Dormirci sopra funziona
Caricamento playerIn molti film arriva un momento della storia in cui un personaggio impegnato a risolvere un problema complicatissimo, dopo essersi addormentato per lo sfinimento, si sveglia con la soluzione in testa. È una scena che riflette un luogo comune che esiste da secoli, sintetizzato da proverbi diffusissimi come «la notte porta consiglio» ma anche, in alcune persone, dall’esperienza diretta di avere intuizioni nella fase di dormiveglia. La storia delle invenzioni è costellata di racconti più o meno documentati di scoperte e creazioni – dalla macchina da cucire a Yesterday dei Beatles e molte altre – rese possibili da spunti arrivati in sogno.
Si racconta che Thomas Edison, probabilmente il più famoso inventore e titolare di invenzioni contese della storia, dormisse poco ma avesse l’abitudine dei pisolini diurni. In quei casi si addormentava stringendo una pallina di metallo in mano, in modo da essere svegliato dal rumore della pallina che sarebbe caduta sul pavimento non appena lui avesse perso la presa. Quel breve pisolino era un modo per stimolare la creatività, a suo dire, e non era l’unico a pensarlo: anche il pittore surrealista Salvador Dalí usava una tecnica simile, reggendo una pesante chiave di metallo anziché una pallina.
Diversi studi condotti negli ultimi anni nel campo delle scienze del sonno, tra cui la neurologia e la psicologia, hanno confermato alcune intuizioni di Edison, Dalí e molti altri. Nel 2021 un gruppo di ricerca dell’Università della Sorbona e del Paris Brain Institute reclutò 103 persone per condurre un esperimento e verificare l’ipotesi che interrompere il sonno nel momento in cui sopraggiunge favorisca l’ingegno. I risultati furono pubblicati in uno studio sulla rivista Science Advances.
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Il gruppo chiese a ciascun partecipante di svolgere diversi esercizi di matematica: nessuno sapeva che c’era un modo per completarli quasi al volo, seguendo una regola nascosta. A ogni persona che dopo trenta esercizi non riuscì a scoprire la regola nascosta fu chiesto di provare a fare un pisolino su una poltrona in un’altra stanza, buia, chiudendo gli occhi per una ventina di minuti. Doveva anche reggere una bottiglia di plastica in una mano, mentre le ricercatrici e i ricercatori registravano l’attività cerebrale tramite elettroencefalografia. A chi si assopì e lasciò cadere la bottiglia fu chiesto di riferire ad alta voce cosa stesse visualizzando in quel momento.
Quasi tutte le persone che si erano appisolate descrissero qualcosa: una disse di aver immaginato un cavallo in una stanza d’ospedale, un’altra una serie di forme geometriche, un’altra ancora il Colosseo. Dopodiché tutti i partecipanti, anche chi non si era addormentato, tornarono nella prima stanza a riprendere gli esercizi. L’83 per cento delle persone che si erano appisolate poco prima, indipendentemente dal contenuto del sogno, scoprì la regola nascosta, e solo il 30 per cento di quelle rimaste sveglie ci riuscì.
Confrontando le elettroencefalografie il gruppo di ricerca scoprì che il pisolino aveva avuto un effetto positivo in tutti i casi, anche tra le persone che avevano trascorso appena 15 secondi nella prima fase del sonno per poi essere svegliate dal suono della bottiglia caduta. Il pisolino non ebbe invece lo stesso effetto benefico sull’ingegno tra le persone che avevano dormito a lungo, ben oltre la prima fase del sonno, che è detta N1 o ipnagogia (lo stato di coscienza tipico della transizione dalla veglia al sonno, quello detto anche “dormiveglia”).
Thomas Edison riposa sotto un albero mentre l’imprenditore Harvey Samuel Firestone e il presidente degli Stati Uniti Warren Harding leggono il giornale, nel 1921 (AP Photo)
Nel 2023 un altro gruppo, composto da ricercatori e ricercatrici del MIT e della Harvard Medical School, verificò l’ipotesi che non solo il pisolino ma anche il suggerimento di un particolare contenuto visivo durante il pisolino potesse influenzare la creatività nella narrazione di quel contenuto. Per condurre l’esperimento sviluppò e utilizzò un dispositivo chiamato Dormio, composto da un guanto che misura tre parametri fisiologici associati al sonno (variazioni nel tono muscolare, nella frequenza cardiaca e nell’attività elettrodermica) e li trasmette a un’app su smartphone o computer.
Quando il dispositivo rileva che la persona che lo indossa entra nella fase ipnagogica la app riproduce un audio che suggerisce un argomento specifico. Nel caso delle 49 persone reclutate per lo studio del 2023, a una parte delle quali fu chiesto di fare un pisolino nell’arco di 45 minuti, il dispositivo riprodusse la parola «albero». Alle persone che si erano addormentate fu chiesto di riferire il contenuto dei sogni fatti. E a tutte quelle coinvolte nell’esperimento fu chiesto infine di scrivere una storiella che includesse la parola «albero».
Dai risultati dello studio, pubblicato su Scientific Reports, emerse che le persone che avevano ascoltato il messaggio audio durante la fase ipnagogica erano più creative rispetto alle altre persone. Secondo una scala che misura la ricchezza semantica dei racconti, ottennero risultati migliori del 43 per cento rispetto alle persone che avevano fatto un pisolino ma senza ricevere il suggerimento, e del 78 per cento rispetto a quelle rimaste sveglie. Inoltre, nel gruppo di persone a cui era stato suggerito di sognare alberi, le più creative furono proprio quelle che avevano effettivamente sognato alberi.
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Altri studi ancora più recenti hanno rafforzato in generale la convinzione abbastanza comune che il sonno in sé, e non solo la fase ipnagogica, abbia un effetto positivo sulla capacità di riflettere più lucidamente, indipendentemente dall’eventuale pertinenza del sogno rispetto alle decisioni da prendere. Nel 2024 un gruppo di ricerca della Duke University a Durham, nel North Carolina, ha pubblicato i risultati di diversi studi condotti su un campione di 569 persone in un articolo su una rivista di psicologia sperimentale della American Psychological Association, la più grande associazione di psicologi negli Stati Uniti.
Il gruppo chiese a ogni persona di partecipare a un gioco in cui bisognava rovistare all’interno di diversi scatoloni pieni di cianfrusaglie di poco valore alla ricerca di qualcosa di più prezioso. Alla fine chiese a ognuna di loro di scegliere una scatola e ricevere una ricompensa in denaro pari al valore degli oggetti in quella scatola. Tutte le scatole avevano lo stesso valore, ma gli oggetti di maggior valore erano distribuiti in modo diverso da una scatola a un’altra: uniformemente in alcune, raggruppati in cima, in mezzo o nel fondo in altre.
I risultati degli studi mostrano che quando le persone devono decidere subito quale scatola scegliere, tendono a giudicarle non in base al contenuto nel complesso ma in base ai primi oggetti che hanno pescato. Sono cioè eccessivamente influenzate dalle prime informazioni ricevute, e non tengono conto di quelle successive, e di conseguenza gli scatoloni con le cose preziose in cima sono sopravvalutati. Le persone fanno invece scelte più razionali e meno influenzate dall’ordine con cui hanno pescato gli oggetti dalle scatole quando hanno la possibilità di dormirci sopra e prendere una decisione il giorno successivo.
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