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    La NASA non riesce ad aprire questo barattolo

    Caricamento playerDa qualche giorno i tecnici della missione spaziale OSIRIS-REx della NASA hanno un problema: non riescono ad aprire completamente il contenitore che conserva al suo interno i campioni dell’asteroide Bennu, riportati sulla Terra alla fine di settembre dopo un viaggio di miliardi di chilometri. Due elementi del sistema di chiusura si sono bloccati e per forzarli sarà necessario un nuovo strumento, non previsto dalle procedure che erano state definite per aprire il contenitore mantenendolo isolato, per evitare contaminazioni dall’esterno. Non è un problema insormontabile, ma richiederà diversi giorni per essere risolto.La sonda OSIRIS-REx aveva prelevato del materiale da Bennu nel 2020 attraverso un braccio robotico, che si era poggiato per qualche secondo sulla superficie dell’asteroide. Alla sua estremità c’era il TAGSAM, il contenitore cilindrico ora difficile da aprire, per la raccolta dei detriti. Era il componente più importante della missione e aveva richiesto diverso tempo per lo sviluppo e soprattutto per sperimentarne l’affidabilità qui sulla Terra, prima di utilizzarlo nello Spazio a grande distanza da noi.In un certo senso il sistema di prelievo era stato pensato come una sorta di aspirapolvere, con un flusso di gas per creare una piccola turbolenza alla base del TAGSAM in modo da far sollevare i detriti e farli confluire in una camera di raccolta, lungo la circonferenza del dispositivo. La parte inferiore del TAGSAM, quella entrata in contatto con la superficie di Bennu, è infatti parzialmente cava con un tronco di cono al suo centro, che favorisce il passaggio del materiale sollevato dall’asteroide verso una linguetta che fa da diaframma, impedendo che ciò che è passato oltre possa tornare indietro, perdendosi nuovamente nell’ambiente spaziale.Il prelievo tre anni fa era andato meglio del previsto, al punto da intasare parte del diaframma. Il braccio robotico aveva poi collocato il TAGSAM all’interno di una capsula, che a fine settembre di quest’anno aveva protetto il contenitore nel suo turbolento rientro nell’atmosfera terrestre. Il recupero nel deserto dello Utah (Stati Uniti) era stato un successo e la capsula con il suo contenuto era stata poi trasferita al Johnson Space Center di Houston, in Texas, per procedere con l’apertura e l’ispezione del TAGSAM.Il momento del prelievo dall’asteroide, la struttura circolare al fondo del braccio robotico è il TAGSAMPer svolgere questa attività la NASA aveva predisposto vari sistemi di isolamento, in modo da evitare contaminazioni con l’ambiente terrestre, che renderebbero meno utili le analisi per scoprire che cosa c’è (o non c’è) su un asteroide come Bennu. Il contenitore era stato collocato in una teca isolata e sottoposta a un flusso continuo di azoto, un gas inerte per impedire l’ingresso di altre sostanze. All’interno della teca erano stati inseriti gli strumenti previsti per aprire il TAGSAM ed estrarne il contenuto, come sperimentato in varie simulazioni negli anni di preparazione e gestione della missione.Tecnici al lavoro intorno alla teca durante una simulazione (NASA)Ogni strumento era stato testato e certificato per essere presente all’interno della teca e questo spiega le difficoltà degli ultimi giorni per i tecnici della NASA. Dopo avere rimosso e raccolto il materiale in eccesso che si era depositato nel diaframma del TAGSAM, i tecnici hanno iniziato a rimuovere i 35 elementi che tengono chiuso il coperchio del serbatoio in cui erano stati raccolti i detriti di Bennu. Sono riusciti a rimuoverli tutti tranne due, nonostante ripetuti tentativi: e questo impedisce di sollevare il coperchio per raggiungere il serbatoio con il resto dei pezzi di Bennu. Piegando il diaframma i tecnici sono comunque riusciti ad accedere almeno parzialmente ad alcune sezioni del serbatoio e hanno poi utilizzato pinze e altri strumenti per estrarre i detriti più piccoli, ma non sono riusciti a fare altrettanto con quelli più voluminosi.La parte inferiore del TAGSAM con alcuni detriti, l’anello scuro è il diaframma (NASA)Gli strumenti attualmente contenuti nella teca isolata non sono adatti per forzare i due elementi bloccati, di conseguenza si stanno studiando soluzioni alternative, che comporteranno o un uso più creativo degli strumenti già a disposizione o l’introduzione nella teca di nuove utensili (c’è una sorta di camera intermedia nella teca per evitare le contaminazioni). Prima di procedere, la NASA sperimenterà le nuove soluzioni con modelli del TAGSAM attraverso alcune simulazioni, in modo da poter poi procedere senza mettere a rischio l’integrità del contenuto.I responsabili della missione hanno atteso tre anni prima che OSIRIS-REx portasse sulla Terra alcuni frammenti di Bennu, quindi non hanno particolare fretta e la priorità rimane il recupero in sicurezza di quanto più materiale possibile. Il 12 ottobre nel corso di una conferenza stampa la NASA aveva intanto presentato i primi risultati raggiunti dall’analisi dei detriti accessibili nel TAGSAM, segnalando la presenza di carbonio e acqua, importanti per lo sviluppo della vita per come la conosciamo. Da tempo si ipotizza che nel periodo di formazione del sistema solare furono questi ingredienti provenienti dall’esterno a rendere possibile la formazione della vita sulla Terra. LEGGI TUTTO

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    Sull’asteroide Bennu c’è molto carbonio

    I pezzi dell’asteroide Bennu portati sulla Terra dalla missione OSIRIS-REx della NASA contengono molto carbonio e molta acqua, secondo le prime analisi del materiale nella capsula recuperata un paio di settimane fa. È una scoperta importante perché queste sostanze sono necessarie allo sviluppo di esseri viventi e la loro presenza sugli asteroidi del sistema solare potrebbe aiutarci a capire come e dove ha avuto e può avere origine la vita.I campioni di Bennu sono atterrati nel deserto dello Utah alla fine di settembre all’interno di una capsula con un diametro di 81 centimetri e altezza di 50 e sono stati sottoposti a un esame preliminare al Johnson Space Center di Houston, in Texas. «Il campione di OSIRIS-REx è il pezzo di asteroide più ricco di carbonio che sia mai stato portato sulla Terra», ha detto l’amministratore dell’agenzia spaziale statunitense Bill Nelson nel presentare le prime scoperte mercoledì, «e aiuterà gli scienziati a indagare sulle origini della vita sul nostro pianeta».Gli asteroidi sono corpi spaziali rocciosi che orbitano nel sistema solare e hanno dimensioni molto inferiori ai pianeti e forme più irregolari. Secondo gli studi più condivisi, sono ciò che rimane del “disco protoplanetario”, l’enorme ammasso di polveri e gas in orbita intorno al Sole dal quale miliardi di anni fa si formarono la Terra e gli altri pianeti del sistema solare, oltre ai satelliti naturali come la Luna. Per questo lo studio delle rocce raccolte su Bennu potrebbe darci informazioni aggiuntive sulle origini del sistema solare e sulla formazione degli elementi necessari all’origine della vita. Dante Lauretta dell’Università dell’Arizona, che è lo scienziato a capo di OSIRIS-REx, ha definito i campioni di Bennu «una capsula del tempo» per ciò che potrebbe farci imparare sulla storia del sistema solare.L’interno della capsula della missione OSIRIS-REx, aperta all’interno di un contenitore trasparente al Johnson Space Center di Houston (Dante Lauretta/NASA via AP)La capsula che ha portato i pezzi di Bennu sulla Terra è stata esaminata dall’interno di un grosso contenitore sigillato costruito per evitare che i campioni fossero contaminati da sostanze di origine terrestre. Questo tipo di contenitore è chiamato “scatola a guanti” (in inglese glovebox) perché per manipolare il suo contenuto senza venire fisicamente in contatto con esso si usano dei guanti lunghi e robusti inseriti nella struttura della scatola.Mari Montoya, a sinistra, e Curtis Calva raccolgono dei pezzi dell’asteroide Bennu attraverso la scatola a guanti contenente la capsula di OSIRIS-REx, il 27 settembre 2023 (NASA via AP)Quando gli scienziati hanno aperto la capsula all’interno della scatola a guanti si sono accorti che probabilmente sono arrivati sulla Terra più dei 60 grammi di rocce di Bennu che erano state previsti dalla NASA: della polvere aggiuntiva dell’asteroide e alcuni piccoli pezzi di roccia sono rimasti al di fuori del contenitore interno per la conservazione del campione. Prima di procedere con l’osservazione del campione principale è stata studiata proprio questa polvere, che ammonta a 1,5 grammi di materiale. Il peso complessivo dei pezzi di Bennu portati sulla Terra invece non lo si conosce ancora, perché ritardati dallo studio della polvere gli scienziati non hanno ancora cominciato a studiare il campione principale.La parte esterna della capsula di OSIRIS-REx dove si è raccolta la polvere di Bennu (Erika Blumenfeld, Joseph Aebersold/NASA via APLa polvere è stata analizzata con un microscopio elettronico (cioè un microscopio che usa elettroni al posto della luce e così consente di “vedere” oggetti molto piccoli) e con altri strumenti che consentono di stabilire gli elementi chimici che compongono un campione.Così è stato scoperto che le rocce di Bennu sono ricche di carbonio. Uno dei pezzi esaminati è fatto per il 4,7 per cento di questo elemento, che è la base di tutte le macromolecole biologiche, le molecole fondamentali di cui sono fatti gli esseri viventi, umani compresi. Sono anche state trovate delle piccole quantità d’acqua all’interno dei cristalli che compongono i pezzi di Bennu analizzati finora. È possibile che all’interno del campione principale possano essere presenti anche maggiori quantità d’acqua.A sinistra la capsula di OSIRIS-REx aperta, a destra la polvere di Bennu presente nel riquadro bianco vista più da vicino (Dante Lauretta/NASA via AP)È previsto che lo studio dei pezzi di Bennu andrà avanti per i prossimi due anni: almeno il 70 per cento del campione resterà al Johnson Space Center, mentre il resto sarà analizzato da circa 200 scienziati in varie parti del mondo e una parte verrà esposta al pubblico temporaneamente a Washington, a Houston e a Tucson, in Arizona.Tra le altre cose il materiale proveniente da Bennu sarà confrontato con quello raccolto dall’agenzia spaziale giapponese JAXA su un altro asteroide, Ryugu. Alcune differenze sono già state notate: nei campioni di Ryugu c’era meno acqua. Poi verrà misurata la percentuale di deuterio al suo interno: il deuterio è uno degli isotopi dell’idrogeno, cioè una delle forme in cui questo elemento si presenta, e si vuole scoprire se è più o meno presente nell’acqua di Bennu rispetto all’acqua terrestre. Infine si cercheranno eventuali amminoacidi, quelle molecole biologiche che sono già state trovate all’interno di meteoriti caduti sulla Terra ma che potrebbero esservi arrivate a causa della contaminazione con materiali terrestri durante e dopo l’impatto sul pianeta. LEGGI TUTTO