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    Il fratello di Musk a Palazzo Chigi con Stroppa e la moglie di Bocelli. Incontro con Giuli e saluto a Meloni

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaVisita a sorpresa di Kimbal Musk, il fratello minore di Elon, a Palazzo Chigi. Con in testa un cappello da cowboy, che indossa di consueto, Kimbal Musk ha fatto il suo ingresso nella sede del governo intorno alle 16.30 assieme ad Andrea Stroppa, il referente italiano del patron di Tesla e SpaceX. «Lo abbiamo accompagnato in un giro in diversi ministeri per capire come funziona, abbiamo un progetto», ha spiegato – senza entrare però nei dettagli – Veronica Berti, moglie del tenore Andrea Bocelli, che era nel gruppo di persone con cui l’imprenditore americano è giunto in Piazza Colonna.Stretta di mano con MeloniLa tappa principale di questo mini-tour per ministeri, è servita per un incontro con il ministro della Cultura, Alessandro Giuli (con Giorgia Meloni solo una stretta di mano al volo in corridoio) e subito si è trasformata in un caso politico.Loading…La protesta delle opposizioniIl Pd, rilevando «con sconcerto che Palazzo Chigi sembra essersi trasformato in una dependance di Musk», ha chiesto, con Irene Manzi, di spiegare i contorni dell’incontro, di precisare il “misterioso progetto” che coinvolge i ministeri italiani. «Non siamo una colonia di Trump, esigiamo chiarezza», chiede con forza Elisabetta Piccolotti di Avs, mentre Riccardo Magi, da +Europa ironizza: «Con Kimbal Musk a Chigi siamo a Fratelli d’America», non mancando però di chiedere a Giuli di «chiarire in Parlamento».Giuli non si sbilanciaSi è parlato «solo di cose belle», ha replicato a stretto giro il ministro Giuli evitando però di entrare nei dettagli: «E’ troppo presto per anticipare» qualcosa, «però si parla di cose belle. Che riguardano l’Italia? Anche – ha risposto -, di più non posso dire sennò si va troppo avanti». Parole non sufficienti per i parlamentari dei 5 stelle in Commissione Cultura: «Giuli, in qualità di Ministro, ha il dovere di rispondere e non di fare battutine criptiche», hanno scritto ricordando che Palazzo Chigi è «una sede istituzionale» e «non casa sua» e che per questo «ha l’obbligo di spiegare pubblicamente cosa si sono detti, quali temi sono stati affrontati e quali eventuali accordi o progetti sono stati discussi».Da Kimbal Musk proposte per la valorizzazione culturaleUna serie di progetti per la valorizzazione del patrimonio culturale italiano: è questo, a quanto filtra, l’oggetto dell’incontro a palazzo Chigi tra il fratello di Elon Musk, Kimbal, e il ministro della Cultura Alessandro Giuli. Nessun dettaglio nello specifico ma la precisazione che si tratti non di una ma di alcune proposte, “una serie di idee” da approfondire: di certo «non si è affatto parlato di Starlink», si precisa da ambienti ministeriali che sottolineano il fatto che il luogo scelto dipenderebbe solo dalla circostanza che «Giuli si trovava già lì». Né si dovrebbe trattare di progetti legati al settore musicale, come la presenza della moglie del tenore Andrea Bocelli potrebbe evocare. Trattandosi di personaggi di caratura internazionale «semplicemente si conoscono» e dovendo avere una serie di appuntamenti in Italia il fratello di Musk si sarebbe rivolto a persone con cui ha già dei contatti. LEGGI TUTTO

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    Soldi ai partiti, Fratelli d’Italia prima con 26 milioni. Per la Lega record di erogazioni liberali

    Ascolta la versione audio dell’articolo4′ di letturaA dieci anni dall’abolizione del finanziamento pubblico della politica i partiti continuano la loro ricerca di risorse per alimentare le proprie macchine organizzative. La cura dimagrante di personale e sedi ha permesso alla maggior parte dei bilanci di uscire dalle zone pericolose del disavanzo. Ma il carburante non è mai abbastanza. Lo dimostra il tentativo maldestro di cambiare l’intero sistema del 2 per mille (la quota dell’Irpef che il contribuente può destinare al sostegno dei partiti) con un emendamento del governo al decreto Fisco dello scorso novembre: l’obiettivo era quello cambiare la normativa in modo da destinare alle forze politiche anche la quota di chi non esplicita la scelta (l’inoptato che oggi rimane nelle casse dello Stato diversamente da quanto accade invece per l’8 per mille destinato alle confessioni religiose).Un movimento da cento milioni di euroSul provvedimento, come noto, è arrivato l’altolà del Quirinale e non se ne è fatto più nulla. Per ora. In compenso è salito di 4,691 milioni nel 2024 il tetto di spesa delle risorse che provengono dalla destinazione volontaria del due per mille dell’Irpef. Ci sono poi altri due “affluenti”: le quote associative e le erogazioni liberali (che sono per la gran parte versamenti fatti dagli eletti al proprio partito). E, infine, va citata una quarta risorsa, stavolta pubblica, che però è di natura diversa: si tratta delle fondi riservati ai gruppi parlamentari che sono riservati alle attività istituzionali e non alle iniziative di partito. La somma complessiva restituisce un numero tondo: circa 100 milioni complessivi per l’anno 2023. Più di un quarto (26 milioni di euro) appartiene a Fratelli d’Italia grazie ai 14 milioni di euro assicurati ai gruppi di Senato e Camera (i più numerosi nell’attuale Parlamento).Loading…Duexmille: scelte in crescitaIl due per mille è un meccanismo che continua a portare sempre più ossigeno alle casse dei partiti. Nelle dichiarazioni dei redditi del 2024 (anno d’imposta 2023) i contribuenti hanno destinato col due per mille una cifra pari a 29,79 milioni di euro (+23,8% sull’anno precedente). Per avere un termine di paragone, nell’edizione del 2015 erano stati erogati ai partiti 11,7 milioni di euro. Il Partito democratico continua a guidare la graduatoria e ha superato il tetto di 10 milioni di euro con 628.782 contribuenti che hanno scelto il partito guidato Elly Schlein. Al secondo posto Fratelli d’Italia che, dopo il balzo dello scorso anno (sfruttando la corrente ascensionale che ha portato Giorgia Meloni a Palazzo Chigi passò da 3,132 a 4,807 milioni di euro) continua a crescere anche se a un ritmo più moderato: è stato scelto da 382.457 contribuenti con un 5,658 milioni di euro. Completa il podio il M5s (239.240 cittadini con un importo spettante pari a 2,7 milioni). Se si sommano i numeri dei due soggetti in cui è stata divisa amministrativamente la Lega (la “vecchia” Lega Nord per l’Indipendenza della Padania e la nuova “Lega per Salvini Premier”) il quarto posto spetta al movimento guidato da Matteo Salvini (1,62 milioni di euro).Quote associative ed erogazioni liberaliUn’operazione di addizione va fatta anche per ricostruire il valore complessivo di quote associative ed erogazioni liberali della galassia leghista. La Lega vanta il primato alla voce dei contributi volontari: oltre 9 milioni di euro (mezzo milione arriva dal vecchio Carroccio) con la rete di “Leghe regionali” che raccoglie 4,2 milioni di euro. Un lungo elenco di contributori in cui a deputati e senatori si alternano a numerose società. Il primo partito di maggioranza, Fratelli d’Italia, raccoglie una somma maggiore per quote associative (2,878 milioni di euro) rispetto all’alleato di Governo ma le erogazioni liberali si fermano sotto quota 4 milioni di euro. Comunque un livello doppio rispetto alla principale forza di opposizione: da eletti e sostenitori il Pd ha ottenuto meno di due milioni (1,873). Cifra lontana dagli alleati-avversari del Movimento 5 Stelle (3,2 milioni) che però non può contare su quote annuali (e per questo perde terreno nella graduatoria complessiva). Nel 2023 Forza Italia ha incassato complessivamente contribuzioni per 2 milioni di euro: 700mila euro sono arrivati dalla famiglia Berlusconi (100mila a testa da ciascuno dei cinque figli di Silvio Berlusconi, altrettanti dal fratello Paolo e da Fininvest).Il contributo ai gruppi parlamentariCome detto, c’è una quarta fonte di finanziamento alla politica: il contributo ai gruppi parlamentari. Va detto che si tratta di risorse riservate a soggetti giuridici diversi rispetto al partito (i gruppi parlamentari devono presentare una propria rendicontazione annuale) e che hanno un vincolo di destinazione (attività istituzionali). Ma la “casa madre” è identica e permette di sommarle alle altre voci per arrivare a un totale complessivo. I fondi sono distribuiti in base alla consistenza numerica dei gruppi: Fratelli d’Italia, quindi, spadroneggia con 14,191 milioni tra Camera e Senato. Il Pd è lontano con 8,855. Il podio si chiude con 7,3 milioni di euro. Se si guardano a tutte le voci, Fratelli d’Italia è stato nel 2023 primo partito nelle urne ma anche nei contributi: 26,711 milioni di euro. Segue il Pd, unico sopra i 20 milioni. La Lega è leggermente sotto. A vincere la sfida centrista tra gli ex alleati Azione e Italia viva è la prima: 3,5 milioni per la formazione di Carlo Calenda contro i 3,1 milioni della creatura di Matteo Renzi. LEGGI TUTTO

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    Santanchè: no a dimissioni per falso in bilancio, passo indietro se andrò a processo per la Cig Covid

    Per il resto Santanchè tiene il punto: «Ci si difende nei processi, non ci si difende sui giornali, io sarò una che non patteggerò mai, vado fino in fondo».La Russa: credo Santanchè stia valutando. Lo farà beneDa registrare anche le dichiarazioni del presidente del Senato Ignazio La Russa, considerato il padrinoi politico di Santanchè. «Credo stia valutando e sono sicuro che valuterà bene».Nuove rivelazioni di ReportIntanto Report, in una puntata che andrà in onda domenica, svela che l’uomo a cui la ministra ha ceduto Visibilia è «Altair D’Arcangelo, indagato per associazione per delinquere, evasione fiscale, frode, riciclaggio e autoriciclaggio». Il conduttore Sigfrido Ranucci ha scritto sui social: «Nel 2023 gli sono stati sequestrati 40 milioni di euro. È l’immancabile uomo che gestisce gli affari della Wip Finance, la misteriosa società anonima svizzera a cui Daniela Santanchè ha venduto Visibilia qualche settimana fa».In cerca di una exit strategyNella maggioranza molti sono convinti che, per fare un passo indietro, Santanchè voglia dalla premier una sorta di presa di responsabilità, che giustifichi il gesto per il bene del governo. Perché fino ad ora FdI ha tenuto una linea garantista con altri suoi esponenti rinviati a giudizio. Si starebbe cercando, insomma, una exit strategy. Un’ipotesi vagliata è stata quella di dare a Santanchè l’incarico di capogruppo al Senato, al posto di Lucio Malan che finirebbe al ministero. Ma il diretto interessato la liquida come «una voce infondata: il ministro è Daniela e noi la sosteniamo».Stessa reazione da parte di Gianluca Caramanna, deputato di Fdi e consigliere istituzionale del ministero del Turismo, indicato da molti come il possibile sostituto di Santanchè. «Sono solo chiacchiericci. Il nostro ministro sta lavorando molto bene. Andiamo avanti» ha detto da Madrid, dove partecipa alla fiera internazionale del turismo Fitur. LEGGI TUTTO

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    Perché il referendum sul Jobs act divide il Pd

    Ascolta la versione audio dell’articolo5′ di letturaIl meno che si possa dire è che la Corte costituzionale, decidendo di non ammettere il quesito di abrogazione totale della legge Calderoli sull’autonomia differenziata, ha scompaginato i piani di Elly Schlein. Anche se il quorum del 50% più uno degli aventi diritto sarebbe stato molto difficile da raggiungere (negli ultimi 25 anni il quorum è stato raggiunto solo una volta, nel 2011 su nucleare e acqua pubblica), agli occhi della segretaria del Pd la campagna referendaria di primavera aveva il compito di cementare attorno alla battaglia contro la legge “Spacca Italia” la futura traballante coalizione dei centrosinistra. Una coalizione divisa su molto altro, a partire dalla politica estera: appena mercoledì scorso si è visto in Aula alla Camera il solito copione sull’Ucraina, con il Pd che vota sì all’invio di armi assieme ai centristi (Italia Viva, Azione e Più Europa) e con il M5s fermamente contrario assieme ad Alleanza Verdi/Sinistra. Invece la foto di tutti i leader del campo largo davanti alla Cassazione per il deposito delle firme contro la legge Calderoli, ormai qualche mese fa, era lì a testimoniare che si poteva ripartire da un’importante battaglia comune.Senza più l’autonomia, restano in campo solo i quesiti divisiviE ora? Niente campagna di primavera contro il governo. A restare in campo sono gli altri cinque quesiti, tutti divisivi: quello che punta a facilitare la richiesta di cittadinanza italiana da parte degli stranieri (gli anni di residenza necessari scenderebbero da 19 anni a 5), presentato da Più Europa con il segretario Riccardo Magi, non è stato firmato da un M5s sempre attento a non intestarsi impopolari battaglie pro migranti fin dai tempi dei decreti sicurezza del governo Conte 1; e gli altri quattro contro quel che resta del renziano Jobs act, presentati dalla Cgil di Maurizio Landini, oltre ad essere naturalmente indigesti al leader di Italia Viva Matteo Renzi ed anche alla calendiana Azione, stanno provocando più di qualche mal di pancia all’interno dello stesso Pd. In pochi giorni, una vera e propria slavina.Loading…La battaglia schleiniana contro il Jobs act per recuperare l’asse con la CgilQui serve un piccolo passo indietro. Ai tempi del Jobs Act, la riforma del lavoro attesa a Bruxelles che mirava a cancellare l’articolo 18 per i nuovi assunti e al contempo ad estendere le tutele ai lavoratori autonomi e precari, Renzi era premier e segretario del partito e naturalmente tutti i democratici diedero il loro voto favorevole in Parlamento. Anche l’allora minoranza di sinistra di Pier Luigi Bersani. Nel frattempo il cuore della riforma, ossia il contratto unico a tutele crescenti, è stato fortemente ridimensionato dagli interventi della Corte costituzionale. E per di più l’effetto del referendum, se passasse, non sarebbe quello del ritorno al vecchio Statuto dei lavori ma il ripristino della successiva riforma del governo Monti, addirittura peggiorativa in materia di indennizzo per licenziamento senza giusta causa (24 mensilità invece di 36).L’obiettivo di “derenzizzizzare” il partito…Dunque, cui prodest? Chiaro che la motivazione principale della segretaria del Pd, che ha confermato il sostegno alla Cgil («io i quesiti sul Jobs act li ho firmati»), è per così dire strumentale: portare avanti la derenzizzazione del partito annunciata già durante la campagna per le primarie di due anni fa e, soprattutto, ricostituire l’asse privilegiato con la Cgil di Landini spostando decisamente a sinistra l’asse della proposta politica. «Sui temi economici e sociali Schlein ha registrato non solo un avanzamento elettorale ma anche una riconnessione elettorale ma anche una riconnessione sentimentale con mondi che ci avevano abbandonato – è la versione del Nazareno per bocca di uno dei fedelissimi della segretaria, Marco Sarracino -. Nella stagione del Jobs act rompemmo non solo con il sindacato (e qui si intende la sola Cgil, ndr) , ma anche con il mondo della scuola e con chi votò per il referendum sulle trivelle… Fu uno dei punti più bassi della storia politica»…. e la rivolta di cattolici e riformistiQuestione di punti di vista, certo, e nel Pd hanno sempre convissuto varie anime. Solo che mezzo partito non ci sta a veder buttare al macero la propria storia e ritiene assurdo e senza precedenti che un partito sostenga un referendum contro una riforma promossa dallo stesso partito solo pochi anni fa e solo per motivi ideologici, senza reali effetti pratici. Lo dice chiaramente il costituzionalista ed ex parlamentate del Pd Stefano Ceccanti, animatore lo scorso week end a Orvieto della kermesse dei riformisti di Libertà Eguale che ha visto il ritorno in campo dell’ex premier Paolo Gentiloni: «Il Pd che oggi va alla battaglia contro una riforma sostenuta ieri da tutto il Pd è un cortocircuito difficile da spiegare ai nostri elettori, un boomerang garantito – è l’allarme di Ceccanti -. Il mio invito è quello di ritirare la sola scheda sulla cittadinanza, non votando così sui quesiti sul Jobs act». E lo dice chiaramente anche il senatore dem Graziano Delrio, animatore della contemporanea kermesse di Milano dei cattolici democratici con Romano Prodi, Pierluigi Castagnetti e la new entry Ernesto Maria Ruffini: «Noi abbiamo approvato il jobs act, a suo tempo, per il superamento di diverse carenze nella difesa dei diritti dei lavoratori: le dimissioni in bianco, i cocopro, la precarietà, ed era previsto già da allora anche il salario minimo, battaglia del Pd. Sui punti specifici ci possono essere differenze ma non rinnego quello che facemmo, perché mandò avanti il Paese: non approvo il referendum, non mi pare che il complesso del Jobs act meriti una battaglia politica di cancellazione». LEGGI TUTTO

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    Telemarketing selvaggio, Maerna (FdI): entro l’estate possibile riforma a tutela degli utenti

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaEstate 2025, se non intervengono altre priorità legislative. È questo l’orizzonte temporale che si prospetta per il varo, almeno in prima lettura, di nuove norme contro le telefonate commerciali indesiderate secondo il relatore delle sei proposte di legge attualmente sul tavolo delle commissioni Trasporti e Attività produttive della Camera. Ospite di Parlamento 24, Umberto Maerna (FdI) ha fatto il punto sul fenomeno delle chiamate insistenti e ripetute da parte di call center commerciali moleste – fenomeno che interessa un po’ tutti i possessori di cellulare o di una utenza telefonica fissa – e sulle possibili norme di contrasto all’attenzione del Parlamento.Al momento, le norme in esame puntano innanzitutto a introdurre nella nostra normativa sulle chiamate commerciali imperniata sul Registro delle opposizioni il cosiddetto opt-in. “Significa che si richiede il consenso esplicito del consumatore a chiamarlo, in modo che non possa mai chiamare telefonate indesiderate”, spiega Maerna. Un’altra proposta riguarda le sanzioni: far sì “che siano più severe per chi non rispetta le regole, con la cosiddetta responsabilità solidale che estende la responsabilità non solo ai counselor che effettuano le chiamate ma anche alle aziende committenti e agli operatori delle telecomunicazioni”.Loading…Nodo spoofing e formazione dei call centerTema centrale anche l’introduzione di misure contro il cosiddetto spoofing, la pratica di falsificare il numero di telefono del chiamante, fenomeno in rapida crescita a livello globale. In pratica, si tratta di evitare che sui cellulari possano arrivare chiamate sconosciute, dando al consumatore la certezza di sapere chi cerca di contattarlo. Altre proposte prevedono un rafforzamento della formazione del personale dei call center, “per garantire che siano informati sulle normative vigenti” a tutela dei cittadini e l’istituzione di un Osservatorio nazionale, “che appunto garantisca che tutto venga eseguito secondo le norme che verranno auspicabilmente approvate”.I suggerimenti di consumatori e operatoriNel corso delle ultime settimane le commissioni IX e X hanno svolto una serie di audizioni per sentire il parere delle associazioni dei consumatori, degli operatori dei call center delle imprese del settore. Nel primo caso, il principale suggerimento è quella di “introdurre l’obbligo di registrare l’intera conversazione”, obbligo da attribuire agli operatori dei call center a maggiore tutela del cittadino-cliente contro pratiche commerciali scorrette e “per evitare tagli o misunderstanding nella comprensione” della proposta commerciale. Dal fronte degli operatori di telemarketing il timore, a fronte di un riassetto normativo, riguarda “la tutela dei livelli occupazionali e di formazione dei lavoratori”. Assoutenti “ha invece suggerito di istituire un registro delle autorizzazioni, non delle opposizioni. Cioè in pratica, non io (utente, ndr) che chiamo per dire non voglio le chiamate, ma io che chiamo per segnalare; ’chiamatemi pure’”. Federconsumatori ha infine segnalato “l’urgenza di contrastare il fenomeno dello spoofing, che genera danni patrimoniali”, contro il quale occorre garantire la riconoscibilità delle numerazioni. LEGGI TUTTO

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    Piantedosi: «Almasri espulso perché pericoloso»

    Ascolta la versione audio dell’articolo1′ di letturaIl cittadino libico Najeem Osema Almasri Habish è stato rilasciato nella serata del 21 gennaio «per poi essere rimpatriato a Tripoli, per urgenti ragioni di sicurezza, con mio provvedimento di espulsione, vista la pericolosità del soggetto. Il governo ha dato la disponibilità a rendere un’informativa di maggiore dettaglio sul caso in questione. Sarà quella l’occasione utile per approfondire e riferire su tutti i passaggi della vicenda, ivi compresa la tempistica riguardante la richiesta, l’emissione e l’esecuzione del mandato di cattura internazionale, che è poi maturata al momento della presenza in Italia del cittadino libico». Così il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi al question time al Senato sul caso Almasri.«A seguito della mancata convalida dell’arresto da parte della Corte d’appello di Roma – ha continuato -, considerato che il cittadino libico era “a piede libero” in Italia e presentava un profilo di pericolosità sociale, come emerge dal mandato di arresto emesso in data 18 gennaio dalla Corte Penale Internazionale, ho adottato un provvedimento di espulsione per motivi di sicurezza dello Stato» ai sensi della legge. «Il provvedimento è stato notificato all’interessato al momento della scarcerazione e, nella serata del 21 gennaio, ha lasciato il territorio nazionale». Per Piantedosi l’espulsione in quel momento «era la misura più appropriata, anche per la durata del divieto di reingresso».Loading… LEGGI TUTTO

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    Due per mille ai partiti: 29,7 milioni di euro nel 2023. La graduatoria

    Ascolta la versione audio dell’articolo1′ di letturaNel 2023 le risorse del 2xmille ai partiti hanno raggiunto la quota di 29,7 milioni di euro. La cifra più alta da quando è stato introdotto questo meccanismo di finanziamento indiretto alla politica. Il partito che ha raccolto più fondi è il Pd che con 10.286.158 euro doppia Fratelli d’Italia, seconda classificata (5.658.481 euro). Segue il Movimento 5 Stelle (2.739.399 euro). Cifre identiche per Verdi e Sinistra italiana (1,4 milioni per entrambi gli alleati). La Lega, se si sommano le due componenti (Lega per Salvini Premier con 1.156.933 euro e Lega Nord per l’Indipendenza della Padania con 463.974 euro) guadagna la quarta posizione alle spalle dei Cinque Stelle.Come accaduto per l’anno precedente Azione è il partito con più fondi (1,4 milioni di euro) rispetto al numero di contribuenti (53.639) con una media di circa 24 euro.Loading…Nel dettaglio sono 2.053.648 i contribuenti che hanno fatto la propria scelta (4,89% del totale), per un totale di 29.790.532 euro complessivi. Il dato è in crescita: nel 2023 erano stati 1.744.913 cittadini (il 4,15%) a destinare alle forze politiche 24.058.168 euro. LEGGI TUTTO

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    Craxi: il fardello del debito, il Britannia e la fine della Prima Repubblica

    Ascolta la versione audio dell’articolo4′ di letturaQuali furono le «vere ragioni» che portarono alla caduta della Prima Repubblica? Cosa disse Mario Draghi il 2 giugno del 1992 sul panfilo di Sua Maestà la Regina sulle privatizzazioni delle aziende pubbliche italiane? Di chi è la responsabilità storica del debito pubblico italiano? A questi e ad altri interrogativi risponde la seconda edizione di Controvento. La vera storia di Bettino Craxi (Ed. Rubbettino) in questi giorni in libreria. Non è solo una biografia quella che Fabio Martini, giornalista politico de La Stampa, ha scritto sul leader socialista, di cui il 19 gennaio sono stati ricordati i 25 anni dalla morte ad Hammamet (Tunisia). Attraverso la vita di Craxi, di cui non nasconde le grandi responsabilità, Martini fa luce su almeno un ventennio della storia politica ed economica italiana recente e su alcune vicende rilevanti per il Paese. Con l’esperienza del cronista e la messa a fuoco che il tempo trascorso consente.Le due Americhe Nella ricostruzione delle ragioni che portarono alla deflagrazione della Prima Repubblica, Martini pone l’accento sui fattori esterni e ricostruisce, in particolare, il cambio radicale di strategia delle amministrazioni americane sull’Italia, le «due Americhe»: a quella di Bush, che appoggiava il pool di magistrati milanesi, nel 1993 succede quella di Clinton che lascia le inchieste a loro corso e «incoraggia una nuova leva politica, investendo persino sugli ex comunisti e sugli ex missini». Le due amministrazioni – scrive ancora Martini –«perseguirono disegni diversi, finendo per determinare il risultato finale: l’espulsione rapida e definitiva di alcuni dei principali protagonisti della Prima Repubblica». Compreso Bettino Craxi che diventò uno dei capri espiatori di quella stagione.Loading…Il discorso di Draghi agli ospiti del BritanniaIn quel clima da fine impero si colloca anche un episodio molto citato nelle cronache e nelle ricostruzioni, ma i cui contorni sono rimasti per decenni poco definiti. Il 2 giugno del ’92 sul panfilo Britannia, ancorato davanti al porto di Civitavecchia, banchieri, economisti e manager delle aziende pubbliche italiane incontrano esponenti dei grandi istituti di credito e dei fondi d’investimento internazionali. L’Italia è in transizione tra una legislatura e l’altra. Tocca a Mario Draghi, da direttore generale del Tesoro, rappresentare il governo. Il suo discorso anticipa e spiega le scelte politiche che il Paese sta preparando per privatizzare le grandi aziende di Stato. A prescindere dai governi…Le privatizzazioni allontanarono le imprese pubbliche dalle ingerenze dei partiti privando questi ultimi di risorse e potere su cui avevano fatto affidamento per decenni. Molti degli ospiti del Britannia, italiani e internazionali, «furono gratificati» (…) «alcuni hanno investito sul tracollo italiano, ma la vecchia politica – sottolinea Martini – aveva fatto di tutto per escludersi dalla nuova stagione». Le inchieste di Mani Pulite stavano per deflagrare: non erano frutto di un complotto ordito dai poteri forti presenti nel Paese, ma il colpo definitivo su un mondo già compromesso.Dove nasce il debito pubblico«Il trascorrere degli anni – afferma la prefazione alla seconda edizione – consente di definire sempre meglio la statura di Bettino Craxi: l’incancellabile sottovalutazione della questione morale non impedisce di vedere meglio come il leader socialista affrontò questioni rimaste irrisolte». Una di queste è il debito pubblico, destinato a diventare uno dei problemi più rilevanti dell’economia italiana, a cui è dedicato un intero capitolo. LEGGI TUTTO