La Guida: Referendum, formazione e informazione
La Guida: Referendum, formazione e informazione | Video Sky TG24 LEGGI TUTTO
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Ascolta la versione audio dell’articoloDopo il via libera definitivo del Senato alla riforma della giustizia con la separazione delle carriere dei magistrati, il confronto, anzi lo scontro, si sposta ora dalle Aule alle piazze e ai media. Sia la maggioranza che le opposizioni hanno annunciato di voler promuovere un referendum confermativo previsto tra marzo e aprile 2026.Da lunedì al via raccolta firme maggioranza per referendum I primi ad attivarsi sono stati i parlamentari di maggioranza. Partirà dalla prossima settimana la loro raccolta delle firme per chiedere il referendum confermativo della riforma della giustizia. Il passaggio segue la richiesta formale che i capigruppo del centrodestra di Camera e Senato hanno inviato ai rispettivi segretari generali per attivare le procedure e la conseguente certificazione. Per i deputati, serviranno 80 firme pari a un quinto dei parlamentari, 40 al Senato. Nella comunicazione dei capigruppo, il centrodestra ha anche indicato 3 deputati e 3 senatori che seguiranno le procedure e andranno poi a depositare, in Cassazione, le firme raccolte. Alla Camera sono Sara Kelany (FdI), Enrico Costa (FI) e Simona Matone (Lega) e al Senato Marcello Pera (FdI), Erika Stefani (Lega) e Pierantonio Zanettin (FI).Loading…Anche Pd-M5s-Avs chiedono avvio procedure raccolta firme referendum Anche i gruppi parlamentari di PD, M5S e AVS hanno inviato due lettere, identiche nel testo, al segretario generale della Camera e a quello del Senato per avviare la raccolta firme per la richiesta di referendum. Le lettere sono firmate dai vicepresidenti vicari dei gruppi Simona Bonafè, Carmela Auriemma e Marco Grimaldi per la Camera, Alfredo Bazoli, Alessandra Majorino e Tino Magni per il SenatoEnrico Grosso, presidente onorario del Comitato a difesa della Costituzione e per il No al referendum sulla riforma della Giustizia, promosso dall’Associazione nazionale magistrati (ANM), durante la conferenza stampa di presentazione, Corte di Cassazione, Roma 31 ottobre 2025. ANSA/FABIO FRUSTACIIl costituzionalista Grosso presidente Comitato del noIntanto si è insediato ufficialmente il Comitato per il no al referendum, promosso dall’Anm. Un Comitato nato su sollecitazione dei magistrati ma «aperto a tutti, avvocati, professori e cittadini; presente sui territori, che non intende entrare nella polemica politica ma vuole spiegare ai cittadini le ragioni del ‘no’ alla riforma». Presidente onorario è Enrico Grosso, avvocato, professore ordinario di diritto costituzionale all’università di Torino. «Siamo disponibili con chiunque purché si apra il più ampio confronto, gli interlocutori sono tutti egualmente degni di essere coinvolti, auspico un confronto con tutti, anche con la premier Meloni e l’esecutivo» ha detto Grosso alla presentazione del Comitato nella sede dell’Anm im Cassazione, a Roma.Nordio: auspico campagna non politicizzataPer il referendum confermativo che si svolgerà in primavera non è previsto il quorum. E il ministro Carlo Nordio ha auspicato che la campagna non sia “politicizzata” e che riguardi il “merito” della riforma. Anzi il Guardasigilli si è detto pronto a un confronto Tv con l’Anm, invitandola ad evitare “l’abbraccio” con le opposizioni, perché sarebbe una “catastrofe”, che porterebbe alla delegittimazione delle stesse toghe. LEGGI TUTTO
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Giustizia, Anm accetta confronto su Sky tg24 con Nordio | Video Sky TG24 LEGGI TUTTO
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“Grazie dell’invito, l’Anm ci sarà”. Lo ha detto a Start, su Sky TG24, il segretario generale dell’Associazione nazionale magistrati (Anm), Rocco Maruotti, sulla disponibilità dell’associazione a un confronto in tv con il ministro della Giustizia Carlo Nordio LEGGI TUTTO
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Il giorno dopo l’ok definitivo del Senato alla riforma della giustizia che introduce la separazione delle carriere dei magistrati, continua il dibattito politico. Meloni: “Traguardo storico”. Schlein: “Vuole le mani libere”. La parola passa ai cittadini: maggioranza e opposizioni hanno annunciato di voler promuovere un referendum confermativo, che probabilmente sarà tra marzo e aprile. Scontro tra governo e magistrati: Nordio si è detto pronto a un confronto tv, Sky si è candidata a ospitarlo e l’Anm ha accettato
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Il giorno dopo il via libera definitivo del Senato alla riforma della giustizia che introduce la separazione delle carriere dei magistrati, continua il dibattito politico. Il disegno di legge costituzionale, nel quarto e ultimo passaggio parlamentare a Palazzo Madama, è stato approvato con 112 voti a favore, 59 contro e 9 astensioni. Ora la parola passa ai cittadini: sia la maggioranza sia le opposizioni hanno annunciato di voler promuovere un referendum confermativo, che probabilmente si terrà tra marzo e aprile 2026. La raccolta delle firme tra i parlamentari di maggioranza, hanno spiegato fonti parlamentari, partirà dalla prossima settimana. Per i deputati serviranno 80 firme, pari a un quinto dei parlamentari, 40 al Senato. Enrico Grosso è il presidente onorario del Comitato del No. E continua lo scontro tra governo e magistrati. “Chi si sta lamentando è una minoranza di giudici, per fortuna l’estrema minoranza: i giudici politicizzati, che fanno politica e che non lo nascondono”, ha detto il vicepremier Matteo Salvini. Intanto, il ministro Carlo Nordio e l’Anm hanno dato la disponibilità per un confronto tv e Sky TG24 si è candidata per ospitarlo.
Le reazioni della maggioranza e lo scontro con l’Anm
La premier Giorgia Meloni, dopo il via libera del Senato tra le proteste delle opposizioni, ha parlato di un “traguardo storico”. Poi la polemica con l’Anm: “Non ricordo una volta in cui sia stata favorevole a qualsiasi riforma della giustizia”, ha detto la presidente del Consiglio. “Le nostre proposte sono state inascoltate, il governo vuole controllare la magistratura”, è stata la replica dell’Associazione nazionale magistrati. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha aperto alla collaborazione sulle future leggi di attuazione e ha proposto un confronto tv sulla riforma, con Sky TG24 che si è offerta di ospitare il dibattito e l’Anm che ha accettato. “L’Anm ci sarà, anche col suo comitato per il no”, ha detto il segretario generale dell’Anm Rocco Maruotti su Sky TG24. Forza Italia si è intestata la riforma e ha dedicato il via libera a Silvio Berlusconi. È intervenuta anche Marina Berlusconi, che ha dichiarato: “È la vittoria di mio padre”. Soddisfatta anche la Lega, che tre anni fa aveva promosso su questo dei referendum abrogativi che non hanno raggiunto il quorum.
Opposizioni all’attacco
Di tenore opposto le reazioni delle opposizioni. Meloni e il suo governo “vogliono le mani libere”, ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein. E ancora: “Questa non è una riforma della giustizia. Se chiediamo agli italiani come questa riforma migliora le loro vite, la risposta è ‘Nulla’. Se chiediamo al ministro Nordio come questa riforma migliora il funzionamento della giustizia in Italia, ad esempio rendendo più veloci i processi, lui stesso, il ministro, ammette che non ha nulla a che fare con l’efficienza della giustizia. E allora? A chi serve? Serve a questo governo, come ha chiarito la presidente Giorgia Meloni, ad avere le mani libere e a ritenersi al di sopra della legge”. Analogo il ragionamento del leader del M5S Giuseppe Conte: “Vogliono pieni poteri e noi li contrasteremo in ogni modo”. E ancora: la riforma della separazione delle carriere “non migliorerà la giustizia per i cittadini. Questa legge stravolge la Costituzione per mettere i Pm sotto il tacco del governo di turno” e i pubblici ministeri “diventeranno burocrati pubblici sostenitori dell’accusa, non più scomodi per il potere politico”. Si tratta, ha sottolineato Conte in un’intervista a La Notizia, di “un atto di ritorsione del centrodestra che vuole sbarazzarsi di quello che considera un intralcio”. LEGGI TUTTO
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Ascolta la versione audio dell’articoloGrazie ad una serie di audizioni mirate , la Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza ha avuto modo di approfondire le cause delle «patologie più disparate”, come i disturbi alimentari”, toccando anche il problema della crescita della criminalità minorile. “Disagi vari, ansie, problemi psicologici psichiatrici nei casi più gravi, e tutte queste indagini hanno portato l’attenzione sull’uso e l’abuso, io direi, degli smartphone sin da età molto giovani”.A spiegare l’origine delle misure per la tutela dei più giovani nella dimensione digitale – ad esempio la nullità dei contratti on line stipulati dai minorenni o la tutela dei minori coinvolti da influencer in determinate attività -, attualmente all’attenzione in prima lettura dell’8a commissione di Palazzo Madama, è la senatrice Lavinia Mennunni (Fratelli d’Italia), prima firmataria dell’AS 1136, progetto di legge bipartisan scelto come testo base e ormai prossimo al primo via libera parlamentare.Loading…Maggiore età digitaleLa proposta di legge, sottolinea Mennuni a Parlamento 24, punta innanzitutto a “prevedere una maggiore età digitale, che vuol dire un’età minima per avere quella consapevolezza, quella formazione per poter accedere sui social”, età “che non può essere di otto, nove, dieci anni, come sta succedendo purtroppo da quando il cellulare viene regalato simbolicamente alla Comunione”.L’introduzione di una norma che obblighi le piattaforme digitali a verificare l’età dell’utente nell’accesso ai social, pur condivisa da tutti gli schieramenti politici, ha dovuto tener conto delle norme europea, in particolare il Digital Services Act, e ha quindi richiesto una interlocuzione «lunga e faticosa» con la Commissione europea che si è conclusa lo scorso settembre.Armonizzazione a livello europeoLa richiesta di Bruxelles, in estrema sintesi, è quella di puntare a “un’armonizzazione nella verifica dell’età” nell’ambito delle normative nazionali sull’accesso alle piattaforme digitali dei minori. Quindi, chiarisce Mennuni, “che la verifica dell’età non sia italiana o francese o tedesca, ma che sia uniforme a livello di Unione europea”. E dal momento che è da poco entrata in vigore anche la normativa europea sull’intelligenza artificiale, la necessaria armonizzazione delle norme sta orientando il Legislatore a ritenere «che 14 anni possa essere un’età congrua, giusta, per avere quella consapevolezza» ritenuta fondamentale per tutelare adeguatamente i ragazzi dai rischi di un accesso precoce ai Social media. LEGGI TUTTO


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