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Sgombero Leoncavallo, Sala: “Comune non avvisato”. È scontro politico

Polemiche sullo sfratto dello storico centro sociale milanese. Previsto a settembre, il provvedimento è stato anticipato a ieri. “In uno Stato di diritto non possono esistere zone franche o aree sottratte alla legalità”, commenta Meloni. “Finalmente si cambia”, esulta Salvini. Ma il sindaco del capoluogo lombardo si è detto stupito: “Palazzo Marino non è stato avvertito. C’erano molte modalità per farlo. Il Leonka ha valore e deve continuare ad emettere cultura, continua il dialogo”

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Con un blitz che ha anticipato la data prevista del 9 settembre, nella mattinata del 21 agosto le forze dell’ordine hanno sgomberato il centro sociale Leoncavallo, sfrattato dalla sede che occupava in via Watteau dal 1994. All’interno non c’era nessuno. Qualche indizio di una possibile accelerazione c’era stato. E negli ultimi mesi era cresciuto il pressing dei partiti di centrodestra sul ministro dell’Interno Piantedosi. Il sindaco di Milano Giuseppe Sala non ha gradito quanto accaduto: è stato informato dello sfratto solo all’alba di ieri dal prefetto Claudio Sgaraglia.

Sala: “Comune non avvisato dello sfratto del Leoncavallo”

“Mercoledì ero a Palazzo Marino, impegnato in incontri di lavoro. Ho delegato il vicecomandante della Polizia locale in mia rappresentanza a partecipare al Comitato per l’Ordine e la Sicurezza che, come consuetudine, si tiene ogni mercoledì. In quella sede non è stato fatto cenno ad alcuno sfratto esecutivo del centro sociale Leoncavallo”, ha detto in una nota, il sindaco di Milano Giuseppe Sala. “Per un’operazione di tale delicatezza, al di là del Comitato, c’erano molte modalità per avvertire l’Amministrazione milanese. Tali modalità non sono state perseguite”, aggiunge il primo cittadino che definisce il centro sociale “un valore storico e sociale nella nostra città. Ho ricevuto giovedì mattina dal Prefetto la notizia”.

Sala: “Il Leoncavallo deve continuare a emettere cultura”

Il sindaco Sala non era stato quindi informato preventivamente dell’esecuzione dello sfratto del centro sociale. È stato il prefetto Claudio Sgaraglia, con una telefonata ad avvisare il primo cittadino che ha ribadito il valore del ‘Leonka’. “Un valore storico e sociale nella nostra città”. “A mio parere questo centro sociale deve continuare ad emettere cultura, chiaramente in un contesto di legalità. Da anni e anni è un luogo pacifico di impegno. Confermo la volontà di mantenere aperta l’interlocuzione con i responsabili delle attività del centro sociale”. Come Comune avevamo continuato, con i responsabili del Leoncavallo, un confronto che portasse alla piena legalità tutta l’iniziativa del centro. Si stavano valutando varie soluzioni a norma di legge, che potessero andare nel senso auspicato”.


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Si cerca nuova sede

Come scrive Il Corriere della Sera, negli ambienti politici milanesi qualcuno sostiene che l’accelerata sullo sgombero sia arrivata su impulso del centrodestra. Intanto Palazzo Marino, da tempo in dialogo con l’associazione “Mamme del Leoncavallo”, proseguirà nell’impegno per trovare un’altra sede al centro sociale. L’ipotesi sul tavolo, scrive il quotidiano di via Solferino, è quella di uno stabile comunale in via San Dionigi, periferia sud-est di Milano, per cui l’associazione ha presentato a marzo una manifestazione d’interesse preliminare. L’edificio ha bisogno di interventi di riqualificazione e bonifiche per la presenza di amianto. Bisogna capire come risolvere il problema dei costi. L’obiettivo è quello di portare in giunta già giovedì 28 agosto la delibera per lanciare la manifestazione di interesse per l’immobile. Dopo l’approvazione del provvedimento, arriverà il bando per dare in concessione d’uso lo spazio comunale e sarà aperto anche al Leoncavallo.


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Lo scontro politico

La vicenda però ha scatenato un dibattito politico anche a livello nazionale. Dopo trent’anni “finalmente viene ristabilita la legalità”, ha commentato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi promettendo anche in futuro “tolleranza zero verso le occupazioni abusive”. “In uno Stato di diritto non possono esistere zone franche o aree sottratte alla legalità”, gli ha fatto eco la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. “Decenni di illegalità tollerata, e più volte sostenuta, dalla sinistra: ora finalmente si cambia. La legge è uguale per tutti: afuera!” ha commentato fra i primi il vicepremier e segretario della Lega Matteo Salvini, mentre Antonio Tajani ha assicurato che questa “non è un operazione politica, ma di giustizia. Non c’è differenza tra occupazioni di sinistra o destra, entrambe configurano un reato”. Una risposta indiretta alle critiche da opposizione e Anpi sulla tolleranza invece verso Casapound.

L’ira del centrosinistra

Il centrosinistra invece parla di un’operazione fatta ad arte per spostare l’attenzione dai problemi veri. “Che non ci possano essere zone franche dal diritto, perché Meloni non lo dice al suo amico Netanyahu che sta occupando illegalmente Gaza e la Cisgiordania?”, chiede Elly Schlein. Dalle opposizioni in molti pensano che l’anticipo a sorpresa dello sgombero sia dettato anche dalla volontà del governo di evitare che il Leoncavallo potesse diventare il palcoscenico della festa di Avs prevista ai primi di settembre proprio nei locali occupati. E si fa notarere come il pugno di Piantedosi si sia abbattuto sul “Leonka” di Milano mentre a Roma l’occupazione di uno stabile da parte del primo gruppo di ispirazione fascista, Casapound, sia ancora tollerata. “Lo sgombero del Leoncavallo dimostra ancora una volta l’ipocrisia e il doppiopesismo di questo governo. Il Leoncavallo viene liquidato come semplice ‘illegalità’, mentre l’immobile occupato dai fascisti di Casapound nel cuore di Roma resta intoccabile per Piantedosi”, ha attaccato Angelo Bonelli di Alleanza Verdi e Sinistra. Sulla stessa linea l’Anpi che ricorda come su Casapound “il ministro Piantedosi non ha mai mosso un dito”.


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