Riforma giustizia, Conte: “Vogliono scardinare Costituzione”
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in PoliticaAscolta la versione audio dell’articoloLa riforma che introduce la separazione delle carriere della magistratura è stata approvata definitivamente dall’aula del Senato. Il disegno di legge costituzionale ha avuto 112 voti favorevoli, 59 contrari e 9 astensioni. Hanno votato contro Pd, M5s e Avs. Iv si è astenuta. A favore della riforma Azione. Il voto è il quarto e ultimo passaggio parlamentare, come previsto dalla Costituzione. Dopo la “doppia lettura conforme” delle due Camere, non essendo stata raggiunta la maggioranza dei due terzi, ci sarà un referendum confermativo che dovrebbe svolgersi nella primavera del 2026. E che le stesse forze di maggioranza hanno annunciato oggi in Aula. I capigruppo al Senato, Lucio Malan (Fdi), Massimiliano Romeo (Lega), Maurizio Gasparri (Forza Italia) e Michaela Biancofiore (Noi moderati) hanno avviato le procedure per la raccolta delle firme. Per la maggioranza il voto popolare può rappresentare una sorta di traino verso le elezioni politiche in arrivo «tra marzo e aprile 2027» come ha detto il ministro della Giustizia Carlo Nordio.Opposizioni con cartelli in Aula: no a pieni poteriI senatori del Pd, del M5s e di Avs hanno protestato contro l’approvazione della riforma della giustizia, mostrando cartelli con la scritta “No ai pieni poteri”. Nello schieramento opposto, dai banchi del centrodestra sono partiti invece gli applausi subito dopo il voto.Loading…Meloni: ok alla riforma della giustizia è traguardo storico«Con l’approvazione in quarta e ultima lettura della riforma costituzionale della giustizia, compiamo un passo importante verso un sistema più efficiente, equilibrato e vicino ai cittadini. Un traguardo storico e un impegno concreto mantenuto a favore degli italiani. Governo e Parlamento hanno fatto la loro parte, lavorando con serietà e visione. Ora la parola passerà ai cittadini, che saranno chiamati ad esprimersi attraverso il referendum confermativo. L’Italia prosegue il suo cammino di rinnovamento, per il bene della Nazione e dei suoi cittadini. Perché un’Italia più giusta è anche un’Italia più forte». Così su X la premier Giorgia Meloni.Nordio: referendum Anm sul governo sarebbe catastrofico «E’ bene che la magistratura, come io auspico, esponga tutte le sue ragioni tecniche razionali che possono meditare contro questa riforma. Ma per l’amor del cielo non si aggreghi – come effettivamente ha già detto, ammesso e io lo ringrazio il presidente Parodi – a forze politiche per farne una specie di referendum pro o contro il governo. Questo sarebbe catastrofico per la politica, ma soprattutto per la stessa magistratura» ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, parlando ai cronisti del referendum confermativo della separazione delle carriere della magistratura.FLASH MOB DI FORZA ITALIA AL TERMINE DEL VOTO IN SENATO SULLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA FLASH MOB DI FORZA ITALIA AL TERMINE DEL VOTO IN SENATO SULLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIAConte: scardinano la Carta, M5s contrasterà in ogni modoNon c’è solo la separazione delle carriere, «stanno riformando anche la Corte dei Conti». C’è «un disegno di scardinamento della Costituzione» per «tagliare le unghie» alla magistratura e «depotenziarla». «Vogliono pieni poteri e noi li contrasteremo in ogni modo». Lo ha detto il leader del M5s Giuseppe Conte davanti al Senato. Riferendosi al referendum sulla giustizia Conte ha aggiunto: «Non è uno scontro tra destra e sinistra ma tra LEGGI TUTTO
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in PoliticaPonte sullo Stretto, Casellati: andremo avanti ugualmente | Video Sky TG24 LEGGI TUTTO
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in PoliticaAscolta la versione audio dell’articoloSi racconta che il ministro leghista dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ai tempi in cui era sottosegretario a Palazzo Chigi nel Conte 1 usasse tenere nel suo studio una foto di Matteo Renzi a imperitura memoria della caducità delle vicende politiche: il riferimento era naturalmente al referendum del 2016 sulla riforma costituzionale (che aboliva il Senato elettivo e riformava il Titolo V della Costituzione) perso dall’allora premier e segretario del Pd, che aveva voluto personalizzare il voto dichiarando che in caso di sconfitta si sarebbe dimesso. Ecco, questo errore Giorgia Meloni non lo ha fatto e non lo farà: l’eventuale referendum sulla “madre di tutte le riforme”, ossia il premierato, è stato prudentemente rimandato alla prossima legislatura e il voto sulla riforma della giustizia targata Nordio – che in ogni caso, è stato precisato, non riguarderà le sorti del governo – sarà tenuto a distanza di sicurezza dalle comunali del giugno prossimo e quindi il prima possibile, tra marzo e aprile.La parola d’ordine nel centrodestra è «depoliticizzare» il referendum…Isolare il voto referendario è un modo per depoliticizzare il più possibile l’appuntamento in modo da intercettare più facilmente il favore dell’opinione pubblica moderata anche fuori dal centrodestra. Senza election day con le comunali, inoltre, si evita l’effetto trascinamento nei grandi centri urbani, dove tradizionalmente il Pd e la sinistra sono più forti. La parola d’ordine è dunque quella di smorzare i toni, di non personalizzare il confronto e di restare nel merito della riforma respingendo l’accusa delle opposizioni di attacco alla Costituzione e agli equilibri tra i poteri dello Stato.Loading…… ma per Meloni sarà difficile non mettere la faccia sulla riforma NordioMa per la premier sarà difficile non mettere la faccia sulla riforma che separa le carriere e divide in due il Csm, come ha dimostrato nei mesi scorsi lo scontro con la magistratura in merito ai ripetuti blocchi dei trasferimenti degli immigrati clandestini in Albania e come dimostra ancora in queste ore la reazione alla bocciatura del progetto sul Ponte sullo Stretto da parte della Corte dei conti: «L’ennesimo atto di invasione della giurisdizione sulle scelte del governo e del Parlamento… La riforma costituzionale della giustizia e la riforma della Corte dei conti rappresentano la risposta più adeguata a una intollerabile invadenza, che non fermerà l’azione del governo, sostenuta dal Parlamento». E sarà anche difficile non interpretare l’eventuale sconfitta referendaria come un segnale politico nei confronti del governo, quantomeno un primo segnale di sfiducia dopo tre anni di gradimento stabile. Da qui l’aurea profetica, o scaramantica, delle parole pronunciate dal presidente del Senato Ignazio La Russa, di certo non catalogabile tra i nemici della premier: «Io personalmente sono stato tra i fautori della separazione delle funzioni, che non separa le carriere ma rende già ora difficile il passaggio da una carriera all’altra. Per cui forse il gioco non valeva la candela, mentre invece l’aspetto dei due Csm è un tentativo di ridurre il peso delle correnti, vediamo se riesce».Il timore dem di un’altra battaglia persa dopo quella contro il Jobs actSul fronte opposto il timore di molti nel Pd è che la segretaria Elly Schlein, che pure nella riunione dei gruppi ha invitato cautamente a concentrarsi sul merito della riforma Nordio e a non politicizzare troppo il prossimo voto referendario, si faccia trascinare dal M5s e dalla Cigl nell’ennesima battaglia persa, nella speranza della “spallata al governo”, dopo il mancato quorum ai referendum sul lavoro del giugno scorso. Questa volta, trattandosi di un referendum confermativo di una riforma costituzionale, il quorum non è previsto: vincerà chi riuscirà a portare più sostenitori alle urne. Ma il clima nel Paese nei confronti della magistratura, come rilevano i sondaggi, è molto cambiato dai tempi di Tangentopoli e da quel “Resistere, resistere, resistere, come su un’irrinunciabile linea del Piave” pronunciato nel 2002 da Francesco Saverio Borelli.Opposizioni non compatte: Calenda e Renzi si sottraggono al fronte del NoPer di più, come accaduto con i quesiti contro il renziano Jobs act, le opposizioni non sono compatte: se Carlo Calenda con la sua Azione conferma il sì alla riforma che separa le carriere e divide in due il Csm e quindi si schiera per il Sì al referendum confermativo che si terrà il prima possibile, tra marzo e aprile, Matteo Renzi con la sua Italia viva conferma il voto di astensione. Astensione che alle urne si tramuterà in libertà di voto: favorevole alla separazione delle carriere, che era anche nel programma del fu Terzo polo alle ultime politiche, le perplessità dell’ex premier riguardano il meccanismo del sorteggio per l’elezione dei membri del Csm. Ma il non schierarsi con il Sì è in realtà una scelta tutta politica per non rompere con Schlein in vista delle elezioni del 2027, appuntamento che Renzi ha deciso di giocare nel campo del centrosinistra a differenza di Calenda che continua a inseguire il sogno di un Terzo polo autonomo. L’effetto è comunque lo stesso: al fronte del No mancherà del tutto il centro moderato. LEGGI TUTTO
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in PoliticaIl Ponte sullo Stretto di Messina si farà. Lo promette il vicepremier Matteo Salvini, dopo la riunione d’emergenza convocata da Giorgia Meloni all’indomani della decisione della Corte dei Conti che ha negato il visto di legittimità alla delibera del Cipess sull’opera da 13,5 miliardi di euro. Mentre si attendono le motivazioni dei magistrati, che arriveranno entro 30 giorni, Salvini assicura: “Nel primo Consiglio dei ministri, a giorni, informerò i colleghi su come intendiamo andare avanti, mettere in sicurezza i fondi. Attendiamo con estrema tranquillità i rilievi, a cui risponderemo punto per punto, senza scontri tra poteri dello Stato. Mi sarebbe piaciuto partire con i cantieri a novembre, partiranno invece a febbraio. È un secolo che se ne parla, per me il tempo è denaro, ma voglio rispettare tutte le prescrizioni”. E anche se Salvini sembra smorzare i toni, è di nuovo scontro tra il governo e il sistema giudiziario.
Scontro tra governo e magistratura sul Ponte sullo Stretto
“Ennesimo atto di invasione dei giudici. Ma non ci fermeranno, le riforme della giustizia e della Corte dei Conti saranno la risposta”, attacca la premier Giorgia Meloni. Proprio nel giorno in cui il Senato ha dato l’ok definitivo alla riforma della giustizia, risponde la magistratura contabile: “Ci siamo espressi su profili strettamente giuridici della delibera Cipess, relativa al Piano economico finanziario afferente alla realizzazione del Ponte, senza alcun tipo di valutazione sull’opportunità e sul merito dell’opera. Il rispetto della legittimità è presupposto imprescindibile per la regolarità della spesa pubblica”. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio, a Sky TG24, parla invece di un “processo di ‘giurisdizionalizzazione’, ovvero di attribuzione alla magistratura di compiti e censure tipiche della politica”. Pur non entrando nel merito della decisione della Corte, evidenzia “un problema che andrà risolto con animo freddo e pacato, un problema serio che non riguarda soltanto l’Italia”.
Cosa succede adesso
Adesso il governo aspetterà dunque le motivazioni della Corte dei Conti. Da lì in poi deciderà come muoversi e replicarherà “puntualmente a ciascun rilievo”, si legge in una nota di Palazzo Chigi. Resta fermo “l’obiettivo, pienamente condiviso dall’intero Esecutivo, di procedere con la realizzazione dell’opera”. Inizialmente sembrava che si sarebbe tornati subito in Cdm per approvare nuovamente il progetto, segnalandolo come di “interesse pubblico di rilevanza superiore” e quindi da eseguire comunque. Come spiega la stessa Corte dei Conti, nel caso in cui il controllo riguardi un atto governativo, secondo la legge, l’amministrazione interessata, in caso di rifiuto di registrazione da parte della Corte, può chiedere un’apposita deliberazione da parte del Consiglio dei ministri, il quale, a propria volta, può ritenere che l’atto risponda ad interessi pubblici superiori e debba avere comunque corso. In questo caso la Corte, se ancora mantiene la propria contrarietà, è chiamata ad apporre un “visto con riserva alla delibera”. La procedura prevede poi una segnalazione in Parlamento: “L’atto registrato con riserva acquista piena efficacia, ma può dare luogo ad una responsabilità politica del governo – spiega il sito della Corte – poiché la Corte trasmette periodicamente al Parlamento l’elenco degli atti registrati con riserva”.
I punti controversi
Tra i diversi punti finiti sotto la lente dei magistrati le coperture economiche, l’affidabilità delle stime di traffico, la conformità del progetto definitivo alle normative ambientali, antisismiche e alle regole europee sul superamento del 50% del costo iniziale. Le eccezioni sollevate durante l’adunanza della Sezione centrale della Corte, dal consigliere, Carmela Mirabella sarebbero state diverse: tra queste anche quella sulla competenza del Cipess, considerato organo “politico”. La Corte, del resto, valuta gli aspetti economico finanziari e la correttezza dell’iter procedimentale, non esprimendo un giudizio complessivo sull’opera. La premier Meloni comunque si dice convinta che la scelta sia politica. “Sul piano tecnico, i ministeri interessati e la Presidenza del Consiglio hanno fornito puntuale risposta a tutti i rilievi formulati per l’adunanza di oggi; per avere un’idea della capziosità, una delle censure ha riguardato l’avvenuta trasmissione di atti voluminosi con link, come se i giudici contabili ignorassero l’esistenza dei computer”, spiega.
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Corte dei Conti esamina anche decreto Mit per la convenzione con la società concessionaria
Intanto, i giudici della Corte dei Conti stanno esaminando un altro atto legato al Ponte, il decreto approvativo del Ministero dei Trasporti del terzo atto aggiuntivo alla convenzione stipulata con il concessionario Società Stretto di Messina. I magistrati dell’Ufficio di controllo della Corte dei Conti entro i primi giorni di novembre dovranno decidere se sottoporre o meno i documenti al collegio della Sezione centrale di controllo di legittimità. A quanto si apprende, questo passaggio giuridico è stato citato ieri nell’adunanza pubblica che invece aveva riguardato la negazione del visto di legittimità al ponte sullo Stretto (delibera Cipess di agosto), da parte della Corte. LEGGI TUTTO


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