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    Camere, partita bis sulle presidenze delle Commissioni: nuovo risiko fuori tempo massimo

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaÈ un potenziale risiko, anche se resta sottotraccia. E potrebbe incrociarsi con la partita delle caselle governative ancora in sospeso, a cominciare da quelle del viceministro delle Infrastrutture e dei sottosegretari all’Università e alla Cultura. Il ricambio, o la conferma, delle presidenze delle ventiquattro Commissioni parlamentari permanenti di Camera (quattordici) e Senato (dieci) potrebbe alimentare nuove tensioni nel centrodestra.Anche se la maggioranza, alla fine, potrebbe decidere di lasciare al loro posto tutti gli attuali presidenti, senza modificare in alcun modo l’attuale assetto. Che vede sette presidenze assegnate a Fdi alla Camera e cinque al Senato, quattro alla Lega a Montecitorio (anche se una attualmente risulta a carico del gruppo Misto) e tre a Palazzo Madama, dove Fi ne ha due, oltre alle tre nell’altro ramo. Ma è evidente che non si tratta di una scelta indolore. Non a caso il termine (non perentorio) per eventuali ricambi è di fatto già scaduto da tempo. I regolamenti di Camera e Senato indicano chiaramente che dalla data della loro costituzione le Commissioni permanenti sono rinnovate ogni due anni e i loro componenti possono essere confermati.Loading…L’incrocio con la partita sulle poltrone ministerialiMolti nella maggioranza guardano a un possibile incrocio della partita sulle possibili nuove presidenze con quella sulle poltrone ministeriali rimaste vacanti. Nel dicembre scorso, come è noto, Galeazzo Bignami (Fdi) ha lasciato l’incarico di viceministro delle Infrastrutture e trasporti per andare a ricoprire nel dicembre scorso quello di capogruppo alla Camera del suo partito. Prima ancora si erano dimessi Augusta Montaruli, sempre di Fdi, da sottosegretario all’Università dopo la condanna definitiva per l’uso improprio dei fondi consiliari del Piemonte negli anni dal 2010 al 2014, e Vittorio Sgarbi (nel febbraio 2024) da sottosegretario alla Cultura.L’incognita SantanchèCaselle ancora da riempire, dunque, alle quali si potrebbe aggiungere nelle prossime settimane quella ancora più importante di ministro del Turismo, attualmente occupata da Daniela Santanchè (Fdi). Che è alle prese con gli sviluppi delle inchieste sul caso Visibilia.Le presidenze delle Commissioni sotto la lenteIn attesa dell’evoluzione del caso-Santanchè, resta in sospeso la questione delle altre poltrone ministeriali attualmente vacanti. Se, ad esempio, come da tempo si ipotizza in Parlamento, l’attuale presidente della commissione Trasporti della Camera, Salvatore Deidda (Fdi) venisse nominato viceministro delle Infrastrutture, automaticamente si potrebbe aprire una sorta di valzer delle presidenze di tutte le Commissioni. Alcuni già indicano Fabio Raimondo, un altro esponente del partito di Giorgia Meloni, come successore di Deidda. E tra le presidenze attenzionate ci sono, come sempre, quelle delle commissioni Finanze e Bilancio dei due rami del Parlamento. A Montecitorio non viene escluso del tutto un cambio alla guida della Bilancio, attualmente guidata da Giuseppe Mangiavalori (Fi), magari a favore di un collega di partito. E per quest’ultima eventualità si fanno i nomi dell’azzurro Roberto Pella o dell’attuale presidente della commissione Finanze, Marco Osnato, che, in questo caso, dovrebbe però essere a sua volta sostituito. LEGGI TUTTO

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    Meloni: l’Europa che vuole iperegolamentare tutto non sopravviverà, serve nuova visione. No a rappresaglie sui dazi

    Prezzi troppo alti energia, misure immediateI prezzi «troppo alti» dell’energia richiedono, secondo Meloni, «misure immediate e strutturali» anche con «misure a lungo termine. La riforma del mercato elettrico europeo è un importante passo avanti per un mercato più resiliente e flessibile e in grado di dare stabilità. È fondamentale assicurare una attuazione veloce». L’Italia «si è candidata come hub di approvvigionamento e distribuzione per far incontrare l’offerta del continente africano e l’Europa anche attraverso il Piano Mattei».Ridurre del 25% tutti gli oneri amministrativi, 35% per Pmi«Sosteniamo l’azione di semplificazione avviata dalla Commissione europea con i pacchetti Omnibus, il primo dei quali è stato presentato pochi giorni fa ed è dedicato alla semplificazione delle regole di rendicontazione e due diligence per la sostenibilità. Siamo però convinti che l’azione di semplificazione non debba arrivare solo a valle, ma intervenire a monte, in tutte le nuove proposte di legislazione europea. Condivideremo per questo l’invito alla Commissione, e con lei ai co-legislatori, a lavorare per raggiungere l’obiettivo di ridurre il costo di tutti gli oneri amministrativi almeno del 25% per tutti, e almeno del 35% per le piccole e medie imprese».No a un Green Deal con un nome diverso«Continueremo ad insistere per una politica industriale efficace, che sappia combinare gli obiettivi ambientali con la competitività, rinunciando agli eccessi ideologici che abbiamo purtroppo visto e denunciato in passato. Il Clean Industrial Deal, presentato dalla Commissione, va in questa direzione. Sia chiaro che intendiamo impedire un nuovo Green Deal con nome diverso». Meloni, nel corso delle sue comunicazioni in aula al Senato in vista del Consiglio europeo del 20 e 21 marzo. è perentoria. «Chiediamo azioni concrete: il settore auto non può essere abbandonato al proprio destino, per questo abbiamo presentato un paper con la Repubblica Ceca, anche grazie a questo nostro lavoro la Commissione ha presentato un piano di lavoro per settore il automotive, con una prima soluzione per il tema delle multe ai produttori non in linea con gli obiettivi (fissati dal Green Deal, ndr)». «Lavoriamo – garantisce Meloni – perché questi temi siano anche nelle conclusioni del prossimo Consiglio, occorrerà insistere perché venga applicato realmente il principio della neutralità tecnologica».Siamo a fianco Kiev, maggioranza su stessa linea“Sosteniamo gli sforzi del presidente Donald Trump” per una soluzione della guerra in Ucraina, dice la presidente del Consiglio. «Il sostegno al popolo ucraino non è mai stato in discussione», «lo facemmo senza tentennamenti» quando scoppiò la guerra «e a distanza di oltre tre anni quella scelta è rimasta immutata, non solo per Fratelli d’Italia, ma per l’intera coalizione di governo, questo impegno lo rivendichiamo davanti al mondo, siamo una nazione che rispetta i propri impegni internazionali e proprio per questo il suo parere conta». Quanto all’invio di truppe in Ucraina «non è mai stato all’ordine del giorno» e quella di Gran Bretagna e Francia «è una proposta molto complessa, rischiosa e poco efficace».Usa-Ue, chi scava solco indebolisce intero Occidente«Chi ripete ossessivamente che l’Italia dovrebbe scegliere tra Europa e Usa, lo fa strumentalmente per ragioni di polemica domestica o perché non si è accorto che la campagna elettorale americana è finita dando a Donald Trump il mandato di guidare gli Stati Uniti e di conseguenza ai suoi partner europei di fare i conti con questa America. Chi per ragioni ideologiche alimenta una narrazione diversa tentando di scavare un solco tra le due sponde dell’Atlantico non fa che indebolire l’intero Occidente a beneficio di ben altri attori», osserva Meloni. «Noi crediamo che l’Italia debba spendere le sue energie per costruire ponti e non per solchi eppure in uno scenario tutt’altro che facile può fare la sua parte così come riteniamo che l’Italia debba lavorare dialogando con i propri partner a proposte efficaci per la costruzione di una pace giusta e duratura e non ci interessa il protagonismo delle parole, ci interessa il protagonismo dei fatti, significa anche che il ruolo dell’Italia non è quello di seguire acriticamente i partner europei piuttosto che i partner americani, ma al contrario quello di offrire il suo franco punto di vista e, se necessario, segnalare anche il suo dissenso perché la posta in gioco è troppo alta e questo fa una nazione seria». LEGGI TUTTO

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    Meloni tra dazi e Nato: i rischi della missione a Washington che non può fallire

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaVarcare la porta dello Studio Ovale prima che scattino i nuovi dazi anti-europei: questo è l’obiettivo. E bisogna farlo in fretta, entro fine marzo, la prossima settimana. Perché dopo, dicono con un’alzata di spalle anche chi le sta vicino, “che ci va a fare?”. Il viaggio di Giorgia Meloni a Washington, il primo bilaterale con Donald Trump dopo il suo ritorno alla Casa Bianca, è da mesi nell’aria. Se ne parlava già prima che la premier italiana atterrasse per l’Inauguration Day, quando Trump si divertiva a scompaginare il protocollo e i suoi ospiti. E se ne parla ancora adesso, con un’urgenza crescente.Meloni punta a fare da ponte tra Usa ed Europa ma l’imprevedibilità di Trump mette a rischio la strategia Questa visita, però, non può esaurirsi in due fotografie da incorniciare e le parole benevole nei confronti della leader italiana. Meloni non può permetterselo. La premier ha bisogno di risultati da sventolare a Bruxelles e a Roma, qualcosa che riscatti il ruolo di ponte tra Europa e America che sembrava cucito su di lei e che invece, negli ultimi mesi, si è sfilacciato sotto i colpi dell’imprevedibilità trumpiana. Un ruolo che si è complicato con l’inversione a U di Washington sulla guerra in Ucraina, dove la nuova amministrazione ha sbattuto la porta in faccia all’Europa e lasciato Zelensky alle prese con il nuovo corso statunitense. Del resto: lo stesso Trump ha ammesso candidamente di trovarsi più a suo agio con lo Vladimir Putin che con il presidente ucraino, che ha liquidato con un trattamento brutale nel suo primo incontro alla Casa Bianca. Frasi e atteggiamenti che hanno lasciato spiazzati perfino i suoi più fedeli ammiratori, Meloni compresa.Loading…Vitale il legame con il presidente Usa Ma proprio per questo, per Giorgia Meloni, il legame con Trump è vitale. In Europa, deve destreggiarsi tra il rinnovato interventismo anglo-francese di Keir Starmer e Emmanuel Macron (unici in Europa dotati armamenti nucleri e ad avere un posto fisso al Consiglio di sicurezza) e il piano di riarmo da 800 miliardi di Ursula von der Leyen (sostenuto da tutti, a partire dalla Germania di Friedrich Merz). Il paradosso è che proprio chi come l’italia – Meloni in testa -da anni chiedeva di escludere le spese militari dai vincoli di bilancio ora si ritrova a contestare un’Europa che si indebita per la difesa. E mentre la leader di Fdi si arrovella, il suo alleato-nemico Matteo Salvini la scavalca e cavalca il malcontento gridando: “Mai debito per comprare armi!”. Il leader della Lega sogna di diventare il principale interlocutore di Trump (e di Elon Musk), dimenticando che proprio il Tycoon ha spinto la NATO a chiedere più soldi per la difesa, ha minacciato di uscire dall’Alleanza e ha dichiarato obsoleto perfino il vecchio tetto del 2% del PIL per la spesa militare. L’Italia, che neppure quel limite ha raggiunto, a giugno dovrà fare i conti con un aumento dell’asticella di almeno un punto.Lo spettro della guerra commerciale E poi c’è la mina più grossa: la guerra commerciale. I dazi annunciati da Trump sarebbero un colpo durissimo per un Paese esportatore come l’Italia. Non solo per i rapporti diretti con gli Stati Uniti, ma anche per l’effetto domino che si abbatterebbe sugli altri partner europei, a cominciare dalla Germania, primo cliente di Roma, seguita (a distanza) dalla Francia. Già oggi l’industria italiana sconta il peso della recessione tedesca e il calo della produzione. Un’ulteriore stretta americana rischierebbe di soffocarla.Questo è il quadro con cui Meloni deve fare i conti. Perciò, se va a Washington, dovrà tornare con qualcosa in mano. Qualcosa di concreto, da rivendere agli alleati interni e ai partner europei. Altrimenti, meglio lasciar perdere. Meglio evitare il viaggio. LEGGI TUTTO

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    Riarmo, Pd rischia la conta sulla risoluzione in Senato: trattativa non stop

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaRischio conta in Parlamento per il Pd sulla risoluzione sulle comunicazioni di Giorgia Meloni in vista del Consiglio Europeo del 20 e 21 marzo. Per scongiurare un bis dello strappo all’Europarlamento per tutto il pomeriggio e fino a tarda serata è andata in scena una riunione fiume dei Dem alla quale hanno preso parte, tra gli altri, il responsabile Esteri Peppe Provenzano, i capigruppo di Camera e Senato Chiara Braga e Francesco Boccia, i capigruppo delle commissioni Esteri e Difesa Senato Stefano Graziano, Enzo Amendola e Alessandro Alfieri che è anche il coordinatore della minoranza. Un lungo lavoro di cesello partito, comunque dalla linea critica al piano von der Leyen.La mediazione nel PdIl Pd, evidenzia Boccia in una intervista, crede nel «federalismo europeo» e chiede una iniziativa che punti soprattutto ad «accelerare la difesa comune con una politica estera comune». Il testo viene limato fin nell’ultimo particolare. Secondo quanto viene riferito da alcuni partecipanti la lunga riunione si sarebbe anche interrotta e poi riaggiornata, tra l’altro, sul nodo della critica al piano von der Leyen che nella prima versione si chiedeva andasse «radicalmente modificato». Una dizione non troppo digeribile per l’ala riformista tenendo conto anche dell’opinione di alcuni big che ne hanno parlato come di un «primo passo». Alla fine la soluzione di compromesso potrebbe essere più semplicemente «il piano va cambiato». Nonostante il successo della manifestazione del 15 marzo pesano, insomma, le divisioni e gli strascichi del voto europeo.Loading…Il no al riarmo del M5sSe il Pd è alla ricerca di una faticosa sintesi al proprio interno un dato di fatto è anche che tutti i partiti di opposizione presenteranno una propria risoluzione diversa dalle altre. Il piano ReArm Europe, chiede M5s, va sostituito “integralmente” con un piano di rilancio della competitività e le priorità politiche dell’Ue come spesa sanitaria, istruzione, incentivi all’occupazione. Il leader Giuseppe Conte, tra l’altro, si prepara alla piazza del 5 aprile alla quale fa sapere, «inviteremo tutti coloro che dicono no a questo folle piano per il riarmo». La piazza del 15 marzo?Le posizioni dai centristi a AvsNo un’Europa del riarmo anche da Avs che ha sfilato con le bandiere della pace a Piazza del Popolo. Dall’altra parte dello schieramento di centrosinistra Azione fa sapere che presenterà come propria risoluzione il testo delle due risoluzioni approvate il 12 marzo dal Parlamento europeo. «E’ il momento della chiarezza, sia per le forze di maggioranza che per quelle di opposizione», dice il partito di Calenda. A chiedere un piano ancora più ambizioso sono Iv e +Europa schierate anche, insieme ad Az, nel forte sostegno all’Ucraina. Almeno per domani, però, la conta nell’opposizione sarà scongiurata visto che in Senato il voto della risoluzione di maggioranza precluderà quello su tutte le altre che decadranno. Più complicata la questione mercoledì visto che a Montecitorio i documenti saranno messi tutti in votazione anche per parti separate. LEGGI TUTTO

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    Meloni in aula, sulla difesa compromesso nella maggioranza

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaRafforzare la sicurezza interna ed esterna dell’Unione, ma nell’ottica di un’alleanza Nato dalla quale non si può prescindere. E stando ben attenti a non mettere a repentaglio le finanze pubbliche. Un obiettivo che si potrà raggiungere anche tramite l’introduzione di piani di garanzia pubblica per il finanziamento degli investimenti sia nell’industria della difesa sia nei settori tecnologici, logistici ed infrastrutturali, così come proposto dall’Italia in sede Ecofin dello scorso 11 marzo, dove è stata accolta con favore la proposta del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti per uno strumento con garanzie europee capace di innescare investimenti privati fino a 200 miliardi di euro nella difesa. Questo sarà il cuore della risoluzione con la quale il centrodestra approverà le comunicazioni al Senato della premier Giorgia Meloni, in vista del Consiglio europeo di Bruxelles del 20-21 marzo. Un compromesso per cui alla vigilia nel centrodestra si esclude il rischio di crepe interne, sottolineando invece che le opposizioni andranno divise all’appuntamento. Anche il Pd lavora per cercare una sintesi al proprio interno per evitare nuove divisioni dopo quella sulla risoluzione al Parlamento europeo, che sarà invece il testo riproposto alle Camere da Azione. Avs ribadirà il “no al riarmo nazionale”.La quadra nella maggioranzaNella risoluzione di maggioranza sono evitati riferimenti espliciti, e potenzialmente divisivi, al ReArm Europe, limitando l’input a rafforzare la capacità operativa degli Stati Ue nel quadro dell’alleanza Nato. Nella risoluzione, sulla guerra in Ucraina è stata scelta una poi formula che comprende il lavoro con Ue, Usa e i tradizionali alleati per arrivare a una pace che rispetti il diritto internazionale, insieme a Kiev.Loading…Romeo (Lega): risoluzione M5S contro le armi? Magari ci asteniamoTrovata la quadra nella maggioranza, restano alcune incognite. La risoluzione del M5s, nella parte in cui si oppone al piano di riarmo europeo, potrebbe avvicinarsi alle posizioni dei leghisti, che però garantiscono di seguire i pareri del governo. «La risoluzione dei 5Stelle contro le armi? Magari ci asteniamo, seguiamo il parere del governo, magari il governo chiede modifiche» ha dichiarato Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega in SenatoRisoluzione M5s chiede a governo stop a piano riarmoTra i passaggi fondamentali del M5s, secondo quanto si apprende, c’è sicuramente quello che vuole che il governo si impegni «a manifestare, in tutte le sedi istituzionali, nazionali ed europee, la ferma contrarietà al piano di riarmo europeo “Rearm Europe”». Un piano bocciato dalla Lega al Parlamento europeo ma a favore del quale hanno votato invece Fdi e Forza Italia. I pentastellati chiedono poi all’esecutivo di «sostituire integralmente il piano di riarmo europeo con un piano di rilancio e sostegno agli investimenti che promuovano la competitività, gli obiettivi a lungo termine e le priorità politiche dell’Unione europea quali: spesa sanitaria, sostegno alle filiere produttive e industriali, incentivi all’occupazione, istruzione, investimenti green e beni pubblici europei, per rendere l’economia dell’Unione più equa, competitiva, sicura e sostenibile». LEGGI TUTTO

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    Bozza risoluzione della maggioranza: «Con Kiev finché sarà necessario. In Ue opporsi a nuove tasse»

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di lettura«Continuare a sostenere l’Ucraina per tutto il tempo necessario, fermo restando l’auspicio di una rapida conclusione dei negoziati di pace». È uno dei 12 impegni, a quanto si apprende, della bozza della risoluzione di maggioranza sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio Ue.Sulla crisi ucraina si prevede anche l’impegno a «lavorare con l’Unione Europea, con gli Stati Uniti e con i tradizionali alleati per arrivare a una pace basata sui principi della Carta delle Nazioni Unite e sul diritto internazionale, assieme all’Ucraina ed ai partner internazionali», e a «dedicare ogni sforzo necessario per la preparazione della Conferenza per la ripresa dell’Ucraina (Ukraine Recovery Conference – URC) che l’Italia ospiterà a Roma il 10-11 luglio 2025».Loading…La maggioranza impegna il governo a «lavorare per realizzare una politica di difesa che rinforzi le capacità operative degli stati nazionali europei nel quadro dell’alleanza Nato, in un quadro geopolitico in cui si registrano fortissime tensioni e conseguenti pericoli», prosegue la bozza. È un «obiettivo – viene precisato – che si potrà raggiungere anche tramite l’introduzione di piani di garanzia pubblica per il finanziamento degli investimenti sia nell’industria della difesa sia nei settori tecnologici, logistici ed infrastrutturali, così come proposto dall’Italia in sede Ecofin dello scorso 11 marzo». Nella bozza non si fa esplicito riferimento al piano ReArm Europe.La maggioranza impegna il governo a «mantenere alta l’attenzione sul Medio Oriente, il cui scenario resta particolarmente delicato anche per quanto riguarda le transizioni in Siria e in Libano. Per favorire la stabilizzazione dell’area restano prioritari: la tenuta del fragile cessate il fuoco a Gaza; il completo rilascio degli ostaggi; la prosecuzione degli aiuti umanitari».La maggioranza impegna il governo a «preparare il terreno per il negoziato sul prossimo bilancio europeo, opponendosi ad eventuali proposte di tassazioni aggiuntive per cittadini e imprese europee e attivandosi per garantire risorse adeguate ad affrontare le sfide collegate agli obiettivi della politica di coesione e della politica agricola, ma anche al tema della sicurezza e della difesa ed al rilancio delle competitività europea». LEGGI TUTTO

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    Rai, la maggioranza trova l’accordo sulle nomine per i Tg

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaSi è chiuso il cerchio sulle nomine Rai. Quello appena trascorso è risultato come un weekend decisivo con la maggioranza che ha raggiunto un accordo. Dopo una lunghissima gestazione le nomine dovrebbero così arrivare ed essere approvate in Cda nella seduta fissata per giovedì prossimo, 20 marzo.Paolo Petrecca (vicino a Fratelli d’Italia) lascerà RaiNews24 per approdare alla direzione di Rai Sport mentre al suo posto, alla guida del canale all news arriverà Federico Zurzolo (in quota Forza Italia). In due testate verranno nominati gli attuali responsabili ad interim e cioè Roberto Pacchetti alla Tgr (in quota Lega) e Pierluca Terzulli al Tg3 (vicino ai Dem). Inoltre a luglio, quando Francesco Pionati andrà in pensione, gli succederà alla guida del Giornale Radio Nicola Rao (vicino a Fdi), attuale direttore della Comunicazione ed ex direttore del Tg2.Loading…Le nomine non dovrebbero però limitarsi alle testate: a Rai Italia, infatti, Maria Rita Grieco (quota Forza Italia), attuale vicedirettrice del Tg1, dovrebbe prendere il posto di Fabrizio Ferragni, andato in pensione al fine febbraio; Andrea Sassano, attuale direttore di Rai Teche, dovrebbe andare alla direzione Radiofonia, attualmente affidata in via transitoria a Flavio Mucciante; mentre Stefano Coletta, attuale direttore Distribuzione e responsabile ad interim della Direzione Offerta Estero, dovrebbe andare a guidare la nuova Direzione Coordinamento Generi (ma non è chiaro se la direzione sarà istituita contestualmente alla nomina o se verranno fatti due passaggi, prima la creazione della direzione e poi la nomina).Queste ultime nomine, quando saranno effettive, lasceranno scoperte alcune direzioni (come Teche e Distribuzione, ad esempio), quindi è probabile che nelle prossime settimane ne verranno effettuate delle altre. Nel frattempo continua l’attesa per capire come e quando terminerà lo stallo sulla nomina del presidente. La maggioranza ha finora fatto quadrato su Simona Agnes, in quota Forza Italia. L’opposizione vorrebbe procedere per bocciare la candidatura, e la maggioranza per questo fa mancare il numero legale, prolungando i tempi, in attesa di trovare i due voti che le mancano per ottenere i necessari due terzi dei consensi. LEGGI TUTTO

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    Maggioranza e Pd alla prova del voto sull’Ue: martedì in arrivo le risoluzioni

    Ascolta la versione audio dell’articolo5′ di letturaTenere assieme la maggioranza in vista del Consiglio europeo del 20 e 21 marzo. Senza scontentare gli alleati, ma evitando passi indietro rispetto alla posizione già portata a Bruxelles durante il summit informale di qualche giorno fa. Giorgia Meloni prepara il passaggio alle Camere di martedì e mercoledì prossimo, limando il suo intervento e, contemporaneamente, la risoluzione di maggioranza con cui saranno approvate le comunicazioni. Continuerà a lavorarci nelle prossime ore, probabilmente sentendo Matteo Salvini e Antonio Tajani. Anche i capigruppo del centrodestra potrebbero vedersi per mettere nero su bianco un testo, in stretto contatto con Palazzo Chigi. L’idea è una risoluzione che non calchi la mano su alcuni dettagli per evitare poi dei pericolosi distinguo.Italia contraria a invio di proprie truppeLa premier parlerà martedì pomeriggio a Palazzo Madama e mercoledì alla Camera. E dopo il tradizionale pranzo con il presidente della Repubblica ed altri esponenti di governo volerà a Bruxelles dove, salvo cambiamenti dell’ultima ora, parteciperà anche alla cena organizzata dal gruppo di Ecr. L’intervento di Meloni in Parlamento arriva dopo giorni di grande tensione all’interno della maggioranza su questi temi. La premier nei suoi interventi alle camere ribadirà i punti chiave della posizione italiana: non mancheranno i passaggi sul sostegno del nostro paese a Kiev, ma anche quelli che danno spazio ai negoziati di Gedda ed al ruolo che hanno avuto gli Stati Uniti e Donald Trump sulla proposta di pace. Ci sarà sicuramente un punto sugli investimenti secondo il programma InvestUe e poi – si ragiona in ambienti della maggioranza – Meloni affronterà il tema del riarmo e della difesa europea. In questo contesto il passaggio sulla contrarietà dell’Italia all’invio di proprie truppe. Una presa di posizione che dovrebbe ricalcare quanto detto nella call nel corso dei vertice dei “volenterosi” organizzato dal premier inglese Keir Starmer. Ragionamenti che la premier dovrebbe fare prima con i suoi due vice.Loading…La linea di Lega e Forza ItaliaLa «posizione della Lega è chiara» fa intanto sapere Matteo Salvini che in un post su X torna a chiedere di «aumentare gli investimenti per rafforzare la nostra sicurezza interna, non riarmi europei o difese comuni. Per l’Italia – scrive il titolare dei Trasporti – il problema è la frontiera a sud con l’immigrazione clandestina ed il terrorismo islamico». Altrettanto netto il ministro degli Esteri Antonio Tajani: «Ci stiamo caratterizzando come una grande forza moderata all’interno dello schieramento del centrodestra. Siamo alleati leali – mette in chiaro il leader di Fi – ma abbiamo le nostre idee, posizioni che non vogliamo assolutamente cambiare. A livello internazionale siamo impegnati a fare tutto ciò che si può per far contare l’ Italia di più». Il titolare della Farnesina, che sarà nelle prossime ore a Bruxelles per la riunione dei ministri degli Esteri, fa sapere di voler ribadire «l’importanza del mantenimento dell’unità transatlantica. Come confermato dalla riunione dei ministri degli esteri G7 in Canada, il coordinamento tra alleati rimane un elemento essenziale per affrontare le numerose sfide internazionali, a partire dagli sforzi per arrivare ad una pace giusta in Ucraina». Che alla fine il centrodestra troverà una sintesi è la convinzione del capogruppo azzurro Maurizio Gasparri. Forza Italia – spiega – vuole «una politica di difesa e di sicurezza per l’Europa, per avere più autonomia e più libertà. Ma vogliamo anche una solidarietà euro-atlantica ed il dibattito parlamentare farà emergere una posizione chiara e coesa del governo di centrodestra».Opposizioni in ordine sparsoLa manifestazione per l’Europa non ha ridotto le distanze fra le opposizioni. Erano (quasi tutte) insieme in Piazza del Popolo a Roma, ma andranno ognuna per conto proprio in Parlamento. Ogni forza di minoranza presenterà un proprio documento. Il contenuto di quelli di M5S e Avs sarà: no alle armi. Ed è prevedibile che quello delle forze centriste vada nella direzione opposta. Più complicato il lavoro di limatura della risoluzione firmata Pd, che dovrà provare a tenere insieme punti di vista distanti. Per Elly Schlein si tratta di una prova cruciale: la segretaria sta decidendo quale forma dare al confronto interno sulla politica estera che si è imposto dopo le divisioni del partito al voto di Strasburgo sulla difesa europea. Il clima delle prossime ore le darà un orientamento.Il nodo congresso demSul tavolo c’è anche l’ipotesi congresso. «Se c’è la volontà, un punto di caduta comune lo troveremo», spiegava un esponente riformista. Il nodo è quello: capire se c’è la volontà o se l’unica soluzione che resta è andare alla conta. Lo scontro è forte. Per cercare una via di conciliazione, venerdì c’è stata una lunga riunione dei capigruppo di Senato, Francesco Boccia, e Camera, Chiara Braga, con quelli delle commissioni Esteri e Difesa dei due rami del Parlamento e il responsabile Esteri del partito Peppe Provenzano. Spetta a lui tirare le fila in vista di martedì. Per quel giorno, poche ore prima delle comunicazione di Meloni a Palazzo Madama, è in programma un’assemblea congiunta di deputati e senatori Pd. Sarà un momento della verità. LEGGI TUTTO