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    Come gli scarafaggi hanno colonizzato il mondo

    Caricamento playerLa Blattella germanica è la specie di scarafaggio più diffusa al mondo, come sa bene chi ha fatto i conti con un’infestazione di questi insetti in casa. Lunghi meno di due centimetri e dal colore marrone tendente al rosso, questi scarafaggi sono praticamente ovunque ci siano esseri umani, mentre è molto più difficile trovarli negli ambienti naturali. Talmente difficile da avere indotto un gruppo di ricerca a chiedersi come mai e soprattutto quale sia l’effettiva origine di questi velocissimi, affamati ed estremamente prolifici insetti.
    A differenza di quanto suggerisca il nome, la Blattella germanica non è originaria della Germania. La specie fu classificata in questo modo dal naturalista svedese Carl Nilsson Linnaeus (quasi sempre italianizzato in Linneo), che nel Diciottesimo secolo aveva perfezionato un sistema di nomenclatura che avrebbe profondamente influenzato il modo in cui mettiamo ordine tra le specie. La scelta derivò più da ragioni storiche che scientifiche.
    I primi scarafaggi di quella specie avevano iniziato a farsi notare in Europa poco meno di tre secoli fa, almeno a giudicare dalle testimonianze dell’epoca e dai primi riferimenti a questo particolare tipo di insetto. All’epoca la Svezia era coinvolta in quella che sarebbe diventata nota come la “Guerra dei sette anni” e aveva tra i propri nemici parte dell’odierna Germania. In un certo senso finirono nel mezzo del conflitto anche gli scarafaggi, con gli opposti schieramenti che li chiamavano con riferimenti ai nemici, come “scarafaggi prussiani” o “scarafaggi russi” a seconda dei casi. In questo contesto Linneo decise di chiamare la specie Blattella germanica, nome che resiste ancora oggi e che definisce lo scarafaggio per antonomasia.
    L’origine di questi insetti non è però tedesca e nemmeno europea, almeno secondo la ricerca da poco pubblicata sulla rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS). Per scoprire l’origine dello scarafaggio più diffuso al mondo, un gruppo di ricerca internazionale ha chiesto a esperti in diversi paesi di fornire alcuni campioni degli scarafaggi raccolti nel corso del tempo per effettuare i loro studi. Non era una richiesta particolarmente insolita: accade di frequente che entomologi e altri studiosi ricevano individui di scarafaggi, magari dalle società che si occupano di fare disinfestazione e che vogliono assicurarsi di avere a che fare con una determinata specie.
    Il gruppo di ricerca ha ottenuto in questo modo 281 scarafaggi appartenenti alla specie Blattella germanica, più alcuni individui appartenenti ad altre specie. Dopodiché ne ha studiato il materiale genetico per identificare somiglianze e differenze, in modo da stabilire legami di parentela dal punto di vista della loro evoluzione.
    Lo studio dice che gli scarafaggi che conosciamo tutti sono strettamente imparentati con una specie asiatica che si chiama Blattella asahinai, che viene comunemente chiamato scarafaggio asiatico. Secondo il gruppo di ricerca, le due specie iniziarono a differenziarsi circa 2.100 anni fa, un periodo relativamente vicino per i tempi dell’evoluzione. Le due specie hanno moltissime cose in comune, del resto, al punto che spesso gli individui di una vengono confusi con quelli dell’altra.
    Sulla base delle differenze genetiche tra i vari scarafaggi analizzati, il gruppo di ricerca ha identificato due probabili grandi ondate di diffusione della Blattella germanica dall’Asia al resto del mondo. La prima si verificò 1.200 anni fa con uno spostamento verso occidente, forse favorito dai viaggi di mercanti e soldati, usati come risorsa dagli scarafaggi per rimediare cibo e un passaggio.
    La seconda grande ondata iniziò poco meno di quattro secoli fa, forse favorita dal progressivo sviluppo delle tecnologie per scaldare gli edifici, visto che questi animali in origine erano abituati alle temperature tropicali. L’avvio delle attività coloniali e dei commerci attraverso gli oceani favorì la successiva diffusione degli scarafaggi in buona parte del mondo. Circa 270 anni fa la Blattella germanica fece il proprio ingresso in Europa, impiegando poco tempo per diffondersi in buona parte del continente e farsi notare anche da Linneo.
    L’aspetto affascinante che il gruppo di ricerca ha derivato dalle analisi è che in un certo senso sono stati gli esseri umani a favorire l’esistenza e la diffusione della Blattella germanica. Gli scarafaggi avevano di per sé una spiccata capacità di adattamento e, di generazione in generazione attraverso mutazioni casuali, sono diventati via via più abili nello sfruttare le cose che facciamo per vivere: conservare il cibo, dormire di notte e rimanere al caldo. La Blattella germanica va alla ricerca delle nostre riserve di cibo, è spesso più attiva di notte quando può agire indisturbata e predilige gli ambienti caldi, soprattutto per potersi riprodurre.
    Le specie di blatte conosciute sono circa 4.600 (le stime variano a seconda delle classificazioni), con caratteristiche anche molto diverse tra loro, ma per questioni di prossimità nell’immaginario comune gli scarafaggi sono una cosa sola: la Blattella germanica. Piccolo, sfuggente e per molti disgustoso, questo insetto ha condizionato fortemente il nostro modo di pensare agli scarafaggi e più in generale agli insetti. In realtà il mondo degli scarafaggi è vario e a tratti sorprendente.
    Uno scarafaggio scavatore gigante (Macropanesthia rhinoceros), tra le specie di scarafaggi più pesanti (Wikimedia)
    Mentre una Blattella germanica supera di rado i due centimetri di lunghezza, la Megaloblatta longipennis raggiunge una lunghezza massima di poco meno di dieci centimetri. Per i più preoccupati: vive in Colombia, Ecuador e Perù. La specie che conta gli individui più pesanti è invece quella dello scarafaggio scavatore gigante (Macropanesthia rhinoceros) che può pesare fino a 35 grammi: vive in Australia ed è ovoviparo, cioè incuba e fa schiudere le uova al proprio interno prima di rilasciare i nuovi nati all’esterno.
    Gli scarafaggi appartenenti al genere Attaphila sono invece minuscoli e raramente superano i 3 millimetri di lunghezza. Infestano i nidi di alcune specie di formiche, riuscendo a sfuggire al controllo delle loro inconsapevoli ospiti imitandone l’odore.
    Uno dei punti di forza degli scarafaggi è la loro versatilità e capacità di nutrirsi praticamente di qualsiasi cosa. In particolare la Blattella germanica è attratta dalla carne, da alimenti ricchi di amido (come il riso o la pasta), dai cibi grassi e da quelli particolarmente zuccherini. In caso di mancanza di queste prime scelte, gli scarafaggi di questa specie non disdegnano pasti a base di residui di dentifricio, colla o sapone. Nei periodi di grande carestia, uno scarafaggio non si fa comunque molti problemi nel mangiare i propri simili. Non sono gli unici insetti a farlo ed è una soluzione che permette ai loro gruppi, spesso gerarchici, di sopravvivere il tempo necessario per produrre una nuova generazione pronta a seguire le nostre abitudini. LEGGI TUTTO

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    Quante specie viventi si trovano in una casa con giardino?

    Nel marzo del 2020, durante uno dei lockdown per il coronavirus, tre scienziati che si occupano di ecologia decisero di condurre un studio scientifico inedito: contare e catalogare tutte le specie viventi animali, vegetali e fungine presenti nella loro casa con giardino a Brisbane, in Australia. A dicembre i tre hanno pubblicato sulla rivista scientifica Ecology il risultato del conteggio: nel corso di un anno avevano osservato 1.168 specie diverse, di cui 876 di insetti. Sono più del triplo di quelle che si aspettavano i tre scienziati e 157 loro colleghi a cui avevano chiesto di provare a fare una stima verosimile.(Andrew M. Rogers, Russell Q-Y. Yong, Matthew H. Holden)
    Andrew Rogers è un ecologo che tra le altre cose si occupa di animali e piante invasive. Russell Yong è un biologo tassonomista, cioè esperto di classificazione delle specie viventi. Matthew Holden invece è un matematico specializzato nelle applicazioni della sua materia a problemi complessi che riguardano gli ecosistemi. Nel 2020 lavoravano tutti e tre per l’Università del Queensland e condividevano una casa con tre camere da letto e giardino che complessivamente occupa circa 400 metri quadri ad Annerley, un quartiere di Brisbane.
    Rogers ha raccontato al Brisbane Times che l’idea di contare tutti gli animali e le piante presenti nella casa gli venne facendo le pulizie, dopo aver notato che nel suo armadio c’erano parecchi ragni: «Stavo cercando di farli uscire, per evitare di farli finire dentro l’aspirapolvere ed erano tanti. Mi sono chiesto quanti coinquilini avessi tra i ragni e poi tra le falene, le mosche e via dicendo». Coinvolse nell’impresa Yong e Holden, che peraltro invitarono altri scienziati del mondo a imitarli proponendo la conta delle specie di casa come un’attività per passare il tempo durante i lockdown.

    How many species are in your home? Count them! #StayHomeBiodiversityChallenge. We’re surveying our home for plants & animals. Opportunity to learn about local flora/fauna. Look at these beautiful moths & butterflies #StayHomeAustralia #stayHome #COVID19 #stayathome #quarantine pic.twitter.com/bPgf5XPriD
    — Matthew Holden 🏳️‍🌈 (@MattHHolden) April 1, 2020

    Tra le specie osservate dai tre nel giardino tra il 29 marzo 2020 e il 28 marzo successivo ce ne sono tante che si trovano facilmente lungo la costa orientale dell’Australia: uccelli come l’ibis bianco australiano e il kookaburra, e il tricosuro volpino, un marsupiale molto comune, furono avvistati fin dai primi giorni del monitoraggio. Molte altre sono più rare e tre non erano nemmeno incluse nel principale elenco scientifico delle specie presenti in Australia: una specie di zanzara, una di mosca e una di vermi piatti, animali vermiformi non molto conosciuti. Quest’ultima è la specie chiamata Platydemus manokwari, nativa della Nuova Guinea e invasiva e dannosa in varie parti del mondo.
    Secondo Rogers, Yong e Holden è improbabile che le tre specie ancora non registrate come presenti in Australia siano rare nel paese: «Il fatto che la loro presenza non fosse documentata indica piuttosto che sottostimiamo molto le popolazioni degli ambienti urbani».

    Say hello to our #vampire moth, Calyptra minuticornis! It mostly pierces fruit, but vampire moths get their name from the fact that they also have been observed sucking the blood of mammals. No threat to humans though. #StayHomeBiodiversityChallenge @UQ_CBCS pic.twitter.com/kgVwSHG5jJ
    — Matthew Holden 🏳️‍🌈 (@MattHHolden) April 20, 2020

    Tra gli insetti, quelli più comuni trovati dai tre scienziati sono stati lepidotteri, cioè farfalle e falene. In totale 437 specie: alcune grandi come una mano umana, ma la maggior parte di dimensioni molto ridotte. Una di quelle che hanno interessato di più Rogers, Yong e Holden è la specie Calyptra minuticornis, detta “falena vampira”: non ha un aspetto particolarmente vistoso, ma deve il suo nome al fatto che in alcune occasioni succhia il sangue dei mammiferi su cui si posa, esseri umani compresi.
    I tre scienziati si sono stupiti di aver osservato meno di cento specie di coleotteri, l’ordine di insetti che comprende un maggior numero di specie: «Può darsi che il nostro risultato sia il sintomo del declino delle popolazioni di coleotteri, che è stato osservato nel mondo», hanno scritto, «ma può anche darsi che sia stato un pessimo anno per i coleotteri nel nostro quartiere».
    Le specie di piante individuate nel giardino della casa sono state 103, di cui 100 non originarie dell’Australia. Quest’abbondanza di specie vegetali provenienti da altre parti del mondo non deve stupire perché è una situazione comune nei giardini e negli spazi verdi urbani, dove da circa due secoli vengono fatte crescere in grande misura piante acquistate nei vivai a scopo decorativo: in tutte le città del mondo si trovano piante originarie di luoghi lontani. Nove delle piante osservate erano quelle che comunemente sono chiamate “erbacce”, e che sono tra le specie più adattabili in assoluto.
    Rogers, Yong e Holden pensano che il gran numero di specie che hanno trovato sia dovuto in buona parte al fatto che il giardino della casa non era molto curato. Di solito sui prati tagliati di frequente e nelle aiuole ordinate non si trova una gran varietà di specie di insetti, che invece possono prosperare più facilmente in un giardino dove non vengono usati tagliaerba e insetticidi.

    Cute close up with a parasitic wasp this weekend. Yet to ID this species for our #StayHomeBiodiversityChallenge where we count the wildlife found at home. One of 27 wasps so far. Probably a type of Brachonid wasp? More photos of it on @inaturalist https://t.co/pVihWwemF8 pic.twitter.com/DeKOIzqkQr
    — Matthew Holden 🏳️‍🌈 (@MattHHolden) June 22, 2020

    Brisbane è una grande città con quasi 2 milioni e mezzo di abitanti, ma si trova in uno dei paesi che si stima abbiano una maggiore biodiversità, cioè ricchezza di specie animali diverse. Per questo Nicola Bressi, zoologo curatore del Museo civico di storia naturale di Trieste ed esperto dei rapporti tra gli esseri umani e le altre specie animali, stima che facendo un esperimento analogo in una casa con giardino in Europa si incontrerebbe un numero di specie più ridotto: «Dipende dalla città e dal tipo di giardino intorno alla casa, i tre naturalisti immagino lo tenessero molto “bio”. Diciamo che a mia esperienza potremmo ridurre la conta a un terzo. Forse un quarto nelle città meno verdi e più inquinate e trafficate. E ovviamente più si scende da Oslo verso Catania, più aumentano gli inquilini».
    Nel conteggio delle 1.168 specie australiane rientra anche Homo sapiens, a cui chiaramente appartengono Rogers, Yong e Holden: è stata inclusa per precisione. Non sono state prese in considerazione invece le specie viventi che generalmente sono invisibili all’occhio nudo, cioè i batteri e gli archei. Se fosse stato fatto il numero di specie totali trovate nella casa sarebbe stato significativamente più alto.

    – Leggi anche: Il forestale che credeva ai folletti, uno Storie/Idee di Nicola Bressi LEGGI TUTTO

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    Le cimici dei letti che infestano Parigi arriveranno anche in Italia?

    Le notizie sulla estesa infestazione di cimici dei letti a Parigi hanno suscitato qualche preoccupazione in alcuni paesi vicini o molto ben collegati alla Francia. Il 5 ottobre il ministero della Salute dell’Algeria ha annunciato l’introduzione di «misure preventive» su aerei e navi per evitare la diffusione degli insetti nel proprio territorio. E dopo che vari giornali del Regno Unito hanno parlato della possibilità che le cimici dei letti arrivassero da Parigi a Londra, Eurostar, il servizio ferroviario che collega le due capitali, ha fatto sapere che i suoi treni saranno controllati per verificare l’eventuale presenza dei parassiti.Anche tra Francia e Italia ci sono molti collegamenti, sebbene dal 27 agosto e fino alla prossima estate quelli ferroviari siano sospesi a causa di una frana, ma tra gli esperti di insetti e di disinfestazioni non c’è particolare preoccupazione. Per il momento infatti nelle città italiane non ci sono stati aumenti significativi di segnalazioni di cimici dei letti, e inoltre chi si occupa di disinfestazioni ritiene che i metodi usati in Italia per contrastarle siano più efficaci di quelli preferiti all’estero.Le cimici dei letti in Italia comunque ci sono già. Dopo essere quasi scomparse a metà Novecento in seguito al grande uso di DDT e al miglioramento delle condizioni igieniche delle case, è dai primi anni Duemila che hanno ricominciato a essere avvistate all’interno di abitazioni e alberghi sia nei paesi europei che negli Stati Uniti a causa dei viaggi internazionali. In Italia il numero di infestazioni è aumentato soprattutto tra il 2012 e il 2014 e poi è rimasto più o meno costante.«Sono abbastanza diffuse quindi la probabilità di incontrarle nelle città italiane c’è», dice Fabrizio Montarsi, biologo dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) che tra le altre cose si occupa di insetti e altri parassiti. «Ma non sono comuni come le mosche o le zanzare, il problema è comunque limitato per ora. Se si riesce a intercettare subito un’infestazione, il ciclo di diffusione si interrompe facilmente».Le cimici dei letti, il cui nome scientifico è Cimex lectularius, sono insetti ematofagi, cioè che si nutrono di sangue. I loro morsi sono fastidiosi, ma non costituiscono un pericolo a meno che non si sia allergici. In natura sono parassiti di uccelli e pipistrelli e creano le proprie colonie nei nidi o nei dormitori dei pipistrelli nelle grotte, ma nel corso della storia si sono trovate bene anche nelle abitazioni umane: soprattutto nei secoli passati era facile che nei tetti delle case si riparassero degli uccelli, e da lì le cimici potevano passare a infestare i materassi di una volta, fatti di paglia ricoperta da teli. Si chiamano “cimici dei letti” appunto per questo.Cimici dei letti (Uwe Anspach, ANSA-DPA)Di giorno si nascondono dalla luce e se infestano una casa si annidano nelle strutture dei letti e dei divani, ma anche tra i libri, dietro battiscopa, quadri o altri anfratti nascosti. Di notte escono per nutrirsi, quindi di solito la loro presenza viene scoperta dopo essersi svegliati con una serie di arrossamenti pruriginosi sulla pelle. Si possono diffondere o perché aumentano talmente tanto di numero da spostarsi da una camera di albergo a un’altra, o da un appartamento all’altro, oppure perché trovano riparo all’interno di valigie e borse e grazie a questi involontari mezzi di trasporto raggiungono treni, aerei, case o stanze d’albergo in altre città.«La diffusione delle cimici avviene quasi sempre tramite i bagagli, non sono come le zecche che rimangono addosso alle persone», chiarisce Montarsi, «quindi la cosa importante se si passa per un albergo infestato è “bonificare” i bagagli e il loro contenuto, con lavaggi ad alte temperature o usando il congelatore».Non c’è invece nessuna relazione tra la pulizia di un ambiente e la presenza di cimici, che si possono presentare anche in hotel di lusso estremamente puliti, perché l’unica condizione necessaria alla loro prosperità è la vicinanza di persone o altri animali da cui succhiare il sangue. È solo più facile che in luoghi in cui ci sono scarse condizioni igieniche una piccola infestazione venga trascurata e finisca per aggravarsi.Secondo Marco Leva, disinfestatore di Roma e consigliere dell’Associazione nazionale delle imprese di disinfestazione (ANID), a Parigi la situazione si è aggravata perché sono stati fatti degli errori: «A giudicare dalle immagini che sono state diffuse le infestazioni sono davvero estreme e se i letti sono pieni di cimici significa che la convivenza va avanti da tempo o che la ditta di disinfestazione che se ne è occupata ha sbagliato approccio».Leva spiega che all’estero contro le cimici dei letti si usano ancora molto gli insetticidi, che sono poco efficaci perché molto spesso questi insetti si rivelano resistenti alle sostanze che contengono. Gli insetticidi possono addirittura essere controproducenti, perché le operazioni per stanare le cimici ed esporle alle sostanze velenose possono spingerle a spostarsi e infestare altri spazi.L’approccio più efficace, che in Italia è stato adottato negli ultimi dieci anni e oggi è usato dalla stragrande maggioranza delle aziende che si occupano di disinfestazioni, si basa sull’uso di macchine per uccidere le cimici e le loro uova con un vapore ad alte temperature, fino a 180 °C. La prima macchina di questo tipo – prodotta dall’azienda italiana Polti – è stata sviluppata a partire dal 2011 proprio facendo degli esperimenti con le cimici dei letti, che hanno coinvolto lo stesso Leva e l’entomologo e disinfestatore Franco Casini. Da allora sul mercato sono arrivate anche altre macchine simili e il loro uso si è diffuso nel settore. «È un approccio più impegnativo rispetto a quello chimico, ma è apprezzato anche dai clienti che preferiscono che non siano sparsi insetticidi nelle camere da letto».Né l’ANID né Montarsi nelle regioni in cui lavora l’IZSVe hanno osservato un aumento dei casi di infestazioni da cimici dei letti negli ultimi mesi. Anche per questo «non c’è da creare allarmismo», per Leva: «Non ci sarà un’invasione delle cimici dei letti dalla Francia, così come non c’era stata da New York qualche anno fa». LEGGI TUTTO