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    Meloni oggi dal Papa, temi etici e guerre in primo piano

    Ascolta la versione audio dell’articoloOggi alle 11,30 la presidente del Consiglio Giorgia Meloni sarà in Vaticano, ricevuta da papa Leone XIV. Si tratta della prima udienza ufficiale del pontefice con la premier quasi a due mesi dalla fumata bianca del conclave, l’8 maggio. Meloni sarà accompagnata in Vaticano dal sottosegretario Alfredo Mantovano e, come sempre accade in questi appuntamenti ufficiali al capo del governo italiano, è previsto subito dopo anche un incontro con il segretario di Stato della Santa Sede, Pietro Parolin (alle 12,30).I temi internazionali con i conflitti aperti nel mondo – dalla guerra in Ucraina alla crisi di Gaza – saranno il fulcro del colloquio che si terrà nel Palazzo Apostolico. Nel corso dell’incontro dovrebbero trovare spazio anche i dossier legati ai rapporti Stato-Chiesa e i temi etici: proprio alla vigilia dell’appuntamento il governo ha presentato – forse non è un caso – nel comitato ristretto delle commissioni Giustizia e Affari sociali del Senato il testo sul fine vita (l’obiettivo è di andare in Aula il 17 luglio).Loading…L’urgenza di mettere fine ai conflittiFinora tra Meloni e il Pontefice ci sono stati due rapidi saluti, in occasione dell’insediamento di Leone e del Giubileo dei governanti. Ma soprattutto due colloqui telefonici resi pubblici. Uno il 15 maggio, quando Meloni ha garantito apprezzamento e sostegno agli «sforzi della Santa Sede per la pace e la cessazione dei conflitti in tutti gli scenari di crisi dove le armi hanno preso il posto del confronto e del dialogo». E uno cinque giorni più tardi, in cui la premier, dopo le interlocuzioni con Donald Trump e altri leader europei, ha avuto dal pontefice conferma della disponibilità «ad accogliere in Vaticano i prossimi colloqui» tra Ucraina e Russia. Un obiettivo per cui finora non si sono create le condizioni. L’urgenza di mettere fine ai conflitti sarà declinata nel faccia a faccia con il Papa, che si è espresso contro «le false propagande del riarmo” e contro il prevalere “della legge del più forte».Temi etici: il nodo fine vitaPoi con Parolin saranno affrontati i dossier più politici. D’attualità è il fine vita. La Cei nelle scorse settimane ha apprezzato l’inserimento nel ddl del riferimento alle cure palliative. Nel testo finale preannunciato dai relatori (atteso in Aula al Senato il 17 luglio) dovrebbe essere definito se debbano essere obbligatorie o «rese disponibili concretamente» per i malati terminali. Che,in ogni caso, potrebbero accettarle e successivamente chiedere comunque il trattamento di fine vita. «Lo Stato e la Chiesa sono distinti ma si rispettano reciprocamente, e crescono insieme», ha scritto Meloni al Papa nella lettera di congratulazioni dopo il conclave.La questione 8xmilleNelle corse settimane si erano registrate polemiche sull’8xmille per la modifica con cui nel 2023 è stata inserita una sesta possibile finalità di destinazione (recupero dalle tossicodipendenze) della quota a gestione statale, dopo le cinque introdotte dal governo Conte2 nel 2020. Una «modifica unilaterale», ha sostenuto in queste settimane il presidente della Cei Matteo Zuppi, che ha creato «una disparità che danneggia sia la Chiesa cattolica sia le altre confessioni religiose firmatarie delle intese con lo Stato». Il tema è affrontato da uno dei vari tavoli avviati fra Italia e Santa Sede, dove è già stato deciso che ogni modifica con possibili effetti sull’accordo pattizio sarà condivisa. Potrebbe essere valutata, ad esempio, l’ipotesi di inserire varie opzioni anche per l’8xmille alla Chiesa. LEGGI TUTTO

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    Sì definitivo della Camera al Decreto sulla responsabilità erariale: è legge

    Ascolta la versione audio dell’articoloVia libera definitivo alla Camera sulla responsabilità erariale. I sì sono stati 140, 68 gli astenuti, tra cui il Pd, e 33 i contrari. Il provvedimento ponte, già approvato dal Senato, è legge. Dopo il disco verde da parte dell’Aula del Senato, senza modifiche, al Dl che differisce dal 30 aprile al 31 dicembre 2025, il termine relativo alla disposizione che limita la responsabilità erariale dei funzionari pubblici ai danni cagionati dalle sole condotte poste in essere con dolo; uno ’scudo’ che riguarda i danni cagionati da comportamenti attivi ad esclusione quindi di quelli derivanti da omissione o inerzia. La misura prevede inoltre l’applicazione retroattiva della disciplina per atti commessi nel periodo tra il 30 aprile e il 12 maggio. Al Senato i gruppi di maggioranza si sono espressi a favore mentre i gruppi di Iv, Avs, M5S e Pd avevano dichiarato voto di astensione. La norma, di natura temporanea, mira a ridurre la “paura della firma” tra i funzionari pubblici, incentivando l’azione e riducendo il rischio legato alle omissioni.Che cos’è la responsabilità erarialeIl Decreto legge sulla responsabilità erariale è un provvedimento normativo italiano che riguarda la responsabilità dei dipendenti pubblici e degli amministratori per danni arrecati all’erario, cioè al bilancio dello Stato o di enti pubblici. Nel contesto giuridico italiano, la responsabilità erariale è una forma di responsabilità civile speciale che si applica quando un soggetto, nell’esercizio di funzioni pubbliche, provoca un danno economico alla pubblica amministrazione per colpa o dolo. A giudicare su queste questioni è la Corte dei conti. Negli ultimi anni, in particolare con il DL n. 76/2020 (il cosiddetto Decreto semplificazioni), sono stati introdotti importanti limiti e modifiche temporanee alla responsabilità erariale, soprattutto con l’obiettivo di favorire l’azione amministrativa e ridurre il “timore della firma” da parte dei dirigenti pubblici.Loading…Cosa cambia concretamenteCon la modifica al provvedimento normativo è prevista una responsabilità limitata al dolo: i dirigenti e funzionari pubblici non rispondono più per colpa grave, ma solo se agiscono con intenzione diretta di causare danno. In caso di omissioni o inerzia, la responsabilità erariale resta estesa anche alla colpa grave, oltre che al dolo. LEGGI TUTTO

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    In autunno sei regioni al voto: dalle Marche al Veneto le possibili date

    Ascolta la versione audio dell’articoloArchiviata l’ipotesi di terzo mandato per i governatori del Veneto Luca Zaia e della Campania Vincenzo De Luca, si è aperta ufficialmente la partita delle candidature per le elezioni regionali dell’autunno. Sono sei le Regioni che andranno al voto (Campania, Marche, Puglia, Toscana, Valle D’Aosta, Veneto). Al momento non c’è accordo per votate in una data unica. Per il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, «un election day per le elezioni regionali condiviso sarebbe auspicabile», ma, ha ammesso «ovviamente questa decisione è rimessa all’autonomia delle singole regioni».Il definitivo affossamento del terzo mandato, con il voto contrario all’emendamento della Lega anche di Fratelli d’Italia e Forza Italia, è avvenuto in commissione Affari costituzionali del Senato. Seguito dalla rapida archiviazione in Conferenza delle Regioni del piano B di Zaia e De Luca, supportato anche dal presidente della Conferenza e governatore del Friuli Venezia Giulia: ossia uno slittamento delle regionali d’autunno alla primavera del 2026 con la motivazione che altrimenti non si farebbe in tempo a concludere e mettere in sicurezza i progetti legati al Pnrr.Loading…Toscana verso il voto ad ottobreUna proposta, quest’ultima, tramontata di fronte alla mancata convergenza di tutti. E all’aperta ostilità del governatore dem della Toscana Eugenio Giani, che ha annunciato la firma del decreto per il voto il 12 o il 19 di ottobre 2025. Giani attende ancora il via libera ufficiale alla ricandidatura. Non è un mistero che la segretaria dem Elly Schlein vorrebbe alla guida della regione più sicura per il Pd un uomo (o una donna) di sua più stretta fiducia, ma è anche vero che sostituire Giani è politicamente complicato e che una candidatura forte alternativa non c’è. Quanto al centrodestra, il nome più probabile al momento è quello del sindaco Fdi di Pistoia Alessandro Tomasi. Gli altri nomi in pista sono quelli di Elena Meini (capogruppo della Lega in consiglio regionale) e di Marco Stella (capogruppo di Forza Italia, sempre in consiglio regionale).Marche prima regione alle urneMa la prima regione che sarà chiamata al voto saranno le Marche. «La campagna elettorale inizia ad agosto. Il voto sarà a settembre, o il 21 o il 28» ha dichiarato il governatore uscente Francesco Acquaroli (Fdi). Le Marche sono l’unica regione dove i candidati sono stati ufficializzati. Sarà Matteo Ricci, ex sindaco di Pesaro ed ora eurodeputato Pd, a sfidare Acquaroli. A breve Ricci dovrebbe chiudere l’accordo di programma dell’alleanza di centrosinistra, M5s c0mpreso. In una regione che il centrosinistra punta a strappare al centrodestra. Il caso del VenetoLe prossime elezioni regionali in Veneto, in base alle indicazioni fornite dal Consiglio di Stato, si dovranno svolgere «entro il 20 novembre». «Abbiamo una finestra elettorale che ci permette di fare la prima convocazione il 21 settembre – ha dichiarato il governatore uscente Luca Zaia, che puntava a una deroga per inaugurare nel mese di gennaio le Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026 – ma la escluderei perché vorrebbe dire veramente portare l’affluenza alle urne bassissima. Quindi si andrà a voto tra ottobre e novembre. Non ho ben capito se c’è una proposta di election day, quindi c’è tutto da capire». In Veneto il Carroccio ha puntato i piedi: «Il successore di Zaia deve essere un leghista», è il mantra. Difficilmente la premier Giorgia Meloni potrà imporre un suo candidato. Il designato è Alberto Stefani, vice di Matteo Salvini ma anche in ottimi rapporti con lo stesso Zaia, che lo sosterrebbe con una lista civica a suo nome. LEGGI TUTTO

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    Premierato e separazione delle carriere in frenata, a luglio ingorgo di sette decreti alla Camera

    Ascolta la versione audio dell’articoloUn ingorgo di decreti ma anche una fase di riflessione in vista del futuro referendum confermativo sulla giustizia hanno rallentato l’avanzamento delle due riforme del governo ancora in campo: il premierato e la separazione delle carriere dei magistrati.Premierato e giustizia escono da calendario luglio CameraA spiegare il primo aspetto è stato il ministro per i rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, dopo che mercoledì scorso la capigruppo della Camera ha escluso l’approdo in Aula delle due riforme prima della pausa estiva. Un mese fa lo stesso Ciriani, alla precedente capigruppo chiamata a programmare i lavori di giugno-luglio, aveva chiesto di inserire in quel calendario il premierato. Quanto alla separazione delle carriere, ora all’attenzione dell’assemblea del Senato, i più ottimisti avevano pensato ad un iter più celere a Palazzo Madama, così da portare il testo in Commissione Affari costituzionali della Camera ai primi di luglio e in Aula prima delle ferie estive. Ma lo scenario è cambiato, come hanno stabilito i presidenti dei gruppi parlamentari di Montecitorio.Loading…L’ingorgo di decretiIl governo, dunque, non ha potuto fare altro che ricordare il lungo elenco di decreti, ben sette, che pioveranno a luglio nell’Aula della Camera, ingorgandola: differimento termini per il danno erariale, infrastrutture strategiche, Campi Flegrei e zone alluvionate, il decreto del Miur, quello del ministero dello Sport, quello fiscale e quello sull’ex Ilva. Per non parlare di disegni di legge del governo a cui comunque l’esecutivo tiene, come quello sul sostegno alle zone di montagna o quello sull’Intelligenza artificiale. Anche la ministra per le Riforme Maria Elisabetta Alberti Casellati ha detto di sperare che l’esame del premierato in commissione Affari costituzionali si chiuda “in autunno”.L’iter delle due riformeLe due riforme sono in due fasi completamente diverse dell’iter legislativo. Il premierato è stato approvato dal solo Senato ed è in prima lettura in commissione a Montecitorio, dovendo affrontare ancora la fase degli emendamenti. La separazione delle carriere delle toghe ha già ricevuto il sì della Camera e della commissione Affari costituzionali del Senato, che ha confermato il testo Camera; ed anche in Aula la maggioranza è intenzionata a fare altrettanto. Quando dunque il ddl tornerà in seconda lettura a Montecitorio l’iter, secondo l’articolo 138 della Costituzione, sarà rapido: il testo non potrà essere emendato e potrà essere solo approvato o respinto; lo stesso dicasi per la futura seconda lettura di Palazzo Madama. .Referendum confermativo e riforma della legge elettoraleA quel punto, dopo l’approvazione definitiva della riforma, la maggioranza dovrà affrontare il referendum confermativo. Un passaggio politico decisivo per le sorti del governo Meloni. Accelerare l’iter del ddl o rallentarlo di poco permette di far cadere il referendum nel momento voluto, dato che esso potrebbe condurre a elezioni anticipate anche in caso di vittoria del sì. Di qui il confronto, per ora informale, tra le forze politiche sulla legge elettorale che, nelle intenzioni della maggioranza, dovrà essere modificata indipendentemente dal premierato. LEGGI TUTTO

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    Migranti, dalla Cassazione dubbi di costituzionalità sull’intesa Italia-Albania

    Ascolta la versione audio dell’articoloIn una corposa relazione sul trattenimento dei cittadini stranieri, con focus sul protocollo Italia-Albania, la Cassazione evidenzia numerose criticità dell’accordo spiegando anche che «la dottrina ha espresso numerosi dubbi di compatibilità con la Costituzione e con il Diritto internazionale, soffermandosi poi specificamente sul rapporto tra il Protocollo e il diritto dell’Unione». Nella relazione redatta dall’ufficio del massimario e del ruolo – di cui scrive oggi il Manifesto – la Suprema Corte analizza il protocollo evidenziandone le criticità non solo con la Costituzione, ma anche con il diritto internazionale e quello dell’Unione Europea.Le possibili violazioni dei diritti costituzionaliNel paragrafo dedicato al rapporto tra il protocollo Italia-Albania e la Costituzione, la relazione dell’ufficio del massimario della Cassazione evidenzia numerosi possibili violazioni dei diritti costituzionali, da quello alla salute a quello di difesa. L’intesa, per esempio, – scrive la Suprema Corte – omette di «individuare con precisione la categoria di persone cui l’accordo si riferisce e limitandosi ad individuarli come ’migranti’…ingenera una complessiva disparità di trattamento tra gli stranieri da condurre in Italia e i ’migranti’ da trasferire in Albania».Loading…Gli ostacoli al diritto d’asilo Secondo la Cassazione, poi, l’accordo sarebbe d’ostacolo al diritto di asilo mancando una «disciplina analitica degli aspetti procedurali». Indicazioni che sarebbero necessarie – secondo i giudici – per neutralizzare «il dislivello giuridico derivante dalla extraterritorialità, assicurando ai migranti condotti nei siti albanesi eguali garanzie rispetto ai migranti in territorio italiano». È stato inoltre osservato che, secondo quanto indicato dal Protocollo, «il trattenimento non è più previsto come l’extrema ratio, come previsto dalla disciplina europea» ma costituisce «l’unica alternativa indicata dal legislatore, in violazione delle garanzie a tutela della libertà personale».Un’ulteriore criticità «è stata ravvisata nella materiale impossibilità, in caso di detenzione all’estero, di rimettere in libertà l’individuo, una volta che siano cessati gli effetti del titolo del trattenimento. In base al protocollo, infatti, lo straniero non può essere rilasciato in Albania e deve essere ricondotto in Italia, con la conseguenza che, considerati i tempi tecnici necessari per il trasferimento su una nave o per via aerea, appare oltremodo probabile che si verifichi un trattenimento dello straniero sine titulo della durata di diverse ore, se non addirittura di alcuni giorni».Il diritto alla difesa e alla saluteRiguardo al diritto di difesa, la Corte sottolinea «come le modalità di esercizio del diritto di difesa delle persone straniere trattenute in Albania non risultano disciplinate da norme legislative, ma affidate alla discrezionalità del ’responsabile italiano del centro’». Infine, è stato osservato come il protocollo – «nello stabilire che ’in caso di esigenze sanitarie alle quali le autorità italiane non possono far fronte … le autorità albanesi collaborano con le autorità italiane responsabili delle medesime strutture per assicurare le cure mediche indispensabili e indifferibili ai migranti ivi trattenuti’ – possa comportare un grave pregiudizio per il diritto alla salute dei ’migranti’, protetto dall’art. 32 della Costituzione, atteso che il livello di assistenza sanitaria albanese non è comparabile con quello italiano» LEGGI TUTTO