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La Lega va avanti sull’Autonomia, legge delega al prossimo Consiglio dei ministri

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Con passo da maratoneta, la Lega non molla e va avanti sull’attuazione dell’Autonomia differenziata, sua battaglia storica. Il padrino della riforma, il ministro Roberto Calderoli, è pronto con la legge delega per la determinazione dei Lep, i Livelli essenziali di prestazione. La presenterà al Consiglio dei ministri la prossima settimana, al massimo quella successiva. Il responsabile degli Affari regionali e dell’Autonomia l’ha detto nel suo mini tour tra Trento e Bolzano, dove si vota per le Comunali.

Obiettivo entro l’anno

In effetti, dopo i ritocchi fatti alla legge originaria e imposti dalla Corte costituzionale che, nella sentenza di dicembre, ha dichiarato l’illegittimità di alcune parti, la delega è pronta per il passaggio a Palazzo Chigi e subito dopo in Parlamento. Nel testo vengono individuati – distinti per funzioni e non più per materie, come indicato dalla Consulta – gli standard minimi di servizio pubblico che sono indispensabili a garantire, da Nord a Sud, i diritti civili e sociali che la Costituzione tutela. Si va dal lavoro al diritto all’istruzione, dall’ urbanistica alle reti di trasporto fino ad ambiente ed energia. Per Calderoli, l’obiettivo è chiudere la partita entro fine anno. Parallelamente procede l’altro fronte: quello delle negoziazioni sulle materie non Lep avviate con 4 regioni (Veneto, Lombardia, Piemonte e Liguria) che hanno chiesto forme differenziate di autonomia. Superate le riserve di alcuni ministeri (non guidati dalla Lega) su alcune funzioni come la Protezione civile, si prosegue e chissà che anche gli alleati più dubbiosi possano cedere. Specialmente Forza Italia, spinta dagli amministratori del Sud che temono disparità rispetto al più ricco Nord.

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La partita del presidenzialismo

Apparentemente, si avvera l’auspicio di Matteo Salvini che, anche al congresso della Lega di aprile, ha associato l’Autonomia alla riforma del premierato: «Vanno insieme, mano nella mano». Un binomio che, secondo le opposizioni, tradisce uno scambio tra FdI e Lega. Di certo, il presidenzialismo sta a cuore alla premier Giorgia Meloni che l’ha ribadito di recente all’AdnKronos («Ci riusciremo»). E i vertici del suo partito insistono sul fatto che la priorità sia la «madre di tutte le riforme» (nel copyright di Meloni), più della legge elettorale. A tirare in ballo, implicitamente, il sistema di voto sono state le parole della premier tentata da un secondo mandato.

Legge elettorale, ipotesi allo studio

Tuttavia, è innegabile che una riforma che potenzi i poteri del capo del governo debba definire anche il resto dell’architettura istituzionale del Paese, a partire proprio dalla legge elettorale. Il centrodestra ci sta ragionando, anche considerando che il premierato da dieci mesi è di fatto in stand-by alla Camera (al secondo dei 4 passaggi richiesti) e che è difficilissimo che l’iter si chiuda entro fine legislatura e si voti il referendum confermativo. La bozza a cui si sta lavorando prevede di cancellare i collegi uninominali (anche nell’ottica di evitare il rischio di alleanze che tenterebbero il centrosinistra specie al Sud), puntare a una legge proporzionale con un premio di maggioranza del 15% per la coalizione che superi la soglia del 40%, indicare sulla scheda il candidato Premier della coalizione e fissare una soglia di sbarramento per i partiti più piccoli attorno al 3% e non oltre il 5%. Ma più fonti del centrodestra assicurano che non ci sono novità all’orizzonte, né confronti a breve.


Fonte: http://www.ilsole24ore.com/rss/notizie/politica.xml


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