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    Papa: su donne e Lgbt la dottrina della Chiesa non cambierà

    Ascolta la versione audio dell’articoloLa Chiesa continua ad essere aperta a “tutti, tutti, tutti”, come detto da Papa Francesco, ma «trovo altamente improbabile, certamente nel prossimo futuro, che la dottrina della Chiesa, in termini di ciò che insegna sulla sessualità, ciò che la Chiesa insegna sul matrimonio, cambierà». E lo stesso vale per le donne diacono: «Al momento non ho intenzione di cambiare l’insegnamento della Chiesa sull’argomento. Credo che ci siano alcune domande precedenti che devono essere poste». Sono alcuni dei temi affrontati da Papa Leone XIV nel libro-intervista che esce oggi in Perù (Penguin), a firma di Elise Ann Allen, di Crux. «Ho già parlato di matrimonio, come ha fatto Papa Francesco quando era Papa, di una famiglia composta da un uomo e una donna in un impegno solenne, benedetti nel sacramento del matrimonio. Ma anche solo dirlo, capisco che alcuni lo prenderanno male» dichiarar il Pontefice.Su migranti «preoccupato da ciò che accade in Usa»«Negli Stati Uniti stanno accadendo alcune cose che destano preoccupazione» dice il Papa nel libro-intervista. «In una delle ultime conversazioni che ho avuto con il vicepresidente degli Stati Uniti – non ho avuto conversazioni dirette con il Presidente né l’ho incontrato – ho parlato della dignità umana e di quanto sia importante per tutte le persone, ovunque si nasca, e spero che si trovino modi per rispettare gli esseri umani e il modo in cui li trattiamo nelle politiche e nelle scelte che facciamo».Loading…Su genocidio a Gaza «Santa Sede per ora non si pronuncia»«La parola genocidio viene usata sempre più spesso. Ufficialmente, la Santa Sede non ritiene che si possa fare alcuna dichiarazione in merito in questo momento» dice il Papa rispetto alla situazione a Gaza. «Esiste una definizione molto tecnica di cosa potrebbe essere il genocidio, ma sempre più persone sollevano la questione, tra cui due gruppi per i diritti umani in Israele che hanno rilasciato questa dichiarazione» spiega Papa Leone. E su Gaza aggiunge che Israele non risponde neanche agli appelli degli Stati Uniti. «Anche con una certa pressione, non so quanto grande sia stata dietro le quinte, ma anche dagli Stati Uniti, che sono ovviamente la terza parte più importante che può esercitare pressioni su Israele. Nonostante alcune dichiarazioni molto chiare del governo degli Stati Uniti, recentemente del presidente Trump, non c’è stata una risposta chiara in termini di ricerca di modi efficaci per alleviare le sofferenze della popolazione, degli innocenti di Gaza – dice il Papa -, e questo è ovviamente motivo di grande preoccupazione».La crisi degli abusi nella Chiesa ancora non è stata risoltaIl Papa parla poi degli abusi sessuali come «una vera crisi» della Chiesa che «deve continuare ad affrontare perché non è stata risolta. Ci vorrà ancora tempo perché le vittime devono essere trattate con grande rispetto e con la consapevolezza che coloro che hanno subito ferite molto profonde a causa degli abusi, a volte le portano con sé per tutta la vita. Sarebbe ingenuo, da parte mia o di chiunque altro, pensare che, nonostante abbiamo concesso loro una sorta di risarcimento finanziario, o che abbiamo affrontato la causa e il sacerdote è stato licenziato, quelle ferite siano destinate a scomparire da sole», dice Prevost. «Allo stesso tempo, uno dei fattori che complica la situazione, e su cui le persone stanno iniziando a parlare sempre di più, è che anche gli accusati hanno dei diritti e molti di loro credono che tali diritti non siano stati rispettati. Le statistiche mostrano che ben oltre il 90% delle persone che si fanno avanti e muovono accuse sono autentiche vittime. Dicono la verità. Non si inventano nulla» LEGGI TUTTO

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    Meloni: l’Italia non può condividere la scelta di occupare Gaza

    Ascolta la versione audio dell’articolo «La reazione di Israele è decisamente sproporzionata, un quadro che non può che peggiorare con l’occupazione di Gaza City, una scelta che l’Italia non può condividere». Così la presidente del Consiglio e leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, dal palco ad Ancona per sostenere la corsa alla presidenza delle Marche di Francesco Acquaroli. «I terroristi di Hamas ancora oggi si rifiutano di liberare gli ostaggi – ha aggiunto -. Cerchiamo di costruire pace con risposte, non solo con gli slogan».Loading…«Oggi Italia in testa a dare il passo agli altri Paesi»«Giorni fa ho letto un titolo del quotidiano The Telegraph che, tradotto, diceva: “Sai che l’Europa è in un pasticcio quando l’Italia è il protagonista di spicco”. In questo titolo c’è uno dei tanti elementi di spocchia a cui siamo stati abituati, ma ce dimostra una idea molto chiara di come ci vedevano prima e non adesso. Oggi siamo in testa a dare il passo perché è quello che una nazione merita», aggiunge la premier alla chiusura della campagna elettorale del centrodestra. «C’è un business dell’odio» È l’espressione usata da Giorgia Meloni, presidente del Consiglio e leader di FdI, al comizio del centrodestra ad Ancona per Francesco Acquaroli in vista delle Regionali nelle Marche. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire – ha detto -, alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c’è un business dell’odio. Ogni giorno vedo post sui social carichi di accuse e ingiurie a me e al governo, e sono quasi sempre accompagnati dall’invito a comprare qualcosa, un libro, un biglietto per uno spettacolo teatrale. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare». LEGGI TUTTO

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    Marche primo test elettorale d’autunno, oggi la sfida a distanza dei comizi tra Meloni e Schlein

    Ascolta la versione audio dell’articoloSfida a distanza tra maggioranza e opposizione sulle Marche con i leader impegnati nella caccia all’ultimo voto. La premier Giorgia Meloni sarà, nelle prossime ore, con i vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani sul palco di Ancona per la manifestazione a sostegno della candidatura di Francesco Acquaroli. Nelle stesse ore a Pesaro, a pochi chilometri di distanza, Elly Schlein e Stefano Bonaccini proveranno a tirare la volata al candidato del campo largo Matteo Ricci.Marche al voto il 28 e 29 settembreIn attesa dell’esito del test nella Regione che apre le danze delle competizioni autunnali col voto del 28 e 29 settembre, nel centrodestra si cerca ancora la quadra su tutto il dossier nel suo complesso. La Lega morde il freno anche in vista del weekend di Pontida ma la partita, per allora, non sarà ancora del tutto chiusa. A farlo capire è lo stesso Salvini. «Dopo il raduno di Pontida contiamo di chiuderla bene», ha detto al termine della riunione del Consiglio federale. A pesare su tutta la vicenda sono i veti incrociati tra Lega ed FdI che complicano la soluzione. Il partito della premier punta, infatti, a mettere nero su bianco un pacchetto che comprenda, insieme all’indicazione di un leghista per il Veneto anche quello di un proprio nome per la Lombardia. Non solo. Secondo i rumors, la richiesta del primo azionista della maggioranza alla Lega sarebbe anche quella di far cadere le resistenze sulla riforma della legge elettorale. Sono noti, infatti, i dubbi del partito di Salvini, sull’ipotesi di modifica dell’attuale sistema di voto con la cancellazione della parte di collegi uninominali dove il centrosinistra, tutto unito, potrebbe fare la parte del leone. E l’altra questione ancora da chiudere resterebbe quella dell’ipotetica lista Zaia che vede la contrarietà di FdI.Loading…Si allontana il vertice dei leader della maggioranza Messe così le cose, in attesa delle ultime risposte, si allontana anche il vertice dei leader della maggioranza che dovrebbe servire a sancire l’intesa. Il leader azzurro Antonio Tajani si è detto «ottimista» su un accordo per il Veneto in tempi rapidi spiegando di non avere preclusioni nei confronti dei leghisti. Dall’altro lato anche Salvini ha lanciato messaggi in qualche modo distensivi. «Chi si ferma è perduto – il suo appello – noi facciamo delle proposte. Noi, come Lega, abbiamo oltre 500 sindaci, tanti in Veneto: mettiamo a disposizione il meglio che possiamo esprimere. Alberto Stefani è uno dei nomi, ha 32 anni, e ha dimostrato di saper amministrare. Tutti dicono spazio ai giovani e Stefani potrebbe essere il governatore più giovane d’Italia. Lo mettiamo a disposizione, non imponiamo niente a nessuno».Scintille tra Noi Moderati e Forza Italia Intanto nell’alleanza di centrodestra si registra anche qualche scintilla con Noi Moderati dopo che Pino Bicchielli ha lasciato il partito per approdare nelle file di Forza Italia. «È spiacevole constatare come Forza Italia, invece di valorizzare la leale collaborazione che abbiamo sempre garantito, ontinui a muoversi con logiche di cannibalizzazione degli alleati. Da questo partito continuiamo a ricevere ostilità, dalla Toscana alla Calabria», ha sottolineato il coordinatore Saverio Romano che ha chiesto un chiarimento con il partito azzurro.La partita nel centrodestra sui nomi per la Campania e la Puglia Nel centrodestra mancano, poi, ancora i nomi per la Campania e la Puglia ma sembra sempre più probabile che la maggioranza, alla fine, vada su nomi di civici. Intanto, dopo la presentazione delle lista in Toscana scoppia un piccolo caso per la scelta di una candidata di Fratelli d’Italia di correre con l’alias “Stefania del Marcheschi”, il nome del senatore del quale è stata per anni il braccio destro. «Per me – ha spiegato Stefania Vivoli, la diretta interessata – non è mai stato né denigratorio né maschilista: se al posto di un uomo ci fosse stata una donna, sarebbe stato lo stesso. Non si tratta di appartenenza a qualcuno, ma di un modo per rendermi più riconoscibile sulla scheda elettorale». LEGGI TUTTO

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    Tajani schiera l’Italia: governo contrario all’offensiva a Gaza

    Ascolta la versione audio dell’articoloL’operazione di terra israeliana, con i carri armati che avanzano in diverse aree alla periferia di Gaza City, non è condivisa dal governo italiano. La linea è dettata dal ministro degli Esteri Antonio Tajani. «Abbiamo sempre detto di essere contrari all’offensiva su Gaza per i rischi che corre la popolazione civile, non certo per difendere Hamas che usa gli ostaggi come scudi umani» ha detto Tajani a Skytg24. E ha aggiunto. serve «accelerare i tempi per un cessate il fuoco, la liberazione degli ostaggi senza condizioni e la fine degli attacchi. Si è già vista una carneficina in questi mesi a Gaza, non sarà facile».Crosetto: l’attacco a Gaza non fa il bene di IsraeleSulla stessa lunghezza d’onde il ministro della Difesa Guido Crosetto: «Non penso che l’attacco a Gaza sia il bene di Israele. Non penso che la lotta ad Hamas, che è sacrosanta, debba essere fatta in questo modo, non penso che si possa pensare di deportare il popolo palestinese, non è una cosa che mette in sicurezza Israele, ma neanche nessun altro Paese del Medioriente. Io penso che vada trovata una possibilità di convivenza tra palestinesi e Israele e che questo sia possibile se in qualche modo si estirpano i proxi dell’Iran e delle organizzazioni terroristiche come Hamas. Il modo che ha scelto Netanyahu, non Israele, sono due cose diverse per me, secondo me non è il metodo giusto» ha detto il ministro della Difesa a margine del forum Defence Procurement a Roma.Loading…Opposizioni: Gaza brucia, Meloni venga a riferireE intanto l’opposizione incalza Meloni a riferire in Aula. «Siamo stanchi di sentire le banalità di Tajani, che dice: “siamo contrari alle operazioni di Israele perché ci sono rischi per i civili”. Le cose sono due: o siete complici o siete totalmente inadeguati» ha detto il capogruppo M5s Riccardo Ricciardi associandosi alla richiesta del Pd di comunicazioni della premier Meloni su Gaza. «E’ ora che la presidente venga in Aula – si è associato Roberto Giachetti (Iv) – a fare un ragionamento su quale ruolo l’Italia intende svolgere. Ci venga a dire quali sono le iniziative che il governo intende prendere per fermare un’azione che non è più giustificabile da alcun punto di vista». Alla richiesta si è associata anche Azione.Schlein: pagina tragica, l’Italia non sia complice«L’occupazione illegale di Gaza da parte dell’esercito israeliano va fermata subito, dove invece devono entrare aiuti umanitari, cibo, medicinali per prestare soccorso a un popolo stremato e ridotto alla fame» ha dichiarato la segretaria del Pd Elly Schlein, in una nota, definendo quello di Netanyahu un «piano criminale concordato con Trump per colonizzare la Palestina, annettere la Cisgiordania e annientare la popolazione civile». E ancora: «L’Europa ha iniziato a reagire, seppur tardivamente, invocando sanzioni al governo israeliano. La contrarietà del governo italiano è tra le cause dell’immobilismo Ue. Dopo più di 60mila morti palestinesi, Meloni ancora sceglie Trump e Netanyahu e frena una dura reazione europea. Non possiamo accettare che l’Italia sia complice, perché siamo davanti a una delle pagine più buie e tragiche della storia contemporanea» conclude.Fratoianni: non è una guerra, è in corso un genocidioAncora più dura la reazione di Avs. «L’attacco di terra a Gaza è un altro salto di qualità nel genocidio, nello sterminio del popolo palestinese: faccio un appello, l’ennesimo, al governo italiano, fate qualcosa, intervenite. Basta con le parole vuote, con l’ipocrisia, con la complicità, non è più sopportabile». A dirlo, a Firenze, il segretario di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, che stamani, nella sede Arci di piazza dei Ciompi, ha partecipato alla presentazione dei candidati di Avs alle regionali in Toscana, assieme al segretario di Europa Verde, Angelo Bonelli. LEGGI TUTTO

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    Calabria al voto tra l’incognita alta velocità e un futuro vista Ponte sullo stretto

    Alta Velocità, sì-no?Tiene banco il rebus dell’alta velocità: si farà o no? In Calabria è da considerarsi ancora un’opera strategica? Ed è sempre propedeutica alla realizzazione del Ponte sullo Stretto? Mentre Rfi continua a parlare di “itinerario strategico per la connessione tra il Nord e il Sud del Paese”, resta in ombra proprio il destino delle tratte calabresi, da Praia a Reggio Calabria: mancano svariati miliardi (17, 2) per completare l’opera. Ma l’ombra si dirada nelle dichiarazioni di Francesco Russo, fra i massimi esperti di mobilità e infrastrutture e di pianificazione ferroviaria ad alta velocità, docente di Ingegneria dei Sistemi di mobilità sostenibile all’università di Reggio Calabria, che ha chiara la situazione: «Basta consultare i documenti e i grafici della Commissione europea per capire che fino al 2050 per i tratti ferroviari da Praia a Reggio Calabria non si spenderà un centesimo. Non solo, alla fine tutto il tracciato di Av, presentato in Commissione Trasporti nel 2022, risulterà più lungo della linea convenzionale. Unico caso al mondo in cui l’Av non riduce le distanze temporali tra i terminali ferroviari estremi».Ponte sullo Stretto, lato CalabriaAnche il Ponte sullo Stretto, lato Calabria, in questa fase molto preliminare, si misura con il territorio e la comunità di Villa San Giovanni, città direttamente interessata dai lavori, che rischia un completo smembramento del tessuto urbano. L’amministrazione comunale chiede alla società Stretto di Messina, che realizzerà il Ponte, «pozzi, desalinizzatori per l’acqua, un nuovo depuratore, la riqualificazione della rete idrica e fognaria insieme a quella dell’illuminazione, un accurato monitoraggio ambientale, viabilità alternative ed esclusive per i cantieri ed espropri a progetto esecutivo», come spiega Albino Rizzuto, assessore all’Urbanistica del comune.Aiello, la discontinuità politica è un rischio«Bisogna tener presente che l’economia calabrese è strutturalmente fragile. E la frammentazione amministrativa e la discontinuità politica ne aggravano ulteriormente le debolezze – fa notare Francesco Aiello, ordinario di Politica Economica al dipartimento di Economia, Statistica e Finanza dell’Unical -. Se è legittimo e necessario occuparsi di welfare innovativo e diritti fondamentali come sanità e mobilità, è altrettanto importante che la politica regionale comprenda le cause del proprio declino per elaborare una strategia capace di rendere attrattiva la Calabria, dando priorità a politiche selettive in grado di rafforzare le istituzioni, assicurare un uso efficace delle risorse pubbliche e sostenere investimenti in settori ad alta intensità di conoscenza, innovazione e capitale umano. Senza questa rivoluzione di metodo – avverte Aiello – la Calabria diventerà ancora più piccola, più povera e più assistita». Un colpo a Tridico, uno a Occhiuto.Il piano di Unindustria CalabriaEd è ai tre candidati alla presidenza della Regione che Unindustria Calabria proporrà nei prossimi giorni un documento in 10 punti con un piano per la Calabria. «La guerra lampo delle dimissioni di Occhiuto ci ha obbligati a un intervento tempestivo – afferma il presidente Aldo Ferrara – ma abbiamo chiara la rotta. Un piano export per le imprese che studi a fondo i mercati, un piano paesaggistico per le aree industriali e la loro riqualificazione per una maggiore attrattività, l’unione fra comuni per mettere insieme servizi e personale, una grande rigenerazione del sistema degli enti locali e poi le infrastrutture. Per noi l’Alta Velocità non è negoziabile. Ovviamente, al centro, poniamo la legalità».Il mantra di Rubbettino, la cultura come leva per lo sviluppoE in questa estate così anomala, se i territori hanno mantenuto salda la propria identità profonda – a parte l’innata capacità tutta calabrese di assorbire i colpi – è stato grazie a un’offerta culturale di grande qualità, che ha svolto efficacemente la funzione di coesione sociale: festival, mostre e dibattiti ancora riempiono le piazze. Più dei comizi elettorali. Del resto, è il mantra dell’editore Florindo Rubbettino: «La cultura come leva strategica per lo sviluppo». Così, all’interno di Carta, museo e parco d’arte contemporanea a Soveria Mannelli, Rubbettino e Lanificio Leo hanno fatto prove tecniche di futuro fra arte, tecnologia e memoria industriale nella nuova edizione di IndustriArti. Rilanciano nei prossimi giorni con la decima edizione di Sciabaca Festival. Nell’anfiteatro di Gallicianò, cuore della Calabria Greca, il regista Alessandro Serra ha portato il suo Edipo, tutto recitato in grecanico, lingua ancora usata – e studiata – nell’area ellenofona della regione. Ovunque si rileggono (e si riscrivono) Corrado Alvaro e Franco Costabile, Mario La Cava e Saverio Strati, il pensiero si fa più meridiano sotto la quercia di Africo con Gente in Aspromonte, mentre spopolamento e restanza (quella di Vito Teti) diventano temi universali. All’Hyle Book Festival di Taverna, nella Sila catanzarese, la letteratura, la musica e l’arte hanno ricamato sogni e foreste. A picco, sulle rocce di Capo Vaticano, nella casa dello scrittore Giuseppe Berto, si è svolto il rituale raduno di artisti e intellettuali in cerca del paradiso, e a San Lucido, sul Tirreno cosentino, il Fotografia Calabria Festival ha ospitato Silence is a Gift, immagini di Ciro Battiloro sull’intimità sofferta, ma anche vitale, di alcuni rioni del Sud. Partendo dal quartiere Santa Lucia di Cosenza Vecchia. In calendario, il programma è ancora fitto. LEGGI TUTTO

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    Regionali in Veneto: nel braccio di ferro tra Fdi e Lega anche premierato e legge elettorale

    Ascolta la versione audio dell’articoloDetto, fatto. Avanti tutta con la separazione delle carriere, che sarà in Aula a Montecitorio già oggi 16 settembre, dopo che il presidente azzurro della commissione Affari costituzionali della Camera Nazario Pagano avrà fatto votare il mandato ai relatori: l’obiettivo è il sì entro settimana. Si tratta della prima delle due “letture conformi” previste. Camera e Senato (quest’ultimo entro fine anno), dopo i primi due via libera a gennaio e luglio 2025, devono infatti esprimersi con un sì o con un no senza più possibilità di emendare, e già a giugno 2026 si potrà celebrare il referendum confermativo previsto per le modifiche costituzionali approvate con meno dei due terzi dei voti.D’altra parte la riforma della giustizia è l’unica che mette d’accordo tutti i partiti del centrodestra e, secondo i sondaggi, anche la maggioranza degli italiani. Ma la novità della Capigruppo che il 10 settembre scorso ha stabilito l’agenda dei lavori parlamentari dopo la pausa estiva è la comparsa, o meglio la ricomparsa, della “madre di tutte le riforme” cara a Giorgia Meloni, ossia quel Ddl Casellati per l’elezione diretta del premier e il rafforzamento dei suoi poteri che era stato approvato a giugno 2024 dal Senato ed era poi finito su un binario a scartamento ridotto: dopo il lungo sonno il premierato è spuntato nel calendario d’Aula di novembre.Loading…Dopo il sì alla riforma della giustizia, ritorna in pista il premierato: in Aula a novembreCerto, non c’è una data precisa e la scadenza potrà essere spostata, visto che Meloni ha già deciso che il referendum confermativo sul premierato si terrà dopo le prossime elezioni politiche del 2027, ma la comparsa nel calendario d’Aula è segno che qualcosa si muove sul fronte delle modifiche che, a detta di tutti nella maggioranza, andranno apportate al testo Casellati uscito da Palazzo Madama. Due i punti sotto la lente: il sistema di elezione del premier e il peso degli elettori all’estero, il cui voto nel caso di elezione diretta varrebbe per “testa” e non potrebbe più confluire nelle circoscrizioni apposite che eleggono 4 senatori e 8 deputati. Su quest’ultimo punto si sta pensando di prevedere un meccanismo di perequazione in Costituzione in modo che i 5 milioni di elettori all’estero possano esprimere il loro voto senza rischiare ribaltare il risultato in patria. Quanto al sistema elettorale, il Ddl Casellati prevede che «la legge disciplina il sistema elettorale delle Camere secondo i principi di rappresentatività e governabilità e in modo che un premio, assegnato su base nazionale, garantisca il 55 per cento dei seggi in ciascuna delle due Camere alle liste e ai candidati collegati al presidente del consiglio dei ministri». Ma visto che la Consulta, nel bocciare il Porcellum nel 2014 e l’Italicum nel 2017, ha stabilito il principio che il premio deve essere ragionevole e non superare il 15%, una soglia di almeno il 40% per farlo scattare andrà prevista. E visto anche che l’unico modo di “garantire” la maggioranza è prevedere il ballottaggio se nessuno raggiunge il 40% e che il ballottaggio è da sempre inviso alla Lega, la parola “garantisca” del testo Casellati andrà sostituita con “favorisca”.La partita del superamento del Rosatellum: premio e indicazione del premier sulla schedaFin qui le modifiche da apportare alla riforma costituzionale. Ma è ormai sul tavolo l’ipotesi di cambiare comunque il Rosatellum, in attesa che il premierato venga approvato dagli italiani nella prossima legislatura, disegnando un “abito” che possa poi andare bene, con le dovute modifiche, anche per l’elezione diretta prevista dal Ddl Casellati: riaprire il file delle modifiche alla riforma costituzionale significa di fatto aprire anche il confronto nella maggioranza sulla riforma elettorale. Lo schema sul tavolo di Palazzo Chigi fin da gennaio è quello di superare la lotteria dei collegi uninominali (il 37% del totale) adottando un sistema a base proporzionale con premio di maggioranza del 55% dei seggi per la coalizione che supera il 40% dei voti e con indicazione del nome del candidato premier sulla scheda elettorale: vincitore sicuro (basta un solo voto in più) e scelta diretta del premier da parte degli elettori anche in assenza di premierato. Con l’attuale legge elettorale, infatti, il rischio per Meloni è quello di una non vittoria: nel 2022 le opposizioni sono andate alle urne addirittura divise in tre ed è questa la principale ragione della vittoria netta del centrodestra con la conquista dell’80% dei collegi uninominali.Le resistenza della Lega (e le perplessità di Fi) a cambiare la legge elettoraleEbbene, su questo fronte le maggiori resistenze al progetto meloniano sono venute e vengono, ancora una volta, dalla Lega. Restii ad abbandonare i collegi uninominali che esaltano il peso specifico del partito al Nord con una sovra rappresentazione in Parlamento, i leghisti sono poi preoccupati di un altro possibile effetto: con l’indicazione del nome del premier (cioè Meloni) sulla scheda elettorale c’è il possibile drenaggio di voti interni alla coalizione in favore di Fratelli d’Italia (qualcuno ha calcolato un possibile drenaggio di 700-800mila voti). Effetto, quest’ultimo, che per la verità preoccupa anche Forza Italia: non a caso nelle scorse ore il vicepremier e leader azzurro Antonio Tajani ha espresso pubblicamente le sue perplessità («ogni partito dovrebbe poter indicare il suo candidato alla guida del governo, poi è chiaro che sarà il partito della coalizione che prenderà più voti ad esprimere il premier»). LEGGI TUTTO

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    Vannacci accusa la sinistra, Tajani evoca Calabresi: si incendia lo scontro sulla violenza politica

    Ascolta la versione audio dell’articoloLe reciproche accuse tra centrodestra e centrosinistra, di alimentare un clima di violenza che si dispiega soprattutto sui social, irrompono anche nella campagna elettorale per le regionali. Oggi ci ha pensato Roberto Vannacci, eurodeputato e vicesegretario della Lega, a margine della presentazione delle liste per le elezioni regionali in Toscana, a riattizzare lo scontro. «Il clima che si respira dopo l’omicidio dell’attivista conservatore statunitense Charlie Kirk è una cosa vergognosa: e purtroppo, l’ho scritto anche sui miei social, devo constatare che la violenza è sempre a sinistra» ha detto l’ex generale. «Il minuto di silenzio negato all’Europarlamento di Bruxelles, con tutto l’emiciclo sinistro dell’aula che applaudiva per questa negazione, è stato un indicatore vergognoso della situazione che si è venuta a creare», ha aggiunto Vannacci, secondo cui «questa è la situazione, il clima di violenza è sempre da una stessa parte: noi andiamo avanti, sicuri che il nostro sia l’atteggiamento giusto. Mai una volta abbiamo taciuto di fronte alla violenza, di qualsiasi colore essa fosse stata».Salvini: odio su social, io non augurerei mai morte D’accordo con Vannacci si è detto il leader della Lega Matteo Salvini: «Basta scorrere i social in questi giorni o accendere ahimè anche la tv, con gente che dice che Charlie Kirk se l’è cercata. Io al mio peggior nemico non augurerei né di morire né nessun male».Loading…Tajani: clima da Br? Ricordiamoci l’omicidio Calabresi Ma la giornata è stata segnata anche dall’intervento del leader azzurro Antonio Tajani. Rispondendo ad una domanda sul parallelo fatto dal ministro Luca Ciriani, responsabile dei Rapporti con il Parlamento, tra il clima attuale e quello delle Brigate Rosse, il vicepremier di Forza Italia ha rilanciato: «Si è iniziato col criminalizzare le persone, ricordiamo la storia del commissario Calabresi» e «fu tutta una campagna orchestrata contro questo funzionario di polizia» che dopo «venne assassinato». Di qui il monito: «Bisogna stare attenti ad aizzare l’opinione pubblica perché non è detto che sia per forza un militante politico a compiere atti criminali»La presa di posizione di MeloniNel centrodestra, del resto, dopo l’omicidio Kirk, è tutto un levare gli scudi. A partire dalla premier. Un passaggio ampio dell’intervento alla festa dell’Udc è stato dedicato alle reazioni nel mondo politico all’omicidio dell’attivista politico repubblicano negli Usa. «Odio e la violenza politica stanno tornando drammaticamente una realtà, facendo venire molti nodi al pettine» ha denunciato Meloni che ha ricordato di provenire «da una comunità politica che spesso è stata accusata di diffondere odio, guarda un po’ dagli stessi che festeggiano e giustificano l’omicidio intenzionale di un ragazzo che aveva la colpa di difendere con coraggio le sue idee». Di qui l’affondo: «Io credo che sia arrivato il momento di chiedere conto alla sinistra italiana di questo continuo minimizzare o addirittura di questo continuo giustificazionismo della criminalizzazione, della violenza nei confronti di chi non la pensa come loro. Perché il clima anche qui in Italia sta diventando insostenibile ed è ora di denunciarlo ed è ora di dire chiaramente che queste tesi sono impresentabili, pericolose, irresponsabili e antitetiche a qualsiasi embrione di democrazia». LEGGI TUTTO

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    Crosetto: siamo impreparati ad un attacco russo e di altri paesi

    Ascolta la versione audio dell’articolo«Non siamo pronti né ad un attacco russo né ad un attacco di un’altra nazione, lo dico da più tempo. Penso che abbiamo il compito di mettere questo Paese nella condizione di difendersi se qualche pazzo decidesse di attaccarci: non dico Putin, dico chiunque». Così il ministro della Difesa Guido Crosetto, rispondendo ai cronisti a margine della presentazione a Roma del bilancio del tour mondiale del Vespucci. «Non lo siamo perché non abbiamo investito più in difesa negli ultimi vent’anni e quindi i vent’anni non si recuperano in un anno o in due anni».«Fianco Est? Abbiamo anche quello Sud»Il ministro ha aggiunto: «Siamo tra i primi contributori in assoluto nella Nato sul fianco est. Ma abbiamo anche il fianco sud e quindi credo che il contributo dato finora su quello Est sia abbastanza. Se poi dovremmo incrementarlo ci verrà formalmente chiesto: su questo ad oggi ho visto solo una dichiarazione di Rutte, ma non una formale richiesta all’Italia. Se ci verrà chiesto decideremo».Loading… LEGGI TUTTO