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    Nordio: «Su Almasri pasticcio della Cpi». Schlein: «Parla da avvocato di un torturatore»

    «Nessun ricatto al governo su Almasri»“Smentisco, nella maniera più categorica, che, nelle ore in cui è stata gestita la vicenda, il Governo abbia ricevuto alcun atto o comunicazione che possa essere, anche solo lontanamente, considerato una forma di pressione indebita assimilabile a minaccia o ricatto da parte di chiunque, come è stato adombrato in alcuni momenti del dibattito pubblico sviluppatosi in questi giorni. Al contrario, ogni decisione è stata assunta, come sempre, solo in base a valutazioni compiute su fatti e situazioni (anche in chiave prognostica) nell’esclusiva prospettiva della tutela di interessi del nostro Paese”. Così il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, nella sua informativa alla Camera sul caso Almasri.«Almasri espulso per la sicurezza dello Stato»L’espulsione di Almasri è da inquadrare (per il profilo di pericolosità che presentava il soggetto in questione) nelle esigenze di salvaguardia della sicurezza dello Stato e della tutela dell’ordine pubblico, che il Governo pone sempre al centro della sua azione, unitamente alla difesa dell’interesse nazionale che è ciò a cui lo Stato deve sempre attenersi nell’obiettivo di evitare, in ogni modo, un danno al Paese e ai suoi cittadini”. Così il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, nella sua informativa alla Camera sul caso Almasri.MATTEO PIANTEDOSI MINISTRO INTERNI CAMERA DEI DEPUTATI, AULA INFORMATIVA DEI MINISTRI DELLA GIUSTIZIA E DEGLI INTERNI SUL CASO ALMASRISchlein: giornata triste, Meloni manca di rispetto al Paese«Questa è una giornata triste per la democrazia, Nordio e Piantedosi sono venuti in Aula a coprire le spalle della premier. Ma oggi in quest’aula doveva esserci Giorgia Meloni, che invece manca di rispetto all’Aula e al paese». Lo ha detto la segretaria Pd Elly Schlein nel dibattito sulle comunicazioni dei ministri Nordio e Piantedosi. «Mel.oni ci ha abituati alla sua incoerenza, ma qua si tratta di sicurezza nazionale. Lei non ha parlato da ministro ma da avvocato difensore di un torturatore, le domande a cui dovrete rispondere sono molto semplici: perché Nordio, che era stato informato dal giorno dell’arresto, non ha risposto alle richieste del procuratore generale? La vostra inerzia ha provocato la scarcerazione. Prima ci dice che è stato liberato perché non ha fatto in tempo per tradurre delle pagine in inglese poi ha detto che le ha lette ma ha rinvenuto dei vizi. Bene ha ammesso che è stata una scelta politica».«Meloni ha mandato i suoi ministri in Aula, un atteggiamento da presidente del coniglio, non del consiglio. Doveva esserci lei qua, perché quello che hanno detto i ministri non è una risposta». Così ancora Elly Schlein. «Oggi vi nascondete dietro i cavilli e il giuridichese, ma qua non si tratta di un difesa formale, ma di una scelta politica. Allora assumetevi una responsabilità. La verità è che vi vergognate di quello che fate e per questo mentite. Qua doveva esserci Giorgia Meloni, invece vi siete limitati ad attaccare i magistrati. Un attacco frontale che è fumo negli occhi per coprire il merito della vostra scelta politica».La segretaria del Partito democratico Elly Schlein alla Camera dei deputati durante durante l’informativa del ministro della Giustizia Carlo Nordio e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi sul caso del cittadino libico Naieem Osema Almasri Habish, Roma, Mercoledì, 5 Febbraio 2025 (Foto Roberto Monaldo / LaPresse) Democratic party secretary Elly Schlein at the Chamber of deputies during the report by Justice Minister Carlo Nordio and Interior minister Matteo Piantedosi on the case of libyan citizen Naieem Osema Almasri Habish, Rome, Wednesday, Feb. 5, 2025 (Photo by Roberto Monaldo / LaPresse)Conte: Meloni scappa, è viltà istituzionale«Oggi c’è la grande assenza della presidente Meloni, che scappa dal Parlamento e dai cittadini», un atto di «viltà istituzionale. Lo so che ci sta guardando dietro qualche computer», presidente Meloni, e quindi «mi rivolgo a lei. Non è venuta qui» a parlare di Almasri, «non si permetta di parlare davanti a qualche scendiletto!». Lo ha detto il leader del M5s Giuseppe Conte nell’Aula della Camera dopo l’informativa sul caso Almasri. LEGGI TUTTO

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    L’Upb rivede al ribasso le previsioni di crescita del Pil per l’Italia: 0,7% nel 2024, 0,8% nel 2025 e 0,9% nel 2026

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaL’economia che ristagna e l’aumento delle tensioni internazionali portano l’Upb, l’Ufficio parlamentare di bilancio, a rivedere al ribasso le previsioni per l’Italia rispetto alla validazione del quadro macroeconomico del PSB (ottobre 2024). Le valutazioni del Servizio analisi macroeconomica dell’Upb sono elaborate attraverso propri modelli e panel sia sulle tendenze globali che sui dati nazionali preliminari dell’ultimo trimestre 2024 e primo scorcio del 2025.In particolare, l’Upb aggiorna le previsioni sul Pil dell’Italia, la cui crescita si sarebbe attestata per il 2024 allo 0,7 per cento e poi si rafforzerebbe in misura modesta nel 2025 e nel 2026, rispettivamente allo 0,8 e 0,9 per cento. Il quadro macroeconomico dell’economia italiana si conferma soggetto a rischi, complessivamente orientati al ribasso.Loading…Previsioni di crescita lievemente inferiori rispetto a quelle di autunnoLe nuove previsioni sulla crescita dell’economia italiana sono lievemente inferiori a quelle realizzate in autunno, per la validazione del quadro macroeconomico del Piano strutturale di bilancio di medio termine. Mentre le revisioni per lo scorso anno riflettono il trascinamento statistico dei nuovi dati dell’Istat sul 2023, le revisioni sul 2025-26 sono prevalentemente ascrivibili al deterioramento delle proiezioni sugli scambi internazionali e all’aumento del prezzo del gas.Nel 2025 il Pil accelera: 0,8 per centoL’anno scorso il Pil sarebbe aumentato dello 0,7 per cento nei dati annuali (in diffusione il 3 marzo), oltre due decimi in più rispetto a quanto emerso dalle serie trimestrali già pubblicate dall’Istat. Per il 2025 si prevede una lieve accelerazione, allo 0,8 per cento, con l’attività economica che dovrebbe rafforzarsi gradualmente nel corso dei trimestri grazie soprattutto alle componenti interne della domanda. Nel 2026 la dinamica del Pil dovrebbe consolidarsi ancora marginalmente, allo 0,9 per cento, ipotizzando che non si acuiscano i conflitti e le guerre commerciali in corso, oltre alla prosecuzione della normalizzazione della politica monetaria. Le previsioni incorporano il profilo di spesa relativo ai programmi di investimento del Pnrr, che tuttavia potrebbero essere oggetto di revisione, con particolare riguardo alle tempistiche.Per quanto riguarda la variazione del deflatore del prodotto interno lordo (rilevante per la finanza pubblica in quanto concorre a determinare i valori nominali), si prevede una sostanziale stabilizzazione nell’orizzonte di previsione appena sopra al due per cento, pressoché in linea con le attese degli altri istituti. Nell’interpretare i confronti è importante considerare l’eterogeneità delle variabili esogene internazionali, in particolare di quelle energetiche alla luce della fiammata registrata a inizio anno, nonché delle stime sulla finanza pubblica e il trattamento statistico della variabile prevista (grezza o corretta per il calendario). LEGGI TUTTO

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    Meloni, mediatrice tra Trump e l’Europa: dazi, armi e la strategia per l’Italia

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaNon finire stritolata tra Washington e Bruxelles. Non essere costretta a scegliere tra Donald Trump e Ursula von der Leyen. Giorgia Meloni è una trapezista senza rete. Da un lato, la minaccia del Presidente Usa che incombe sull’Europa con i suoi dazi e la sua richiesta di riarmo. Dall’altro, l’Unione Europea, divisa e paralizzata, come sempre. La premier italiana ha scelto di stare al centro, di fare da mediatore. Ma quel ruolo che oggi le sembra una posizione di forza si può trasformare in un abito troppo stretto, soffocante. Meloni lo sa ma non ha alternative. Anzi è convinta che può ricavarne qualcosa di solido in prospettiva. Ad esempio una flessibilità del Patto di stabilità sul computo delle spese per la Difesa, che Roma chiede da anni senza successo.I dazi e il riarmo dell’Europa Il riarmo dell’Europa assieme ai dazi sono i due temi portanti di questo inizio anno su cui incombe l’ombra del nuovo inquilino della Casa Bianca, come dimostra il confronto avvenuto nel Consiglio straordinario di lunedì 3 febbraio a Bruxelles. Un vertice durante il quale Meloni da un lato ha suggerito agli alleati di evitare il corpo a corpo con Trump e dall’altro è tornata alla carica sulla necessità di escludere dal calcolo del deficit le spese per la Difesa. Per ora il Presidente Usa ha minacciato ma non deciso di aumentare le tariffe: “Vuole negoziare”, è la convinzione della Premier. In parte è certamente vero. Ma solo in parte, perché la stessa Presidente del Consiglio è consapevole che quella minaccia a breve si tradurrà in qualcosa di molto concreto e doloroso. Soprattutto per i Paesi più esposti nell’interscambio con gli Usa: Germania e Italia.Loading…Le elezioni tedesche in arrivoNel frattempo, la data del 23 febbraio incombe. Sono le elezioni tedesche, e Trump potrebbe aspettarne l’esito prima di affondare il colpo sui dazi. Chissà se qualcuno – magari Elon Musk, il suo amico e sponsor della destra estrema europea– gli ha suggerito di temporeggiare, per vedere di quanto salirà l’AfD e puntare sulle difficoltà di Berlino per formare il nuovo governo. E non è da escludere anche che, quando la minaccia si farà concreta, Trump l’articolerà. Nel senso che si muoverà puntando a dividere la Ue, favorendo alcuni prodotti rispetto ad altri. Comprare armi (e gas liquido) made in Usa può certo aiutare a riequilibrare la bilancia commerciale tra le due sponde dell’Atlantico e rendere meno ostile Trump. Meloni ci conta. Ma per giocare questa carta ha bisogno di soldi, di margini di spesa che Bruxelles, per ora, non le concede. E così la Premier prova a barattare il riarmo con la flessibilità, chiedendo che le spese militari siano escluse dal calcolo del deficit, che si adottino misure straordinarie – emissione di debito – come avvenuto con il Covid.Si lavora a un faccia a faccia von der Leyen-TrumpLa Presidente della Commissione Ursula von der Leyen si è detta disponibile a una qualche forma di flessibilità mentre si lavora a un possibile faccia a faccia a Washington. No (per ora) della Germania e dell’Olanda. Un no paradossale, soprattutto quello di Amsterdam, che ha un ministro dell’Economia di destra-destra che va a braccetto con Matteo Salvini e un ex premier, Mark Rutte ( quello che andò a Tunisi con Meloni per firmare il patto sui migranti) alla guida della Nato, impegnato proprio a spingere per l’aumento della spesa militare europea. Il cortocircuito è evidente.Oggi scommessa, domani vicolo cieco?L’Italia al momento è ancora parecchio sotto il tetto del 2% del Pil che era stato fissato qualche anno fa e che nel frattempo è diventato anacronistico. Trump ha alzato l’asticella al 5%. Per noi si tradurrebbe in oltre 100 miliardi. Impossibile, anche solo in prospettiva. Meloni sa che l’Italia, da sola, rischia di essere solo un vaso di coccio tra i giganti. Eppure, continua a provarci. Con una strategia che somiglia a una scommessa ma che domani potrebbe rivelarsi un vicolo cieco. LEGGI TUTTO

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    Salvini e Musk insieme a Madrid per il Movimento Mega: sovranisti europei uniti

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaMusk chiama, Salvini risponde. Dopo l’appello del tycoon americano su X ai popoli europei ad aderire al Movimento Mega («Make Europe Great Again») il vicepresidente del Consiglio leghista ha rilanciato su X, in un post in inglese, le parole del numero uno di SpaceX e Tesla e ha dato appuntamento a sabato in Spagna per l’incontro dei sovranisti europei riuniti riuniti a Strasburgo nel gruppo dei Patrioti. «Lo abbiamo condiviso a Pontida, lo scorso ottobre e lo ribadiremo sabato a Madrid con Viktor Orban, Marine Le Pen, Geert Wilders, Herbert Kickl, Santiago Abascal, Andrej Babiš e tutti i Patrioti: è ora di rendere l’Europa di nuovo grande!», le parole del leader del Carroccio.La presa di distanza di TajaniDi tutt’altro avviso l’altro vicepremier Antonio Tajani. «Non è la mia Europa», ha tagliato corto il ministro degli Esteri e segretario di Forza Italia, Antonio Tajani. «Io – ha aggiunto – credo in un’Europa federale, popolare, che abbia un’anima giudaico-cristiana. Credo nel federalismo, sono un sovranista europeo e sono anche un patriota italiano. Poi, ognuno ha le sue idee. Non sono le mie». Il vicepremier azzurro, riflettendo sulla posizione di Musk, ha sottolineato: «In democrazia niente è pericoloso, sono idee che si devono confrontare. Io difendo le mie idee poi, però, ci confrontiamo sempre. Mi pare però che in Europa la maggioranza dei cittadini, alle elezioni di qualche mese fa, ha scelto il Partito popolare europeo».Loading…Foti: Dazi di Trump? “No a posizioni ideologiche, Meloni può essere elemento di moderazione”I partecipanti al meeting dei Patrioti a MadridSarà il leader di Vox Santiago Abascal a ospitare il meeting dei Patrioti per l’Europa venerdì e sabato nella capitale spagnola. A Madrid ci sarà anche il premier ungherese Victor Orban che ha già usato lo slogan «Mega» lo scorso luglio presentando il programma del suo semestre di presidenza Ue. Nella lista dei partecipanti spiccano Marine Le Pen, leader del Rassemblement National in Francia; Geert Wilders fondatore e leader del Partito della Libertà, piazzatosi al primo posto alle elezioni in Olanda nel 2023; l’ultranazionalista Herbert Kickl, presidente del partito della Libertà in Austria (primo partito alle elezioni del 2024), al quale è stato conferito l’incarico di formare un governo in Austria; nonché, oltre a Salvini, il populista Andrej Babis, ex premier della Repubblica Ceca.Lo slogan per mobilitare i sovranisti europeiL’acronimo Mega è un calco del più noto slogan trumpiano Maga (”Make America Great Again”), che ha caratterizzato le campagne elettorali del presidente americano. Ora Elon Musk sta utilizzando una versione europea di questo slogan per mobilitare gli elettorati conservatori e nazionalisti dei vari Paesi europei. A partire dalla Germania, Paese dove a fine mese si vota per il rinnovo del Parlamento. Il tycoon si è schierato apertamente con l’estrema destra dell’Afd intervistando su X la sua leader e candidata Cancelliera Alice Weidel. LEGGI TUTTO

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    Migranti, il governo cerca una soluzione per superare l’ostacolo delle Corti d’appello

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaL’ipotesi di un nuovo provvedimento del governo continua ad infiammare il dibattito politico dopo l’ennesimo scontro tra giudici e magistratura. Dopo il terzo no dei giudici al trattenimento dei migranti nel centro albanese di Gjader, con una decisione rinviata alla Corte di giustizia europea, FdI passa all’attacco lanciando un’idea che il governo potrebbe valutare in queste ore e riguarda un nuovo intervento sui giudici che si occupano di immigrazione.L’intenzione è quella di una norma specifica per evitare che nelle Corti d’appello, titolari della convalida dei trattenimenti, passino i magistrati delle “sezioni immigrazione”: si tratta degli stessi giudici che finora hanno sempre bocciato le richieste di convalida dei trattenimenti in Albania.Loading…Fdi all’attaccoGià nelle scorse ore i capigruppo di Fratelli d’Italia alla Camera dei deputati e al Senato, Galeazzo Bignami e Lucio Malan, avevano segnalato la questione comunicando il loro sdegno: «Il governo e il Parlamento hanno trasferito la competenza alla Corte di appello per sottrarla alle sezioni specializzate del Tribunale e loro migrano in massa, grazie anche al provvedimento del presidente della Corte che glielo consente.Una chiara presa in giro del Parlamento», avevano detto. Un fenomeno che sarebbe stato segnalato già da tempo dal primo partito in Parlamento, ma che adesso è diventato un problema da risolvere, tanto che la misura è stata segnalata con maggiore urgenza a Palazzo Chigi.La norma allo studioLa novità è tale che non sarebbe ancora arrivata alcuna richiesta agli uffici competenti, ma non si può escludere che a breve possa arrivare la richiesta da parte di Palazzo Chigi di formulare una bozza. LEGGI TUTTO

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    Arianna Meloni ricompatta FdI: ora responsabilità, tutti con Giorgia

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaAvanti uniti, al fianco di Giorgia Meloni, perché «questo è il tempo della responsabilità»: la «traversata nel deserto» è stata lunga ma oggi Fratelli d’Italia «è il grande partito della Nazione» e ognuno è chiamato a fare la propria parte, «rispettando oneri e onori». Non c’è la premier a scaldare la platea della direzione nazionale del partito, riunita allo spazio Roma Eventi di Piazza di Spagna. Ma è sua sorella Arianna, responsabile della segreteria politica di Fdi, a tracciare la rotta nell’intervento conclusivo dell’assemblea a porte chiuse durata circa quattro ore, dove i riflettori dei media erano puntati soprattutto su Daniela Santanchè (unico ministro a non intervenire dal palco e tra i primi a lasciare la sala, per «impegni già presi»).«Impegno maggiore»Un appello alla compattezza è quello che Arianna Meloni rivolge ai quasi duecento dirigenti stipati nel centro congressi: «L’Italia – scandisce la responsabile del tesseramento Fdi – è stata svenduta a lungo, ora è il tempo di capire da che parte stare. Dobbiamo realizzare ciò che ci eravamo promessi di fare quando abbiamo iniziato a fare politica». L’orizzonte è la fine della legislatura, nel 2027: «Abbiamo riportato i nostri valori in sicurezza» ma ora «l’impegno deve essere maggiore. Ognuno per il suo ruolo».Loading…«Giorgia è il nostro Frodo»Ancora una volta è Il Signore degli Anelli di Tolkien a fornire spunti metaforici: «Giorgia è il nostro Frodo e noi siamo la Compagnia dell’Anello. L’anello è pesante, dobbiamo aiutarla nella fatica di portarlo senza mai indossarlo». Prima il caso Almasri, poi la decisione della decisione del Tribunale di Roma di sospendere il trattenimento dei 43 migranti portati in Albania hanno aperto un nuovo fronte con la magistratura.ARIANNA MELONI CON LA SUA ASSISTENTELo scontro con la magistraturaNel partito c’è chi accarezza l’idea della piazza per rimarcare la supremazia della politica sulle toghe: in un questionario di ieri destinato a iscritti e militanti si parlava proprio di questo. «Le piazze appartengono al nostro codice genetico», dice il ministro della Protezione civile Nello Musumeci, che avverte: «Se la politica perde autorevolezza, la magistratura ne occupa lo spazio». Ma uno scontro totale con la magistratura in questo momento sarebbe solo deleterio per il governo e per il partito leader della maggioranza. Questo, i dirigenti di Via della Scrofa lo sanno bene e infatti, negli interventi dei principali rappresentanti della direzione si cerca il più possibile di tenere i toni bassi e di circoscrivere la polemica con i giudizi a «una minoranza» di toghe politicizzate.La delegazione al governoSia Edmondo Cirielli, viceministro degli Esteri, che il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida (capo delegazione di Fdi al governo) avrebbero insistito su un punto: essere garantisti – il senso del loro ragionamento – «non vuol dire combattere la magistratura», il problema semmai sono quei giudici che si muovono per fini politici e cercano di condizionare le scelte del governo attraverso le correnti. Non esiste – osserva Lollobrigida, per esempio – che un partito nato nell’ammirazione di Paolo Borsellino possa essere contro la magistratura. LEGGI TUTTO

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    Lega contro Soprintendenze: nuove tensioni nella maggioranza

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaDopo i distinguo dei mesi scorsi sull’Ucraina e le tensioni sul candidato del centrodestra per le regionali in Veneto, la Lega ha aperto un nuovo fronte nella maggioranza di governo, questa volta riguardo al ruolo delle Soprintendenze. La Lega ha ritirato il suo emendamento al decreto Cultura che aveva come obiettivo quello di “limitare” il potere delle Soprintendenze rendendo non più vincolante il loro parere sulle opere in zone sottoposte alla tutela paesaggistica. In cambio ha ottenuto il via libera alla discussione “in tempi brevi” di una proposta di legge sullo stesso argomento. Il decreto Cultura sarà approvato in Aula a Montecitorio la prossima settimana.Armi all’Ucraina«Più armi si inviano, più la guerra va avanti» aveva affermato a luglio scorso il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini, in una diretta sui social, rispondendo a un follower che gli chiedeva di fermare il conflitto in Ucraina. Nonostante i distinguo («Noi auspichiamo che le parti inizino presto a dialogare e trattare anche grazie all’attivo coinvolgimento degli Usa. Ma fino a quel momento il nostro aiuto non dovrà cessare»), il Carroccio tuttavia non ha fatto mancare il suo voto all’ultimo decreto Ucraina che autorizza la proroga al 31 dicembre 2025 dell’invio di armi a Kiev. Loading…Terzo mandato e il ruolo di ZaiaDiscorso diverso sul terzo mandato per i governatori, che vede la Lega contrapposta a Fratelli d’Italia e Forza Italia. Dietro c’è la decisione del successore di Luca Zaia alla guida della Regione Veneto. La Lega (non potendosi ricandidare Zaia) ha rivendicato per sé l’indicazione del candidato governatore del centrodestra. Tuttavia Fratelli d’Italia, che alle europee di giugno si è confermato in Veneto di gran lunga come primo partito, chiede che sia un suo uomo a guidare la coalizione alla vittoriaProposta di legge per superare i vincoli delle SoprintendenzeAdesso nella maggioranza si apre il fronte Soprintendenze. «Superare i vincoli posti da alcune Soprintendenze è un obiettivo che ci proponiamo con un disegno di legge a carattere urgente che i gruppi della Lega depositeranno a inizio settimana sia alla Camera sia al Senato», ha annunciato Salvini. Si vedrà ora quale sarà la sorte di questo altro provvedimento che, oltre ad essere osteggiato dal collega di governo di Salvini, contrario ad ogni modifica che tolga l’aggettivo “vincolante” all’obbligatorietà del parere delle soprintendenze, vede i dubbi di FdI e il silenzio di FI. LEGGI TUTTO

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    Soltanto il 6% delle leggi immune dal monocameralismo alternato

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaNei primi 26 mesi di legislatura soltanto poco più del 6% delle leggi approvate è stato modificato da entrambi i rami Parlamento. E neanche uno dei numerosi decreti legge convertiti ha spuntato una “terza lettura” parlamentare. Il monocameralismo “di fatto”, o “alternato”, è ormai qualcosa di più di un fenomeno “sotto traccia” con cui le Camere fanno i conti da qualche anno, anche a dispetto della rotta tracciata dalla Costituzione. Anche perché all’insegna del “senso unico alternato”, seppure con modalità diverse e in modo non sempre marcato, si è fin qui sviluppata la navigazione di quasi il 94% dei testi licenziati da Montecitorio e Palazzo Madama. Prime fa tutte le tre leggi di bilancio targate Meloni, in perfetta continuità con le stagioni del “Conte 1 e 2” e di Draghi.L’eco delle polemiche che hanno accompagnato il via libera quasi sul filo di lana dell’ultima manovra economica, nonostante una delle sessioni di bilancio più lunghe degli ultimi anni (oltre due mesi), non si è ancora sopita. Una manovra “gestita” e modificata soltanto da Montecitorio, con Palazzo Madama relegato al semplice ruolo di notaio. Non è una novità. Ed è lo stesso destino che da tempo accomuna anche la conversione della pioggia di decreti legge che inonda le aule parlamentari. Non a caso anche in uno degli ultimi dossier del Comitato per la legislazione della Camera, sull’attività svolta tra il settembre 2023 e il luglio 2024, si sottolinea che «il ricorso alla decretazione d’urgenza ha confermato la tendenza del “monocameralismo alternato». Che non è altro che il fenomeno che offre solo a uno dei due “rami” la possibilità di modificare il provvedimento. Al di là dei proclami che arrivano dai vari partiti, la principale attività del Parlamento è essenzialmente quella di garantire l’approdo ai Dl (siamo arrivati a quota 82) lasciando il poco spazio che avanza prevalentemente ad altri testi d’iniziativa governativa.Loading…I dati dell’ultimo monitoraggio sulla produzione legislativa del Servizio studi di Montecitorio parlano da soli: delle 172 leggi licenziate dalle Camere dall’inizio della legislatura (la diciannovesima) a tutto il 13 dicembre scorso, soltanto 11 sono arrivate alla terza lettura (con modifiche, quindi, di entrami i “rami”) e in un caso, quello della legge costituzionale sull’inserimento dello sport nella “Carta”, si è trattato di un obbligo, dato che il provvedimento era vincolato ai 4 passaggi parlamentari. Tutti i 68 decreti convertiti in legge fino al 13 dicembre scorso sono stati corretti da una sola Camera. Un paio, da quanto emerge dal monitoraggio, hanno “operativamente” fatto tappa al secondo ramo del Parlamento addirittura soltanto per un giorno (i Dl 190/ 2022 sulle elezioni 2023 e 131/2023 sull’energia). Un cammino simile è toccato a 58 delle 60 leggi d’iniziativa governativa che hanno ricevuto il disco verde finale: solo per due testi (la delega fiscale e il Ddl su competitività e riforma del mercato dei capitali) si è giunti al terzo passaggio parlamentare. Ben 8 delle 42 leggi promosse da deputati e senatori (di cui una costituzionale) sono invece riuscite a valicare l’asperità delle sole due letture, così come una delle due leggi d’iniziativa “mista” (una governativa e parlamentare e l’altra Parlamento-Cnel).Ma c’è anche un altro sostanziale indicatore che misura la tendenza sempre più accentuata del Parlamento al “monocameralismo alternato”: la quantità degli emendamenti approvati. A tutto il 13 dicembre scorso risultano complessivamente approvati 3.527 ritocchi: 3.444 in prima lettura (di cui 2.119 nella fase di conversione dei decreti legge) e appena 83 in “seconda”. LEGGI TUTTO