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    Giuli ha scelto: Valentina Gemignani nuovo capo di Gabinetto

    Ascolta la versione audio dell’articolo1′ di letturaSarà una donna a ricoprire il ruolo di Capo di gabinetto al ministero della Cultura targato Alessandro Giuli. La scelta sarebbe caduta su Valentina Gemignani, dirigente del Tesoro dove è anche una dei cinque vice Capo di gabinetto di Stefano Varone. Gemignani è dirigente di prima fascia del Mef dal 2020 dove ricopre gli incarichi di direttore generale della Direzione dei Servizi del Tesoro del Dipartimento dell’Amministrazione generale, del personale e dei servizi, oltre che, appunto, di vice Capo di Gabinetto.Avvocata, si è laureata in Giurisprudenza a Teramo nel 1994 e in Scienze dell’Amministrazione, presso lo stesso ateneo nel 2006 e possiede un Master della Bocconi in Management delle Amministrazioni Pubbliche. Gemignani è sposata con Basilio Catanoso, deputato catanese del centrodestra per 4 legislature dove è passato da An a Forza Italia e poi, dal 2018 a FdI.Loading…Dopo le dimissioni di Francesco Spano che il ministro aveva scelto di portare al MiC dal Maxxi dove era segretario generale, la scelta del ministro è caduta su questa dirigente di cui era stato già fatto il nome in alcune indiscrezioni che parlavano anche della possibile nomina, tra gli altri, di un’altra donna che sembrava essere anche lei in pole position: Cristiana Luciani in forze presso il Garante per la protezione dei dati personali e moglie del deputato meloniano Luca Sbardella. LEGGI TUTTO

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    Diversity & Inclusion Hub, a Roma la terza edizione

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di lettura«La diversità non è una questione etica, ma una necessità di business». Le parole di Cristiana Scelza, Presidente di Valore D, offrono una sintesi della terza edizione del Diversity & Inclusion Hub, l’osservatorio permanente dedicato ai temi della diversità e dell’inclusione nel mondo del lavoro a sostegno di un futuro equo, inclusivo e di successo, che il 29 ottobre, presso la Luiss Business School di Roma, ha riunito esperti, rappresentanti di aziende e istituzioni.Ad aprire i lavori, Matteo Caroli, Associate Dean for Sustainability and Impact e Responsabile BU Ricerca Applicata e Osservatori, Luiss Business School, Monica Lucarelli, Assessora alle Attività Produttive e alle Pari Opportunità Comune di Roma, e Pierangelo Fabiano, Ceo CORE Thinking Connection. Lucarelli ha evidenziato l’obiettivo di trasformare Roma in una smart city, un progetto che però resta incompleto senza un’inclusione digitale diffusa, soprattutto nelle periferie, dove il 50% degli abitanti fatica ancora a usare uno smartphone.Loading…Tre i temi fondamentali su cui i diversi relatori si sono confrontati, la sostenibilità sociale come valore per l’economia; la necessità di sviluppare pratiche di recruiting inclusive per favorire l’integrazione lavorativa delle persone con disabilità, garantendo pari opportunità e un accesso equo al mondo aziendale; il sostegno e l’inclusione delle persone in stato di fragilità nel mondo del lavoro, con un focus sul ruolo di istituzioni, aziende e terzo settore in questo senso. Obiettivo: creare un’economia inclusiva, che valorizzi le diversità e garantisca non solo pari opportunità e diritti per tutti, ma equità nelle organizzazioni e nella società.Come ha ricordato Alessandra Locatelli, Ministra per le disabilità, nel suo messaggio di saluti: «Le sfide sono tante, ma il cambiamento è iniziato» LEGGI TUTTO

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    Asili nido finanziati con fondi Pnrr, mancano i soldi per la gestione

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaSindaci sul piede di guerra per la gestione degli asili nido realizzati con risorse Pnrr, che a loro dire rischiano di rimanere chiusi. All’attacco anche i Comuni, che chiamano alla difesa delle comunità “che si vedono defraudate di un diritto essenziale” che andrebbe a colpire soprattutto “i bambini del sud e le mamme e le famiglie del Meridione”.I timori, sempre più accentuati con il passare dei giorni, sono stati innescati da una possibile sforbiciata al fondo per le spese di gestione che manderebbe in fumo l’obiettivo fissato dal governo con la legge di bilancio 2022 di garantire entro il 2027 una copertura del 33% dei nidi. Questo perchè uno degli allegati al Piano strutturale e di bilancio 2025-2029 ridimensionerebbe l’obiettivo a un 15% di copertura su base regionale, con l’esito quindi di rendere incerto il raggiungimento del livello nazionale. Un quadro che riguarderebbe circa i tre quarti degli asili nido finanziati con fondi Pnrr.Loading…Diritto all’asilo al 15% alivello regionaleLa tabella A VI.4 del Psb per “i servizi di cura per la prima infanzia” recita infatti che è necessario “garantire che le strutture per l’infanzia abbiano una disponibilità di posti, pari ad almeno il 15% del numero dei bambini sotto i 3 anni, a livello regionale”. Dato che a livello nazionale è stimato invece per il livello nazionale al 33%. “La legge di bilancio 2022 (art. 1 comma 172) fissava – ammonisce la vicepresidente di Ali e sindaca di Andria Giovanna Bruno – al 33% su base locale la disponibilità di posti con l’obiettivo di rimuovere gli squilibri territoriali nell’erogazione del servizio di asilo nido. Una misura con cui per la prima volta in Italia si definiva finalmente un Lep e lo si finanziava gradualmente in 5 anni. Oggi in uno degli allegati al Piano strutturale di bilancio è scritto che il diritto all’asilo nido non sarà più pari al 33% a livello nazionale, ma del 15% a livello regionale un taglio che allargherà il divario fra Nord e Sud. Non possiamo accettare una tale beffa”.Copertura servizi a livello nazionaleCritica anche Rete EducAzioni secondo la quale la riduzione della percentuale della copertura dei servizi a livello nazionale “non solo comprometterebbe le possibilità di raggiungere il nuovo obiettivo europeo, ma accentuerebbe le attuali disuguaglianze territoriali, penalizzando bambine e bambini del Mezzogiorno e delle aree interne, che già dispongono di una dotazione di servizi più limitata”.“Il governo Meloni non ha ancora risposto a nessuna delle nostre domande”, attacca Irene Manzi, responsabile nazionale scuola del Pd. “Nel Psb c’è un evidente dimezzamento dell’obiettivo del 33% dei posti negli asili nido a livello locale che è stato ridotto al 15% a livello regionale. Stanno ridefinendo al basso i Lep, risparmiando sui servizi educativi”. LEGGI TUTTO

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    Il Pd tiene ma la crisi del M5s trascina giù la coalizione

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di lettura«Se penso che il centrosinistra per colpa di Conte ha rifiutato Italia Viva… Finirà per qualche centinaio di voti. E dire che solo Renzi alle Europee ha preso in Liguria 6.500 voti di preferenza. E Paita altri 4.200. Che follia». In serata, quando il testa a testa tra Marco Bucci e Andrea Orlando già pende dalla parte della vittoria del sindaco di Genova candidato dal centrodestra, è Francesco Bonifazi, fedelissimo di Matteo Renzi, a punzecchiare il Pd per la decisione di tenere fuori Italia Viva dall’alleanza di centrosinistra per obbedire al diktat di Giuseppe Conte. In quei giorni il presidente del M5s dichiarava addirittura la morte del “campo largo” con il Pd e gli altri alleati. E, si sa, gli elettori di entrambe le coalizioni non gradiscono le liti e i veti (anche in Basilicata, ad aprile, la rottura del campo largo per mano di Conte e le continue polemiche con il Pd e i centristi hanno finito per dare la volata alla riconferma del forzista Vito Bardi). «Oggi perde chi mette veti, perde Conte e chi ha messo veti su noi», rincara la dose a risultato consolidato lo stesso Renzi.I veti incrociati tra alleati e la guerra tra Conte e Grillo tra i motivi della sconfittaC’è poi un elemento tutto interno al M5s, impegnato nel processo costituente che a fine novembre cambierà lo statuto e forse anche il nome e il simbolo: la guerra quasi quotidiana tra Conte il fondatore e garante Beppe Grillo, che per inciso è genovese e che proprio in Liguria ha lanciato quindici anni fa la sua avventura a 5 Stelle. E che sabato, alla vigilia del voto, ha voluto lanciare il suo anatema contro un M5s ormai «evaporato» e contro i candidati regionali del campo progressista «catapultati dall’alto». Per poi non recarsi alle urne. È molto probabile che le parole del fondatore abbiano suscitato sconcerto in una parte dell’elettorato pentastellato, che in Liguria ha effettivamente accentuato la tendenza all’“evaporazione”: il M5s – che alle europee aveva preso in regione il 10% e alle scorse regionali del 2020 quasi l’8% – si è fermato sotto il 5%, superato da Alleanza Verdi/Sinistra che ha confermato il buon trend delle europee superando il 6%. Spicca, tra il flop del principale alleato, l’ottimo risultato del Pd: primo partito con oltre il 28%, quasi doppia Fratelli d’Italia e cresce rispetto alle europee (26,3%). Non solo. Orlando ha preso più di 12mila voti in più rispetto alle liste che lo sostenevano, segno che la candidatura era solida. Insomma, «il Pd la sua parte l’ha fatta», per usare l’espressione dell’ex sindaco di Firenze ora eurodeputato Dario Nardella: «Il tema riguarda gli alleati del Pd».Loading…La crisi del M5s fattore di destabilizzazione del “campo largo” anche in prospettivaOra gli occhi sono puntati su Emilia Romagna e Umbria, dove si vota il 17 e 18 novembre e dove le coalizione di centrosinistra si presenta nella formazione extralarge (i renziani hanno rinunciato a presentare il simbolo di Italia Viva ma sono candidati nelle liste civiche a sostegno del presidente). Se il risultato dovesse essere favorevole al centrosinistra non solo a Bologna, dove è più scontato, ma anche a Perugia, sarà il chiaro segno che solo tutte assieme le opposizioni possono essere competitive. Certo, la crisi continua e verticale di consensi del M5s, crisi che va avanti almeno dalle europee, rischia di essere un fattore di destabilizzazione anche in prospettiva: Conte ha dimostrato, con la caduta del governo Draghi e con le conseguenti elezioni politiche in solitaria del settembre 2022, di non temere la rottura dell’asse con il Pd se a vantaggio dei consensi per il suo M5s. E se la conseguenza del calo di consensi si riverbererà anche, come è naturale che sia, sulla sua ambizione di essere il candidato premier della coalizione i rischi dell’esplosione del campo delle opposizioni aumenteranno. Al Pd per ora non resta che continuare a tessere la tela del “testardamente unitari”, che significa continuare a far gravitare anche i centristi – compreso Renzi – nell’orbita dem. LEGGI TUTTO

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    Liguria, centrodestra in vantaggio. Prima proiezione Rai: Bucci 49,8%, Orlando 46,5%

    Ascolta la versione audio dell’articolo1′ di letturaSecondo la prima proiezione del consorzio Opinio Italia per la Rai, in Liguria il candidato del centrodestra, sindaco di Genova, Marco Bucci, è in vantaggio con il 49,8% sul candidato di centrosinistra, lo spezzino Andrea Orlando, al 46,5 per cento. Più ridotto il vantaggio di Bucci secondo la prima proiezione di Swg, diffusa da La7, in testa con il 49% a fronte del 47,5% di Andrea Orlando.Affluenza in calo al 45,9%Si sono chiuse alle 15 le urne in Liguria, chiamata al voto per eleggere il presidente della Regione e il nuovo Consiglio regionale. Secondo i dati ancora parziali forniti dal ministero dell’Interno (qui i dati di affluenza, in aggiornamento) l’affluenza al voto è stata del del 45,9% oltre sette punti in meno rispetto alle regionali del 2020 (53,4%). Per quanto riguarda i dati delle province, l’affleunza maggiore si è registrata nella Città metropolitana di Genova dove ha votato il 48,27%. A seguire la provincia di La Spezia (47,23%). Poi Savona (43,74%) e Imperia (38,10%)%.Loading…Si vota per il dopo TotiSi vota per eleggere il nuovo Consiglio regionale e il successore di Giovanni Toti alla presidenza della Regione dopo il terremoto giudiziario iniziato a maggio che ha portato alle dimissioni del governatore uscente.Le liste in campoIl candidato di centrodestra Marco Bucci, è appoggiato da sette liste (Fdi, Lega, Forza Italia, Udc, Alternativa popolare e le civiche Orgoglio Liguria e Vince Liguria) mentre quello di centrosinistra Andrea Orlando sostenuto da sei liste (Pd, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi e Sinistra, Liguri a Testa Alta, Lista Andrea Orlando presidente, Patto Civico Riformista per Orlando). LEGGI TUTTO

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    L’allarme di Nordio sugli gli hacker: «Sono avanti, dobbiamo allinearci»

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di lettura«Non siamo al sicuro e non lo saremo finché la legge e la tecnologia a disposizione non saranno riuscite ad allinearsi con la tecnologia della criminalità», dice il ministro della Giustizia Carlo Nordio. Un allarme e una constatazione: «La tecnologia avanza più in fretta rispetto alla legge e i malintenzionati sono sempre un po’ più avanti, sono riusciti ad hackerare anche il Cremlino». Il Guardasigilli parla all’indomani della notizia dell’indagine della Dda di Milano sul furto e la vendita di migliaia di dati riservati. Un nuovo caso di dossieraggio, dopo quello di Perugia della scorsa primavera. Decisivo quindi diventa «allineare» la normativa anche «lavorando di fantasia» e cioè «prevedendo», anticipando le intenzioni degli hacker. Qualcosa si sta muovendo. Entro il prossimo mese dovrebbero arrivare nuove disposizioni per difendersi dagli attacchi. A lavorarci è il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, che ha costruito una task force alla quale partecipano il Governatore di Bankitalia, il Procuratore nazionale antimafia, i vertici dell’intelligence, della GdF e dell’Agenzia per la cybersicurezza. Saranno moltiplicati i controlli e la tracciabilità di chi interviene.Nordio non esclude che il Governo sia nel mirino. Giorgia Meloni e prima ancora Guido Crosetto hanno apertamente parlato di «complotto». Il ministro (intervistato da CasaCorriere Festival) conferma: «C’è stato un dossieraggio mirato nei confronti di persone di alta caratura politica» che questa volta però è stato «controproducente» per chi l’ha attivato.Loading…Il Guardasigilli parla anche delle recenti polemiche tra Governo e magistratura e di riforma della Giustizia sulla quale – avverte – «non c’è trattativa». E torna a difendere la separazione delle carriere e la stretta sulle intercettazioni: «La separazione delle carriere era nel nostro programma elettorale, i cittadini hanno scelto questo governo per applicarlo e non possiamo disattendere le loro speranze». Quanto alle nuove norme sulle intercettazioni Nordio si dice «apertissimo» a ragionare con i magistrati ma «tenendo conto anche dell’economia». Oggi la criminalità organizzata – sostiene – «parla attraverso sistemi satellitari, che noi non riusciamo ad intercettare, e non con i cellulari». Di qui la proposta di «risparmiare sulle intercettazioni a strascico e impiegare le risorse nei sistemi costosi e innovativi che intercettano le vere comunicazioni della criminalità organizzata». Resta il braccio di ferro con i magistrati. Nordio torna ad attaccare il giudice della Cassazione, Marco Paternello, che in una chat aveva criticato la premier: «In qualsiasi altro Paese una situazione così avrebbe creato uno scandalo enorme». LEGGI TUTTO

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    Grillo: il Movimento è evaporato, rivendico il diritto all’estinzione

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di lettura«Io non voglio assolutamente fare casino o meno. Io rivendico da creatore del movimento, il mio diritto all’estinzione del movimento. Io quando vedo questa bandiera dei 5 Stelle, con davanti il mago di Oz che parla di democrazia diretta, mi viene un buco nello stomaco. Quindi, va benissimo, dobbiamo essere persone civili. Lui si può fare il suo bel partito, si può fare il suo manifesto con la sua faccia bella, simpatica, sincera, con scritto, Oz e i suoi 22 mandati può arrivare all’8%», ma «io accampo questo diritto all’estinzione perché non c’è più, lo sappiamo tutti, il movimento non c’è più, è evaporato». Lo scrive Beppe Grillo sul suo blog all’indomani della decisione del leader del M5s Giuseppe Conte (il mago di Oz nel post di Grillo, ndr) di non rinnovargli il contratto da 300mila euro per la comunicazione del Movimento, in scadenza a fine annoGrillo: candidati Liguria e Emilia Romagna catapultati Gli attacchi alla gestione di Conte non finiscono qui. Si allargano alla scelta dei candidati per le elezioni regionali in Liguria ed Emilia Romagna. «Se vogliamo essere sobri» e «anche intelligenti, si capisce benissimo che c’è qualcosa che non quadra – scrive Grillo -. E anche queste elezioni che stanno avvenendo in Liguria e in Emilia Romagna, ma i candidati che appoggiano questo movimento progressista di sinistra ma chi li ha votati? C’è stata una votazione dal basso, questa sarebbe la democrazia dal basso? No, sono stati catapultati dall’alto, messi lì, i soliti giochi della vecchia politica. Quindi, cioè non è democrazia dal basso, è una bassa democrazia».Loading…La figura del Garante in bilicoIl tutto avviene a un mese esatto dall’assemblea costituente chiamata a votare significativi cambiamenti di statuto e codice etico: non solo il possibile cambio di nome e simbolo e il superamento del limite dei due mandati strenuamente difeso da Grillo, ma la stessa figura del garante (ridimensionamento del ruolo o addirittura “abolizione” nel nome della democrazia interna, visto che quella del garante è l’unica carica a vita). Senza più soldi e senza più ruolo, Grillo potrebbe tuttavia rivendicare la proprietà del nome e del simbolo. Se non fosse che tale proprietà è rivendicata dallo stesso Conte e anche da Davide Casaleggio, figlio di Roberto («il simbolo del M5S è di proprietà dell’Associazione fondata da me e da Luigi Di Maio»). Insomma, una materia per le aule dei tribunali. Ma chi ci ha parlato negli ultimi giorni assicura che Grillo non ha intenzione di adire le vie legali. Tantomeno di tentare una scissione nel nome dei valori delle origini.Il redde rationem a fine novembreMa al redde rationem nell’assemblea di fine novembre manca un mese, e Grillo ci ha abituato in 15 anni a molte sorprese. Intanto deve incassare il colpo infertogli da Conte: il taglio netto dei fondi, necessari a tenere in vita il famoso blog da cui tutto nacque ormai quindici anni fa, significa segare alla radice l’agibilità politica di quello che è ancora (forse per poco) il garante del movimento. LEGGI TUTTO

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    Liguria al voto, quanto peserà il verdetto delle urne su Meloni e Schlein

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaUn test elettorale locale inevitabilmente si riflette a livello nazionale e anche l’apertura dei seggi in Liguria – si vota domenica 28 ottobre e lunedì 29 – non fa eccezione. La vittoria o la sconfitta non provocherà terremoti. Piuttosto aggiustamenti. Significativi però. Soprattutto per le due protagoniste principali: Giorgia Meloni ed Elly Schlein.Bucci designato dalla premierE’ stata la premier, che continua a restare in cima ai sondaggi per gradimento, a volere il sindaco di Genova Marco Bucci come candidato Governatore della Regione, l’uomo della ricostruzione del Ponte Morandi, per rimuovere l’ombra del suo predecessore, Giovanni Toti, arrestato a maggio per corruzione, dimessosi da Presidente della Liguria a luglio, che ha patteggiato a metà settembre la condanna a due anni di lavori socialmente utili. I suoi alleati, i suoi due vice, Matteo Salvini e Antonio Tajani, la nomina di Bucci l’hanno accettata di buon grado, mantenendosi concentrati sul derby interno tra Lega e Forza Italia. La scelta del sindaco quindi non è stata la loro e dunque il risultato, comunque vada, sarà da attribuire alla premier. Che questa volta ha deciso di non pescare tra i suoi fedelissimi – come finora aveva sempre fatto – ma di guardare all’esterno dei suoi Fratelli. Un passaggio da non sottovalutare viste anche le difficoltà manifeste della sua classe dirigente.Loading…Per Schlein la partita più complicataParadossalmente la partita più complicata la deve gestire però Elly Schlein. Quella che sembrava una elezione in discesa, viste le difficoltà iniziali dell’altro fronte, si sta rivelando invece una sfida in cui c’è molto più da perdere che da guadagnare. Anzitutto per lei. Finora la segretaria dem ha quasi sempre vinto le sue scommesse, compresa l’ultima, le europee di luglio con i dem al 24%. Ma in quel caso il Pd come tutti partiti giocava una gara in solitario, senza dover fare i conti con le alleanze come invece avviene in questa elezione. Se Andrea Orlando – il candidato del Campi largo, ex Guardasigilli e ministro del Lavoro nonché ligure fino al midollo – non ce la dovesse fare , nonostante il caso Toti, si aprirebbe una crepa non banale per la leader dem. A maggior ragione se la distanza tra vittoria e sconfitta dovesse oscillare attorno a quel 2% di voti che gli avrebbe garantito l’estensione della coalizione ai renziani di Italia viva, messi alla porta per il veto di M5s e di Giuseppe Conte in persona. Lo stesso Conte che ha deciso, con lo stop al contratto di 300mila euro per la comunicazione, di «licenziare» il fondatore del suo partito, il genovese Beppe Grillo, a una manciata di giorni dal voto in Liguria dove tra i candidati c’è anche un fedelissimo dell’Elevato, l’ex senatore M5s Nicola Morra. La sconfitta aprirebbe quindi nel Pd una “riflessione” interna che metterebbe inevitabilmente sul banco degli imputati anzitutto Schlein.Decisivo il test autunnale in Emilia Romagna e UmbriaPer il verdetto però bisognerà attendere anche il secondo test di questo autunno elettorale in Emilia Romagna e Umbria che si terrà tra una ventina di giorni, il 17-18 novembre. Saremo nel pieno del confronto sulla manovra di bilancio, della formazione della nuova Commissione europea, con il voto su Raffaele Fitto a come vicepresidente esecutivo atteso qualche giorno prima. E, soprattutto, saranno noti anche i risultati delle elezioni americane, destinate ad avere un peso ben più ampio sulla politica nazionale d dei risultati regionali. LEGGI TUTTO