More stories

  • in

    La Russa sulle dimissioni di Santanchè: «La sentenza della Cassazione un elemento da valutare»

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di lettura«Credo che Daniela, quando ha detto che avrebbe valutato, può darsi che valuti anche questo. Però non l’ho sentita. Anzi me lo hanno appena detto della sentenza. Non ci ho ragionato. Però certamente anche quello è un elemento di valutazione. Se cambia qualcosa? E’ un elemento di valutazione, ripeto». Il presidente del Senato Ignazio la Russa ha risposto così ai cronisti che, a margine del convegno sui 30 anni di An, gli chiedono di commentare la sentenza della Cassazione sul caso Santanché.La Suprema Corte ha rigettato la questione di competenza territoriale in favore di Roma sollevata dalla difesa. Resta perciò a Milano il procedimento in cui la ministra del turismo Daniela Santanchè e altre due persone sono imputate di truffa ai danni dell’Inps in un filone dell’inchiesta su Visibilia.Loading…Udienza gup Santanchè potrebbe chiudersi entro maggio Riprenderà il prossimo 26 marzo e potrebbe concludersi entro maggio l’udienza preliminare a Milano nei confronti di Santanchè, del suo compagno Dimitri Kunz e di una terza persona, accusati di truffa aggravata ai danni dell’Inps in uno dei filoni dell’indagine su Visibilia per presunte irregolarità legate alla cassa integrazione ottenuta per 13 dipendenti durante il Covid con ingenti danni per l’istituto previdenziale.Calanderizzata la mozione di sfiducia M5SLa mozione di sfiducia presentata dal Movimento Cinque Stelle contro la ministra del Turismo Daniela Santanchè sarà discussa in Aula alla Camera lunedì 10 febbraio. È quanto si legge dal calendario dei lavori dell’assemblea di Montecitorio. La decisione è stata presa nel corso della conferenza dei capigruppo che si è tenuta ieri. Il voto sulla mozione è previsto martedì 11 febbraio nel pomeriggio.Le conclusioni del pgIl procuratore generale della Cassazione ieri, durante l’udienza, aveva concluso ritenendo che il procedimento dovesse restare a Milano. A sollevare la questione della competenza territoriale era stato il difensore della ministra, Nicolò Pelanda, ritenendo che Roma sia il luogo non solo dove si trova il server dell’Inps, ma soprattutto dove è stato effettuato il primo pagamento a uno dei dipendenti Visibilia relativo alla cassa integrazione, ossia su un conto bancario romano. Non così per la Procura milanese, per il pg e per il legale dell’Inps Aldo Tagliente, poiché la presunta truffa contestata sarebbe avvenuta con una condotta “continuata” su tutti i dipendenti e con l’ultimo pagamento su un conto a Milano di un altro dipendente. Quindi la competenza si radicherebbe nel capoluogo lombardo. La gup Tiziana Gueli, in sede di udienza preliminare lo scorso 23 ottobre, anche in base alla riforma Cartabia, aveva trasmesso gli atti alla Suprema Corte per dirimere la questione. LEGGI TUTTO

  • in

    Caso Almasri, chi è Bongiorno, avvocato delle istituzioni: da Andreotti a Meloni

    Portavoce di “Futuro e libertà per l’Italia” nel periodo 2011-2013, dal giugno 2018 al settembre 2019 è ministra per la Pubblica amministrazione con delega alla digitalizzazione e alla semplificazione nel primo governo Conte.I casi da legale Come penalista, si occupa anche di molti casi di cronaca: dall’omicidio di Meredith Kercher, difendendo Raffaele Sollecito, poi assolto in Cassazione, al caso di stupro che vede tra gli imputati Ciro Grillo, il figlio di Beppe Grillo fondatore del M5S, come legale della presunta vittima della violenza.Salta informativa governo su Almasri, opposizioni in rivoltaAutrice di diverse pubblicazioni – “Nient’altro che la verità. Come il processo Andreotti ha cambiato la mia vita” (2005); “Con lascusa dell’amore” (con M.Hunziker, 2013); “Le donne corrono da sole” (2015) – Bongiorno difende anche il ministro Matteo Salvini nel caso della nave Gregoretti e nel processo Open Arms dai quali viene assolto. Tra i vari incarichi, c’è anche quello di far parte del cda di diverse società quotate tra cui la Juventus.Giulia Bongiorno è anche la prima firmataria del ddl, appena approvato in commissione, che punta ad impedire, in caso di violenza domestica, che il coniuge o il convivente possano disporre delle spoglie mortali della vittima in caso di condanna. LEGGI TUTTO

  • in

    Proporzionale, ma con premio: ecco come il “lodo Franceschini” ha rilanciato il dibattito sulla legge elettorale

    Ascolta la versione audio dell’articolo5′ di letturaProporzionale sì, ma col premio di maggioranza. Alleanza sì, ma solo tecnica per vincere nei collegi uninominali. Anzi no, via i collegi e sì alle preferenze. Da qualche giorno il dibattito politico, a destra come a sinistra, ha rispolverato l’annosa questione della riforma del sistema elettorale. Che cosa c’è sotto, quando mancano ancora quasi tre anni alle prossime elezioni politiche? Qui occorre fare un passo indietro, anzi due.Il lodo Franceschini scuote il Pd: marciare divisi per colpire unitiA rilanciare il tema è stato da ultimo un big del Pd come Dario Franceschini: già segretario dopo Walter Veltroni, più volte ministro e parlamentare fin dove arriva la memoria dei cronisti, si è schierato con Bersani prima che Bersani vincesse le primarie, idem con Renzi, e contro tutti i pronostici idem con Schlein. Uno che conta, insomma, e che spesso indica la rotta prima degli altri. Ebbene, in un’intervista rilasciata a Repubblica il 24 gennaio Franceschini espone così il suo “lodo”: «Si dice spesso che la destra si batte uniti. Io mi sono convinto che la destra la battiamo marciando divisi. I partiti sono diversi e lo resteranno, è inutile fingere che si possa fare un’operazione come fu quella dell’Ulivo», è la sua realistica analisi di fronte alle divisioni del centrosinistra e in particolare tra Pd e M5s, a partire dalla politica estera. Da qui la proposta: «Si vada ognuno per proprio conto, valorizzando le proprie proposte e l’aspetto proporzionale della legge elettorale. È sufficiente stringere un accordo sul terzo dei seggi che si assegnano con i collegi uninominali per battere i candidati della destra». Non si tratta di un “liberi tutti” come se si giocasse la partita con un sistema proporzionale puro, visto che l’attuale Rosatellum prevede due terzi dei seggi da attribuire proporzionalmente e un terzo tramite collegi uninominali (viene eletto solo chi arriva primo). Inoltre la scheda elettorale è unica, con il candidato del collegio uninominale collegato alle liste dei partiti che lo sostengono, quindi non sono possibili desistenze vecchia maniera: l’alleanza va siglata. Ma un conto è un’alleanza “tecnica”, elettorale, un conto è la costruzione di una coalizione con un capo politico e con un programma dettagliato. Sulla base del “lodo Franceschini” bastano insomma pochi punti in comune, visto che la presentazione di un programma dell’alleanza è prevista dal Rosatellum, e per il resto ognun per sé con i suoi temi da proporre agli elettori. Quanto al capo della coalizione, e quindi al candidato premier, visto che la legge non obbliga a indicarlo, si vedrà dopo le elezioni in base ai voti raccolti da ciascun partito.Loading…Il placet di Conte: «Così si preserva la diversità del M5s»Tutto sommato lo schema non fa una piega, anche se non sembra poter scaldare i cuori, e serve al Pd per prendere le distanze dai continui diktat del leader del M5s Giuseppe Conte concentrandosi sulla proposta politica del Pd. Non c’è dunque da stupirsi se la proposta di Franceschini lascia tiepidi molti compagni di partito “unitaristi” e lo stesso padre dell’Ulivo Romano Prodi («la disunione non fa la forza») e piace invece ai Cinque Stelle: preserva infatti la voglia di distinguersi senza pregiudicare – almeno sulla carta – la possibilità di tornare al governo. «La prospettiva indicata da Franceschini per il centrosinistra è compatibile con la sensibilità del Movimento 5 Stelle», è il placet di Conte. «Dobbiamo anche prendere atto, ed è una realtà, che nell’area progressista ci sono forze di varie sensibilità. Quindi bene lavorare in modo realistico rispettando anche le diversità per poi colpire uniti. È un percorso che ci consentirebbe di coltivare anche le nostre posizioni più singolari e specifiche, di non lasciarci assorbire in un processo che ci snaturerebbe, ma con l’obiettivo di colpire uniti». Come poi una siffatta alleanza di diversi e senza un leader riconosciuto («diversamente uniti», copyright del dem Goffredo Bettini) possa essere competitiva di fronte a un centrodestra compatto attorno alla premier Meloni è un altro paio di maniche.Perché Meloni lavora invece a cancellare i collegi del RosatellumMa siamo sicuri che alle prossime politiche si voterà ancora con il Rosatellum? E che fine ha fatto la riforma costituzionale per l’elezione del premier che porta con sé una legge elettorale specifica? Qui occorre fare il secondo passo indietro e andare al 9 gennaio, giorno della conferenza stampa di fine/inizio anno di Giorgia Meloni: in quell’occasione la premier ha fatto capire che l’idea prevalente al momento è quella di dare il via libera al premierato in Parlamento con calma, verso la fine della legislatura, in modo da celebrare l’insidioso referendum confermativo solo dopo le politiche (il ricordo del fallito referendum del 2016 che portò alle dimissioni dell’allora premier Matteo Renzi è sempre ben presente agli inquilini di Palazzo Chigi). In questo caso – ha detto Meloni – l’attuale legge elettorale potrà subire delle migliorie. Già, perché il Rosatellum ha agli occhi della premier il difetto di costringerla a una defatigante trattativa con i partiti minori del centrodestra per la “spartizione” dei collegi uninominali. Non solo. Con il Rosatellum non c’è la certezza della vittoria: nel 2018 l’esito è stato quello di nessuna maggioranza, con la conseguenza che la scorsa legislatura è stata segnata da tre governi di segno politico diverso (giallo-verde con M5s e Lega, giallo-rosso con M5s e Pd, infine la grande coalizione di Draghi); al contrario nel 2022, grazie al fatto che il centrosinistra si è presentato diviso in tre (Pd con Avs e Più Europa, M5s e Terzo polo di Renzi e Calenda), il centrodestra è riuscito a vincere nella quasi totalità dei collegi ottenendo una supermaggioranza. E se la prossima volta le opposizioni dovessero trovare l’accordo mettendosi tutte assieme, magari solo per un accordo elettorale nei collegi come propone Franceschini?L’ipotesi allo studio: proporzionale sì, ma con premio di maggioranzaDal punto di vista di Palazzo Chigi meglio optare subito, anche senza premierato, sulla soluzione da sempre preferita dal centrodestra e che è anche il “canovaccio” per la futura elezione diretta del premier: un proporzionale con un premio che assicuri a chi vince una maggioranza del 55%. Insomma, sul tavolo c’è il vecchio Porcellum con l’aggiunta di una soglia per far scattare il premio: nel 2014 la Corte costituzionale, nel bocciare quella legge, stabilì infatti che il premio non può in ogni caso superare il 15%. Soglia al 40%, dunque. Oppure anche al 35%, come propone qualche dirigente di Fratelli d’Italia: l’importante è scavallare il 50%. Cosa fare al di sotto della soglia stabilita, vista l’allergia del centrodestra e in particolare della Lega al ballottaggio nazionale, non è chiaro (si rinuncia al premio, proporzionalizzando del tutto il voto?), ma l’ipotesi di non superare il 40% o addirittura il 35% è considerata residuale. LEGGI TUTTO

  • in

    Belloni nominata consigliere diplomatico di von der Leyen

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaL’ex direttrice del Dis, Elisabetta Belloni è stata nominata Diplomatic Adviser – di fatto consigliere diplomatico – della presidente della Commissione Ursula von der Leyen nell’ambito del servizio di consulenza di Palazzo Berlaymont denominato Idea (Inspire, Debate, Engage and Accelerate Action), e nato con l’obiettivo di fornire alle policy comunitarie “idee innovative e uno spazio per la ricerca interdisciplinare e la collaborazione sulle priorità fondamentali’’. Il servizio Idea fa direttamente capo a von der Leyen. Belloni avrà presso l’esecutivo Ue un contratto iniziale di due anni, rinnovabile, per un massimo di 220 giorni di lavoro all’anno. Un team ad hoc supporterà l’attività di Belloni nell’ambito del servizio di consulenza Idea e in collaborazione con il Segretariato Generale della Commissione.Pochi giorni fa Belloni aveva lasciato la guida dei servizi di sicurezza. Laureata con lode in Scienze Politiche alla Luiss nel 1982, con una tesi in “Tecnica del negoziato internazionale” sulla conflittualità nell’area del Golfo Persico, Belloni vanta una carriera diplomatica di rilievo iniziata nel 1985 alla Farnesina, presso la Direzione Affari Politici. Dopo vari incarichi all’estero tra il 1986 e il 1999, rientra in Italia dove ricopre ruoli istituzionali di crescente importanza all’interno della Farnesina. Dal 2002 al 2004 è Capo della Segreteria del Sottosegretario agli Esteri, poi alla guida dell’Unità di Crisi. Dal 2008 al 2012 è Direttore generale per la Cooperazione allo Sviluppo e, tra il 2013 e il 2015, Direttore generale per le Risorse e l’Innovazione. Promossa Ambasciatore di grado nel 2014, l’anno successivo assume l’incarico di Capo di Gabinetto del Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Dal 2016 al 2021 è Segretario Generale della Farnesina e, dal 2021, Direttore generale del Disa, prima donna in un ruolo di massima rilevanza nel coordinamento della sicurezza nazionale. Nel marzo 2024 è stata, inoltre, nominata sherpa per il G7 e il G20.Loading… LEGGI TUTTO

  • in

    Lavoro, ecco la strategia di Schlein tra Jobs act, Cgil e tour di ascolto delle imprese

    Ascolta la versione audio dell’articolo4′ di letturaNon solo quel che resta del renziano Jobs act, già fortemente ridimensionato negli anni dalla Corte costituzionale, con Elly Schlein che sostiene i quattro referendum abrogativi promossi dalla Cgil di Maurizio Landini e mezzo Pd contrario a partecipare a una campagna per cancellare una riforma allora votata da tutto il partito (Da Lorenzo Guerini a Graziano Delrio, dai liberal di Libertà Eguale Stefano Ceccanti, Enrico Morando e Giorgio Tonini alle ex capogruppo Debora Serracchiani e Simona Malpezzi, dall’unico rappresentante della minoranza in segreteria Alessandro Alfieri all’ex ministra Marianna Madia: già in molti hanno dichiarato che in primavera non ritireranno le schede sul Jobs act e voteranno solo sulla cittadinanza). Il nuovo fronte caldo del Pd sui temi economici e del lavoro si è aperto proprio in queste ore, con la discussione in Aula a Montecitorio della proposta di legge di iniziativa popolare per la partecipazione dei lavoratori al caitale d’impresa promossa dalla Cisl e dal suo leader in scadenza Luigi Sbarra (il suo mandato finisce il 12 febbraio) e fortemente osteggiata dalla Cgil di Landini in nome del benaltrismo.Il nuovo fronte dei riformisti dem: non possiamo votare contro la partecipazione dei lavoratoriIn assemblea del gruppo, in vista del voto previsto la prossima settimana, è ancora Guerini a dare battaglia: «La partecipazione dei lavoratori è un principio e un obiettivo importante che finalmente può trovare una prima affermazione grazie alla legge di iniziativa popolare proposta dalla Cisl che ho sottoscritto anche io alcuni mesi fa – è il Guerini pensiero – A onor del vero il testo uscito dalla commissione, come evidenziato dai membri del Pd, è stato significativamente modificato e annacquato rispetto alla proposta originaria. Ma non possiamo votare contro». Con Guerini, contro la tesi del voto contrario sostenuta da Arturo Scotto e Cecilia Guerra (entrambi provenienti da Articolo 1), si sono schierati tra gli altri l’ex sindaco di Bologna Virginio Merola, Anna Ascani, Simona Bonafé e Andrea De Maria. L’astensione potrebbe infine essere un compromesso, se Schlein vorrà evitare una spaccatura, ma il tema è comunque cartina di tornasole delle forti divisioni che attraversano il maggior partito d’opposizione, dal lavoro alla politica internazionale.Loading…Il j’accuse di minoranza e cattolici: troppo schiacciati sulla CgilUn Pd troppo schiacciato sulle posizioni “ultrasinistre” di Landini? Poco attento ai “penultimi” ossia alla classe media impoverita, come ha denunciato l’ex premier ed ex commissario Ue Paolo Gentiloni, che per il suo ritorno in campo ha scelto non a caso la platea orvietana dei riformisti di Libertà Eguale? E, soprattutto, un Pd poco attento alle ragioni del mondo produttivo del Nord? Sono queste le accuse della minoranza del Pd, e non solo: da Romano Prodi ai cattolici democratici riuniti il 18 gennaio scorso da Delrio a Milano, fino allo stesso Dario Franceschini che pure ha sostenuto Schlein nella sua corsa alle primarie contro Stefano Bonaccini, in molti mettono ormai in dubbio che con la proposta politica schleiniana si possano vincere le prossime elezioni.La strategia di Schlein della «riconnessione sentimentale»Dietro le scelte sul Jobs act e sulla Pdl per la partecipazione dei lavoratori al capitale d’imoresa c’è senz’altro, come ha spiegato il fedelissimo di Schlein in segreteria Marco Sarracino, la volontà di ricostituire l’asse storico con la Cgil allentatosi nella stagione renziana, quando il Pd guardava piuttosto alla Cisl: «Sui temi economici e sociali Schlein ha registrato non solo un avanzamento elettorale ma anche una riconnessione sentimentale con mondi che ci avevano abbandonato –. Nella stagione del Jobs act rompemmo non solo con il sindacato (e qui si intende appunto la Cgil, ndr) , ma anche con il mondo della scuola e con chi votò per il referendum sulle trivelle… Fu uno dei punti più bassi della storia politica».La risposta: un tour tra le imprese del Nord con Orlando (e Misiani)Riconnessione sentimentale con il sindacato rosso, dunque. Ma che ci sia bisogno di riconnettersi almeno in parte anche con chi il lavoro lo produce è esigenza ben presente alla segretaria “movimentista”. Che ha risposto a modo suo, ossia affidando già a fine anno la missione di fare una proposta di politica industriale al leader storico della sinistra dem ed ex ministro Andrea Orlando, appena dimessosi dal Parlamento per ricoprire la carica di consigliere regionale dopo essere stato battuto in Liguria dal centrodestra di Marco Bucci. E per la “riconnessione sentimentale” si parte subito, da metà febbraio, con un tour in tandem con il responsabile economico del partito Antonio Misiani (della stessa corrente di Orlando) nelle regioni del Nord produttivo: prima Veneto, poi Emilia Romagna e Lombardia. Un tour che vuole evocare quello fortunato fatto da Pier Luigi Bersani ed Enrico Letta nel 2006 prima della seconda vittoria di Romano Prodi. Intanto Orlando ha già incontrato il presidente di Confindustria Emanuele Orsini e nei prossimi giorni incontrerà la presidente Ance Federica Brancaccio. LEGGI TUTTO

  • in

    Caso Almasri, ecco i reati in base ai quali sono indagati Meloni e 3 membri del governo

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaNessun margine di discrezionalità, una denuncia è stata presentata (per ammissione della stessa premier Giorgia Meloni). L’intervento della procura di Roma a valle della scarcerazione del generale libico Almasri, accusato dalla Corte penale internazionale di torture, era obbligato, come pure la contestazione dei reati oggetto della denuncia stessa, favoreggiamento e peculato.Il favoreggiamento è punito fino a 4 anni di reclusione Il primo, punito nel massimo con 4 anni di reclusione, è stato tra l’altro modificato nel 2012 per inserire espressamente la Corte penale internazionale tra i soggetti le cui indagini sono ostacolate dalla condotta della persona indagata.Loading…Il peculato è punito con sanzione fino a 10 anni e 6 mesiIl secondo, peculato, colpisce il pubblico ufficiale che ha, per ragioni legate al suo ufficio, il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, e se ne appropria illegittimamente: la sanzione nei casi più gravi arriva a 10 anni e 6 mesi; nei casi più lievi (uso momentaneo della cosa e sua restituzione), la detenzione arriva nel massimo a tre anni.Casa Almasri, la competenza del tribunale dei ministriA riprova poi dei ristretti margini sia operativi sia cronologici a disposizione della procura c’è poi anche l’articolo 6 comma 2 della legge n. 1 del 1989 sui reati ministeriali (i quattro componenti del Governo, il premier Meloni, il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano sono indagati in concorso tra loro).Meloni: “Ho ricevuto un avviso di garanzia da Lo Voi per Almasri”Nella norma si specifica che il procuratore della Repubblica, «omessa ogni indagine, entro il termine di 15 giorni» trasmette gli atti al tribunale dei ministri competente, «dandone immediata comunicazione ai soggetti interessati perché questi possano presentare memorie al collegio o chiedere di essere ascoltati». LEGGI TUTTO

  • in

    Atto dovuto, carte al tribunale dei ministri

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaLa premier Giorgia Meloni finisce sotto inchiesta per l’affaire Osema Almasri, il generale libico ricercato dalla Corte penale internazionale dell’Aja per crimini contro l’umanità nel carcere di Mitiga (Tripoli). Sotto accusa ci sono anche l’Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica, Alfredo Mantovano, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il Guardasigilli Carlo Nordio. Nei loro confronti sono ipotizzati i reati di favoreggiamento personale, in riferimento al mancato arresto del militare, e il peculato, connesso al rimpatrio del libico con volo di Stato.L’iscrizione nel registro degli indagati – conseguenza obbligatoria dopo la denuncia presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti, ex sottosegretario alla Giustizia col Governo Prodi II – rappresenta un atto dovuto per la Procura di Roma, tanto che contestualmente alla notifica dell’avviso di garanzia il procuratore capo Francesco Lo Voi si è spogliato del procedimento e ha inviato gli atti al Tribunale dei ministri, competente in caso di reati commessi da esponenti di Governo nell’esercizio delle loro funzioni.Loading…Sarà ora questo collegio (tre magistrati ordinari) a dover trovare riscontro alla denuncia e chiarire tutta la vicenda. Iniziata il 18 gennaio scorso a Torino, quando la Digos ha arrestato Almasri – in viaggio da dodici giorni tra Inghilterra, Belgio, Germania e come ultima tappa l’Italia – sulla base di un atto d’accusa diramato lo stesso giorno dalla Corte dell’Aya e contestualmente rilanciato con una Red notices dell’Interpol.Stando alle procedure, l’arresto compiuto dalla Digos era stato irregolare, in quanto per essere eseguito doveva avere l’impulso della Procura generale di Roma (competente in questi casi) allertata preventivamente dal ministero della Giustizia. E qui nasce il nodo. Secondo via Arenula il 18 gennaio non era arrivato nulla dall’Aya. L’aspetto che potrebbe avere risvolti penali, però, è che neanche nei giorni successivi, il 20 gennaio, il Ministero ha mandato comunicazioni alla Procura generale, col risultato che il 21 la Corte d’Appello ha dovuto rimettere in libertà Almasri (si veda l’articolo a destra).L’altro tema che dovrà essere affrontato è il rimpatrio del militare per «urgenti ragioni di sicurezza», ha spiegato il ministro Piantedosi, considerata «la pericolosità del soggetto». Il problema è che Almasri, sotto accusa per crimini contro l’umanità, omicidio, violenze sessuali plurime e stupro di guerra nelle carceri libiche, è avvenuto attraverso l’utilizzo di un volo di Stato. Si pensi che, secondo le ricostruzioni, il Falcon battente bandiera italiana è atterrato intorno alle 11 del 21 gennaio scorso all’aeroporto Caselle di Torino, mentre la decisione di rimettere in libertà Almasri è giunta solo nel pomeriggio. LEGGI TUTTO

  • in

    Mattarella: «Mai più Auschwitz, simbolo incancellabile della barbarie»

    Ascolta la versione audio dell’articolo4′ di lettura«Sono di ritorno da Auschwitz dove ho partecipato – insieme a capi di Stato e rappresentanti nazionali provenienti da ogni parte d’Europa, dall’Australia, oltre che, naturalmente, da Israele – alla cerimonia che ricorda l’ottantesimo anniversario dell’apertura dei cancelli del più grande campo di sterminio che la storia ricordi. Luogo di morte per antonomasia, simbolo tetro e incancellabile, testimonianza dell’abomino di cui è capace l’essere umano quando abbandona il diritto, la tolleranza, il rispetto e si incammina sulla strada dell’odio, della guerra, del razzismo, della propria dignità, della barbarie». Lo ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alla celebrazione del ’Giorno della memoria’ al Quirinale.E ancora «Auschwitz, con le recinzioni elettrificate, le minacciose torrette, le camere a gas, le ciminiere, i crematori…Le crudeli selezioni, le percosse, la fame, il gelo, la paura, i criminali esperimenti medici…Auschwitz provoca sempre infinito orrore, scuote le nostre coscienze, le nostre convinzioni. Genera angoscia, turbamento, interrogativi laceranti. Non si va, non vi si può andare, come se fosse solo un memoriale di un’epoca passata, un sito storico oggi trasformato in un monumento alle vittime di tanta sofferenza. Da Auschwitz – smisurato cimitero senza tombe – si torna ogni volta sconvolti. Perché Auschwitz è il ”non luogo” per eccellenza, una nebulosa, dove le coordinate spaziali si smarriscono e il tempo si ferma. Non è una parentesi, per quanto orribile. Alberga nel fondo dell’animo dell’uomo. E’ un monito insuperabile e, insieme, una tentazione che sovente affiora».Loading…Mattarella: tempi violenti, rinnovare il patto tra i popoli Poi ha aggiunto: ieri ad Auschwitz «abbiamo vissuto un evento storico, di straordinaria importanza, che tesse insieme, in un’unica tela, passato e futuro, memoria e responsabilità di oggi. Un evento che ha espresso anche il significato di rinnovare un patto tra le nazioni e i popoli che, in tempi difficili come quelli che stiamo attraversando, in cui la violenza, l’aggressione, l’inimicizia, la guerra sembrano voler prendere il sopravvento, accende una speranza»«La peste si è spenta ma l’infezione serpeggia» Il capo dello Stato ha inoltre ammonito: «Anche con la definitiva sconfitta del nazifascismo in Europa, con la ripresa delle democrazie, le ferite non si sono mai del tutto rimarginate. Era arrivata la liberazione. Ma ombre, parole e fantasmi continuarono – e continuano – a generare inquietudine. Sosteneva in quegli anni Primo Levi: “Auschwitz è fuori di noi, ma è intorno a noi. La peste si è spenta, ma l’infezione serpeggia”. Cominciava un’era di libertà e di solidarietà, ma il suo avvio era accompagnato da non piena consapevolezza degli orrori più perversi degli anni della guerra, da dubbi sulle prime notizie, talvolta da incredulità rispetto a quanto era avvenuto nei campi nazisti. Lo sa bene chi è sopravvissuto a quella tragica e disumana esperienza». «Insulti a Segre reati gravi, vanno perseguiti»Poi, dopo aver ricordato che Auschwitz è «la conseguenza diretta delle leggi razziste, ignominiosamente emanate anche in Italia dal regime fascista e della furia antiebraica nazista, di cui il regime fascista e la Repubblica di Salò furono complici e collaboratori, fino alla “soluzione finale”», rivolto ai sopravvissuti e ai familiari delle vittime ha aggiunto: «La sofferenza vostra e dei vostri cari, così come il sacrificio dei tanti caduti per la libertà, hanno plasmato lo spirito e la forma della nostra Costituzione, che è nata – e vive – per cancellare i principi, le azioni, le parole d’ordine del cupo dominio nazifascista, di cui il sanguinoso conflitto mondiale e i campi di sterminio furono gli esiti crudeli e inevitabili». E ancora: «E’ doloroso e inaccettabile che vi siano ignobili insulti razzisti alla senatrice Segre, su quei social media che sono nati come espressione di libertà e che rischiano invece, sovente, di diventare strumento di violenza e di negazione di diritti. Occorre mettervi un argine. Sono reati gravi, che vanno perseguiti a tutela della libertà e della giustizia» LEGGI TUTTO