More stories

  • in

    De Luca vince la sfida contro Schlein, verso la battaglia dei ricorsi

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaDetto, fatto. Con 33 voti favorevoli, 16 contrari e un astenuto il Consiglio regionale della Campania ha approvato la legge regionale che permette di fatto la candidatura, la terza, del governatore Vincenzo De Luca alle elezioni della primavera del 2025. Il trucco è far valere il calcolo dal mandato in corso e non dalla prima elezione nel 2015: «Il computo dei mandati decorra da quello in corso di espletamento alla data di entrata in vigore della presente legge», cioè 15 giorni dopo la sua pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione Campania.Per il Pd campano si tratta di «un voto tecnico» – come ha precisato il capogruppo Mario Casillo – che non preclude la ricerca di un candidato condiviso che «tenga conto del lavoro fatto da De Luca». Ma è chiaro che si tratta di una sfida aperta a Schlein (il Nazareno ha confermato il no al terzo mandato da governatore per De Luca) il cui esito è imprevedibile: quel che è certo è che al momento si tratta di una sconfitta politica della segretaria dem, visto che i consiglieri campani non hanno seguito le sue indicazioni di votare contro e visto che fin dalla campagna per le primarie del febbraio 2023 lei stessa aveva indicato nella lotta ai “cacicchi” uno dei suoi principali obiettivi.Loading…Prevale la legge nazionale: quella di De Luca è una battaglia persaMa la questione Campania non investe solo il piano politico, investe anche e soprattutto quello giuridico. La legge nazionale del 2004 stabilisce infatti in maniera inequivocabile che il limite dei mandati va fissato nel numero di due consecutivi, e quindi non ci sono margini per far partire il conteggio dal recepimento della legge a livello regionale come vorrebbero De Luca e coloro che lo sostengono. Diverso sarebbe stato se la legge del 2004 si fosse limitata a prevedere la fissazione di un limite generico di mandati. Per dirla con il costituzionalista Salvatore Curreri, esperto di partiti e di normative elettorali, < >.Perché il governo non ha interesse a impugnare la legge elettoraleIl punto è che ad avere il diritto di impugnare davanti alla Corte costituzione la legge regionale è, entro 60 giorni, solo il governo. Ma conviene alla maggioranza impedire la candidatura “terza” di De Luca? Certo che no, perché una candidatura del governatore della Campania a dispetto dei santi, e soprattutto a dispetto del Pd di Schlein, dividerebbe senza ombra di dubbio il campo del centrosinistra consegnando l’ennesima regione – e che regione – al centrodestra. Soprattutto se il candidato ufficiale del campo largo, dopo che il M5s è sempre stato all’opposizione in Campania, dovesse essere l’ex presidente pentastellato della Camera Roberto Fico, al momento fuori dal Parlamento per il diktat del limite dei due mandati imposto da Beppe Grillo e in via di superamento con l’assemblea costituente di fine novembre molti elettori dem “fedeli” al governatore-sceriffo non sarebbero disposti a votare il candidato del partito di Giuseppe Conte. Strada spianata dunque per il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli, di Fratelli d’Italia, che proprio nella scorse ora ha rivelato che il partito gli ha chiesto la disponibilità a candidarsi in Campania il prossimo anno.Il forte rischio di dover ripetere le elezioni regionali a stretto giroSe dunque il governo, come appare probabile, non impugnerà entro il 60 giorni previsti la legge regionale, gli eventuali ricorsi ci potranno essere solo a valle. Ossia dopo le elezioni. < >. Dopo le elezioni regionali, dunque, uno qualsiasi dei candidati perdenti – magari lo stesso Fico se sarà alla fine lui l’uomo del campo largo – potrebbe ricorrere al Tar che investirebbe poi la Corte costituzionale. Se De Luca decidesse di partecipare alle elezioni, e chi lo conosce bene assicura che il governatore-sceriffo vuole andare fino in fondo nella sua battaglia anche perché convinto di vincere, ci sarebbe insomma il forte rischio di invalidare l’appuntamento elettorale costringendo i campani a tornare alle urne a stretto giro. In un clima di conflitto istituzionale e tra le macerie, va da sé, del campo largo o centrosinistra che dir si voglia. LEGGI TUTTO

  • in

    Ita Airways, Lufthansa chiede uno sconto di 10 milioni: stallo nelle trattative e accordo bloccato

    Lufthansa: noi abbiamo firmato piano su Ita entro scadenza Nel replicare alle accuse del Mef, Lufthansa ha ricordato che «aderisce all’accordo del 2023 con il ministero dell’Economia e delle Finanze italiano per acquisire una quota del 41% in Ita Airways» e sottolinea di «aver firmato il pacchetto di misure correttive necessarie entro la scadenza concordata».A Linate 15 coppie di slot a EasyJet Vediamo nel dettaglio cosa prevedono i contratti che le due compagnie hanno siglato, per adempiere alle richieste della Commissione europea di rilasciare ai competitor 15 coppie di slot giornaliere a Linate, e consentire l’ingresso di un vettore concorrente su una decina di rotte intraeuropee che le due compagnie coprono direttamente (tra queste le rotte da Roma a Francoforte, Monaco di Baviera, Zurigo, Bruxelles e da Linate a Francoforte e Vienna). In pole position come compagnie candidate c’erano EasyJet e e Volotea, ma l’avrebbe spuntata EasyJet.Per Usa e Canada scelte Air France e British AirwaysSul nodo più spinoso, quello dei collegamenti tra Fiumicino e Washington, San Francisco e Toronto erano due le opzioni in campo: consentire ingresso di un vettore concorrente con voli diretti o agevolare (anche attraverso il federaggio) i collegamenti indiretti da altri hub europei, a condizione che non via sia una differenza superiore alle 2 ore rispetto alla durata del collegamento assicurato dalle due compagnie.E’ stata scelta la seconda opzione; le due compagnie individuate sono Air France e British Airways. In sostanza, in aggiunta ai collegamenti già svolti da Ita Airways e da Lufthansa, solo per citare un esempio il Roma Toronto, potrà essere servito anche da Air France alimentando lo scalo di Parigi o da British Airways via Londra.Il closing entro fine anno e nuovo CdaLa procedura prevedeva che dopo l’invio dei contratti si dovesse attendere il parere della Commissione europea sugli accordi vincolanti, poi in presenza del via libera ci sarebbe stato il closing dell’operazione, atteso entro la fine dell’anno con l’esborso di 325 milioni da parte di Lufthansa e l’ingresso nel capitale con una quota del 41%. A quel punto l’assemblea straordinaria di Ita Airways verrebbe convocata per nominare il Cda di 5 membri con 2 rappresentanti di Lufthansa (tra cui l’ad) e 3 espressione del Mef. Ma il condizionale è d’obbligo a questo punto, perché in assenza di un accordo tutto questo rischia di saltare. LEGGI TUTTO

  • in

    Crosetto: più fondi per le armi perché non siamo pronti a un attacco

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di lettura«Abbiamo avuto un leggero aumento dei soldi per gli investimenti sulle armi perchè ci siamo resi conto che non eravamo preparati ad affrontare una guerra sul nostro territorio o un attacco perché negli ultimi anni avevamo costruito una difesa, una delle migliori al mondo per le operazioni di pace a livello internazionale, ma ci eravamo dimenticati che qualcuno poteva attaccarci». Così il ministro della Difesa Guido Crosetto a Cinque minuti ha risposto a Vespa che gli chiedeva se è vero che non saremmo stati in grado di difenderci in caso di un attacco come quello della Russia all’Ucraina o dai missili dell’Iran su Israele.Risorse spostate dalla manovra sulla Difesa  Il disegno di legge di bilancio definanzia per 4,55 miliardi il Fondo automotive gestito dal ministero delle Imprese e del made in Italy (Mimit) per interventi fino al 2030. Nel contempo, con quello che a una prima lettura appare un orientamento molto netto di politica industriale, dettato probabilmente anche dagli scenari geopolitici in corso, il governo (vedi il Sole 24 Ore del 29 ottobre) punta sull’industria della difesa (sviluppo nel settore aeronautico, tecnologia per la difesa area nazionale, unità navali Fremm, contributi a settore marittimo-difesa nazionale) per un totale di oltre 11,3 miliardi spalmati però su un arco temporale molto lungo (poco meno di 3 miliardi nel triennio, e la quota largamente maggioritaria, per circa 8 miliardi, distribuita negli anni successivi fino al 2039).Loading…Crosetto: escludere spese Difesa da calcolo patto stabilitàIl ministro è poi tornato a chiedere lo scorporo delle spese per la Difesa dal patto di stabilità. «Nelle ultime riunioni della Nato si parla del 2,5% del Pil da destinare alla Difesa: è un problema per un Paese come il nostro che ha un elevato debito pubblico che abbiamo ereditato. Bisogna puntare – ha ribadito Crosetto – sul fatto di escludere le spese della Difesa dal calcolo del patto di stabilità, non devono essere in concorrenza con le spese per la cultura, la scuola, per il sociale e la sanità. Devono essere staccati perché la difesa è un pre requisito perché esista tutto il resto».«Più forze polizia e meno militari sulle strade»«Quest’anno, con uno sforzo enorme, abbiamo aumentato di ottocento unità i militari a disposizione di Strade e Stazioni Sicure. Io penso che dal prossimo anno sia magari più importante aumentare le forze di polizia e lasciare che le forze armate riprendano a fare quello che serve in questo momento» ha aggiunto Crosetto, a margine delle celebrazioni a Venezia della Giornata dell’Unità nazionale e delle Forze Armate. Crosetto ha spiegato che il supporto continuerà anche nei prossimi anni, «ma con una tendenza che diminuirà l’apporto delle forze armate e dovrà vedere aumentare in modo corrispondente quello delle forze di polizia» LEGGI TUTTO

  • in

    Nato, Meloni vede Rutte nel giorno delle elezioni Usa: ecco gli scenari

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaLa storia è fatta di coincidenze e l’arrivo oggi a palazzo Chigi del neo segretario generale della Nato, Mark Rutte, potrebbe essere una di queste. L’incontro con la premier, Giorgia Meloni, avviene infatti nel giorno in cui negli Stati Uniti si decide chi sarà il prossimo Presidente e mai come questa volta il verdetto delle urna USA peserà sul futuro dell’Europa e della Nato. Un assaggio lo si è avuto già in occasione del primo mandato di Trump alla Casa Bianca. L’eco della minaccia di far venir meno la difesa Usa se i finanziamenti dei Paesi europei non fossero aumentati non si è ancora spenta. E allora non c’era la guerra in Ucraina, una guerra che vede schierata la Nato a sostegno di Kiev con gli Stati Uniti in prima fila e decisivi sia sul fronte degli aiuti militari che dei finanziamenti.Le preoccupazioni legate al ritorno di TrumpL’eventuale ritorno del tycoon preoccupa non poco anche perché si somma a un’altra e non meno pericolosa minaccia su un rafforzamento del protezionismo americano dove l’Europa viene considerata un avversario al pari della Cina.Loading…I temi in agendaLa premier e il segretario Nato si incontrano quando mancano ancora diverse ore alla chiusura delle urne ma è scontato che il verdetto elettorale statunitense sarà il tema principale del confronto. Certo Meloni e Rutte parleranno anche del voto in Georgia e del risultato in Moldova così come delle prospettive in Ucraina ma sarà un colloquio scandito da un grande “se” e perciò inevitabilmente monco.Il summit in UngheriaComunque vada, il futuro anche in Europa, è strettamente legato all’esito di queste elezioni. Un primo bilancio arriverà giovedì e venerdì in occasione del vertice della Comunità politica europea e della riunione informale del Consiglio europeo. Anche qui coincidenza vuole che ad ospitare il summit sarà l’Ungheria guidata da Viktor Orban, il più stretto alleato di Trump (e di Putin) in Europa. Spettatore interessato per ragioni interne sarà anche Matteo Salvini che ha scommesso sulla vittoria di Trump per recuperare terreno. Meloni lo sa bene ma non è il vicepremier della Lega in questo momento a preoccuparla. Anche perché si è mossa per tempo: la scelta di Elon Musk per la consegna del Global citizen award sta lì a dimostrarlo. LEGGI TUTTO

  • in

    Dopo la Liguria si apre la partita di Genova: ecco tutti i possibili nomi in corsa per il Comune

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaDa oggi iniziano giorni cruciali per la politica genovese. Dopo l’elezione di Marco Bucci a governatore della Liguria è attesa in questi giorni la nomina ufficiale e la conseguente decadenza dal ruolo di sindaco del capoluogo. Ruolo che sarà assunto ad interim dal vicesindaco Pietro Piciocchi, probabile candidato a sindaco delle prossime comunali, che non è escluso di possano celebrare in primavera. Per il centrosinistra sempre per oggi il segretario regionale Davide Natale ha convocato la segreteria per effettuare l’analisi del voto. Probabilmente si parlerà anche del voto a Genova che ha abbondantemente premiato il centrosinistra proprio nel comune di cui era sindaco Marco Bucci e di conseguenza delle prossime Comunali, visto che Andrea Orlando (Pd) sembra orientato a mantenere il dossier Liguria.Centrodestra verso l’ok a PiciocchiPer il centrodestra tutto sembra già deciso. Il candidato sindaco in pectore è Pietro Piciocchi, vice di Bucci, da anni considerato ormai suo erede naturale. Assessore al Bilancio, Lavori pubblici, Manutenzioni, Verde pubblico, è avvocato di professione entrato in politica proprio nel 2017 a fianco di Bucci (è considerato un tecnico ma vicino alla Lega). Già durante la corsa per le regionali in Liguria era stato fatto il suo nome come possibile candidato governatore, prima che la coalizione convergesse su Bucci. Il suo compito non sarà facile: potrà sì godere dell’effetto traino della vittoria del centrodestra in Regione, ma proprio il sindaco Bucci nel suo Comune ha incassato 8 punti percentuali in meno del candidato di centrosinistra Andrea Orlando (52,27% contro il 44,29% di Bucci).Loading…Centrosinistra, campo largo da ricostruire Proprio per i risultati ottenuti da Andrea Orlando a Genova, molti nel centrosinistra vorrebbero una sua candidatura a sindaco del capoluogo. Ma Orlando è di La Spezia e non di Genova (nelle elezioni comunali contano anche queste distinzioni). E soprattutto c’è da ricostruire una coalizione, visto che ancora non si è rimarginata la cicatrice dovuta alle tensioni tra M5S e renziani. Tutta da verificare, quindi, la nuova disponibilità di Orlando. Altro nome forte potrebbe essere Roberta Pinotti (Pd), genovese, ex ministro della Difesa. Genovese è anche Luca Pastorino, sindaco di Bogliasco (Genova) e deputato Pd, rientrato nel partito dopo la vittoria della segretaria Elly Schlein. Altri nomi circolati, nessuno però che sembra avere il peso per sbaragliare tutti gli altri, sono Armando Sanna, ex sindaco di Sant’Olcese, forte di più di 8mila proprio alle regionali, e il segretario genovese dem Simone D’Angelo. Ma si parla anche di possibili figure civiche. LEGGI TUTTO

  • in

    Dal tecnico allo spacchettamento, tutte le ipotesi per il dopo-Fitto

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaUn mese, o poco meno. Se tutto andrà bene a fine novembre Raffaele Fitto lascerà il suo posto da ministro per vestire ufficialmente la casacca di commissario e vicepresidente esecutivo della nuova Commissione europea. E nel rebus per la sua sostituzione inizierebbe a farsi strada anche l’idea di una figura tecnica, che possa prendere in mano almeno i dossier più delicati (e dal portafoglio parecchio importante) del Pnrr e dei Fondi di coesione. Giorgia Meloni, dice chi le ha parlato, ancora non si sarebbe sbilanciata, perché «ci metterà la testa dopo il 12 novembre», quando si saprà se il suo fidato ministro avrà superato il test dell’audizione al Parlamento europeo.Audizione impegnativaLui nelle ultime settimane a Roma non si è praticamente più visto. Fa la spola tra Bruxelles e Strasburgo, incontra gli europarlamentari, si prepara per l’hearing che si preannuncia impegnativa. Il commissario espresso dal governo di centrodestra italiano e da Ecr, il partito dei conservatori europei, gode del sostengo anche di Popolari e Sovranisti. Ma le eurodestre da sole non bastano per superare l’esame, che per Fitto sarà incentrato sull’europeismo, come vanno ripetendo i suoi avversari politici – dai socialisti ai liberali, che hanno scritto alla presidente von Der Leyen per ribadire che «non tollereremo alcuna deviazione dalla nostra piattaforma e dai nostri obiettivi pro-europei».Loading…Ipotesi tecnicoNell’attesa, la premier starebbe valutando in solitaria i pro e i contro delle diverse opzioni per coprire la casella che, è convinta, Fitto lascerà libera. Dopo l’affaire Sangiuliano e la bufera sul capo di gabinetto del suo successore, Alessandro Giuli, la leader di Fdi vorrebbe evitare altri polveroni che rischiano di offuscare l’immagine del governo, ma anche di risvegliare gli appetiti degli alleati. Anche per questo, nelle ultime settimane, sarebbe spuntata l’idea di affidare il portafoglio del ministro pugliese a una figura più istituzionale che politica.Portafogli da suddividereUna volta scelto lo schema, a cascata si scioglierebbe anche il nodo dello spacchettamento, o meno, delle 4 deleghe ora in mano a Fitto, che oltre a Pnrr e coesione ha l’incarico per gli Affari europei e per il Sud. Una delle soluzioni immaginate in prima battuta puntava a suddividere i portafogli. Ma tutto sarebbe ancora sotto revisione, compresa l’idea iniziale di mantenere l’interim, almeno per un primo periodo. Si starebbero infatti moltiplicando i suggerimenti alla premier a procedere velocemente al ricambio, così come accaduto proprio per la staffetta Sangiuliano-Giuli. Sull’intero quadro pesa, però, anche l’incognita di altre defezioni, visto che resta sempre in bilico la posizione della ministra del Turismo, Daniela Santanché, su cui pendono due rinvii a giudizio. LEGGI TUTTO

  • in

    Elezioni Usa: ecco come si schierano i partiti italiani tra Trump e Harris

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaLe elezioni presidenziali Usa, con il confronto tra Donald Trump (repubblicani) e Kamala Harris (democratici) si avvicinano. I partiti italiani hanno già iniziato a schierarsi: Lega pro Trump, Pd pro Harris. Ma sono altre le posizioni che hanno fatto discutere: se da una parte è immaginabile la linea prudente della premier Giorgia Meloni (che nel 2020 era pro Trump) e del ministro degli Esteri Antonio Tajani, che non si sono esposti, ha spaccato il centrosinistra la decisione del leader M5S Giuseppe Conte di non prendere apertamente posizione a favore di Harris.Meloni e la sua posizione prudentePer Giorgia Meloni è lontano anni luce il 2020, quando (dall’opposizione) durante lo spoglio delle precedenti elezioni Usa che vedevano di fronte il repubblicano Donald Trump e il democratico Joe Biden, non ebbe dubbi: «Da patriota italiana, spero possa vincere Trump». Nel suo recente viaggio in Usa, a fine settembre, da premier italiana ha fatto ben attenzione a non prendere posizioni tra Trump e Kamala Harris (vicepresidente dell’attuale presidente Usa Joe Biden). Rispondendo sulle simpatie di Elon Musk (il patron di Tesla e X, nonché sponsor di Trump) nei suoi confronti, Meloni ha precisato: «Non c’entra nulla con la campagna americana. Mi pare che il tentativo di schierare l’Italia sia soprattutto un tentativo italiano».Loading…La linea prudente di Forza ItaliaUna linea prudente, quella di Meloni, confermata anche dal leader di Fi e ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha rivendicato la sua «linea di equilibrio»: «Ci prepariamo a lavorare con Trump o con Harris con la stessa intensità». Già però nel 2020 aveva detto: «Non voterei», se dovessi scegliere tra Trump e Biden.La posizione di Salvini su TrumpMatteo Salvini, leader della Lega, non ha cambiato invece la linea pro Trump: «Io lavoro bene con chiunque ci sia in amministrazione a Washington e negli Stati Uniti. Sono convinto che una vittoria di Trump e dei repubblicani sarebbe fondamentale e positiva per un ritorno all’equilibrio dell’intero occidente e per la fine dei due drammatici conflitti che ci sono».Il Pd a favore di Kamala HarrisNel centrosinistra, il Pd (che non a caso riprende nel suo nome il partito democratico degli Usa) è convintamente a favore di Kamala Harris. «Trump rappresenta una minaccia, la sfida ci riguarda, non bisogna essere d’accordo su tutto per sapere da che parte stare, cioè quella dei democratici, di Harris», ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein. LEGGI TUTTO

  • in

    Regionali: nei sondaggi centrosinistra in vantaggio in Emilia-Romagna, centrodestra avanti in Umbria

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaIn Umbria il centrodestra sarebbe leggermente avanti rispetto al campo largo di centrosinistra, mentre in Emilia-Romagna la competizione assegnerebbe un distacco che pare incolmabile a vantaggio del centrosinistra. Questo dicono la maggioranza dei sondaggi, alla vigilia dello stop al monitoraggio delle intenzioni di voto in vista della consultazione che per le due Regioni si terrà il 17-18 novembre. Né l’esito delle recenti regionali in Liguria (svolte il 27-28 ottobre) a vantaggio del centrodestra sembra aver spostato troppo gli equilibri.Le candidature di Tesei e Proietti in UmbriaNell’ultimo periodo in Umbria sono stati effettuati molti sondaggi: tranne quello di SWG (commissionato dalla sinistra di AVS), tutti danno in lieve vantaggio Donatella Tesei (Lega, governatrice uscente e candidata del centrodestra unito). Quello realizzato tra il 17 e il 21 ottobre da BiDiMedia srl, per Perugia e Terni Today, dava Tesei al 48,2% contro il 47,7% di Stefania Proietti (indipendente di centrosinistra) del campo largo. Tesei allunga invece nei confronti di Proietti, portando il divario a 1,9%, secondo il sondaggio TechnoConsumer commissionato dal Corriere dell’Umbria ed effettuato tra il 21 e il 25 ottobre. Nel primo sondaggio (fatto dall’8 al 12 ottobre) il divario era di 1,6% sempre a favore di Tesei, la forbice dunque adesso si amplia di 0,3%. Il sondaggio SWG (commissionato dalla sinistra di AVS), realizzato tra il 21 e il 28 ottobre 2024, dava, invece, Proietti tra il 47 e il 51% dei consensi e Tesei tra il 45,5 e il 49,5. L’ultimo sondaggio, questa volta post elezioni in Liguria (realizzato il 28-30 ottobre), è di Noto Sondaggi. Questo il risultato: in testa Donatella Tesei per il centrodestra al 49 per cento e Stefania Proietti per il centrosinistra al 47.Loading…Situazione più chiara in Emilia-RomagnaIn Emilia Romagna ci sono stati molti meno sondaggi, forse anche perché le indicazioni di voto sono abbastanza chiare. Il sondaggio realizzato dall’8 all’11 ottobre da BiDiMedia s.r.l. per conto di Citynews dava Michele de Pascale (sindaco Pd di Ravenna, candidato del campo largo) al 55,9% contro il 42,5% della civica Elena Ugolini, sostenuta da tutto il centrodestra. LEGGI TUTTO