi alberi. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Nature, dice che l’antenato comune degli odierni baobab ebbe origine in Madagascar circa 21 milioni di anni fa, differenziandosi poi nel corso del tempo nelle diverse altre specie presenti sull’isola anche a causa di fattori ambientali, come variazioni della temperatura media, attività vulcaniche e diffusione a varie altitudini delle piante.
    Secondo il gruppo di ricerca, alcune mutazioni casuali nel materiale genetico favorirono gli alberi i cui fiori erano facilmente raggiungibili da alcune specie di grandi impollinatori, come i pipistrelli della frutta e alcuni piccoli primati. Questo portò a una loro maggiore diffusione e alla successiva differenziazione delle piante nelle specie che osserviamo oggi.
    Lo studio ipotizza che circa 12 milioni di anni fa due specie di baobab tipiche del Madagascar raggiunsero l’Africa continentale e l’Australia, dove si evolsero poi diventando le specie che possiamo osservare oggi e con caratteristiche specifiche che le distinguono da quelle del Madagascar. L’ipotesi è che i loro semi furono trasportati insieme a frammenti della vegetazione dalla corrente che nell’oceano Indiano circola in senso antiorario tra Australia, Asia meridionale e costa orientale dell’Africa.
    L’analisi genetica ha inoltre permesso di rilevare una bassa diversità genetica in due specie di baobab tipiche del Madagascar, tale da mettere a rischio la loro sopravvivenza; una terza specie è considerata a rischio per i numerosi incroci con un’altra più diffusa e che potrebbe soppiantarla. Le tre specie erano già note per essere in pericolo e sono considerate a rischio di estinzione come del resto molte altre, sia vegetali sia animali, in Madagascar a causa delle attività umane. LEGGI TUTTO

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    Il clima di un pezzo di Africa cambierà grazie alla “Grande muraglia verde”?

    Caricamento playerDal 2007 undici paesi stanno portando avanti un progetto molto ambizioso per influenzare il clima (e quindi l’abitabilità) e lo sviluppo economico di un grosso pezzo di Africa: la realizzazione di una grande striscia di vegetazione lunga più di 7mila chilometri tra Dakar, in Senegal, sulla costa occidentale del continente, e Gibuti, la capitale del paese omonimo, sulla costa orientale. Il progetto si chiama “Grande muraglia verde”, e i risultati di una simulazione da poco pubblicati sulla rivista scientifica One Earth dicono che porterà un aumento delle precipitazioni medie e una diminuzione della durata dei periodi di siccità.

    Nell’idea iniziale, che risale agli anni Ottanta e a Thomas Sankara, leader carismatico e primo presidente del Burkina Faso, la Grande muraglia verde doveva essere davvero una specie di lunga barriera di alberi. Si riteneva che avrebbe potuto arginare un processo che avrebbe reso il Sahel, l’arida regione a sud del Sahara, più simile al deserto vero e proprio. Poi il progetto venne corretto tenendo conto di analisi scientifiche aggiornate e dei vantaggi socio-economici di foreste, praterie e terre coltivate per la popolazione locale. Nella forma attuale il progetto prevede di realizzare un “mosaico” di terreni coperti da vari tipi di vegetazione che dovrebbe occupare 1 milione di chilometri quadrati, più o meno la stessa superficie di Francia e Germania messe insieme, entro il 2030. In parte saranno riforestati piantando nuovi alberi, in parte coltivati.
    I principali paesi coinvolti sono, da est a ovest, Gibuti, Eritrea, Etiopia, Sudan, Ciad, Niger, Nigeria, Mali, Burkina Faso, Mauritania e Senegal, e il progetto è stato approvato dall’Unione Africana, l’organizzazione internazionale di paesi africani che ha per modello l’Unione Europea.
    Una zona forestata nel Sahel senegalese, l’11 luglio 2021 (REUTERS/Zohra Bensemra)
    Lo studio uscito su One Earth è stato fatto da Roberto Ingrosso e Francesco Pausata, due climatologi italiani che lavorano all’Università del Québec, in Canada, ed è il primo ad aver valutato i possibili impatti sul clima del Sahel della versione più aggiornata della Grande muraglia verde. È basato su modelli di simulazione climatica con una risoluzione spaziale di circa 13 chilometri: mostrano rappresentazioni dei fenomeni atmosferici su superfici minime di 169 chilometri quadrati, cioè con un buon approfondimento tenendo conto dell’ampiezza complessiva del territorio interessato.
    Le simulazioni sono state fatte tenendo conto di diverse densità di vegetazione che si potrebbero ottenere con la Grande muraglia verde. E sono stati considerati due diversi scenari di cambiamento climatico globale: quello in cui grazie alle politiche di contrasto alle emissioni di gas serra si raggiungono gli obiettivi più ambiziosi dell’Accordo sul clima di Parigi del 2015, e quello in cui invece le emissioni continuano ad aumentare e l’atmosfera del pianeta a riscaldarsi. Per entrambi gli scenari, nel caso di un aumento significativo della densità di vegetazione, Ingrosso e Pausata hanno previsto un aumento delle precipitazioni in alcune zone del Sahel, una diminuzione dei periodi di siccità e delle temperature estive.
    Al tempo stesso però i modelli indicano che in relazione alla Grande muraglia verde ci sarà un maggior numero di giorni dell’anno con temperature estremamente alte, in particolare prima della stagione delle piogge. «Questi risultati sottolineano gli effetti contrastanti della Grande muraglia verde», spiega lo studio, «e dunque la necessità di fare valutazioni complessive nel decidere politiche future». Gli effetti saranno diversi a livello locale e se complessivamente la regione sarà meno arida – posto che effettivamente si riesca a ottenere una buona densità di vegetazione con il progetto – in alcune zone aumenteranno i giorni con temperature molto alte, cosa che può avere effetti rilevanti per la popolazione.
    Illustrazione dallo studio di Roberto Ingrosso e Francesco Pausata: in verde l’area interessata dalla Grande muraglia verde, in azzurro quella in cui è stato previsto un potenziale aumento delle precipitazioni. Le nuvole indicano le zone in cui potrebbero diminuire i periodi di siccità, i termometri quelle in cui potrebbero registrarsi temperature massime più alte
    Nel Sahel così come nel Sahara le precipitazioni sono legate all’intensità del monsone dell’Africa occidentale, quel sistema periodico di perturbazioni che interessa la regione tra giugno e ottobre e a cui si deve la sopravvivenza di milioni di persone. Dagli anni Settanta in poi però questa parte dell’Africa è diventata meno ospitale a causa di intense siccità, molto probabilmente legate all’aumento della temperatura superficiale dell’oceano Atlantico, oltre che al modo in cui il territorio è stato sfruttato. L’idea di usare la vegetazione per contrastare questi effetti nasce dal fatto che le piante contribuiscono a conservare l’acqua nel suolo e con i loro processi biologici influenzano anche la quantità di umidità nell’aria.
    È inoltre possibile che l’aumento del suolo coperto da foreste riduca la forza dei venti sulla regione, dice lo studio di Ingrosso e Pausata, e per questo contribuisca a un aumento di precipitazioni.
    Un rapporto del 2020 della Convenzione contro la desertificazione delle Nazioni Unite (UNCCD) ha cercato di stimare in quale misura l’obiettivo fissato per il 2030 sia già stato raggiunto: non è chiarissimo perché i confini dei territori coinvolti non sono stati fissati in modo inequivocabile, quindi si è parlato di una percentuale compresa tra il 4 e il 18 per cento, sulla base delle informazioni fornite dai paesi coinvolti. Nel 2021 le Nazioni Unite hanno promesso un consistente finanziamento del progetto per accelerarlo: sono stati annunciati 14,3 miliardi di dollari di finanziamento entro il 2025, di cui 2,5 sono stati consegnati tra il 2021 e il 2023.
    I lavori per la creazione di un giardino che fa parte della Grande muraglia verde a Boki Diawe, in Senegal, il 10 luglio 2021: questo genere di giardini prevede di piantare piante adatte a condizioni climatiche aride all’interno di buche circolari che permettono di sfruttare al meglio le risorse idriche (REUTERS/Zohra Bensemra)
    Al di là delle risorse economiche necessarie per portarla avanti, la Grande muraglia verde ha altri ostacoli, di natura politica e di sicurezza. Infatti nel Sahel sono attivi molti gruppi terroristici, come il nigeriano Boko Haram, e in alcune zone ritenute particolarmente pericolose sia le organizzazioni che si stanno occupando di riforestazione che gli abitanti locali sono restii a portare avanti i progetti legati alla Grande muraglia verde.

    – Leggi anche: Oscurare il Sole contro il riscaldamento globale è una buona idea? LEGGI TUTTO

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    Le foto del Safari in Sudafrica di Ilary Blasi insieme al compagno Bastian Muller

    Le foto del Safari in Sudafrica di Ilary Blasi insieme al compagno Bastian Muller…

    2.CapetownLa prima tappa è stata Capetown tra paesaggi, scogliere e pinguini.

    3.Il bikiniBellissima in bikini, Ilary mostra il fisico scolpito e un sorriso sereno.

    4.Look casualPer viaggiare la Blasi indossa abiti comodi, ma sempre fashion.

    5.Il SafariLa romana 42enne e il tedesco 36enne si godono le bellezze naturalistiche al Kruger National Park, che si trova nel nord-est del Sudafrica. Il parco è di una bellezza mozzafiato: montagne, pianure di arbusti e foreste tropicali fanno tutte parte del paesaggio.

    6.Gli animaliNella riserva c’è un’altissima densità di animali selvatici. Ilary e Bastian in una jeep scoperta, accompagnati dalla guida, rimangono a bocca aperta osservando leoni, leopardi, rinoceronti, elefanti e bufali. Al Kruger sono presenti anche diverse specie di uccelli come avvoltoi, aquile e cicogne e altre centinaia di mammiferi.

    7.La coppiaNiente turba il loro rapporto, neppure le notizie che arrivano dall’Italia sul processo che vedrà la presentatrice contro Totti in tribunale. Nella nuova udienza il giudice dovrebbe decidere chi ha tradito per primo. L’ex Letterina ostenta la sua serenità: non teme nulla.

    8.Il look in rossoNonostante i look comodi Ilary non rinuncia a stupire e sfoggia un outfit in rosso. LEGGI TUTTO

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    Ilary Blasi e il fidanzato Bastian continuano la romantica vacanza in Africa: ora il Safari tra i leoni nella Savana, foto

    La conduttrice 42enne e il compagno 36enne al Kruger National Park
    I due prima tra gli animali selvatici sulla jeep, poi dormono in un lodge lussuosissimo

    Ilary Blasi e il fidanzato Bastian Muller non sono ancora tornati a casa. I due proseguono la loro romantica vacanza in Africa. La conduttrice e il compagno nelle storie su Instagram mostrano l’avventuroso Safari tra leoni e altri animali selvatici presenti nella Savana.
    Ilary Blasi e il fidanzato Bastian continuano la romantica vacanza in Africa: ora il Safari tra i leoni nella Savana
    La romana 42enne e il tedesco 36enne si godono le bellezze naturalistiche al Kruger National Park, che si trova nel nord-est del Sudafrica. Il parco è di una bellezza mozzafiato: montagne, pianure di arbusti e foreste tropicali fanno tutte parte del paesaggio. 

    La conduttrice 42enne e il compagno 36enne al Kruger National Park
    Nella riserva c’è un’altissima densità di animali selvatici. Ilary e Bastian in una jeep scoperta, accompagnati dalla guida, rimangono a bocca aperta osservando leoni, leopardi, rinoceronti, elefanti e bufali. Al Kruger sono presenti anche diverse specie di uccelli come avvoltoi, aquile e cicogne e altre centinaia di mammiferi.
    Ilary nel lodge dove la coppia alloggia
    Il Safari si conclude la sera, che è già buio. La Blasi e Muller fanno così ritorno nel lussuosissimo lodge dove hanno scelto di alloggiare. Lei mostra il ‘talamo’, il letto matrimoniale dove dormiranno insieme. Prima si rifocillano in coppia e si mostrano insieme.
    I due la sera insieme in attesa di cenare
    Niente turba il loro rapporto, neppure le notizie che arrivano dall’Italia sul processo che vedrà la presentatrice contro Totti in tribunale. Nella nuova udienza il giudice dovrebbe decidere chi ha tradito per primo. L’ex Letterina ostenta la sua serenità: non teme nulla. LEGGI TUTTO

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    Elisabetta Gregoraci e Flavio Briatore col figlio Nathan in Africa per trascorrere il Natale tra caldo e mare: guarda

    La showgirl ha già indossato il bikini: le festività solo ancora una volta con l’ex marito
    Ha trascorso qualche giorno a Firenze dal fidanzato, poi a Roma per salutare i famigliari e via in Kenya

    Certe abitudini rimangono punti fermi nella propria vita. Elisabetta Gregoraci è volata in Kenya insieme a Flavio Briatore e al loro figlio Nathan. I tre sono in Africa per trascorrere, come ogni anno, il Natale tra caldo e mare.
    Elisabetta Gregoraci e Flavio Briatore col figlio Nathan in Africa per trascorrere il Natale tra caldo e mare
    La showgirl racconta tutto nelle sue storie, lo stesso fa anche l’imprenditore 73enne. Eli e l’ex marito hanno viaggiato su un volo privato per raggiungere il loro posto del cuore insieme al 13enne, frutto del loro amore passato. La 43enne ha già indossato il bikini per stendersi sotto i raggi del sole e prendere la tintarella.

    La showgirl ha già indossato il bikini: le festività solo ancora una volta con l’ex marito
    La calabrese saluta i follower in una clip. “Buongiorno a tutti voi da questo paradiso. Non siate invidiosi perché mi vedere in costume da bagno”, dice. Racconta di aver fatto “un sogno bruttissimo che mi riguarda e spero non si avveri mai”. E’ pronta a godersi in pieno relax le festività che arriveranno nei giorni a seguire.
    L’imprenditore 73enne passeggia in spiaggia, davanti al suo resort
    Flavio riprende l’immensa spiaggia davanti al suo resort, si fa anche vedere mentre pulisce un tappeto accanto ai due lavoranti. E’ tutto preso a fare del suo meglio e sottolinea: “Ci vuole olio di gomito”.
    Lusso e grandi comodità per i tre
    La sera Elisabetta sta seduta a tavola vicino al figlio. Prima di andare in Kenya è passata per Firenze: doveva salutare il fidanzato Giulio Fratini, a cui rimane legatissima e con cui si è goduta poche settimane fa una vacanza in Vietnam. E’ probabile che i due partano in coppia per Capodanno. Poi la Gregoraci, stavolta con Briatore, ha trascorso pure una serata a Roma, per la cena con i famigliari. Ora ci sono i giorni al Billionaire Resort & Retreat Malindi, un cinque stelle lusso che per lei è casa. LEGGI TUTTO

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    Elisabetta Gregoraci riappare sui social con le lacrime agli occhi, ancora provata dal grave lutto: le sue parole

    La showgirl è volata in Kenya, in Africa, dal figlio Nathan Falco e l’ex marito Flavio Briatore
    Venerdì scorso la 43enne ha perso per sempre la sua adorata nonna, Elisabetta: aveva 102 anni

    Elisabetta Gregoraci è ancora devastata dalla morte dell’adorata nonna che aveva il suo stesso nome. La donna è scomparsa venerdì scorso, 27 ottobre: aveva 102 anni. La showgirl 43enne le era attaccatissima, ma, pur con un grande dolore nel cuore, cerca di farsi forza. Riappare sui social con le lacrime agli occhi, ancora provata dal grave lutto e aggiorna i follower dopo alcuni giorni di pausa per ritagliarsi un momento solo suo.
    Elisabetta Gregoraci riappare sui social con le lacrime agli occhi, ancora provata dal grave lutto: le sue parole
    “Ciao ragazzi, ciao ragazze, come state? Erano un po’ di giorni che non mi vedevate e sentivate, come la maggior parte di voi sa, ho passato dei giorni in cui ero veramente molto triste – confida la calabrese – Però faccio questo messaggio per ringraziarvi perché sono stata inondata di messaggi d’amore di persone che mi hanno fatto sentire la loro vicinanza e mi hanno veramente coccolata in un momento così triste per me e per la mia famiglia. Come dico sempre non è così scontato che accada questo. E vi diro di più. Ci sono state tante persone che non immaginavo, perché erano un pochino più distanti da me, ma che in realtà si sono fatte non solo vive, ma mi hanno fatto sentire la loro presenza, il loro calore e la loro vicinanza. Grazie di cuore”.

    E’ al caldo per cercare di riprendersi, accanto alla sua famiglia: al figlio 13enne e all’ex marito Flavio Briatore. E’ volata dai due in Kenya, in Africa. “Adesso ho raggiunto mio figlio Nathan, perché c’è il break scuola, per passare qualche giorno con lui e poi tornare a casa. Io e la mia famiglia volevano ringraziarvi per tutto quello che avete fatto per noi. La nonna sarà felice…”, conclude Eli con la voce rotta e gli occhi lucidi.
    La showgirl è volata in Kenya, in Africa, dal figlio Nathan Falco e l’ex marito Flavio Briatore. Venerdì scorso, 27 ottobre, la 43enne ha perso per sempre la sua adorata nonna, Elisabetta: aveva 102 anni
    “Avrei tanto voluto che questo giorno non arrivasse mai, ho sperato e pregato tanto. Purtroppo oggi la mia adorata Nonna Elisabetta ci ha lasciato. Il mio cuore è pieno di tristezza e dolore…mi mancheranno le nostre chiacchierate e i suoi preziosi consigli, i suoi abbracci, il suo sorriso e l’amore che ha sempre dato a tutte le persone che le stavano vicine”, ha scritto la Gregoraci nel lungo post in cui aveva annunciato il decesso di nonna Elisabetta. LEGGI TUTTO