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Usa-Iran: Aspides la missione più esposta, nell’area di Hormuz anche le navi della Marina

Gli effetti collaterali della rappresaglia iraniana contro gli Usa, ampiamente previsti, non hanno provocato danni all’Italia. I missili di Teheran di queste ore, erano diretti anche alla base americana di Al Udeid, alle porte di Doha, ma i dieci militari dell’aeronautica italiana che vi operano sono in un luogo al sicuro. Quegli attacchi «erano all’interno delle previsioni di possibilità». Per questo gli italiani che operavano nei luoghi finiti nel mirino «erano stati spostati precedentemente», spiegano le fonti della Difesa.

Il Qatar non è l’unico fronte delle ritorsioni. In Iraq – dove nel Paese operano oltre un migliaio di militari italiani – i razzi sono stati diretti alla base statunitense di Ain al-Asad, che ha attivato il sistema di difesa aerea. I nostri soldati e carabinieri, che invece operano a Erbil e Baghdad, non sono stati coinvolti.

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Militari nei bunker in Kuwait

Sul fronte del Kuwait – dove era stato disposto il trasferimento di alcuni uomini qualche giorno fa – i militari si sono riparati in bunker a titolo precauzionale. «Sono state tempestivamente adottate tutte le procedure di sicurezza previste, incluso, laddove necessario, lo spostamento preventivo in aree sicure», spiega il ministro Crosetto rassicurando che «tutti i militari italiani presenti in Iraq, Kuwait e Qatar sono al sicuro» e aggiungendo che «tali attacchi rientrano nel quadro delle ipotesi operative già considerate nei giorni scorsi dai tecnici della Difesa, che avevano subito disposto il riposizionamento prudenziale dei contingenti italiani nei teatri interessati».

I rischi nel Mar Rosso

Restano i rischi in Mar Rosso, in particolare per la missione navale dell’Ue denominata Aspides, a cui partecipa anche l’Italia in modo determinante: l’operazione ha scopo difensivo e al momento può contare su tre navi, tra queste l’italiana Andrea Doria, su cui viaggia il comandante greco della missione che cederà il posto ad un nostro connazionale a fine luglio. In quest’area la tensione era alta già da tempo, da quando dopo il 7 ottobre i leader Houthi avevano annunciato l’entrata del proprio governo nel conflitto contro Israele a fianco di Hamas e del cosiddetto ’asse della resistenza’ guidato dall’Iran. Da allora le forze yemenite avevano cominciato a sparare contro numerose navi cargo e petroliere dirette verso Israele, innescando alla fine del 2023 la decisione degli Stati Uniti di creare una coalizione marittima, Prosperity Guardian, e dell’Ue con la missione di Aspides per proteggere la libertà di navigazione in quel braccio di mare.

Le altre missioni nel Golfo

Ma gli occhi di tutti sono puntati anche sullo stretto di Hormuz, il lembo di mare strategico da dove passa circa il 30% del petrolio mondiale e che l’Iran minaccia di voler chiudere. Solo qualche giorno fa era stato lo stesso ministro degli Esteri, Antonio Tajani, il quale – nel ricordare i suoi contatti con il ministro iraniano Araghchi sulla necessità di mantenere sicura la navigazione – aveva sottolineato l’importanza della operazione Aspides. Nell’area di crisi opera anche la missione Atalanta, nata per contrastare la pirateria sulle coste somale. Della flotta faceva parte anche la fregata Rizzo che ora però sta rientrando in Italia. È presente anche un’altra fregata, nave Marceglia, che sta facendo rientro da Karachi al termine di una campagna nell’indo-pacifico. Nelle acque tra Hormuz e il Golfo Persico insiste anche la missione Emasoh, nata nel 2020 per garantire la sicurezza del traffico marittimo. In questo momento però la missione non ha navi operative.


Fonte: http://www.ilsole24ore.com/rss/notizie/politica.xml


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