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    Giovanni Amoroso nuovo presidente della Consulta: «Autonomia, il legislatore intervenga sui Lep»

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaScaduto il lasso di tempo (circa trenta giorni) che di consueto lascia correre per il rinnovo del presidente che ha terminato il suo mandato, la Corte costituzionale si è riunita in camera di consiglio per eleggere il suo nuovo presidente: il successore di Augusto Barbera è Giovanni Amoroso, finora presidente facente funzioni e membro più anziano. Presidente di Sezione della Corte di Cassazione, nato a Mercato San Severino (Salerno) il 30 marzo 1949, Amoroso è membro della Consulta dal 26 ottobre 2017. Il suo mandato scadrà il 13 novembre 2026. I suoi due vice presidenti saranno Francesco Viganò e Luca Antonini.La telefonata con la premierIl neo presidente ha telefonato alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni per informarla della sua elezione. La premier, fanno sapere fonti di Palazzo Chigi, gli ha espresso gli auguri di buon lavoroLoading…«Autonomia, occorre che il legislatore intervenga sui Lep»«Non ci sono linee programmatiche da esporre. La Corte è un organo profondamente collegiale. C’è da ricordare che la bussola nell’attività della Corte è la Costituzione» ha detto Amoroso nella conferenza stampa subito dopo la sua elezione. Parlando della riforma dell’Autonomia, Amoroso ha detto che «occorre che il legislatore intervenga e determini i criteri per i Lep», il «pilastro su cui si regge la legge 86» che «è stato investito dalla pronuncia di incostituzionalità».«Con undici giudici la Corte non è menomata»Amoroso ha pure affrontato la questione dello stallo in Parlamento per il mancato accordo sulla nomina dei quattro membri della Consulta di nomina politica. «Anche con undici giudici la Corte non è menomata» ha detto. «Il Parlamento ha mandato in passato giudici di eccellenza. Temere che possa esserci un atteggiamento di sottovalutazione non mi pare. Ci aspettiamo che verranno giudici di assoluto livello» ha aggiunto. «Ci aspettiamo e sicuramente sarà così che dal Parlamento verranno nominati giudici di assoluto livello» che, ha sottolineato, «dopo il giuramento si spogliano della loro provenienza» perché poi «c’è la sintesi della camera di consiglio».«Stallo su tema fine vita, serve leale collaborazione»  LEGGI TUTTO

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    Meloni: l’impegno dell’Italia è consolidare il dialogo Ue-Usa

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaLa scelta di essere presente all’inauguration day di Donald Trump è di per sé eloquente. Giorgia Meloni vuole però ribadirlo esplicitamente al termine della cerimonia del giuramento: l’impegno dell’Italia sarà «consolidare il dialogo tra Stati Uniti ed Europa». Un ruolo da pontiere che sarà complicato portare avanti e che già nelle prossime ore sarà messo alla prova dopo l’annuncio, per ora generico, da parte del presidente Usa sulla nuova politica di dazi alle importazioni. Una partita fondamentale anche per l’Italia, secondo esportatore negli States dopo la Germania.Proprio la debolezza di Berlino (le elezioni saranno tra un mese) parallelamente alle difficoltà di Emmanuel Macron in Francia le offrono un trampolino che la premier intende sfruttare fino in fondo. «Sono certa che l’amicizia tra le nostre Nazioni e i valori che ci uniscono continueranno a rafforzare la collaborazione tra Italia e USA, affrontando insieme le sfide globali e costruendo un futuro di prosperità e sicurezza per i nostri popoli», scrive nel suo messaggio di auguri su X dopo aver assistito in Campidoglio alla cerimonia.Loading…Più o meno quello che aveva già detto poche ore dopo a Washington, lei unica leader europea ad essere stata inviata, che di primo mattino era nella chiesa episcopale di st John, proprio di fronte alla Casa Bianca per partecipare alla messa di «benedizione» del nuovo Commander in Chief. Un segnale di attenzione da parte di Trump, già emerso nel breve faccia a faccia a Parigi in occasione della riapertura di Notre Dame prima di Natale e – ancora più evidente – durante il blitz di poche ore a Mar-a-Lago della premier e culminato ieri nella presenza alla cerimonia a Capitol Hill.Meloni seduta vicino al Presidente argentino Javier Milei e poco distante dal vicepresidente cinese Han Zheng, e dai “big tech Ceo”, tra cui ovviamente spicca elon Musk, non lesina applausi a Trump e si alza in piedi quando il nuovo inquilino della Casa Bianca, con riferimento alle guerre in corso e a quelle che potrebbero arrivare, dichiara l’intenzione di indossare i panni del «pacificatore».La presidente del Consiglio sta bene attenta a non perdere l’aplomb istituzionale. Non ha alcuna intenzione di essere etichettata come una “fan” di Trump come invece rivendica il suo alleato Matteo Salvini che probabilmente sarebbe atterrato ieri a Washington se lei non fosse stata presente. Fino all’ultimo infatti la premier ha evitato di far sapere (anche ai suoi vice) quali fossero le sue intenzioni. Una riservatezza che certamente l’aiuta a mantenere buoni rapporti sull’altro fronte, quello europeo, come conferma la telefonata intercorsa con la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, prima di decollare da Roma. LEGGI TUTTO

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    Autonomia differenziata, dopo il no al referendum che cosa succede ora?

    Ascolta la versione audio dell’articolo4′ di letturaDiciamo pure subito, senza timore di essere smentiti, che una campagna elettorale con le regioni del Nord e quelle del Sud le une contro le altre armate non era una prospettiva troppo gradita nei due palazzi che si fronteggiano sul Colle più alto di Roma, il Quirinale e la Consulta. Ma naturalmente la decisione dei giudici costituzionali di stoppare il referendum abrogativo sulla legge Calderoli, legge ordinaria in attuazione dell’articolo 116 della Costituzione sull’autonomia differenziata, ha una ragione giuridica evidente: dopo la sentenza della stessa Corte costituzionale 192 del 14 novembre scorso in seguito al ricorso di quattro regioni a guida centrosinistra – sentenza che ha di fatto smontato la legge impugnata cancellandone 7 punti e riscrivendone in modo “costituzionalmente corretto” altri 5 – della Calderoli resta ben poco.Lo stop della Consulta: no a un referendum su una legge che non c’è più«La Corte ha rilevato che l’oggetto e la finalità del quesito non risultano chiari. Ciò pregiudica la possibilità di una scelta consapevole da parte dell’elettore», recita la nota serale della Consulta per la stampa, in attesa del deposito delle motivazioni. Come a dire: se non c’è più l’oggetto, su cosa si vota? Non solo. Proprio perché a restare in piedi è di fatto solo il principio dell’autonomia differenziata, principio contenuto nell’articolo 116 con la riforma del Titolo V voluta dall’allora centrosinistra nell’ormai lontano 2001, «il referendum verrebbe ad avere una portata che ne altera la funzione, risolvendosi in una scelta dell’autonomia differenziata, come tale, e in definitiva sull’articolo 116, terzo comma della Costituzione; il che non può essere oggetto di referendum abrogativo, ma solo eventualmente di una revisione costituzionale».Loading…Il sospiro di sollievo di Palazzo Chigi, che evita lo scontro su tema divisivoIl primo grande sospiro di sollievo arriva da Oltre Oceano, ed è quello di Giorgia Meloni. La premier, impegnata nella cerimonia di insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti Donald Trump, si evita infatti una campagna elettorale insidiosissima, campagna che la avrebbe costretta a difendere una legge che non ha mai sentito sua e che la avrebbe costretta a subire la propaganda di un’opposizione per una volta unita attorno alla bandiera dell’unità del Paese contro la legge “spacca Italia”. E tutto sommato a tirare un sospiro di sollievo è la stessa Lega. Che con il governatore del Veneto Luca Zaia sostiene che «la Corte ha prima affermato la costituzionalità della legge, suggerendo i correttivi, e oggi pone la parola fine al referendum togliendo incertezza alla fase operativa».E ora? Primo step nuova legge delega sui Lep. Ma con calmaFase operativa che, tuttavia, dopo l’intervento della Consulta con la sentenza 192 del 2024 avrà per forza di cose tempi lunghi. Le Camere, hanno dettato i giudici costituzionali, si devono poter esprimere compiutamente su tutti i passaggi fondamentali della riforma, dai provvedimenti che fissano gli ormai famosi quanto ancora imprecisati Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) fino alle intese con le singole regioni, che potranno essere emendate dal Parlamento a differenza di quanto previsto fin qui dalla legge quadro. Inoltre ad essere trasferite non potranno essere le materie in blocco ma solo singole funzioni. Dulcis in fundo, va preventivamente calcolato l’impatto dei Lep e del loro finanziamento integrale su saldi di finanza pubblica che difficilmente possono sopportare nuova spesa, e che ora sono stati fissati in un Piano strutturale di bilancio non più modificabile a meno di eventi eccezionali.I tempi lunghi investiranno per par condicio anche il premieratoNell’immediato il primo passaggio obbligato è la riscrittura in modo puntuale e non generico della legge delega sui Livelli essenziali di prestazione (Lep). «La Corte ha detto che la delega deve essere chiara, non può essere generica, e ha chiesto un maggior coinvolgimento del Parlamento. Faremo in modo che le Camere possano emendare le intese», conferma il presidente meloniano della commissione Affari costituzionali Alberto Balboni. Ma né Meloni né Forza Italia hanno voglia di riaprire subito la questione («scriveremo una legge equilibrata», dice il vicepremier e leader azzurro Antonio Tajani). Insomma, tempi lunghi. Che investiranno anche – per par condicio – l’altra riforma costituzionale in campo, quella del premierato. Tanto che la stessa premier, nella conferenza stampa di inizio anno, ha evocato il referendum confermativo sulla “sua” riforma dopo le prossime elezioni politiche. LEGGI TUTTO

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    Autonomia, per la Consulta inammissibile il referendum abrogativo

    Tajani: scriveremo una legge equilibrataLo stop della Consulta ad una proposta di referendum che aveva «oggetto e finalità del quesito non chiari», presentato «come è evidente solo nel vano tentativo di indebolire maggioranza e il governo, consentirà al Parlamento di rimettersi subito al lavoro. Saremo impegnati a scrivere un testo equilibrato, che tenga conto dei rilievi della Corte, a partire da quelli sui servizi minimi essenziali che, come abbiamo sempre detto, devono essere garantiti a tutti i cittadini, ovunque siano nati o si trovino. Forza Italia sarà garante che la legittima richiesta di una maggiore autonomia da parte delle regioni che hanno un più alto residuo fiscale non si traduca in alcun modo in una penalizzazione delle altre, che devono al contrario essere messe nelle condizioni di aumentare qualità e quantità dei servizi offerti ai cittadini. Siamo fiduciosi di poter approvare una legge che promuova e valorizzi le specificità e le ricchezze dei territori, facendo crescere l’Italia tutta insieme». Così in una nota Antonio Tajani, segretario nazionale di Forza Italia.Zaia: Consulta chiarisce ogni dubbio su percorso autonomia Tra le prime reazioni alla decisione della Consulta di non ritenere ammissibile il quesito referendario per l’abrogazione della legge dell’autonomia differenziata, quella del presidente del Veneto. «Con questa nuova sentenza la Corte Costituzionale mette fine alla vicenda referendaria con l’assoluta imparzialità che deve esserle propria. Questo pronunciamento contribuisce a chiarire ogni dubbio sul percorso dell’autonomia, che continuerà a svilupparsi nel pieno rispetto della Costituzione, delle indicazioni della Consulta e del principio di Unità nazionale, mantenendo al centro i valori di sussidiarietà e solidarietà», è il commento di Luca Zaia.Pd: avanti con la mobilitazione di questi mesi«L’autonomia differenziata è probabilmente la peggiore legge di questa legislatura ed era nei fatti già stata demolita dalla Corte per vari motivi: dal tema del trasferimento delle funzioni alla definizione dei Lep, fino alla centralità del Parlamento, sono tanti i pasticci di una destra che a parole si è autoproclamata patriota, ma che nei fatti ha aumentato divari e disuguaglianze, definito che le opportunità dipendano dal luogo in cui nasci, legittimato l’idea che in Italia debbano esistere cittadini di serie A e di serie B. Il PD continuerà a battersi in Parlamento valorizzando gli argomenti e la straordinaria mobilitazione di questi mesi grazie alla quale sono state raccolte centinaia di migliaia di firme in pochissimo tempo. Calderoli ed i presidenti di Regione del nord che hanno sottoscritto le intese si arrendano, la loro secessione mascherata non si realizzerà mai». Così in una nota Marco Sarracino della segreteria del Partito Democratico, responsabile Mezzogiorno.M5S: legge già demolita e svuotata da ConsultaLa legge Calderoli «è già stata smantellata nei suoi pilastri portanti e di fatto svuotata dalla stessa Corte Costituzionale poche settimane fa. Ora governo e maggioranza sono obbligati o ad abbandonare del tutto il progetto o a confrontarsi con il M5S e le altre opposizioni in Parlamento con una completa riscrittura della disciplina in conformità ai dettami costituzionali. Il progetto che la Lega e tutto il governo Meloni volevano propinare agli italiani avrebbe messo in ginocchio non solo il Sud Italia ma anche tanti territori del Centro e del Nord e quindi, in poco tempo, tutta l’Italia. La Consulta lo ha fatto a pezzi articolo per articolo. La nostra battaglia per difendere e rafforzare la coesione sociale, la qualità dei servizi pubblici essenziali e la loro capillarità va avanti con la determinazione di sempre». A dirlo i rappresentanti del M5S nelle commissioni Affari Costituzionali della Camera e del Senato Enrica Alifano, Carmela Auriemma, Roberto Cataldi, Alfonso Colucci, Felicia Gaudiano, Alessandra Maiorino e Pasqualino Penza.Ceccanti: nodo era mancanza chiarezza quesito«Il nodo insuperabile per l’ammissibilità del referendum sull’autonomia come riformulato dalla Cassazione era costituito dalla mancanza di chiarezza del quesito che avrebbe portato a un anomalo plebiscito su un articolo della Costituzione». Il costituzionalista Stefano Ceccanti commenta così la decisione della Consulta di dichiarare inammissibile il quesito per l’abrogazione della legge sull’autonomia differenziata. LEGGI TUTTO

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    Dai riformisti ai cattolici, la partita al centro interroga il Pd

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaGuarda al dibattito interno e sul centro con una certa di dose di pragmatismo, la segretaria Dem Elly Schlein. I contributi di questi giorni dal mondo cattolico a Milano e da quello riformista a Orvieto sono, di fatto, un segno costruttivo di vitalità. Quella del Pd, a differenza dei partiti della maggioranza, avrebbe ragionato con i suoi, è una comunità che discute. Certo, la richiesta di avere più voce in capitolo dell’area riformista con un big come Paolo Gentiloni a tracciare la linea non è passata inosservata. Ma, d’altra parte, c’è stato anche il riconoscimento chiaro – viene fatto notare al Nazareno – di un partito che ha ripreso quota con la sua segreteria passando in due anni e mezzo dal 14 al 24%.L’opposizione al governo MeloniL’impegno, in questo momento, è comunque concentrato sull’opposizione al governo di Giorgia Meloni, per i dibattiti sulle alleanze – ragiona qualcuno dalla segreteria – ci sarà tempo. In ogni caso, il weekend segnato dai due appuntamenti di Milano e Orvieto ha riportato nel dibattito interno una serie di questioni. Quelle poste da un lato dal fronte cattolico con la prima uscita pubblica di Ernesto Maria Ruffini e quello dell’area riformista con l’appuntamento di Libertà Eguale di Enrico Morando a Orvieto che ha visto la presa di posizione chiara di Paolo Gentiloni. L’idea dell’ex premier del fare qualcosa in più per “delineare l’alternativa” è la linea indicata anche da Morando nel suo intervento nel quale ha evidenziato la necessità di «lavorare per organizzare una scossa riformista». Insomma, la richiesta venuta da Orvieto appare ancora una volta quella di evitare un eccessivo schiacciamento a sinistra del partito. Intanto anche l’area cattolica si è fatta sentire.Loading…La ricerca di una sintesi sulle questioni divisiveInsomma, da un lato e dall’altro, in questo weekend gli input alla segretaria non sono mancati. Lei, per il momento, tira dritto sulla strada, appunto, della concretezza, assicurano i suoi. Certo, la discussione può, di sicuro essere segno di vivacità interna ma il punto ora sarà trovare una sintesi anche a fronte di una serie di questioni che rischiano di essere divisive. Tra le altre, certamente, quella del terzo mandato con le prese di posizione del sindaco di Milano Beppe Sala e del presidente del Copasir Lorenzo Guerini. E ancora quella del lavoro soprattutto se la Consulta dovesse dare il via libera ai referendum, in particolare a quello che riguarda il job act. Un tema sul quale non c’è completa assonanza di vedute tra tutte le anime del partito.Il consiglio nazionale M5sIntanto oggi è prevista la riunione del consiglio nazionale M5s. Ed è di oggi l’annuncio del capogruppo alla Camera uscente Francesco Silvestri che non si ricandiderà per quel ruolo per dare il proprio contributo per la costruzione del partito. «Dopo due anni e mezzo, e soprattutto dopo le traiettorie delineate dall’assemblea costituente – ha spiegato – ho deciso di dedicare tutto me stesso alla costruzione del partito. E per questo di non ricandidarmi per il ruolo di capogruppo alla Camera. Ora a cambiare sarà il contesto, ma il mio impegno e la mia determinazione per la crescita del Movimento saranno sempre le stesse». LEGGI TUTTO

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    Autonomia, oggi la Consulta decide sul referendum: partita aperta, ma forti le ragioni per uno stop

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaOrmai ci siamo. Gli undici giudici costituzionali presieduti temporaneamente da Giovanni Amoroso – presidente facente funzioni fino all’elezione vera e propria, che avverrà probabilmente già in settimana – hanno provato ad attendere l’elezione del Parlamento dei quattro colleghi mancanti per completare il quorum, ma invano: lo spostamento dal 13 al 20 gennaio dell’attesa udienza per decidere sull’ammissibilità dei referendum abrogativi, in primis quello sull’autonomia differenziata targata Calderoli, ha prodotto solo l’ennesima (la quattordicesima, per la precisione) valanga di schede bianche. Nessun accordo tra i partiti, insomma, e non è detto che la quadra ci sarà per il 23, giorno in cui i presidenti delle Camere hanno riconvocato il Parlamento in seduta comune.Decisione in undiciSi deciderà in undici, dunque. E gli occhi di Palazzo Chigi e della politica tutta, a cominciare dallo stesso ministro leghista degli Affari regionali Roberto Calderoli, sono naturalmente puntati sull’autonomia differenziata. Che Giorgia Meloni non voglia metterci la faccia lo ha confermato lei stessa durante la conferenza stampa di fine/inizio anno («sui referendum farò un passo di lato»). La premier, infatti, si risparmierebbe volentieri una campagna elettorale per difendere una legge che non ha mai sentito sua e che servirebbe più che altro a compattare le opposizioni contro il governo. Per il resto sono in molti a sperare che i giudici costituzionali, dopo essere intervenuti pesantemente sulla legge Calderoli con la sentenza 192 del 2024 che ha cancellato ben 7 punti e ne ha riscritti in maniera “costituzionalmente corretta” altri 5, ritengano a questo punto inammissibile il quesito decretando così lo stop al referendum previsto per la prossima primavera. Anche per questo il governo, come è per altro capitato altre volte per i referendum abrogativi, resta alla finestra: a Palazzo della Consulta, nella camera di consiglio allargata al comitato promotore, non ci sarà l’avvocatura dello Stato per sostenere l’inammissibilità del quesito.Loading…Governo alla finestraA difendere la legge ci sarà solo la regione Veneto con una memoria redatta dal costituzionalista Mario Bertolissi. E a scorrere le argomentazioni si capisce per altro meglio il motivo per cui il governo ha deciso di stare in disparte: paradossalmente l’argomentazione principale contro l’ammissibilità del quesito è – in sostanza – che dopo l’intervento della Consulta sono cambiati gli stessi “principi ispiratori” della legge Calderoli (la gestione dell’iter e la definizione dei Lep che passano dall’esecutivo al Parlamento, le materie da trasferire che diventano solo funzioni eccetera) e che dunque non ha più senso celebrare un referendum su una legge che non c’è più.Partita apertaLa partita è in ogni caso aperta, perché la Consulta potrebbe in effetti stoppare in via definitiva il referendum nonostante il via libera della Cassazione: il giudizio sull’ammissibilità non funziona come giudizio di secondo grado – come spiega l’esperto della materia referendaria Peppino Calderisi – ma i giudici costituzionali potrebbero ritenere il quesito non ammissibile secondo altri criteri, a cominciare dalla mancanza dei requisiti dell’omogeneità e della comprensibilità del testo/domanda da sottoporre agli elettori. Facendo così un favore allo stesso Pd, che rischia altrimenti di trasformare una vittoria giuridica (lo “smantellamento” della legge Calderoli effettuato con la sentenza 192 del 2024) in una sconfitta politica, vista l’alta probabilità di non raggiungere il quorum del 50% più uno degli aventi diritto al voto in epoca di forte astensionismo, soprattutto al Sud. LEGGI TUTTO

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    Meloni a Washington, verso l’incontro con Trump. Oggi l’insediamento: ecco il programma

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaLa premier italiana Giorgia Meloni è a Wasghinton per la cerimonia di insediamento di Donald Trump quale 47esimo presidente degli Stati Uniti. È dato per altamente probabile negli ambienti politici e diplomatici della capitale un breve incontro di Meloni con Trump, nonché con Elon Musk. Stesso trattamento dovrebbe essere riservato al presidente argentino Javier Milei. I due sono considerati i leader stranieri presenti più importanti, insieme al vicepresidente cinese Han Zhen.Il programma: il giuramento alle 18 italianeLa cerimonia durerà l’intera giornata, scandita da numerosi momenti istituzionali, e vedrà il suo culmine nel momento del giuramento atteso per mezzogiorno ora locale (le 18 in Italia), nella Rotonda all’interno del Capitol dove è stato spostato a causa del freddo estremo atteso nella capitale. Il programma istituzionale verrà aperto da una funzione religiosa, cui prenderà parte Donald Trump, a quel punto ancora presidente eletto, presso la St. John’s Church di Washington con inizio alle ore 8.15 del mattino ora locale (le 14,15 in Italia).Loading…Cittadini al Capital One ArenaQuesta tappa verrà seguita da un tè alla Casa Bianca, da dove successivamente partirà il convoglio che porterà il presidente eletto a Capitol Hill. Contestualmente i cittadini che vorranno assistere al giuramento saranno ospitati presso la Capital One Arena, un grande centro congressi a metà strada fra la Casa Bianca e il Capitol allestito per ospitare la folla in alternativa al evento all’aperto ai piedi della cupola del Capitol.Da lì appunto si potrà assistere a distanza al momento in cui Trump presterà giuramento, a mezzogiorno, cui seguirà la cerimonia della firma, nella President’s Signing Room del Campidoglio, alla presenza di legislatori e di stretti collaboratori del presidente ormai insediato. Seguirà il pranzo inaugurale – presso la National Statutary Hall – che il presidente terrà con il vicepresidente, i leader del Senato e i membri della commissione congiunta del Congresso responsabile per la cerimonia di insediamento. A quel punto, con tutta probabilità Trump, si dirigerà alla Capital One Arena per la parata presidenziale e successivamente alla Casa Bianca in corteo lungo Pennsylvania Avenue.La firma nello Studio OvaleAlla Casa Bianca, Trump parteciperà alla tradizionale cerimonia della firma nello Studio Ovale per ordini esecutivi o nomine. Poi in serata – ancora come da tradizione – il presidente parteciperà a tre balli inaugurali: il ballo del comandante in capo, il ballo inaugurale della libertà e lo Starlight Ball. Ed è inoltre previsto che parli a tutti e tre gli eventi. LEGGI TUTTO

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    Treni, Salvini: episodi sconcertanti, riferirò in Aula

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di lettura«Alla luce delle notizie di particolare gravità emerse nelle ultime ore, con episodi sconcertanti in provincia di Padova e a Roma, ritengo urgente informare il Parlamento. Confido di essere in Aula già questa settimana». Così il vicepremier e Ministro delle Infrastrutture e trasporti Matteo Salvini in una nota del Mit. Il gruppo Fs – ricorda la nota – ha denunciato il ritrovamento di una catena appesa alla rete elettrica della Stazione di Montagnana (Padova) e un tentativo di sfondamento di una centralina a Roma Aurelia. «Ringrazio donne e uomini del gruppo Fs che, dopo l’esposto per troppi incidenti anomali, sono mobilitati anche per presidiare i punti più delicati delle linee ferroviarie», conclude Salvini. Salvini ha scelto di non partecipare alla cerimonia di insediamento di Donald Trump a Washington (per il Carroccio ci sarà Paolo Borchia, capodelegazione del partito al Parlamento europeo) e di rimanere in Italia alla luce di quanto sta emergendo sul fronte ferrovie dopo l’esposto del gruppo Fs e la denuncia per attentato ai trasporti confermata nelle ultime ore. Loading…L’allerta per i presunti sabotaggi alla linea ferroviariaAppena archiviata una settimana nera per i ritardi dei treni nel Paese, si riaffaccia infatti l’allerta per presunti sabotaggi alle linee di Rfi: a Montagnana, in provincia di Padova, i tecnici della società ferroviaria hanno scoperto una vecchia catena da bicicletta lanciata sulla linea aerea, sopra il secondo binario della piccola stazione. Il fatto risale alla mattina di giovedì: dopo un paio d’ore il catenaccio rivestito in gomma è stato rimosso dal traliccio, e la società del gruppo Fs ha presentato un esposto. La Procura di Rovigo, competente per territorio, ha aperto un fascicolo contro ignoti per l’ipotesi di reato di attentato alla sicurezza dei trasporti. Se non fosse stato notato e rimosso, il lucchetto avrebbe potuto danneggiare il pantografo dei treni in transito e linea aerea di alimentazione, con importanti conseguenze sulla circolazione ferroviaria.Le indagini della DigosSul fatto sta indagando la Digos della Questura di Padova. Lo stesso Mit si dice allarmato dall’episodio di Montagnana. «La denuncia formalizzata da Fs dopo la segnalazione di un oggetto che avrebbe potuto causare danni significativi al pantografo e alla linea elettrica dei treni – si afferma in una nota del ministero – è estremamente preoccupante. L’ipotesi di attentato ai trasporti è un fatto che non può e non deve essere sottovalutato: siamo di fronte a un ulteriore elemento dopo l’esposto di pochi giorni fa. L’auspicio è che sia fatta chiarezza in tempi rapidissimi».La mobilitazione degli anarchiciParole fatte proprie anche dallo stesso partito del vicepremier che in una nota definisce l’episodio “altamente preoccupante” accusando la sinistra di diffondere “insulti e fake news”. Intanto, sui siti anarchici è apparso un invito generico a nuovi sabotaggi: l’esortazione alle cellule a passare all’azione è contenuta nella rivendicazione di un’azione condotta lo scorso ottobre a Rovereto, dove sono stati tranciati dei cavi telefonici. «Le basi materiali che rendono possibili la gabbia e l’oppressione tecnologicamente mediate – si legge sul sito ’Il Rovescio’ – sono dispiegate ovunque, ovunque possono essere attaccate. Alla fantasia di ognuno il come». LEGGI TUTTO