Malan: turismo in crisi? E’ il contrario
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In Valle d’Aosta il referendum ha confermato la nuova legge elettorale regionale, che introduce le tre preferenze al posto dell’attuale preferenza unica. Il risultato è stato in bilico fino all’ultimo ma alla fine dello spoglio ha vinto il sì, sostenuto da autonomisti-progressisti. Bassa l’affluenza.
Il risultato del referendum in Valle d’Aosta
La scelta era se votare alle prossime elezioni regionali con tre preferenze oppure se tornare alla preferenza unica. Il risultato del referendum è stato in bilico fino all’ultimo. Alla fine dello spoglio il 52,14% dei votanti si è espresso a favore della nuova legge elettorale e delle tre preferenze, mentre il 47,86% si è detto contrario. Ad Aosta ha vinto il No con il 56,5%.
La legge elettorale regionale
Il referendum confermativo – per il quale non era previsto un quorum – riguardava la legge “Reintroduzione delle tre preferenze e della rappresentanza di genere. Modificazioni alla legge regionale 12 gennaio 1993, n. 3 (Norme per l’elezione del Consiglio regionale della Valle d’Aosta)”, approvata nel febbraio scorso dall’Assemblea valdostana. L’attuale maggioranza, formata da autonomisti e Pd, ha invitato gli elettori a votare a favore della nuova legge. Lega e Forza Italia hanno invece lasciato libertà di scelta. Contrari Fratelli d’Italia e la sinistra ambientalista.
L’affluenza
Alle urne erano chiamati 105.054 elettori, distribuiti in 74 comuni e 150 sezioni. Bassa l’affluenza: ha votato il 16,04% degli aventi diritto, cioè 16.852 elettori. Le urne sono rimaste aperte domenica 10 agosto, fino alle 22, poi lo spoglio si è tenuto oggi 11 agosto. Il comune dove si è votato di più è Saint-Oyen, col 45,03%, quello dove si è votato di meno è Morgex (11,28%). Ad Aosta ha votato il 14,47%. LEGGI TUTTO
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Ascolta la versione audio dell’articoloMartedì 12 agosto sarà il giorno numero 1.024 per il Governo guidato da Giorgia Meloni: un traguardo che farà del primo esecutivo guidato da una donna il quarto più longevo nella storia della Repubblica italiana. Meloni infatti supererà Matteo Renzi che rimase in carica dal 22 febbraio 2014 al 12 dicembre 2016 e lasciò Palazzo Chigi a un passo dal podio. Su cui restano al momento il Craxi I (agosto 1983-1° agosto 1986, medaglia di bronzo con 1.093 giorni), il Berlusconi IV (8 maggio 2008-16 novembre 2011, medaglia d’argento con 1.287 giorni) e il Berlusconi II (11 giugno 2001-23 aprile 2005, primo posto assoluto con 1.412 giorni).L’obiettivo di una legislatura «piena»L’obiettivo di Meloni è rimanere alla guida del governo per 5 anni di seguito, un traguardo che non è riuscito a nessun leader politico repubblicano, raggiungendo un traguardo che la porterebbe al primato degli esecutivi più longevi. Un risultato realisticamente raggiungibile tenendo conto che potrebbe affiancare il secondo esecutivo del Cav, al momento il più longevo di tutti, il 4 settembre del 2026, quando mancherà un anno abbondante alla scadenza naturale della legislatura.Loading…I sorpassi e i duelli con Conte e RenziPiù di mese fa Meloni aveva affiancato e superato Giuseppe Conte che aveva totalizzato 988 giorni, sia pure con due governi: quello gialloverde con la Lega e quello rossoverde con il Pd. E proprio con i suoi predecessori più vicini, la premier e leader di Fdi ha avuto gli scontri più accesi in questi anni, fuori e dentro il Parlamento. Con il leader 5 stelle rimangono negli annali le liti sul superbonus al 110 per cento e sul reddito di cittadinanza. Anche se il confronto più serrato c’è stato con Matteo Renzi. A cominciare dalla polemica sul bonus degli ottanta euro introdotto dal governo dell’ex leader del Pd e superato proprio dal governo di centrodestra, per finire con gli attacchi della premier contro i rapporti intessuti dal leader di IV con alcuni vertici internazionali. Un continuo botta e risposta che ha raggiunto l’apice delle polemiche quando nella finanziaria l’attuale maggioranza inserì una norma per impedire ai parlamentari di incassare compensi da società con sedi al di fuori dell’Unione europea. Una iniziativa che fu battezzata dentro Italia Viva come legge “anti-Renzi”.Il mantra dell’attuale leadership governativa è proprio la stabilità degli esecutivi, una necessità – ha ricordato in più di una occasione Giorgia Meloni – che consente di dare continuità all’azione dell’Italia a livello interno e internazionale e di poter definire le necessarie riforme di cui il Paese ha bisogno. LEGGI TUTTO
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Ascolta la versione audio dell’articolo «La ricetta economica di Forza Italia in vista della Legge di Bilancio per il prossimo anno punta sull’abbattimento delle tasse per imprese e famiglie, favorire gli investimenti e salari più alti ma senza la ricetta sbagliata della sinistra che penalizzerebbe i lavoratori». Così ad Affaritaliani Maurizio Casasco, responsabile economico del partito. In manovra «dovrà esserci la riduzione dell’aliquota Irpef dal 35 al 33% fino a 60mila euro lordi» che «costa circa 4 miliardi di euro. È il cavallo di battaglia di FI. Il ceto medio si è caricato sulle spalle la maggior parte del gettito fiscale, è ora che abbia la doverosa attenzione».Loading…«Rivedere il fondo per la riduzione delle tasse»«Bisogna poi rivedere – prosegue Casasco – il fondo per la riduzione delle tasse, istituito nel 2014 e rivisto nel 2022 considerando non solo i fondi derivanti dal recupero delle evasioni ma quanti provenienti dal calo dell’evasione tributaria aumentati grazie al concordato fiscale, dal ravvedimento operoso e dall’aumento dell’occupazione. La riduzione dell’evasione fiscale, pur dovendo essere considerata permanente, con l’aumento delle entrate fiscali deve essere essenzialmente indirizzata alla riduzione delle tasse sempre secondo il concetto che è la leva per lo sviluppo del Paese».Dalla razionalizzazione dell’assistenza fondi per 10 miliardiPer il responsabile economico degli azzurri «va infine attivata al più presto, come richiesto da Forza Italia, la piattaforma del dato anagrafico Inps dell’assistenza, al pari di quello esistente sul sistema pensionistico. Attivando questo sistema, razionalizzando le spese e senza tagliare i servizi si possono recuperare 10 miliardi di euro da mettere a disposizione del taglio delle tasse». LEGGI TUTTO
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