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    Effetto Trump: Meloni “scala” la classifica dei premier europei lasciandosi dietro Macron e Scholz

    Ascolta la versione audio dell’articolo4′ di letturaAdesso sono in molti in Europa a guardare verso l’Italia di Giorgia Meloni. Sì perché , senza doverlo rivendicare, la premier italiana è in questo momento la leader con le maggiori chance per tenere un confronto costruttivo con la prossima amministrazione Usa. Al vertice in corso a Budapest il più raggiante era indubbiamente il padrone di casa, il primo ministro ungherese Viktor Orban tifoso di Donald Trump dalla prima ora. Ma certo il leader magiaro non è in alcun modo candidabile a rappresentante della sponda europea. La sua vicinanza a Vladimir Putin, i suoi veti contro i finanziamenti all’Ucraina o alle politiche migratorie non lo rende un ambasciatore credibile per gran parte dei 27.«Noi sappiamo cosa dobbiamo fare – ha detto la presidente del Consiglio arrivando al Consiglio Europeo informale di Budapest , ora il punto è se vogliamo dare agli stati membri le risorse necessarie, questo è il vero dibattito e non so se questa mattina arriverà a soluzioni concrete, ma è l’elemento centrale». «Partiamo dal presupposto- ha aggoiunto – che io sono assolutamente convinta che l’Europa e, quindi anche l’Italia, debbano riuscire a garantire la loro maggiore indipendenza, la loro maggiore autonomia, anche investendo di più in difesa. Chiaramente servono gli strumenti per poterlo fare. Questo è un grande dibattito che riguarda il patto di stabilità, che l’Italia ha posto. Ci sono nel nuovo patto delle aperture. Secondo me va fatto molto di più e quindi penso che questo sia un altro di quei dibattiti che bisognerà prima o poi riaprire».Loading…Così come pure non possono fare da “testa di ponte” neppure i leader attuali dei due principali Paesi e cioè Germania e Francia, entrambi alle prese con una crisi politica interna che ne mina la leadership: Olaf Scholz è ormai un cancelliere che, oltre ad aver perso negli ultimi test elettorali il consenso popolare, adesso è privo anche della maggioranza parlamentare e questo porterà a breve la Germania al voto.; non meno pesante la crisi sul versante francese con Emmanuel Macron sempre più solo al comando e con un brusio costante di sottofondo su un suo possibile addio all’Eliseo prima della scadenza naturale del suo secondo mandato nel 2027.Meloni invece ha il vento in poppa, ha una maggioranza solida e un consenso personale crescente ed è la Premier del terzo paese dell’Unione. Ma soprattutto in questi due anni e più di governo ha continuato a mantenere forte il suo rapporto con la destra americana parallelamente all’ottima relazione con l’amministrazione Biden. L’intesa con Elon Musk – il principale sostenitore di Trump che ha schierato la sua macchina social assieme centinaia di milioni di dollari a sostegno del candidato repubblicano – è la cartina di tornasole. Il patron di Tesla, X e space X è da anni oggetto delle attenzioni di Meloni. È stato più volte a Palazzo Chigi, lo ha avuto lo scorso dicembre come ospite d’onore ad Atreju, gli ha chiesto di essere lui a consegnarle a settembre il Global citizen aware. «È un valore aggiunto del nostro tempo e un possibile interlocutore», ha detto la leader di FdI.Un equilibrismo spesso criticato ma che ora può dare i suoi frutti. Del resto è lo stesso adottato anche a Bruxelles. Meloni ha costruito un rapporto diretto con Ursula von der Leyen e con anche altri leader di destra e non solo divenendo una sorta di pontiere tra la i vertici europei e la destra sovranista utile in più occasioni per ammorbidire i veti dei suoi alleati più estremi a cominciare da Orban. E che questo equilibrismo abbia funzionato, che non l’abbia penalizzata lo dimostra il fatto che nonostante il “no” al bis di von der Leyen proprio Ursula abbia scelto di assegnare per la prima volta a un esponente del gruppo dei Conservatori guidato da Fratelli d’Italia, e cioè a Raffaele Fitto, il ruolo di vicepresidente esecutivo, provocando le ire dei socialisti (che continuano a minacciare di non votarlo) ma ottenendo il placet convinto del Ppe. LEGGI TUTTO

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    Cittadinanza, proposta di legge della Lega: va revocata per reati gravi

    Ascolta la versione audio dell’articolo4′ di letturaLa Lega ha presentato una proposta di legge per la riforma della cittadinanza. Il testo, formato da un solo articolo, propone modifiche all’attuale legge sulla cittadinanza (la n.91 del 1992) centrate soprattutto sui requisiti negativi per non concedere o per revocare la cittadinanza. Prevede che lo straniero che chiede di diventare cittadino italiano, dimostri una conoscenza approfondita dell’italiano (anche giurando, in italiano, fedeltà alla Repubblica). La cittadinanza può essere negata in caso di reati gravi contro la persona o contro il patrimonio. E può essere revocata in caso di condanne definitive per reati gravi come violenza sessuale, pedofilia o omicidio. Fattispecie che si aggiungono a quelle previste dalla normativa attuale (reati con finalità di terrorismo o eversione dell’ordine costituzionale). La proposta è stata depositata alla Camera, primo firmatario il deputato Igor IezziIezzi (Lega): se delinqui torni a casa tua«La Lega crede che la cittadinanza italiana non si debba regalare. Per questo abbiamo presentato una proposta di legge con modifiche per l’acquisizione e il mantenimento – ha spiegato – Prima di tutto se vivi nel nostro Paese, devi sapere la nostra lingua e dimostrarlo, anche giurando fedeltà alla Repubblica in italiano. Poi, si passa ai reati. Se un neo-maggiorenne è stato condannato per fatti gravi non otterrà la cittadinanza. Viene anche ampliato il numero dei reati che porterà a togliere la cittadinanza a chi già la possiede. Vogliamo che la cittadinanza possa essere tolta anche dopo averla ottenuta, se si commettono reati come omicidio o violenza sessuale. Un concetto deve essere chiaro: se delinqui torni a casa tua».Loading…No alla cittadinanza ai maggiorenni stranieri in caso di reati gravi contro persona e patrimonioSi parte dalla considerazione che allo stato attuale, per lo straniero nato e vissuto in Italia fino alla maggiore età, la legge richiede la sola residenza legale ininterrotta nel nostro Paese per acquisire la cittadinanza, «senza prestare attenzione», come nei casi di cittadinanza per matrimonio o per residenza da almeno dieci anni, «alla sua effettiva integrazione». Si tratta di «un vuoto normativo – si legge nella relazione illustrative – che con la presente proposta di legge si intende colmare, anche alla luce dell’aumento preoccupante del numero dei reati compiuti dai minorenni stranieri, secondo i dati diffusi nel rapporto sulla criminalità minorile del Servizio analisi criminale della Direzione centrale della Polizia criminale e riportati dalla stampa, nonché della crescente e preoccupante diffusione del fenomeno delle cd baby gag». Ecco perché vengono previsti reati che la precludono. In particolare vengono citati quelli più gravi contro la persona o contro il patrimonio e, in aggiunta, quello che punisce chi coltiva, produce, vende o procura agli altri sostanze stupefacenti.Giuramento da pronunciare in italianoSulla revoca, la proposta chiede di aggiungere le condanne definitive per i reati di omicidio, per le pratiche di mutilazioni di organi genitali come l’infibulazione, il reato di tratta di persone, la violenza sessuale comprese alcune aggravanti. Riguardo alla conoscenza della lingua, il testo specifica che il giuramento alla Repubblica e al rispetto della Costituzione (attualmente richiesto per legge, per validare il decreto di concessione della cittadinanza) sia pronunciato in italiano.La proposta di Forza Italia sullo ius scholaeTra Camera e Senato, a parte quello recente della Lega, da inizio legislatura sono 17 i testi depositati (12 a Montecitorio e 5 a Palazzo Madama) per rivedere i requisiti per chi vive e lavora in Italia. Nessuno ha iniziato ancora il suo iter in commissione. La più recente è la proposta di Forza Italia, che quest’estate ha rilanciato il tema dello ius scholae. Il disegno di legge, depositato il 9 ottobre sia alla Camera che al Senato (primi firmatari i capigruppo Maurizio Gasparri e Paolo Barelli) e ribattezzato “ius Italiae” dal leader azzurro Antonio Tajani, parte dal presupposto che la «scuola è il modo migliore per integrare» gli stranieri che vivono nel nostro Paese. Ecco perché introduce, tra l’altro, lo ius scholae, ossia la concessione della cittadinanza a chi ha completato un ciclo di studi in Italia. Il testo è, però, più restrittivo di quello presentato nella scorsa legislatura da Renata Polverini che riteneva sufficiente il «compimento del corso della scuola primaria». Nella nuova proposta gli anni di frequenza scolastica diventano dieci. Infatti può ottenere la cittadinanza italiana lo straniero nato in Italia o che arriva «entro il compimento del quinto anno di età», se «risiede ininterrottamente per dieci anni in Italia e – si legge nella relazione illustrativa – frequenta e supera le classi della scuola dell’obbligo (5 anni elementari, 3 anni di medie, 2 di superiori)». La cittadinanza può scattare perciò a 16 anni. LEGGI TUTTO

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    Università, la ricerca teme il rischio di ingerenze cinesi. Oggi il piano d’azione a Palazzo Chigi

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaTutelare le attività e i progetti di ricerca, per garantire una solida cornice di sicurezza rispetto a intrusioni straniere, essenziale per offrire affidabilità ai partner scientifici e rispondere ad una necessità fortemente avvertita anche all’interno dello stesso sistema della ricerca. Questo l’obiettivo che si propone il “Piano d’azione nazionale per tutelare l’università e la ricerca italiana dalle ingerenze straniere” che sarà presentato oggi a Palazzo Chigi. L’intento del governo è fermare sul nascere le intromissioni dei paesi stranieri nei nostri atenei. Il principale sospettato è la Cina ma sul banco degli imputati ci sono anche la Russia e l’Iran. Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca rischia di rendere tutto il quadro ancora più instabile.Licenze tecnologiche e scoperte scientifiche a rischioBrevetti, licenze tecnologiche, scoperte scientifiche, sperimentazioni: tutto è potenzialmente a rischio. Già nel 2022 il Copasir aveva ascoltato in audizione l’allora ministro dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa, con la quale aveva approfondito proprio il tema della tutela del sistema dell’università e della ricerca quale asset strategico per il Paese «e potenziale oggetto di ingerenza da parte di attori statuali stranieri».Loading…Il sistema di alertIl ministero dell’Università ha progettato un sistema di alert che punta a scovare intrusioni sospette. Di questo ed altro parleranno domani il ministro dell’Università e della ricerca Anna Maria Bernini, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, il presidente della Crui Giovanna Iannantuoni e il presidente della Conper (Consulta nazionale dei presidenti degli Enti di ricerca) Antonio Zoccoli. La presentazione del piano ha avuto una accelerazione inaspettata. Si va nella direzione indicata dalla raccomandazione adottata a maggio dal Consiglio europeo, relativa al rafforzamento della sicurezza della ricerca, per affrontare i rischi derivanti dalla cooperazione internazionale, connessi a trasferimento indesiderato di conoscenze, ingerenze straniere e violazioni dell’etica o dell’integrità. Il piano d’azione viene paragonato allo strumento del “golden power”, i poteri speciali che ora il governo può esercitare sul fronte dell’innovazione prodotta dalle aziende, per tutelare l’interesse nazionale. LEGGI TUTTO

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    Il decreto infrazioni è legge: dai balneari all’ambiente ecco cosa prevede

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaL’Aula del Senato ha approvato la fiducia chiesta dal Governo sul Dl salva-infrazioni nel testo arrivato dalla Camera. Il sì è arrivato con 100 voti a favore, 63 contrari e 2 astenuti. L’ok alla fiducia costituisce il disco verde definitivo di Palazzo Madama sul provvedimento che doveva essere convertito in legge entro il 15 novembre. Il decreto contiene le norme sui balneari e punta ad “agevolare la chiusura di 15 procedure d’infrazione” con l’Unione europea.Le principali misureTra le misure principali, il provvedimento prevede il termine al 2027 per le concessioni balneari e stabilisce nuove regole di affidamento e indennizzo per i concessionari uscenti; rafforza le tutele per i magistrati onorari, estendendo loro la copertura previdenziale Inps; contiene interventi mirati sul codice di procedura penale per il diritto alla difesa, le garanzie procedurali per i minori nei procedimenti e i pagamenti nel settore giustizia. Sostanziali modifiche riguardano anche la normativa ambientale, con interventi su qualità dell’aria, rifiuti elettronici e gestione sostenibile della fauna. Infine, il decreto adegua le regole del lavoro, consentendo un risarcimento maggiore per i contratti a termine illegittimi, e introduce controlli sui centri di elaborazione dati ad alto consumo energetico.Loading…Che cosa cambia per i balneariIn particolare le concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per l’esercizio delle attività turistico ricreative e sportive sono prorogate fino al 30 settembre del 2027, con obbligo per i Comuni di avviare tassativamente le gare entro il 30 giugno precedente. Ma i sindaci avranno la facoltà di anticipare i bandi presentando un’adeguata motivazione. Il termine delle concessioni, inoltre, potrà essere allungato fino al 31 marzo 2028 per contenziosi pendenti o altre ragioni oggettive di difficoltà nell’esecuzione delle gare. Previsti indennizzi per i concessionari uscenti, a carico di quelli subentranti, mentre non ci sono prelazioni a loro favore. Un decreto del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti dovrà stabilire un adeguamento dei canoni che, in caso di mancata adozione del provvedimento, saranno comunque aumentati del 10 per cento.Fallito il pressing della maggioranza sugli indennizziBocciate o ritirate in extremis le proposte per rivedere al rialzo il calcolo degli indennizzi per i concessionari uscenti. Tra le varie richieste – trasversali a FdI, Lega e Fi – c’era quella di cassare il limite degli ultimi cinque anni nel calcolo dell’indennizzo e di includere invece il valore aziendale d’impresa (in alcune formulazioni si specifica «compreso l’avviamento», in altre si fa riferimento alle «immobilizzazioni materiali e immateriali»).La deroga per i circoli sportivi L’emendamento sui circoli sportivi, riformulato dal governo sulla base dei proposte bipartisan e approvato con largo consenso in commissione alla Camera, prevede che escano dall’ambito della direttiva Bolkestein le concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali se l’uso è relativo allo svolgimento di una lunga serie di attività sportive. Attività svolte da federazioni sportive, discipline sportive associate ed enti di promozione sportiva, anche paralimpici, associazioni e società sportive dilettantistiche iscritte al Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche che perseguono esclusivamente finalità sociali, ricreative e di promozione di benessere psicofisico, e a condizione che gli usi del demanio «possano essere considerati come attività non economiche in base al diritto dell’Unione europea». Dunque i circoli e le associazioni sportive dilettantistiche restano fuori dal perimetro delle gare. LEGGI TUTTO

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    De Luca vince la sfida contro Schlein, verso la battaglia dei ricorsi

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaDetto, fatto. Con 33 voti favorevoli, 16 contrari e un astenuto il Consiglio regionale della Campania ha approvato la legge regionale che permette di fatto la candidatura, la terza, del governatore Vincenzo De Luca alle elezioni della primavera del 2025. Il trucco è far valere il calcolo dal mandato in corso e non dalla prima elezione nel 2015: «Il computo dei mandati decorra da quello in corso di espletamento alla data di entrata in vigore della presente legge», cioè 15 giorni dopo la sua pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione Campania.Per il Pd campano si tratta di «un voto tecnico» – come ha precisato il capogruppo Mario Casillo – che non preclude la ricerca di un candidato condiviso che «tenga conto del lavoro fatto da De Luca». Ma è chiaro che si tratta di una sfida aperta a Schlein (il Nazareno ha confermato il no al terzo mandato da governatore per De Luca) il cui esito è imprevedibile: quel che è certo è che al momento si tratta di una sconfitta politica della segretaria dem, visto che i consiglieri campani non hanno seguito le sue indicazioni di votare contro e visto che fin dalla campagna per le primarie del febbraio 2023 lei stessa aveva indicato nella lotta ai “cacicchi” uno dei suoi principali obiettivi.Loading…Prevale la legge nazionale: quella di De Luca è una battaglia persaMa la questione Campania non investe solo il piano politico, investe anche e soprattutto quello giuridico. La legge nazionale del 2004 stabilisce infatti in maniera inequivocabile che il limite dei mandati va fissato nel numero di due consecutivi, e quindi non ci sono margini per far partire il conteggio dal recepimento della legge a livello regionale come vorrebbero De Luca e coloro che lo sostengono. Diverso sarebbe stato se la legge del 2004 si fosse limitata a prevedere la fissazione di un limite generico di mandati. Per dirla con il costituzionalista Salvatore Curreri, esperto di partiti e di normative elettorali, < >.Perché il governo non ha interesse a impugnare la legge elettoraleIl punto è che ad avere il diritto di impugnare davanti alla Corte costituzione la legge regionale è, entro 60 giorni, solo il governo. Ma conviene alla maggioranza impedire la candidatura “terza” di De Luca? Certo che no, perché una candidatura del governatore della Campania a dispetto dei santi, e soprattutto a dispetto del Pd di Schlein, dividerebbe senza ombra di dubbio il campo del centrosinistra consegnando l’ennesima regione – e che regione – al centrodestra. Soprattutto se il candidato ufficiale del campo largo, dopo che il M5s è sempre stato all’opposizione in Campania, dovesse essere l’ex presidente pentastellato della Camera Roberto Fico, al momento fuori dal Parlamento per il diktat del limite dei due mandati imposto da Beppe Grillo e in via di superamento con l’assemblea costituente di fine novembre molti elettori dem “fedeli” al governatore-sceriffo non sarebbero disposti a votare il candidato del partito di Giuseppe Conte. Strada spianata dunque per il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli, di Fratelli d’Italia, che proprio nella scorse ora ha rivelato che il partito gli ha chiesto la disponibilità a candidarsi in Campania il prossimo anno.Il forte rischio di dover ripetere le elezioni regionali a stretto giroSe dunque il governo, come appare probabile, non impugnerà entro il 60 giorni previsti la legge regionale, gli eventuali ricorsi ci potranno essere solo a valle. Ossia dopo le elezioni. < >. Dopo le elezioni regionali, dunque, uno qualsiasi dei candidati perdenti – magari lo stesso Fico se sarà alla fine lui l’uomo del campo largo – potrebbe ricorrere al Tar che investirebbe poi la Corte costituzionale. Se De Luca decidesse di partecipare alle elezioni, e chi lo conosce bene assicura che il governatore-sceriffo vuole andare fino in fondo nella sua battaglia anche perché convinto di vincere, ci sarebbe insomma il forte rischio di invalidare l’appuntamento elettorale costringendo i campani a tornare alle urne a stretto giro. In un clima di conflitto istituzionale e tra le macerie, va da sé, del campo largo o centrosinistra che dir si voglia. LEGGI TUTTO

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    Ita Airways, Lufthansa chiede uno sconto di 10 milioni: stallo nelle trattative e accordo bloccato

    Lufthansa: noi abbiamo firmato piano su Ita entro scadenza Nel replicare alle accuse del Mef, Lufthansa ha ricordato che «aderisce all’accordo del 2023 con il ministero dell’Economia e delle Finanze italiano per acquisire una quota del 41% in Ita Airways» e sottolinea di «aver firmato il pacchetto di misure correttive necessarie entro la scadenza concordata».A Linate 15 coppie di slot a EasyJet Vediamo nel dettaglio cosa prevedono i contratti che le due compagnie hanno siglato, per adempiere alle richieste della Commissione europea di rilasciare ai competitor 15 coppie di slot giornaliere a Linate, e consentire l’ingresso di un vettore concorrente su una decina di rotte intraeuropee che le due compagnie coprono direttamente (tra queste le rotte da Roma a Francoforte, Monaco di Baviera, Zurigo, Bruxelles e da Linate a Francoforte e Vienna). In pole position come compagnie candidate c’erano EasyJet e e Volotea, ma l’avrebbe spuntata EasyJet.Per Usa e Canada scelte Air France e British AirwaysSul nodo più spinoso, quello dei collegamenti tra Fiumicino e Washington, San Francisco e Toronto erano due le opzioni in campo: consentire ingresso di un vettore concorrente con voli diretti o agevolare (anche attraverso il federaggio) i collegamenti indiretti da altri hub europei, a condizione che non via sia una differenza superiore alle 2 ore rispetto alla durata del collegamento assicurato dalle due compagnie.E’ stata scelta la seconda opzione; le due compagnie individuate sono Air France e British Airways. In sostanza, in aggiunta ai collegamenti già svolti da Ita Airways e da Lufthansa, solo per citare un esempio il Roma Toronto, potrà essere servito anche da Air France alimentando lo scalo di Parigi o da British Airways via Londra.Il closing entro fine anno e nuovo CdaLa procedura prevedeva che dopo l’invio dei contratti si dovesse attendere il parere della Commissione europea sugli accordi vincolanti, poi in presenza del via libera ci sarebbe stato il closing dell’operazione, atteso entro la fine dell’anno con l’esborso di 325 milioni da parte di Lufthansa e l’ingresso nel capitale con una quota del 41%. A quel punto l’assemblea straordinaria di Ita Airways verrebbe convocata per nominare il Cda di 5 membri con 2 rappresentanti di Lufthansa (tra cui l’ad) e 3 espressione del Mef. Ma il condizionale è d’obbligo a questo punto, perché in assenza di un accordo tutto questo rischia di saltare. LEGGI TUTTO

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    Crosetto: più fondi per le armi perché non siamo pronti a un attacco

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di lettura«Abbiamo avuto un leggero aumento dei soldi per gli investimenti sulle armi perchè ci siamo resi conto che non eravamo preparati ad affrontare una guerra sul nostro territorio o un attacco perché negli ultimi anni avevamo costruito una difesa, una delle migliori al mondo per le operazioni di pace a livello internazionale, ma ci eravamo dimenticati che qualcuno poteva attaccarci». Così il ministro della Difesa Guido Crosetto a Cinque minuti ha risposto a Vespa che gli chiedeva se è vero che non saremmo stati in grado di difenderci in caso di un attacco come quello della Russia all’Ucraina o dai missili dell’Iran su Israele.Risorse spostate dalla manovra sulla Difesa  Il disegno di legge di bilancio definanzia per 4,55 miliardi il Fondo automotive gestito dal ministero delle Imprese e del made in Italy (Mimit) per interventi fino al 2030. Nel contempo, con quello che a una prima lettura appare un orientamento molto netto di politica industriale, dettato probabilmente anche dagli scenari geopolitici in corso, il governo (vedi il Sole 24 Ore del 29 ottobre) punta sull’industria della difesa (sviluppo nel settore aeronautico, tecnologia per la difesa area nazionale, unità navali Fremm, contributi a settore marittimo-difesa nazionale) per un totale di oltre 11,3 miliardi spalmati però su un arco temporale molto lungo (poco meno di 3 miliardi nel triennio, e la quota largamente maggioritaria, per circa 8 miliardi, distribuita negli anni successivi fino al 2039).Loading…Crosetto: escludere spese Difesa da calcolo patto stabilitàIl ministro è poi tornato a chiedere lo scorporo delle spese per la Difesa dal patto di stabilità. «Nelle ultime riunioni della Nato si parla del 2,5% del Pil da destinare alla Difesa: è un problema per un Paese come il nostro che ha un elevato debito pubblico che abbiamo ereditato. Bisogna puntare – ha ribadito Crosetto – sul fatto di escludere le spese della Difesa dal calcolo del patto di stabilità, non devono essere in concorrenza con le spese per la cultura, la scuola, per il sociale e la sanità. Devono essere staccati perché la difesa è un pre requisito perché esista tutto il resto».«Più forze polizia e meno militari sulle strade»«Quest’anno, con uno sforzo enorme, abbiamo aumentato di ottocento unità i militari a disposizione di Strade e Stazioni Sicure. Io penso che dal prossimo anno sia magari più importante aumentare le forze di polizia e lasciare che le forze armate riprendano a fare quello che serve in questo momento» ha aggiunto Crosetto, a margine delle celebrazioni a Venezia della Giornata dell’Unità nazionale e delle Forze Armate. Crosetto ha spiegato che il supporto continuerà anche nei prossimi anni, «ma con una tendenza che diminuirà l’apporto delle forze armate e dovrà vedere aumentare in modo corrispondente quello delle forze di polizia» LEGGI TUTTO

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    Nato, Meloni vede Rutte nel giorno delle elezioni Usa: ecco gli scenari

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaLa storia è fatta di coincidenze e l’arrivo oggi a palazzo Chigi del neo segretario generale della Nato, Mark Rutte, potrebbe essere una di queste. L’incontro con la premier, Giorgia Meloni, avviene infatti nel giorno in cui negli Stati Uniti si decide chi sarà il prossimo Presidente e mai come questa volta il verdetto delle urna USA peserà sul futuro dell’Europa e della Nato. Un assaggio lo si è avuto già in occasione del primo mandato di Trump alla Casa Bianca. L’eco della minaccia di far venir meno la difesa Usa se i finanziamenti dei Paesi europei non fossero aumentati non si è ancora spenta. E allora non c’era la guerra in Ucraina, una guerra che vede schierata la Nato a sostegno di Kiev con gli Stati Uniti in prima fila e decisivi sia sul fronte degli aiuti militari che dei finanziamenti.Le preoccupazioni legate al ritorno di TrumpL’eventuale ritorno del tycoon preoccupa non poco anche perché si somma a un’altra e non meno pericolosa minaccia su un rafforzamento del protezionismo americano dove l’Europa viene considerata un avversario al pari della Cina.Loading…I temi in agendaLa premier e il segretario Nato si incontrano quando mancano ancora diverse ore alla chiusura delle urne ma è scontato che il verdetto elettorale statunitense sarà il tema principale del confronto. Certo Meloni e Rutte parleranno anche del voto in Georgia e del risultato in Moldova così come delle prospettive in Ucraina ma sarà un colloquio scandito da un grande “se” e perciò inevitabilmente monco.Il summit in UngheriaComunque vada, il futuro anche in Europa, è strettamente legato all’esito di queste elezioni. Un primo bilancio arriverà giovedì e venerdì in occasione del vertice della Comunità politica europea e della riunione informale del Consiglio europeo. Anche qui coincidenza vuole che ad ospitare il summit sarà l’Ungheria guidata da Viktor Orban, il più stretto alleato di Trump (e di Putin) in Europa. Spettatore interessato per ragioni interne sarà anche Matteo Salvini che ha scommesso sulla vittoria di Trump per recuperare terreno. Meloni lo sa bene ma non è il vicepremier della Lega in questo momento a preoccuparla. Anche perché si è mossa per tempo: la scelta di Elon Musk per la consegna del Global citizen award sta lì a dimostrarlo. LEGGI TUTTO