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    Autonomia, garantire i princìpi di solidarietà e di coesione sociale

    Ascolta la versione audio dell’articolo4′ di letturaCi siamo: lunedì 20 gennaio la Corte costituzionale si riunirà per decidere sull’ammissibilità del quesito di abrogazione totale della legge Calderoli sull’autonomia differenziata, dopo che l’ufficio centrale della Corte di Cassazione aveva dato il via libera al referendum a metà dicembre. L’approvazione della legge 86 il 26 giugno 2024 ha scatenato un’epica carica che da Nord a Sud in soli 3/4 giorni ha travolto il governo con migliaia di firme. Facendo a pezzi le afone banalità della stagionata meglio gioventù leghista, rendendo assordante il silenzio fuggitivo della premier, imponendo al governo, che forse ancora non se ne rende conto fino in fondo, la ricerca di una via di uscita, che non sia l’acqua fresca di patetici Osservatori sull’autonomia. Grazie a quelle firme, la Corte Costituzionale, esaminata la legge approvata in Parlamento, con chirurgica competenza e precisione, l’ha resa quel contenitore vuoto ed informe che è oggi. La scottatura brucia, in quanto espone la maggioranza ai contraccolpi di un’immanente reciproca incompatibilità, rimasta finora nel limbo che, pur sopita, è emersa con imbarazzante, logica ed evidente prospettica concretezza.Non c’è stato verso di indurre i timonieri a disinnescare le grossolane astuzie messe in atto per attuare l’Autonomia del ministro Calderoli, che già parla di rianimare il fantasma della legge 86. Invece, una via d’uscita ci sarebbe: basterebbe procedere semplicemente sui binari fissati fin dal 2009 dalla legge 42 sul federalismo fiscale, sempre a firma Calderoli, attuando finalmente l’articolo 119 della Costituzione, garantendo i princìpi di solidarietà e di coesione sociale, in maniera da sostituire, per tutti i livelli di governo, il criterio della spesa storica, avendo come obiettivo il superamento del dualismo economico del Paese. Un percorso finora disertato e che proprio Calderoli, dopo il varo della legge 86/2024, prova smaccatamente a eludere e seppellire. Nessun recupero, dunque, ma la resa al buon senso per realizzare quanto previsto dalla Costituzione nel riformato titolo V del 2001. Lasciar decadere la legge 86, seppellendo quanto partorito dal Parlamento, è nell’interesse di tutti, estimatori e oppositori dell’Autonomia, a prescindere che si arrivi o meno al referendum. La volontà civica, compresa la Suprema Corte, respinge modo e metodo e chiede chiarezza e correttezza sui contenuti. Il meccanismo della legge 86, infatti è tutt’altro che rassicurante, non solo (ed è tanto!) perché costituzionalizza di fatto il criterio della spesa storica, ma perché in aggiunta incentiva e inevitabilmente attiva l’ art. 117 comma 8 perfettamente e non casualmente complementare al 116 comma 3, finalizzato al progetto (sottaciuto) di un Grande Nord Sovrano e, per reazione uguale e contraria, a legittimare un Grande Sud Sovrano, sconvolgendo tra l’altro l’intervento straordinario dell’Unione Europea, il PNRR, sull’Italia, grande malata d’Europa.Loading…Alla causa dell’Autonomia, nel rispetto della Costituzione, non giova l’astuzia e ancor meno la prepotenza. L’auspicio è che non si vada a una riscrittura di un testo che la Consulta ha reso inservibile. Ma piuttosto si attui l’articolo 119 della Costituzione, secondo l’intento solennemente dichiarato fin dal 2009, e precisamente normato dalla legge 42: è questo il contesto appropriato per affrontare il tema delle intese per l’Autonomia differenziata. Al governo sarebbe utile arrendersi al buon senso. Al popolo referendario, ebbro di gloria per la sonora lezione impartita, va detto chiaramente che, referendum o non sulla legge 86, il problema dell’articolo 116 terzo comma della Costituzione, dove si prevede che «la legge ordinaria possa attribuire alle regioni ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia sulla base di un’intesa fra lo Stato e la regione interessata», resta. Avendo, tra l’altro, il Parlamento insipientemente accantonato nel 2024 un disegno di legge costituzionale di iniziativa popolare di modifica dell’art. 116. Un approccio corretto impone il rigoroso rispetto dell’articolo 119 e della sua legge di attuazione. Preziosi sono i chiarimenti della Suprema Corte, in margine alla non emendabilità e alla distinzione tra funzioni e materie oggetto di intese, per calibrare il trasferimento di sovranità che la legge 86 invece presume integralmente trasferita dallo Stato alla Regione per tutte le funzioni oggetto delle intese.Di fatto si impone la scelta tra due alternative. Da un lato il federalismo liberale alla Buchanan del 119 del Titolo V, incardinato sul principio di equità e sussidiarietà orizzontale e verticale, che contempla la funzione perequativa a scala rigidamente nazionale prevista nella legge attuativa, la 42/2009. Dall’altro, l’impianto sotteso al progetto della legge 86/2024, che veste i panni di un confederalismo competitivo, a tutela di rendite posizionali a beneficio prioritario o esclusivo dei cittadini della propria Regione Sovrana. La Suprema Corte ha si impedito che a ciò arrivasse ineluttabilmente la legge 86 approvata dal Parlamento nazionale. Ma ciò non garantisce che prevalga l’alternativa di una corretta attuazione della 42/2009 e che l’autonomia non pregiudichi l’unità del Paese diviso tra un Grande Nord Sovrano e l’avventura di un Grande Sud Sovrano. Con chi dialogherebbe allora l’UE? Con l’Italia dell’articolo 1 della Costituzione o con l’Italia una e trina divisa in Macroaree sovrane?*Presidente Svimez LEGGI TUTTO

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    Zangrillo: «No a uno stallo eterno. Gli aumenti per legge una sconfitta per tutti»

    Ascolta la versione audio dell’articolo5′ di lettura«Ora bisogna fare ogni sforzo per riprendere quanto prima il dialogo, ma lo stallo non può essere infinito perché io questi soldi ai nostri lavoratori li voglio dare. Ricordo, nel caso, che c’è sempre la possibilità di un’erogazione unilaterale, come abbiamo fatto a fine 2023 con l’indennità di vacanza contrattuale, maggiorata e anticipata proprio per attutire il colpo dell’inflazione di quel periodo. Ma sarebbe una sconfitta per tutti, per i sindacati e per il nostro obiettivo di rimettere le persone al centro per riportare la Pa a essere un buon posto di lavoro». Il ministro per la Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo è reduce da una settimana duplice, scandita dalle riunioni e dagli incontri pubblici per discutere le innovazioni tecnologiche e organizzative che attendono la Pa ma travolta dalla rottura delle trattative sul contratto del personale sanitario, in uno scenario che promette di bloccare anche il rinnovo per gli enti locali e di complicare molto quello della scuola.Ministro, come se ne esce?Se ne esce, spero, con la volontà di tutti di usare ogni spazio per tornare in fretta al tavolo del confronto. L’Italia è un modello per la sua consolidata tradizione di relazioni sindacali e io stesso, anche per il mio vissuto professionale, ho sempre preferito la concertazione, che pur qualche volta con fatica porta a soluzioni condivise. Troverei paradossale che i sindacati, o meglio quelli che a partire da Cgil e Uil hanno determinato lo stallo, preferiscano nei fatti un’erogazione unilaterale automatica come l’indennità di vacanza contrattuale proprio nel momento in cui per la prima volta nella storia della Repubblica il Governo ha costruito le condizioni, e ha messo le risorse, per disegnare una prospettiva che guarda ai rinnovi dei contratti del futuro, fino al 2030.Loading…Ma se lo scontro prosegue, pensa sia possibile imboccare una strada extracontrattuale?In linea teorica è certamente possibile riconoscere gli aumenti per via normativa. Ma sarebbe una sconfitta e, ricordo, implicherebbe la rinuncia alle tante novità che sono state negoziate con i sindacati, comprese Cgil e Uil, e che offrono miglioramenti significativi alle condizioni del personale. Solo per quel che riguarda la sanità, per esempio, penso che l’introduzione del patrocinio legale, dell’assistenza psicologica e della possibilità per l’azienda di costituirsi parte civile quando si verificano le aggressioni non sia un aspetto di poco conto. Ma non è l’unico, perché è stata rivista in profondità la disciplina delle prestazioni aggiuntive e quella del lavoro agile per il personale amministrativo, peraltro con il riconoscimento del buono pasto anche nelle giornate di smart working che ha un non trascurabile impatto economico. Tutto questo, con gli aumenti per legge, cadrebbe.Cgil e Uil però respingono seccamente l’accusa di fare politica, e parlano di «obiezioni di merito»Quando però esponenti sindacali parlano di «cifre a caso» mentre illustro gli aumenti dettagliati dalle tabelle contrattuali, come ha fatto nei giorni scorsi la segretaria della Uil-Fpl Rita Longobardi, o lo fanno in malafede o lanciano accuse senza aver letto il contratto. Perché, ribadisco, basta studiare le tabelle per capire che per esempio nel caso degli infermieri di pronto soccorso l’indennità specifica cresce negli anni fino agli oltre 366 euro del 2026, e con i 150 euro di aumento di base porta l’incremento complessivo vicino ai 520 euro lordi al mese.Il «no» di Cgil e Uil però non è improvvisoVeniamo da sette mesi di confronto intenso, abbiamo incontrato i sindacati anche prima della legge di bilancio, per cui tutti avevano chiaro il perimetro delle compatibilità in cui ci muoviamo. Ora ci ritroviamo di nuovo con un passo indietro, senza apparenti alternative, in una dinamica che non appartiene più al tavolo negoziale. Qui non si sta facendo sindacato, ma un’altra cosa. E non so bene come riusciranno a raccontare ai propri iscritti di aver rinunciato a tutto questo. LEGGI TUTTO

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    Meloni da Trump per l’insediamento, il tycoon giurerà al chiuso come Johnson (in un aereo), Roosevelt e Truman

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaLa premier Giorgia Meloni parteciperà lunedì 20 gennaio all’insediamento del presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump, in un viaggio che dovrebbe rafforzare ulteriormente i suoi legami con il numero uno degli Stati Uniti.Obiettivo per Meloni diventare un ponte fra Washington e l’EuropaGiorgia Meloni ha fatto una visita lampo a Trump all’inizio di questo mese, per caldeggiare la liberazione di Cecilia Sala. Lo ha incontrato nella tenuta di Mar-a-Lago in Florida, ottenendo elogi dal presidente entrante, che l’ha definita «una donna fantastica». I sostenitori di Giorgia Meloni sperano la premier possa avere un accesso privilegiato a Trump nei prossimi quattro anni e diventare un ponte tra Washington e l’Europa.Loading…Orban e Xi hanno declinato l’invitoDonald Trump ha invitato diversi leader stranieri alla cerimonia di inaugurazione. Leader che in passato non hanno partecipato per motivi di sicurezza e hanno inviato diplomatici a sostituirli. Oltre alla Meloni, anche il presidente argentino Javier Milei, altro forte sostenitore di Trump, ha dichiarato che parteciperà. Tuttavia, un altro sostenitore di Trump, l’ungherese Viktor Orban, non sarà presente, come ha detto il suo portavoce. Anche il presidente cinese Xi Jinping non sarà presente, ma invierà un rappresentante.Trump giurerà al chiuso nella rotonda del CampidoglioPer la prima volta dal 1985, dai tempi di Ronald Reagan, il giuramento del presidente eletto e del suo vice Jd Vance si terrà al chiuso, nella rotonda del Campidoglio, e non sui gradini del Capitol come di norma. La cerimonia sarà trasmessa in diretta alla Capital One Arena di Washington, in grado di ospitare circa 20mila persone. Al suo interno si terrà anche la parata presidenziale. Le temperature nel giorno dell’insediamento sono attese scendere fino a meno 12 gradi, con una massima di meno cinque senza contare i venti. Un crollo della colonnina di mercurio che ha costretto Donald Trump a cambiare i programmi. «C’è una folata artica che sta spazzando il Paese. Non voglio vedere persone ferite o sofferenti in alcun modo. Sono condizioni pericolose per le decine di migliaia di forze dell’ordine, soccorritori, cani da guardia e persino cavalli, e centinaia di migliaia di sostenitori che saranno fuori per molte ore il 20 gennaio», ha detto Trump sul suo social Truth annunciando il cambio di programma. «Mi unirò alla folla alla Capital One, dopo il mio giuramento», ha assicurato.Chi ha giurato al chiuso nella storia americana: Johnson in un aereoAnche se è insolito un giuramento al chiuso, nella storia americana ci sono diversi precedenti, al di là di Reagan. Hanno giurato all’interno anche Franklin Delano Roosevelt per il quarto mandato e poi Harry Truman: entrambi nel 1945, il primo per le restrizioni legate alla Seconda guerra mondiale, il secondo dopo la morte improvvisa di Roosevelt. Lyndon B. Johnson nel 1963 giurò all’interno di un aereo presidenziale a Dallas, subito dopo l’assassinio di John F. Kennedy. Prima ancora, Calvin Coolidge nel 1923 giurò nella casa di famiglia in Vermont, alla presenza del padre notaio, dopo la morte di Warren Harding. LEGGI TUTTO

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    Come finirà la guerra Meloni-Salvini sul Veneto? Ecco il possibile scenario

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaNulla è stato ancora deciso. O almeno così assicura Giorgia Meloni che però lascia trapelare,con la consueta astuzia, un messaggio che è anche una minaccia: la candidatura di Fdi in Veneto è «un’opzione» . Che la Presidente del Consiglio abbia puntato a conquistare una delle due Regioni simbolo della Lega (l’altra ovviamente è la Lombardia) non è un mistero per nessuno, tantomeno per Matteo Salvini e Luca Zaia che continua a perorare la causa del terzo mandato. Prospettiva, questa sì, che per Meloni non è in campo neppure come ipotesi.Questione di geometrie variabiliNiente di personale nei confronti di Zaia, ovvio. E’ questione di geometrie politiche. Quest’anno oltre al Veneto vanno al voto anche Campania, Puglia, Toscana, Marche e Valle d’Aosta. L’obiettivo minimo è oltre alla conferma delle Regioni già in mano al centrodestra, la conquista di uno dei governi regionali del centrosinistra. Gli occhi sono puntati sulla Campania di Vincenzo De Luca che sta conducendo la sua battaglia personale per il terzo mandato (il Pd non lo appoggia). Il Consiglio dei ministri – assente Salvini – ha impugnato la legge regionale campana che consentirebbe al Governatore uscente di ripresentarsi e così facendo ha messo la parola fine anche alla ricandidatura di Zaia, avanzando parallelamente quella di uno dei suoi Fratelli.Loading…La rabbia leghistaUn posto in prima fila nella Regione che è stata la culla dell’autonomismo e che assieme alla Lombardia è la roccaforte del Carroccio. Privarsene, abdicare in favore del partito della Premier potrebbe tradursi in una perdita di potere e di consensi irreversibile. Insomma qui non c’è in ballo la sopravvivenza di Zaia ma della stessa Lega. Ecco perché è esplosa unanime la rabbia leghista, con un fragore che ha scosso non solo i veneti ma l’intero Nord. Salvini – nel Consiglio federale di giovedì 16 – ha cercato di ricompattare le fila schierandosi con Zaia e con gli altri governatori («squadra che vince non si cambia») in nome del buon governo e si dice certo che alla fine si troverà un’intesa.Il boccino è nelle mani della premierLo ripetono in tanti in queste ore anche dentro Fdi. Il boccino ora è nelle mani della Premier. Zaia ha minacciato apertamente di essere pronto a sostenere la corsa in solitaria della Lega, guidando una serie di liste” venetiste” che secondo alcuni sondaggi potrebbero raggiungere il 40% nonostante alle europee Fdi abbia preso il triplo dei voti del partito di Salvini. Ma non è questo che fa essere prudente Meloni. La sua priorità oggi (e anche domani e dopodomani) è mantenere salda la maggioranza di governo. E’ grazie a questa solidità, che si traduce in affidabilità, che ha conquistato passo dopo passo un rapporto privilegiato con i vertici europei e con gli Stati Uniti. Rapporto che si sta rafforzando ulteriormente con il secondo mandato a Bruxelles di Ursula von der Leyen e il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. Un capitale politico che non vuole mettere a rischio.L’obiettivo della premier: guidare il Governo più longevo della storia repubblicanaNessuno ha capito cosa la Premier abbia in mente. Neppure nel suo inner circle. Meloni finora ha sempre messo la tattica a servizio della strategia. E nulla dirà certo prima del Congresso della Lega che si terrà a marzo. Per la Presidente del Consiglio è infatti fondamentale che il suo alleato non imploda. Solo dopo si parlerà delle prossime candidature. E’ un equilibrio complesso ma necessario per proteggere quello che resta il suo vero obiettivo: guidare il Governo più longevo della storia repubblicana. Il Veneto, con tutto il suo carico di orgoglio autonomista, può aspettare. LEGGI TUTTO

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    Sardegna, decadenza Todde: Giunta per le elezioni attenderà il pronunciamento del tribunale

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaI tempi per valutare la decadenza della presidente della Regione Sardegna Alessandra Todde saranno molto lunghi. Il primo passaggio istituzionale, ossia quello della Giunta per le elezioni istituita nel Consiglio regionale, ha preso una decisione: il pronunciamento avverrà solamente dopo l’esito definitivo del ricorso che la presidente presenterà al tribunale ordinario. Che significa Cassazione. Una decisione che allunga i tempi relativi proprio all’ordinanza di ingiunzione di decadenza che la Commissione di garanzia elettorale regionale istituita presso la Corte d’Appello di Cagliari, ha comminato alla presidente della Regione per irregolarità nella rendicontazione delle spese elettorali del febbraio 2024 quando ha vinto le consultazioni contro l’ex sindaco di Cagliari Paolo Truzzu per poche migliaia di voti.Le contestazioni Alla presidente della Regione, in 10 pagine, vengono contestati la mancata nomina del mandatario, la mancata apertura di un conto corrente dedicato e la mancata rendicontazione.Loading…Punti al vaglio dei legali della governatrice al lavoro per la preparazione degli atti necessari per presentare opposizione ai provvedimenti: la sanzione da 40 mila euro e l’ordinanza ingiunzione di decadenza.La Giunta per le elezioniL’attività della Giunta per le elezioni, che si è istituita nella prima seduta e poi si è aggiornata, attenderà, quindi, l’esito del ricorso che potrà arrivare sino al pronunciamento della Cassazione, con tempi che non saranno certo brevi. Anche perché, nel frattempo, spuntano ipotesi di ulteriori ricorsi. Uno è quello relativo a un eventuale passaggio al tribunale amministrativo, quindi Tar e Consiglio di Stato. Un altro percorso, e l’ipotesi è al vaglio dei giuristi, riguarda l’eventuale ricorso alla Corte Costituzionale in materia di legge elettorale. Passaggi che, oltre a dirimere una matassa abbastanza complicata, avrebbero l’effetto di dilatare i tempi in maniera esponenziale arrivando, ipotizzano in Consiglio regionale, anche alla fine della legislatura. Perché solamente in presenza di un giudizio definitivo la Giunta per le elezioni proseguirà la pratica trasferendo poi la palla al Consiglio regionale che dovrà pronunciarsi.Giunta regionale al lavoroLa presidente della Regione, intanto, prosegue la sua attività di governo ma non mancano le polemiche. Dai banchi dell’opposizione si fa notare che l’esecutivo viaggia con «una spada sulla testa senza la giusta serenità». Di certo all’orizzonte i sono parecchie vertenze da affrontare. Dal problema della sanità, con la riforma che l’esecutivo vorrebbe affrontare, a quelle industriali cui è legato il sistema produttivo del polo metallurgico di Portovesme. LEGGI TUTTO

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    Salvini blinda Zaia sul terzo mandato: «Squadra che vince non si cambia»

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaÈ un messaggio perentorio – “via il vincolo del terzo mandato” – quello che la Lega ha mandato al Governo da Palazzo Balbi, sede della presidenza della Regione Veneto. Perchè, continua a ripetere Luca Zaia (al momento non ricandidabile in base alla legge nazionale) la questione del terzo mandato «è un’anomalia tutta nostra». E il governatore del Veneto ha voluto puntualizzare: «Non sto facendo alcuna battaglia sul terzo mandato. Ma con lo sblocco dei mandati è ovvio che mi ricandiderei. Darei una risposta ai tanti cittadini che mi chiedono di farlo».Intanto Salvini blinda Zaia. Nel pomeriggio di giovedì 16 gennaio si è svolta una riunione del Consiglio federale della Lega. L’incontro, che è durato circa due ore, si è tenuto a Roma e a distanza via Zoom. Presente il segretario Matteo Salvini e, fra gli altri, i suoi vice Claudio Durigon, Alberto Stefani e Davide Crippa e il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti e quello delle Autonomie, Roberto Calderoli. «Totale sintonia e condivisione degli obiettivi fra Matteo Salvini, Luca Zaia e l’intero consiglio federale. Il Veneto è un modello di buon governo apprezzato a livello nazionale e internazionale. Per la Lega, squadra che vince non si cambia», si legge in una nota del partito divulgata al termine dell’incontro.Loading…Diverso lo schieramento politico ma identica l’ambizione del governatore della Campania Vincenzo De Luca, anche lui intenzionato a correre per un terzo mandato malgrado il mancato appoggio del suo partito (il Pd) a una sua ricandidaturaLa legge nazionale del 2004 con il tetto dei due mandatiNel 2004, quando, con il governo di centrodestra, ci fu l’approvazione della legge sull’elezione dei presidenti di regione, si decise di copiare direttamente la normativa che regolava l’elezione diretta del sindaco. E questa prevedeva il tetto dei due mandati. Tutti, all’epoca furono d’accordo. In questo modo si scrisse ’un principio secco’, non generico, che è di fatto auto-applicativo. Cioè entra in vigore dal 2004 per tutte le Regioni ordinarie che prevedano l’elezione diretta, ossia tutte, visto che nessuna ha fatto una scelta diversa in deroga. E il principio è stato ritenuto talmente valido che è stato persino inserito nella proposta di riforma del Premierato. Anche se in Veneto nel 2012 la prima giunta guidata da Luca Zaia ha approvato una legge elettorale regionale che, inserendo il limite dei due mandati, con una norma transitoria ha previsto che tale limite si applicasse esclusivamente agli incarichi ricoperti dopo l’approvazione della legge stessa. Ecco perché nel 2020 Zaia si è potuto ricandidare in Veneto (dove la prossima tornata elettorale è prevista a fine anno) per un terzo mandato.Il ricorso del governo contro la legge campanaUna strada simile è stata intrapresa dal presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, che vorrebbe ricandidarsi di nuovo, alla luce della recente normativa regionale in base alla quale la conta dei due mandati comincia da quando la Regione recepisce la legge nazionale. Ma questa storia del “recepimento”, anche a detta di molti costituzionalisti, non reggerebbe visto che il principio essendo secco è entrato immediatamente in vigore senza che si debba recepire e il divieto di un terzo mandato consecutivo è direttamente auto applicativo. Il Governo ha così presentato ricorso contro la legge regionale della Campania confidando in una sentenza favorevole della Corte Costituzionale. LEGGI TUTTO

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    Terzo mandato, Zaia attacca: «No a lezioni da chi è da 30 anni in Parlamento»

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaIl 2025 chiamerà i cittadini alle urne per eleggere sei nuovi governatori, quelli di Campania, Marche, Puglia, Toscana, Valle d’Aosta e Veneto. Di questi solo due sono investiti dal problema del terzo mandato, vietato dalla legge nazionale: Vincenzo De Luca in Campania e Luca Zaia in Veneto (che in caso di ricandidatura sarebbe per la verità al quarto). Ed è stato proprio il Governatore del Veneto a sottolineare, a margine di un punto stampa a Venezia, che la questione del terzo mandato «è un’anomalia tutta nostra. Io non perdo i sonni, ma è inaccettabile dire che si blocchino dei mandati a amministratori eletti direttamente dal popolo altrimenti si creano centri di potere. Ed è stucchevole che la lezione venga da bocche che da 30 anni sono sfamate dal Parlamento». «Se ci fosse lo sblocco dei mandati è ovvio che mi ricandiderei – ha continuato -, darei risposta ai tanti cittadini che mi chiedono di farlo». «Io non sto facendo alcuna battaglia sul terzo mandato – ha precisato -, ma l’aspetto più importante è quello dei veneti. Non ci siamo mai trovati di fronte a una chiamata del popolo come questa. E nessuno risponde al popolo».Quanto alle prossime elezioni regionali in Veneto, «giorno dopo giorno vedremo l’evoluzione della situazione – ha chiarito Zaia -, ne ho già fatte di corse in solitaria, così come nel centrodestra, è ovvio che noi speriamo di fare una corsa unitaria». «Aldilà della localizzazione dei tavoli, noi veneti abbiamo una capacità di lettura se una decisione è favorevole o contraria, che è istantanea. Per cui facciano pure le riflessioni, ben vengano, dopodiché – ha concluso – si tratterà di capire che continuità si darà a questa amministrazione, e soprattutto quanto saranno rispettati i veneti».Loading…Fontana: «Il governo sbaglia, il terzo mandato è giusto»Contro i limiti al terzo mandato si è schierato anche il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana. «Ribadisco che è un errore» quello del governo che ha impugnato la legge regionale della Campania sul terzo mandato per i governatori, proprio perché «c’è un’elezione diretta, massima espressione di democrazia. Credo che sia un motivo in più per dire che è giusto il terzo mandato», ha affermato.Il pressing della LegaLa Lega dunque mostra i muscoli sul Veneto, rivendicando la candidatura per Zaia o comunque per un proprio esponente, ma si ritrova isolata, visto che Fi si è detta d’accordo con FdI sullo stop al terzo mandato. Il dibattito non sembra invece più scuotere il centrosinistra, alle prese con l’iniziativa del governatore della Campania, che, tuttavia, non appare trovare sponde a livello nazionale né in alcuna componente del Pd, né in altri partiti. LEGGI TUTTO

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    Lega presenta proposta di legge su gratuito patrocinio per agenti indagati

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaMentre dall’interlocuzione tra Palazzo Chigi e il ministero della Giustizia è emersa l’ipotesi di prevedere uno scudo penale per gli agenti che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni arriva dalla Lega una proposta di legge per consentire l’accesso al gratuito patrocinio, ovvero la possibilità di ottenere un avvocato a spese dello Stato, ai componenti delle forze dell’ordine oggetto di indagini e procedimenti per atti compiuti nell’esecuzione del proprio lavoro.Il testo, presentato dal capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari e dal deputato Igor Iezzi è destinata in generale alle «vittime del lavoro» e «non è in contraddizione» con la proposta del governo sullo scudo penale alla quale starebbe lavorando il governo. «Se dal governo arriveranno altre proposte, tutto quello che è a tutela e sostegno delle forze dell’ordine» va bene, ha chiarito Molinari.Loading…La pdl inserisce «tra i destinatari del gratuito patrocinio, a prescindere dal reddito posseduto, le persone offese dai reati commessi in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, e i prossimi congiunti». Nonché «gli esponenti delle forze dell’ordine oggetto di indagini e procedimenti per atti compiuti nell’esecuzione del proprio lavoro».Attualmente le vittime hanno accesso al patrocinio a spese dello stato indipendentemente dal reddito quando si proceda per maltrattamenti in famiglia, pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili, violenza sessuale, atti persecutori, nonché, ove commessi in danno di minori, per i reati di riduzione in schiavitù, prostituzione minorile, pornografia minorile, iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile, tratta di persone, acquisto e alienazione di schiavi, corruzione di minorenne, adescamento di minorenni.Fonti governo, non c’è scudo penale ma evitare automatismiNessuno scudo penale, ma un meccanismo in base al quale in casi come quello del carabiniere Luciano Masini, che la sera di Capodanno è intervenuto uccidendo un uomo che aveva accoltellato 4 persone, non ci sia l’iscrizione automatica nel registro degli indagati del militare. Così fonti di governo all’agenzia Ansa, sulla misura che sta studiando il ministero della Giustizia. Non si tratterebbe, di una “scriminante” o di una causa di non punibilità, nè si interverrebbe sul diritto sostanziale, ma sul codice di procedura penale, “immaginando forme di non immediata iscrizione nel registro degli indagati quando è evidente che l’appartenente alle forze dell’ordine ha usato l’arma di ordinanza nell’esercizio delle sue funzioni”. La misura, che è complessa da mettere a punto, non andrà nel ddl Sicurezza. LEGGI TUTTO