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    È stato confermato che centinaia di foche della Georgia del Sud, vicino all’Antartide, sono morte a causa dell’influenza aviaria

    La morte di centinaia di foche in Georgia del Sud, un’isola vicino all’Antartide, è stata confermata come causata dall’influenza aviaria. La diffusione del virus H5N, che causa l’influenza, fra i mammiferi come le otarie e gli elefanti marini (che fanno parte dei pinnipedi, la famiglia delle foche) è un segnale preoccupante: sia per la possibilità che il virus si trasmetta anche ad altri mammiferi, come gli umani, sia per i possibili danni ecologici che provocherebbe se arrivasse in Antartide. Al momento il contagio è sempre avvenuto fra uccelli e foche, e non fra foche. Il passaggio da un mammifero all’altro indicherebbe un maggiore adattamento del virus, e aumenterebbe i rischi di contagio.Una grande diffusione dell’influenza aviaria fra gli esseri umani non è considerata molto probabile. Una delle maggiori preoccupazioni dei biologi è invece la possibile espansione in Antartide dell’epidemia. I primi segnali che indicavano i contagi da H5N1 nella regione erano stati rilevati a ottobre e centinaia di elefanti marini con sintomi influenzali sono morti nelle isole della zona. Il timore maggiore è che l’epidemia possa fare grossi danni raggiungendo le popolazioni di pinguini dell’Antartide.
    Casi di influenza aviaria fra le foche erano già stati registrati in Nord America nel 2022 e in Sud America nel 2023. Le foche della Georgia del Sud probabilmente sono state contagiate da uccelli migratori provenienti dal Sud America. In Nord America erano state trovate prove della trasmissione del virus dell’influenza aviaria fra una foca e l’altra.

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    L’epidemia di influenza aviaria in corso è cominciata tra il 2020 e il 2021 e ha causato la morte di milioni di uccelli selvatici e di allevamento e migliaia di contagi tra i mammiferi, compresi alcuni esseri umani. La situazione è tenuta sotto controllo dalle principali organizzazioni sanitarie internazionali e non è ritenuta preoccupante per le persone, mentre è osservata con maggiore apprensione per quanto riguarda alcune specie di animali selvatici che in passato erano meno vulnerabili alle epidemie di influenza aviaria. LEGGI TUTTO

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    Anche un orso polare è morto di influenza aviaria

    Alla lista dei numerosi mammiferi che negli ultimi due anni sono stati contagiati dal virus dell’influenza aviaria si è aggiunto anche un orso polare, trovato morto lo scorso ottobre a Utqiagvik, nell’estremo nord dell’Alaska. A fine dicembre il dipartimento per la Conservazione ambientale dello stato americano ha diffuso i risultati di un test per il virus effettuato sui resti dell’orso e il veterinario Bob Gerlach ha confermato all’Alaska Beacon che l’influenza è stata la causa della morte.Era già successo che orsi di altre specie fossero infettati dall’aviaria, ma questo è il primo caso noto nel mondo di un orso polare morto per la malattia. È stato segnalato all’Organizzazione mondiale della sanità animale (WOAH) e agli altri paesi artici in cui vivono orsi polari.
    L’epidemia di influenza aviaria in corso è cominciata tra il 2020 e il 2021 e ha causato la morte di milioni di uccelli selvatici e di allevamento e migliaia di contagi tra i mammiferi, compresi alcuni esseri umani. La situazione è tenuta sotto controllo dalle principali organizzazioni sanitarie internazionali e non è ritenuta preoccupante per le persone, mentre è osservata con maggiore apprensione per quanto riguarda alcune specie di animali selvatici che in passato erano meno vulnerabili alle epidemie di influenza aviaria.
    Esistono numerosi tipi e varianti di virus che causano la malattia e quello responsabile dell’attuale epidemia è particolarmente aggressivo e provoca un’influenza detta ad alta patogenicità (HPAI), che può comportare gravi conseguenze per la salute degli animali che la contraggono e un’ampia diffusione dei contagi. Il virus responsabile è H5N1, le cui prime versioni furono identificate in Cina negli ultimi anni del Novecento. Da allora si sono fatti più frequenti i focolai tra gli uccelli selvatici e i contagi di mammiferi. Solo negli ultimi anni il virus è stato rilevato in modo significativo in Nord America, mentre in precedenza si era manifestato principalmente in Asia, in Europa e in Africa.

    – Leggi anche: Quanto dobbiamo preoccuparci di questa influenza aviaria

    La variante di H5N1/HPAI sembra abbia sviluppato la capacità di passare più facilmente dagli uccelli ai mammiferi, a giudicare dalle segnalazioni e dagli studi più recenti. Oltre ad avere causato una quantità più alta del solito di decessi tra i volatili selvatici, ha contagiato orsi, procioni, scoiattoli, puzzole, volpi, puma e foche. In Alaska le volpi morte in cui è stata riscontrata la presenza del virus sono state tre dall’aprile del 2022.
    Gli orsi polari dell’Alaska si cibano principalmente di foche ma si ritiene che quello morto per l’aviaria abbia mangiato carcasse di uccelli e che in questo modo possa essere entrato in contatto col virus.
    Una delle maggiori preoccupazioni dei biologi riguardo all’epidemia di influenza aviaria è che si espanda maggiormente in Antartide, cioè all’estremo sud del mondo. A ottobre sono stati rilevati i primi contagi da H5N1 nella regione, tra gli stercorari antartici dell’isola di Bird, nell’arcipelago della Georgia del Sud, quindi non sul continente vero e proprio. Da allora centinaia di elefanti marini con sintomi influenzali sono morti nelle isole della zona e il virus è stato trovato sempre più vicino al continente. Il timore maggiore è che l’epidemia possa fare grossi danni raggiungendo le popolazioni di pinguini dell’Antartide.
    Secondo un rapporto di un gruppo di scienziati della WOAH e della FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, pubblicato a dicembre, in Antartide gli effetti negativi dell’H5N1/HPAI potrebbero essere «immensi» perché sia le foche che gli uccelli della regione vivono in colonie di migliaia o centinaia di migliaia di individui, dunque in gruppi particolarmente esposti alla diffusione di una malattia contagiosa. Si teme un disastro ecologico. LEGGI TUTTO

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    Quanto dobbiamo preoccuparci di questa influenza aviaria

    Caricamento playerDa circa due anni è in corso una grande epidemia di influenza aviaria, che ha causato la morte di milioni di uccelli e in misura minore alcuni contagi tra mammiferi, compresi alcuni esseri umani. La situazione è tenuta sotto controllo dalle principali organizzazioni sanitarie internazionali e negli ultimi mesi sono state pubblicate analisi per valutare i fattori di rischio, importanti per comprendere quanto preoccuparsi per l’epidemia. Dopo tre anni di pandemia da coronavirus l’attenzione è piuttosto alta, ma al momento la situazione sembra essere relativamente sotto controllo almeno per quanto riguarda la salute degli esseri umani.Bassa e altaEsistono numerosi tipi e varianti di virus che causano l’influenza aviaria. Circolano di continuo tra gli uccelli selvatici e solitamente non causano particolari malattie, al punto che gli esemplari infetti non manifestano sintomi e la loro infezione passa inosservata. Questi virus poco aggressivi sono legati a una particolare forma di influenza aviaria a bassa patogenicità (LPAI, dalla sigla inglese che la identifica).Altri virus aviari sono invece più aggressivi e comportano una forma di influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI), che può comportare gravi conseguenze per gli animali che li contraggono e una diffusione ampia della malattia. È il caso del principale virus responsabile dell’attuale epidemia, che ha decimato intere popolazioni di uccelli selvatici e del pollame in molti allevamenti in giro per il mondo, in particolare in Europa e in seguito negli Stati Uniti.H5N1Oltre alla catalogazione in base alle forme di influenza che possono causare, i virus aviari sono classificati in base al tipo e alle loro varianti di appartenenza. Quello che da circa due anni suscita il maggiore interesse è H5N1, un virus le cui prime versioni erano state identificate in Cina nella seconda metà degli anni Novanta del secolo scorso. Le segnalazioni alle autorità sanitarie all’epoca furono spesso tardive, in un contesto di allevamenti industriali molto grandi, una circostanza che aveva reso più difficile il tracciamento del virus.– Ascolta anche: L’influenza aviaria, senza allarmismiAlcune versioni di H5N1 iniziarono a essere rilevate con crescente frequenza negli uccelli selvatici e in particolare in varie specie di uccelli acquatici migratori, che sviluppavano sintomi lievi, tali da non compromettere i loro spostamenti di migliaia di chilometri effettuati stagionalmente. Le loro migrazioni furono, e sono ancora oggi, una delle cause della periodica diffusione di virus aviari che avrebbero poi raggiunto gli allevamenti.La variante di H5N1 responsabile della maggior parte dei contagi in questa fase dell’epidemia era emersa tra il 2020 e il 2021, con focolai importanti in Asia e in Europa. Inizialmente gli Stati Uniti sembravano essere stato risparmiati, ma i primi casi nel Nord America erano poi emersi alla fine del 2021, con nuovi contagi sia negli allevamenti sia tra gli uccelli selvatici. Alla fine dello scorso anno furono poi rilevati i primi casi in Sudamerica, con grandi epidemie tra gli uccelli selvatici e alcuni casi di passaggio del virus verso i mammiferi, poi riscontrati anche in altre aree del mondo.Diffusione di H5N1 nel mondo fino ad aprile 2023: in rosso i paesi con uccelli selvatici e pollame interessati dall’epidemia, in rosso scuro i paesi anche con casi di contagio verso gli esseri umani (Wikimedia)SaltiCiò che rende particolare questa epidemia di influenza aviaria rispetto alle precedenti è che sta proseguendo ormai da un paio di anni, senza seguire una stagionalità come avveniva di solito in passato. Le misure di controllo, che comprendono l’abbattimento degli stormi infetti di uccelli selvatici e il loro successivo ripopolamento si stanno rivelando meno efficaci, proprio perché il virus continua a circolare e a causare nuovi contagi.In generale, il virus dell’influenza aviaria è imparentato con quello che causa l’influenza stagionale negli esseri umani, l’influenza equina e quella suina, ma le varianti e i sottotipi coinvolti sono alquanto differenti tra loro sia in termini di virulenza sia di contagiosità. Le relative somiglianze e altri fattori rendono comunque possibili i salti di specie, cioè il passaggio del virus da una specie a una completamente diversa. Con l’influenza accade spesso: ci sono casi di influenza umana nei maiali e più in generale si ritiene che l’influenza che stagionalmente ci riguarda sia emersa dagli uccelli.L’eventualità dei salti di specie spiega perché l’attuale epidemia sia tenuta sotto stretto controllo da parte delle autorità sanitarie. In questi due anni sono emersi passaggi di H5N1 dagli uccelli selvatici a volpi, puzzole, lontre, procioni e orsi. Nell’autunno dello scorso anno era poi emerso un grande focolaio tra i visoni di un allevamento intensivo in Spagna, che aveva poi reso necessario l’abbattimento degli animali per ridurre il rischio di ulteriori contagi all’esterno della struttura.(David Silverman/Getty Images)ControlloUn virus che riesce a passare da una specie a un’altra suscita sempre attenzione da parte delle autorità sanitarie, perché attraverso le sue mutazioni casuali potrebbe diventare pericoloso per gli esseri umani, come si ipotizza sia del resto avvenuto con SARS-CoV-2, il coronavirus con cui facciamo i conti da tre anni. Al momento i rari passaggi rilevati sembrano essere avvenuti per lo più da uccelli a esseri umani, mentre non sono stati identificati con certezza casi di successivi contagi da umano a umano, condizione che potrebbe rivelarsi molto più pericolosa.Le persone entrate in contatto con uccelli e altri animali contagiati, per esempio il personale degli allevamenti, vengono tenute sotto controllo non solo per rilevare la comparsa di eventuali sintomi, ma anche per ridurre il rischio che contagino altri individui. Le attuali varianti di H5N1 non sembrano costituire un particolare rischio per la nostra salute, ma i virus mutano di continuo e potrebbe emergere una versione più pericolosa. In Cambogia, a inizio anno una bambina di 12 anni è morta a causa della malattia, anche se il virus che l’aveva causata è diverso da quello più diffuso e che suscita le maggiori preoccupazioni.Nel suo ultimo rapporto, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) ha segnalato che: «Il rischio di infezione con gli attuali virus aviari H5 in circolazione e appartenenti al gruppo 2.3.4.4b in Europa rimane basso per la popolazione in generale e basso/moderato per le persone che sono più a diretto contatto per ragioni lavorative o altro» con uccelli selvatici e pollame. Anche per le autorità sanitarie degli Stati Uniti il rischio continua a essere relativamente basso, seppure in un contesto di alta diffusione del virus tra i volatili.Martedì 23 maggio il Brasile ha dichiarato una emergenza sanitaria per gli animali che durerà almeno 180 giorni, dopo avere riscontrato i primi casi di influenza aviaria in alcuni uccelli selvatici. Il Brasile è il più grande esportatore di pollame: solo nel 2022 ha prodotto esportazioni per quasi 10 miliardi di euro. Una rapida e ampia diffusione del virus potrebbe avere conseguenze molto gravi sul settore economico. Le infezioni da H5N1 non determinano sospensioni delle attività commerciali, ma un focolaio in un allevamento può comunque causare l’abbattimento di grandi quantità di esemplari e potrebbe inoltre spingere i paesi importatori a sospendere gli ordini.Oltre agli aspetti sanitari, la protratta epidemia di influenza aviaria sta avendo importanti ripercussioni sulle attività commerciali in molti paesi. Negli Stati Uniti l’abbattimento di milioni di esemplari negli allevamenti di pollame ha avuto ripercussioni specialmente sul prezzo delle uova e sulla disponibilità di altre materie prime.Quindi?A oggi le principali autorità sanitarie non segnalano rischi immediati per gli esseri umani, ma invitano comunque a tenere sotto controllo la situazione e a ridurre il più possibile la diffusione del virus, per esempio negli allevamenti. È normale che ci sia una certa preoccupazione, nel senso di concentrare l’attenzione sul problema senza ansie per fare prevenzione ed evitare che diventi più grave e difficile da gestire. LEGGI TUTTO

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    L’influenza aviaria sta uccidendo i gabbiani del lago di Garda

    Nelle ultime settimane soprattutto sulle spiagge del lago di Garda è stata segnalata una presenza piuttosto insolita di gabbiani morti. Il primo caso è stato riscontrato il 18 febbraio, ma nelle ultime settimane le carcasse degli uccelli ritrovate nella zona hanno raggiunto e probabilmente superato il centinaio. Le analisi degli istituti zooprofilattici delle zone interessate hanno confermato che la causa dei numerosi decessi dei gabbiani è l’influenza aviaria, che negli ultimi mesi ha creato problemi in Europa e nel mondo a vari allevamenti intensivi di pollame e anche alla fauna selvatica.La situazione al momento sembra riguardare solo i gabbiani: i contagi sono dovuti alla diffusione di una variante del virus influenzale H5N1/HPAI ad alta patogenicità, cioè con un’alta capacità di causare la malattia: casi di gabbiani morti sono stati registrati in Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia-Romagna, ma i maggiori focolai sono concentrati nei paesi del basso lago di Garda: il primo caso confermato di morte per aviaria è di Toscolano Maderno, ma le carcasse sono state ritrovate anche a Desenzano, Sirmione, Peschiera, Manerba, Padenghe e San Felice del Benaco.L’opera di contenimento dell’epidemia al momento si concentra sulla rimozione immediata delle carcasse dei gabbiani morti, per evitare che possano diventare cibo per altri animali selvatici o possano essere morsi da animali domestici. Il contagio avviene infatti attraverso il contatto diretto con un animale malato o attraverso le sue feci. In alcuni casi le carcasse ritrovate presentavano segni di morsi, probabilmente di topi, o erano state beccate da corvi.#Garda, confermata purtroppo la causa dei numerosi decessi registrati nel Garda #Bresciano tra i ##gabbiani: a #Desenzano come a #Toscolano si tratta di #aviaria. Ora si teme che il #virus raggiunga gli uccelli anche della sponda trentina. Allarme soprattutto per gli allevamenti. pic.twitter.com/wveHaP7oLb— Davide Pivetti (@pivettiladige) February 25, 2023L’istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie dice che al momento non si segnalano contagi in altre specie di uccelli o di mammiferi: sono stati monitorati gli uccelli acquatici che convivono coi gabbiani, nonché volpi, faine e gatti selvatici. Nell’ottobre del 2022 in Spagna era stato riscontrato il passaggio del virus H5N1 dagli uccelli ai mammiferi, e in particolare ai visoni di un allevamento a Carral in Galizia.Nessun caso del genere è stato riscontrato in Italia e nella zona del Garda: in Spagna era stato probabilmente favorito dal carattere intensivo dell’allevamento. L’Agenzia di Tutela della Salute (ATS) di Brescia, ribadendo che il rischio per la popolazione è da considerarsi basso, ha scritto ai 22 comuni del lago di Garda, raccomandando «di evitare il contatto diretto con animali selvatici, in particolare nel caso appaiano malati, moribondi o deceduti, e di non provvedere autonomamente alla raccolta». Sono state inoltre suggerite particolari precauzioni agli allevatori di volatili della zona, che dovranno evitare ogni possibile contatto con la fauna selvatica.Da quando si è iniziato a riscontrare un aumento di casi di influenza aviaria nel 2021, sono stati identificati pochi casi di contagio che abbiano riguardato esseri umani, entrati in contatto con animali infetti. I casi di contagio tra esseri umani sono rari e difficili da confermare, il virus finora non ha inoltre sviluppato mutazioni tali da adattarsi al nostro organismo, al momento non costituisce un particolare pericolo. Le istituzioni sanitarie osservano comunque con attenzione i nuovi casi, perché una maggiore circolazione del virus fa aumentare il rischio di mutazioni.Secondo i pareri degli esperti l’epidemia che sta uccidendo i gabbiani potrebbe essere in questa fase al suo picco e già nelle prossime settimane potrebbe finire, almeno per quel che riguarda la zona del Garda, con la migrazione stagionale degli uccelli. LEGGI TUTTO