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Manifestazioni pro Gaza: perché sono due, a Roma e a Milano, e quali sono le differenze

Tutti per fermare il massacro dei civili a Gaza, tutti per il riconoscimento dello Stato della Palestina all’insegna del “due popoli due Stati”, tutti contro la politica militare di Benjamin Netanyahu. E allora perché le manifestazioni organizzate dalle opposizioni sono due? Prima a Milano con l’evento all’interno del teatro Parenti organizzato da Azione e Italia Viva, con gli interventi dei due leader Carlo Calenda e Matteo Renzi dopo tanto tempo di nuovo insieme. Il giorno dopo con il corteo romano che si snoderà da piazza Vittorio a piazza San Giovanni organizzato da Pd, M5s e Alleanza Verdi Sinistra.

L’accusa dei centristi: poco spazio al rischio antisemitismo nella piattaforma di Roma

Il fatto è che, nonostante gli obiettivi comuni, le piattaforme delle due mobilitazioni contengono delle differenze non di poco conto: quella di Roma riprende pari pari la mozione unitaria di Pd, M5s e Alelanza Verdi|Sinistra presentata alla Camera in cui si chiede, tra le altre cose, lo stop all’accordo di associazione Ue-Israele. La seconda pone invece un accento particolare sul contrasto all’antisemitismo. «Se avessero voluto anche la nostra partecipazione avrebbero integrato la piattaforma con i rilievi di Sinistra per Israele (l’associazione dei dem Emanuele Fiano, Piero Fassino e Lia Quartapelle, ndr) e avrebbero quindi detto cose molto più nette contro Hamas, cose molto più nette contro l’antisemitismo, cose molto più nette sulla liberazione degli ostaggi israeliani…», si fa sapere in casa centrista. E lo stesso Calenda la mette così: «Non ho nulla contro la manifestazione di Roma, di cui però non condividiamo ciò che manca: il pezzo su Hamas, il pezzo su chi vuole la distruzione dello Stato di Israele, il pezzo sull’antisemitismo ancora più forte e pronunciato». Insomma, il fatto che Pd, M5s e Avs si siano rifiutati di integrare la loro piattaforma dando più forza ai temi posti dai centristi – anche perché, va detto, i temi del rischio antisemitismo e della liberazione degli ostaggi erano già presenti nella mozione parlamentare – ha portato alla rottura e al paradosso di due piazze con lo stesso fine.

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E i riformisti del Pd vanno a entrambe le iniziative: sbagliato dividersi

«L’obiettivo comune è il cessate il fuoco a Gaza – sottolinea il senatore della minoranza dem Filippo Sensi -. Sarebbe stata meglio una sola manifestazione che rappresentasse tutte le forze di opposizione che nei giorni scorsi hanno chiesto al governo di riferire su Gaza. C’erano tutte le condizioni. Così non è stato. Ma in questo momento, al di là di ogni distinguo, l’importante era che ci si mobilitasse tutti per il cessate il fuoco. Perciò, come parlamentari, se si deve fare sia a Roma che a Milano, vuol dire che si va a tutte e due». Una pattuglia del Pd, dunque, sarà a entrambe le manifestazioni: oltre a Sensi e ai dirigenti di Sinistra per Israele, saranno sia a Roma sia a Milano anche Simona Malpezzi, Lorenzo Guerini, Graziano Delrio, Alessandro Alfieri, Walter Verini, Pina Picierno, Giorgio Gori e altri. Con l’ex premier Paolo Gentiloni che avverte: «Il 7 giugno a Roma è molto importante che non ci siano ambiguità nella condanna di Hamas e la richiesta di liberazione degli ostaggi».

L’asse di Schlein con il M5s di Conte e le diverse sfumature sul “genocidio”

Ad ogni modo le due manifestazioni sono la conferma, se ce ne fosse ancora bisogno, che la politica estera resta il principale fattore di divisione del campo largo. Con il Pd di Elly Schlein che in questa fase privilegia l’asse “ristretto” con il M5s e Avs, lo stesso in favore dei referendum sul lavoro, mettendo per ora la sordina alle forti divisioni con il partito di Giuseppe Conte sulla questione ucraina e sul riarmo Ue. Ma, a ben guardare, differenze ci sono anche sulla questione mediorientale. Basta ascoltare il leader del M5s: «A Gaza c’è un genocidio e chi oggi non lo guarda in faccia, chi dice che non si può fare la manifestazione si assume una responsabilità storica. Siamo oltre la violazione del diritto, siamo di fronte a uno scempio dell’umanità». Parole che in casa Pd – dove il termine “genocidio” rifiutato dagli ebrei è manovrato con estrema cautela – vengono pesate una a una. Anche nel timore che sabato nella piazza romana qualche animo si possa incendiare troppo.


Fonte: http://www.ilsole24ore.com/rss/notizie/politica.xml


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