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    Spano si dimette da capo di gabinetto del ministero della Cultura. Il ministro Giuli: «Barbarico clima di mostrificazione»

    Ascolta la versione audio dell’articolo4′ di letturaFrancesco Spano si dimette dal ruolo di Capo di Gabinetto del ministero della Cultura. Lo comunica lo stesso ministero. Le dimissioni sono state concordate con Palazzo Chigi. Il ministro della Cultura Alessandro Giuli si è poi recato a Palazzo Chigi dove ha avuto un colloquio di 30 minuti con il sottosegretario alla presidenza del consiglio Alfredo Mantovano.«Con sofferta riflessione mi sono determinato a rassegnarLe le mie dimissioni dal ruolo di Capo di Gabinetto della Cultura con cui ha voluto onorarmi. Il contesto venutosi a creare, non privo di sgradevoli attacchi personali, non mi consente più di mantenere quella serenità di pensiero che è necessaria per svolgere questo ruolo così importante». Così nella lettera di dimissioni da capo di gabinetto indirizzata al ministro della Cultura, Alessandro Giuli. Ed è quindi «nell’esclusivo interesse dell’Amministrazione, pertanto, che ritengo doveroso da parte mia fare un passo indietro. Ciò non mi impedisce, evidentemente, di esprimerle la mia profonda gratitudine per la stima ed il sostegno che mi ha mostrato senza esitazione».Loading…La reazione del ministro Giuli: «Barbarico clima di mostrificazione»«Con grande rammarico, dopo averle più volte respinte, ricevo e accolgo le dimissioni del Capo di Gabinetto, Francesco Spano. A lui va la mia convinta solidarietà per il barbarico clima di mostrificazione cui è sottoposto in queste ore. Non da ultimo, ribadisco a Francesco Spano la mia completa stima e la mia gratitudine per la specchiata professionalità tecnica e per la qualità umana dimostrate in diversi contesti, ivi compreso il Ministero della Cultura”. Lo dichiara il Ministro della Cultura, Alessandro Giuli.La vicendaCome riporta il sito de La Stampa, la decisione sarebbe legata alla puntata di “Report” che andrà in onda domenica 27 ottobre. Secondo fonti del Collegio Romano, l’inchiesta ruoterebbe intorno al Maxxi: nel periodo in cui Francesco Spano ricopriva il ruolo di segretario generale, il suo compagno sarebbe stato assunto dal museo romano per una consulenza pagata lautamente. Non è ancora chiaro se il caso coincida temporalmente con la presidenza di Giuli (2022-2024), oggi ministro della Cultura.Boccia posta i popcorn dopo dimissioni SpanoE’ l’ora dei ’popcorn’ per Maria Rosaria Boccia. La protagonista dello scandalo che ha portato alle dimissioni di Gennaro Sangiuliano da ministro della Cultura, in una storia Instagram posta l’emoticon di un cesto di popcorn a corredo della notizia sul passo indietro di Francesco Spano come capo di gabinetto del successore di Sangiuliano al Mic, Alessandro Giuli. Un incarico che, dopo il siluramento di Francesco Gilioli, è durato meno di 10 giorni. Come colonna sonora del post, Boccia sceglie la canzone “Sogna” di Fiorella Mannoia. LEGGI TUTTO

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    Nuovo decreto per i migranti in Albania: ecco la strategia del governo

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaIl governo italiano presenterà un nuovo decreto legge – nel consiglio dei ministri convocato lunedì alle 18 a palazzo Chigi – per superare gli ostacoli giudiziari e permettere il trasferimento dei migranti in Albania. L’obiettivo è elevare a norma primaria l’elenco dei paesi considerati sicuri per il rimpatrio dei migranti, che finora era regolato da un decreto interministeriale. Tuttavia, ci sono ancora questioni da risolvere riguardo al rapporto con il diritto comunitario e alla specificazione dei parametri per considerare un paese sicuro.Sale lo scontro con i giudici«”Meloni non ha inchieste giudiziarie a suo carico e quindi non si muove per interessi personali ma per visioni politiche e questo la rende molto più forte, e anche molto più pericolosa la sua azione (…)”. Così un esponente di Magistratura democratica». Lo scrive sui social la premier Giorgia Meloni, rilanciando un passaggio della mail del sostituto procuratore della Cassazione Marco Patarnello, pubblicata oggi dal Tempo, con il titolo “Meloni oggi è un pericolo più forte di Berlusconi. Dobbiamo porre rimedio”.Loading…Le parole della giudice AlbanoGià a maggio, quando è stata aggiornata la lista dei Paesi sicuri, Silvia Albano – una dei giudici della sezione immigrazione del Tribunale di Roma e presidente di Magistratura democratica – sottolineava come il decreto ministeriale fosse una fonte normativa secondaria, subordinata a Costituzione, leggi ordinarie e normativa Ue, e che quindi ai giudici spetti verificare se il Paese sicuro «possa essere effettivamente considerato tale in base a quanto stabilito dalla legge». Esattamente quanto fatto – anche alla luce di una recente sentenza della Corte di giustizia Ue – per i casi dei dodici richiedenti asilo portati mercoledì in Albania e riportati con una motovedetta a Bari.Cosa ci sarà nel decretoLa strada del governo sembra essere quella di rendere norma primaria l’indicazione dei Paesi sicuri e non più secondaria, come è invece il decreto del ministro degli Esteri (di concerto con Giustizia e Interni) con cui finora è stato annualmente aggiornato l’elenco (l’ultimo è del 7 maggio scorso). Insomma, il tentativo sembra essere quello di aumentare il livello della normativa sui Paesi sicuri da secondaria (decreto ministeriale) a primaria (decreto legge). Tra le ipotesi c’è anche quella di rendere appellabili le ordinanze dei giudici in modo da bloccarne l’effetto. L’operazione Albania, assicurano comunque nell’esecutivo, andrà avanti regolarmente. I tempi del prossimo approdo al porto di Shengjin di una nave militare italiana con a bordo migranti, hanno sottolineato, dipenderanno anche dalle condizioni del mare. Intanto, il cpr di Gjader si è subito svuotato.Il nodo del diritto comunitarioBisognerà però vedere soprattutto come il decreto legge riuscirà a risolvere il problema del rapporto con il diritto comunitario (superiore a quello nazionale in base all’articolo 11 della stessa Costituzione italiana): la decisione del Tribunale deriva dalla sentenza del 4 ottobre scorso della Corte di Giustizia Ue, sentenza che ha appunto ribadito che non si possono rimpatriare migranti provenienti da Paesi non sicuri e che ha contestato le generalizzazioni degli elenchi ritenendo che la nozione di Paese sicuro necessità di una specificazione caso per caso (un Paese può ad esempio essere non sicuro in alcune zone e per alcune categorie di persone, ad esempio gli omosessuali). LEGGI TUTTO

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    Open Arms, Cdr Tg1: «L’intervista a Salvini non rispetta l’equidistanza»

    Ascolta la versione audio dell’articolo1′ di lettura«Riteniamo che gli oltre quattro minuti di intervista al ministro Salvini, imputato nel processo Open Arms, andata in onda nell’edizione delle 20 del telegiornale, abbiano leso uno dei principi alla base del nostro mestiere: l’equidistanza tra i soggetti di cui siamo chiamati ad occuparci». Lo scrive il cdr del Tg1. «L’informazione del servizio pubblico dev’essere sempre super partes – prosegue – e mai percepita come soltanto di una parte. Ci aspettiamo che, in vista della sentenza di dicembre, altrettanto spazio sia concesso alle parti civili».Usigrai, «l’intervista a Salvini è propaganda»«Condividiamo totalmente quanto scritto dal Cdr del Tg1: l’intervista di oltre 4 minuti al ministro Salvini lede uno dei principi alla base del giornalismo: l’equidistanza tra i soggetti di cui siamo chiamati ad occuparci. Ancora una volta, come denunciato in un comunicato nell’assemblea dei Cdr della Rai lo scorso 17 aprile, il servizio pubblico diventa megafono dei partiti. Quell’intervento in diretta del ministro non è informazione, ma propaganda». È quanto si legge in una nota dell’Usigrai.Loading…«È evidente che il governo, e in particolare il partito del ministro delle Infrastrutture, non voglia una Rai autorevole e indipendente – prosegue la nota -. Spostare una parte del canone, sempre più consistente, in fiscalità generale vuol dire mettere il guinzaglio all’azienda che da servizio pubblico diventa di tv di stato, soggetta ai diktat dell’esecutivo: dalle nomine alle disastrose scelte di palinsesto di questi giorni, fino alla linea editoriale dei tg. Esattamente l’opposto dei principi sanciti dall’European Media Freedom Act che presto sarà legge». LEGGI TUTTO

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    Parlamento, in 2 anni 52 cambi di casacca: ecco tutti i passaggi di gruppo

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaLe “porte girevoli” del Parlamento fanno guadagnare in 24 mesi a Forza Italia ben 6 parlamentari: 4 alla Camera e 2 al Senato. Ma c’è anche chi, come Azione, deve fare i conti con una vera e propria fuga di deputati, alimentata dalle ricadute dell’esplosione del cosiddetto “Terzo polo”: in 12 hanno fin qui lasciato la formazione di Carlo Calenda, che era stata interessata da un nuovo ingresso. E qualche falla si è aperta anche nel M5S in seguito agli “smottamenti” dei mesi scorsi con la fuoriuscita di due parlamentari a Montecitorio e altrettanti a Palazzo Madama. Dopo la tornata delle elezioni europee il fenomeno dei “cambi di casacca” è tornato ad essere molto di moda tra deputati e senatori. Dall’ultima rilevazione di OpenPolis emerge che dall’inizio della legislatura si è già arrivati a quota 52 passaggi di gruppo parlamentare: 43 alla Camera e 9 al Senato. Proprio a Palazzo Madama, tra l’altro, alcune delle ultime modifiche apportate al regolamento ora in vigore avevano l’obiettivo di disincentivare questo fenomeno attraverso “sanzioni” di natura economica e anche legate agli incarichi ricoperti.Nella fase iniziale della legislatura 26 cambi di casacca, in parte obbligatiL’attuale Parlamento si è formato nell’ottobre del 2022, e dopo il primo mese di attività i cambi di casacca erano stati 21, ai quali se ne era aggiunto un altro il mese successivo. Ma si è trattato del classico “assestamento” di inizio legislatura dovuto in prevalenza a passaggi dal gruppo Misto a formazioni che in precedenza non erano ancora state costituite, anche per i vincoli di partenza dei regolamenti delle due Camere.Loading…L’impennata delle «migrazioni» tra gruppi subito dopo le «europee»Come evidenzia OpenPolis nella sua ultima rilevazione, con l’approssimarsi delle elezioni europee i cambi di casacca sono tornati a crescere. E il ritmo dei “passaggi” di Gruppo è diventato ancora più sostenuto dopo la tornata elettorale di giugno, soprattutto nel caso del M5S e del “Terzo polo” con la “fuga” di un numero non trascurabile di parlamentari. Ad esempio, dai Cinquestelle il senatore Salvatore Trevisi e l’onorevole Giorgio Lovecchio sono passati a Fi. Sempre in Forza Italia sono confluiti i deputati Enrico Costa e Isabella De Monte, il primo uscito da Azione, così come Mara Carfagna, e la seconda da Iv, dalla quale si è separato anche Luigi Marattin. Carfagna e Marattin si sono uniti al gruppo Misto. Ad abbandonare la formazione di Calenda è stata pure la senatrice Mariastella Gelmini, anche se in questo caso non si potrebbe parlare di effettivo cambio di casacca perché a Palazzo Madama Azione non dispone di un gruppo autonomo ma rappresenta solo una componente del “Misto”, dove la stessa Gelmini è rimasta come “autonoma”.Anche Fdi ha perso un deputatoIl partito della premier Giorgia Meloni non è rimasto del tutto immune dalle “migrazioni” in Parlamento. A lasciare Fdi è stato il deputato Andrea De Bertoldi, che ha aderito al gruppo Misto rimanendo comunque nella maggioranza.Sei i parlamentari passati dalle opposizioni alla maggioranzaSono 6 i parlamentari (4 deputati e 2 senatori) che dall’inizio della legislatura sono usciti dai gruppi di opposizione per approdare a quelli di maggioranza, quattro dei quali dopo la tornata delle elezioni europee. OpenPolis osserva che al momento non si registrano passaggi in senso inverso. LEGGI TUTTO

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    Redditi dei parlamentari: la premier Meloni raddoppia a 459mila euro grazie ai libri, Salvini stabile a 99mila

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaLa premier Giorgia Meloni raddoppia, il vicepremier Matteo Salvini è stabile. Sono on line i redditi di deputati e senatori, pubblicati sulle pagine personali e visibili sui siti della Camera dei deputati e del Senato. Non è in rete la documentazione dell’altro vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, ma i parlamentari hanno ancora tempo per depositare i documenti.La premier Meloni raddoppia a 459mila euroTra i primi a rispondere all’appello è stata la premier Giorgia Meloni. Il reddito della presidente del Consiglio, in un anno è aumentato da 293.531 a 459.460 euro. Il dato si calcola confrontando la documentazione patrimoniale di quest’anno e quella del 2023. La premier somma l’indennità parlamentare alle vendite dei suoi ultimi due libri «Io sono Giorgia» e «La versione di Giorgia» (Rozzoli editore).Loading…Salvini a 99mila euro, liquida azioni e usufruire dei bonus edilizi Stabile a 99.699 euro il reddito del vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, nonostante la liquidazione di azioni «precedentemente detenute in A2A, Acea Spa e Enel», come scrive nero su bianco. Nel suo modello 730 si registrano 1.346 euro di detrazioni spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e per misure antisismiche. Nessuna variazione per il ministro dello Sviluppo Economico Adolfo Urso il cui reddito ammonta a circa 103mila euro.Schlein a 98mila euro, 99mila per Fratoianni, 101mila per BonelliTra i leader di partito, Elly Schlein segretaria del Pd dichiara lo stesso reddito del 2023, 98.471 euro. Quasi 99mila euro anche per Nicola Fratoianni che attesta l’assenza di variazioni rispetto all’anno precedente. Sempre nel cosiddetto campo largo, il portavoce dei Verdi Angelo Bonelli dichiara circa 101 mila euro.Manca all’appello Renzi, lo scorso anno a 3,2 milioni di euroMancano all’appello il leader M5s Giuseppe Conte (24.359 euro lo scorso anno), che non ha presentato ancora la sua dichiarazione. E Matteo Renzi, il leader di Italia viva che lo scorso anno aveva stupito con una dichiarazione dei redditi di ben 3.217.735. LEGGI TUTTO

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    Due anni di governo Meloni, ecco tutti i numeri: 2 manovre con la terza in arrivo, 74 decreti e 67 blindature

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaA onorare l’inizio del terzo anno di mandato del governo sarà di fatto la torta della manovra, farcita con la conferma del taglio del cuneo e dal piano sulle aliquote Irpef ma non senza ingredienti indigesti almeno a una parte della maggioranza, come i massicci tagli alla spesa dei ministeri. E quella che si materilalizzerà dopo la presentazione del Documento programmatico di bilancio sarà la terza legge di bilancio targata Meloni-Giorgetti, sulla scia delle prime due varate nei primi 24 mesi di attività dell’esecutivo, che è in carica dal 22 ottobre 2022. In questi due anni di attività sono transitati lungo la rotta del Parlamento, oltre agli interventi di finanza pubblica, il pacchetto giustizia, il Ddl sicurezza, la delega fiscale, le riforme con il premierato, ancora a metà del guado, e l’autonomia differenziata, in attesa di piena attuazione e con lo spettro del referendum all’orizzonte. Ma sono state confezionate anche misure per contrastare l’immigrazione e per fronteggiare varie emergenze: dalle alluvioni alle ricadute del conflitto russo-ucraino. È insomma una gamma variegata di norme e disposizioni quella che compare nei circa 300 provvedimenti legislativi (298 a fine settembre) adottati dal governo Meloni nel suo primo biennio. Una mole non trascurabile di interventi spesso confluiti nei tanti decreti legge (74) sgorgati da Palazzo Chigi, non senza critiche delle opposizioni ma anche delle stesse Camere per l’eccessivo utilizzo dello strumento della decretazione d’urgenza.Già varati 74 decreti leggeDall’ultimo monitoraggio della Presidenza del consiglio emerge che dal 22 ottobre 2022 a tutto il 30 settembre 2024 nel corso delle 97 sedute del Consiglio dei ministri erano stati varati 72 Dl (pari al 24% di tutti i provvedimenti “approvati”), ai quali si aggiungevano 104 decreti legislativi (35%) e 122 disegni di legge (41%). Nel frattempo le sedute del Cdm sono salite a 99 e i decreti legge sono ulteriormente lievitati a quota 74.Loading…Fisco, riforme e giustizia in testa alla classifica dei provvedimenti presentatiDi questo fiume di norme il 63% dei testi ha riguardato specifiche politiche di settore, il 18% è legato a recepimenti di normativa europea e il restante 19% è costituito da ratifiche di trattati internazionali. Palazzo Chigi fa notare che nell’85% dei casi i provvedimenti deliberati hanno toccato 8 punti del programma di governo, a cominciare da “per un fisco equo” (56 testi, pari al 19,2%) e da riforme istituzionali, della giustizia e della Pa secondo Costituzione (47 provvedimenti, il 16,2%). Su sicurezza e contrasto all’immigrazione illegale al 30 settembre risultavano concentrati 37 provvedimenti (ovvero il 12,7%), un gradino più sotto la voce “Italia, a pieno titolo parte dell’Europa, dell’Alleanza Atlantica e dell’Occidente”. Quanto ai soli decreti legge, al 30 settembre scorso 61 risultavano convertiti in legge, 7 erano stati abrogati e confluiti in altri provvedimenti e 4 erano in attesa di conversione.Questioni di «fiducia» a quota 67Nel mirino delle opposizioni non è finito solo il frequente ricorso ai Dl, ma anche quello alle “blindature” dei provvedimenti. Dall’ultima rilevazione di OpenPolis emerge che in 24 mesi l’esecutivo Meloni ha fatto ricorso alla questione di fiducia in 67 occasioni, preceduto solo dal gabinetto Renzi, che ne ha poste 68 ma in un arco temporale molto più lungo (33 mesi) e seguito dagli esecutivi Draghi (55) e Monti (51). Sempre secondo OpenPolis in media l’attuale governo ha utilizzato lo strumento della blindatura 2,72 volte al mese, secondo soltanto all’esecutivo Monti (2,79).Il governo riduce i decreti attuativi ma il Parlamento li moltiplicaIl Governo Meloni sta intensificando l’azione di smaltimento dell’enorme flusso di decreti attuativi, alimentato anche dagli adempimenti introdotti dal Parlamento. Basti pensare che ben 40 dei 105 provvedimenti di attuazione che sono sgorgati negli ultimi tre mesi arrivano da norme introdotte durante l’iter di conversione dei decreti-legge in sede parlamentare. In tutto il governo deve adottare ancora 521 testi (compresi quelli ereditati dagli esecutivi della scorsa legislatura) me dal suo insediamento ne ha già smaltiti ben 642, dando, tra l’altro, assoluta priorità alle norme autoapplicative. Con questa strategia Palazzo Chigi afferma di aver liberato per il triennio 2022-24 risorse per «oltre 182 miliardi, di cui: 173,6 miliardi riferibili alla legislatura in corso e 8,3 miliardi sbloccati mediante l’adozione dei provvedimenti attuativi riferiti alla XVIII legislatura». LEGGI TUTTO

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    Meloni oggi in Parlamento sulle due guerre. Le opposizioni: «Stop armi a Israele»

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaTornerà a ribadire l’inaccettabilità dell’attacco subito da Unifil dalle forze armate israeliane, l’assoluta necessità che la sicurezza dei soldati in missione sia garantita. E, sempre sul fronte caldo della polveriera mediorientale, la convinzione che solo attraverso la piena applicazione della risoluzione 1701 si possa contribuire alla stabilizzazione del confine israelo-libanese. La premier Giorgia Meloni, attesa in mattinata al Senato e nel pomeriggio alla Camera per le comunicazioni in vista del Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre, ribadirà naturalmente anche il sostegno fermo dell’Italia all’Ucraina, al fianco di Kiev «fino a quando ce ne sarà bisogno» . E mentre i dem annunciano battaglia in Aula sugli hotspot in Albania – tra poche ore per la prima volta i centri di Schengjin e Gjiader apriranno le porte ai primi migranti in viaggio sulla nave Libra della Marina Militare – chi le è vicino si dice convinto che la presidente del Consiglio difenderà a spada tratta il lavoro portato avanti dal suo governo per arrestare l’emergenza migranti e il business «di trafficanti di vite umane, imprimendo un deciso cambio di passo anche a Bruxelles»Ipotesi viaggio della premier in Medio OrienteMa è sui due fronti di guerra aperti, in particolare sulla crisi in Medio Oriente, che la presidente del Consiglio intende focalizzare la parte più incisiva del suo intervento. Mentre da Palazzo Chigi arriva una timida conferma del viaggio imminente della premier – due o tre tappe al momento riservatissime – alla volta del Medio Oriente, di ritorno da Bruxelles. Bocche cucite sulla mete, ma, riferiscono autorevoli fonti all’Adnkronos, le ipotesi allo studio sarebbero due: Giordania e Libano, anche se, vista la difficile situazione dell’area, il viaggio non è ancora ’chiuso’, dunque non è detto che la presidente del Consiglio riesca a raggiungere entrambe le destinazioni.Loading…La risoluzione di maggioranzaDalla maggioranza si attende una risoluzione unitaria: tra gli altri impegni per il governo, la condanna dell’attacco iraniano a Israele ma anche lo sprone a lavorare per un immediato cessate il fuoco sul confine libanese (la cosiddetta Linea Blu), in ottemperanza alle risoluzioni Onu, e in prospettiva alla soluzione dei “due popoli due Stati”.Opposizioni in ordine sparso: stop armi a IsraeleSale intanto la tensione con le opposizioni che chiedono, in ordine sparso, di interrompere la fornitura di armi a Israele e, come ha fatto ieri la segretaria del Pd Elly Schlein, di riconoscere lo Stato di Palestina. Una richiesta che i dem inseriranno anche nella loro risoluzione. I 5 Stelle chiederanno di portare al tavolo europeo l’ipotesi di sanzioni a Israele, lo stop alla vendita di armi a Tel Aviv, oltre all’idea dell’istituzione di una commissione, in seno all’Ue, per accertare eventuali violazioni del diritto internazionale e umano. «Aiutiamo la popolazione e fermiamo l’export di armi verso Israele», scrive Giuseppe Conte sui social. Sul fronte ucraino, i 5 Stelle chiederanno anche di impedire l’uso di armi occidentali in territorio russo.Dopo la presa di posizione di Meloni nei confronti del premier israeliano Netanyahu, al quale la presidente del Consiglio ha ribadito che gli attacchi alle postazioni Unifil sul confine libanese sono inaccettabili, il presidente del Pd, Stefano Bonaccini, sottolinea che «Unifil deve restare dove c’è bisogno e ci manca solo che il governo Netanyahu pretenda di decidere lui dove le organizzazioni internazionali siano ad operare. Apprezzo le parole di Giorgia Meloni a Netanyahu. Secondo me come ha chiesto Elly Schlein bisognerebbe riconoscere lo Stato di Palestina». Da Avs è Angelo Bonelli a reiterare la richiesta dello stop di invio di armi a Israele: «I ripetuti attacchi contro civili palestinesi, la Croce Rossa, ospedali e postazioni Unifil sono veri e propri crimini di guerra, in palese violazione del diritto internazionale, di fronte ai quali non possiamo restare inermi. La premier Meloni deve richiamare immediatamente il nostro ambasciatore in Israele e proporre al Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre l’applicazione di sanzioni contro Israele, fermare l’esportazione di armi e riconoscere lo Stato di Palestina». Dai dem arrivano però anche le parole di Piero Fassino, che sottolinea che chi propone lo stop alle armi «ha il dovere di chiederlo per entrambi i contendenti, altrimenti, disarmando una parte si consentirebbe all’altra di continuare a colpire. Proporre l’embargo delle armi a Israele impone che, contemporaneamente, si chieda a Hezbollah di consegnare i propri arsenali militari a Unifil o all’esercito libanese o a un soggetto terzo neutrale». LEGGI TUTTO

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    Di Stefano: «L’Italia deve cambiare alla radice, l’Africa strategica per la crescita»

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaPiano Mattei e progetti per l’Africa sono al centro del 39esimo Convegno dei Giovani imprenditori di Confindustria, che quest’anno è intitolato: “Orizzonti. Impresa e sviluppo nel Mediterraneo”. Un tema declinato con particolare attenzione agli aspetti della formazione, università, lavoro e di energia. Ma con piglio attento anche su questioni interne, come il Piano strutturale di Bilancio e le prospettive economiche.Di Stefano: più capacità progettualeL’Italia «ha bisogno di cambiare alla radice» passando dai suoi fondamentali, e cioè «formazione, produttività, investimenti, innovazione, certezza del diritto, buona amministrazione». Fattori su cui intervenire con una serie di strumenti, dalla legge di bilancio ad un aumento della concorrenza alla realizzazione del Piano Mattei, partendo dal presupposto che l’asse del mondo si sta spostando da Nord-Ovest verso Sud-Est, con il Mediterraneo strategico per l’Italia e per l’Europa. «Costruiamo una nuova relazione con i Paesi del Mediterraneo e del continente africano», ha sollecitato Riccardo Di Stefano, presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria, aprendo il convegno di Capri. Con uno sguardo attento anche alle prossime scadenze del nostro Paese. Sul Piano strutturale di bilancio Di Stefano ha apprezzato la scelta di articolarlo in sette anni e agganciarlo alle riforme, «ma il quadro riformatore – ha detto – non è sufficientemente chiaro per un Paese ha bisogno di più capacità progettuale», aggiungendo che serve semplificare Transizione 5.0 «con la massima urgenza». «Abbiamo trovato la massima collaborazione nel governo – ha aggiunto – chiediamo che continui, una misura così utile non può essere sprecata». Bene il rigore dei conti, rendere strutturale il taglio al cuneo fiscale, le politiche abitative, la sperimentazione sui mini reattori, la semplificazione. «Nel quadro di questo piano strutturale le leggi annuali, come quella di bilancio o sulla concorrenza, faranno da tagliando. E speriamo non inizi l’era dei contributi volontari».Loading…«Avanti con il Piano Mattei»L’Africa, ha sottolineato Di Stefano, ha a disposizione quanto c’è di più prezioso, cioè energia e materie prime, «di cui l’Europa ha disperato bisogno per alimentare le transizioni, verde, digitale, aerospazio, difesa». Quindi avanti con il Piano Mattei: «ha un ampio raggio strategico, un nuovo approccio organico. Finalmente bene. Al momento c’è l’impianto, ma è necessario accelerare la fase di implementazione, dall’iter del provvedimento alla sua operatività», con la necessità che le imprese, cioè coloro che devono realizzare gli investimenti, «facciano parte in modo stabile della cabina di regia».Bernini: «Lavoriamo a un Piano Sud per dare continuità al Pnrr»«Nel Piano Mattei abbiamo coinvolto le grandi aziende – ha detto il ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini – come Leonardo, Eni, Acea, e con queste le imprese dell’indotto. Noi dobbiamo essere quelli che aprono le porte e che permettono alle imprese di agire. È vero che in Africa c’è già la Cina e che vi si affaccia l’India, ma hanno rapporti viziati da patologie di sistema che noi possiamo sanare con rapporti di partenariato». Bernini parla anche di un “Piano Sud”. «E’ un progetto – ha detto – destinato a dare continuità ai fondi del Pnrr, perché sono fondi cospicui ma è come un doping. Dopo il 2026 se non diamo loro continuità andiamo in crisi di astinenza quindi facciamo peggio. Allora dobbiamo strutturarci fin d’ora. Il piano Sud che noi stiamo facendo adesso, che si ricollega ovviamente al piano strategico che il governo sta facendo sulle zone Zes, è un piano che prevede l’utilizzo all’80% dei fondi di coesione sul Sud. Il che significa portare ricerca al Sud e c’è già, molto più di quanto si immagini».Lollobrigida e Calderone: «Italia apripista» e nuove competenze«Possiamo fare dell’Africa una grande occasione per le popolazioni africane prima di tutto, ma anche per lo sviluppo del nostro modello, delle nostre imprese», ha detto il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, intervenendo a Capri. Per Lollobrigida «l’Africa è un Paese con estese aree coltivabili, con giovani». E conclude: «L’Italia propone un percorso da offrire agli altri. Siamo tornati a essere un paese credibile». La ministra del Lavoro, Marina Calderone, ha poi annunciato «Per rispondere ai bisogni delle imprese, siamo prossimi alla pubblicazione del nuovo bando nuove competenze». LEGGI TUTTO