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    Cos’è la Consulta e come funziona

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaÈ il cosiddetto “giudice delle leggi”. Come stabilisce la Carta, all’articolo 134, la Corte costituzionale giudica sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni; sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni; sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica, a norma della Costituzione. Considerata dal punto di vista delle funzioni, si può dire, con una grossolana semplificazione, che la Corte costituzionale è una “macchina” che produce decisioni.Chi sono i membriLa Corte costituzionale è composta di quindici giudici nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento in seduta comune e per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrative. I giudici della Corte costituzionale sono scelti tra i magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria ed amministrative, i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo venti anni d’esercizio.Loading…Durata del mandatoI giudici della Corte costituzionale sono nominati per nove anni, decorrenti per ciascuno di essi dal giorno del giuramento, e non possono essere nuovamente nominati. Alla scadenza del termine il giudice costituzionale cessa dalla carica e dall’esercizio delle funzioni. La Corte elegge tra i suoi componenti, secondo le norme stabilite dalla legge, il presidente, che rimane in carica per un triennio, ed è rieleggibile, fermi in ogni caso i termini di scadenza dall’ufficio di giudice.L’ufficio di giudice della Corte è incompatibile con quello di membro del Parlamento, di un Consiglio regionale, con l’esercizio della professione di avvocato e con ogni carica ed ufficio indicati dalla legge. Nei giudizi d’accusa contro il Presidente della Repubblica, intervengono, oltre i giudici ordinari della Corte, sedici membri tratti a sorte da un elenco di cittadini aventi i requisiti per l’eleggibilità a senatore, che il Parlamento compila ogni nove anni mediante elezione con le stesse modalità stabilite per la nomina dei giudici ordinari.Su cosa è chiamata a giudicareIn quanto istituto di garanzia (disciplinato dal titolo VI della parte seconda della Costituzione, dedicato, per l’appunto, alle «Garanzie costituzionali»), la Corte è chiamata a giudicare, formalmente, in termini di “legittimità”, vale a dire di conformità alla Costituzione di atti e, talvolta, di comportamenti. E tuttavia essa giudica, sostanzialmente, in termini di “compatibilità”, vale a dire di congruità delle scelte legislative o concernenti lo svolgimento delle funzioni rispetto all’insieme dei princìpi e delle regole della Costituzione. In questo senso, il suo sindacato – che non può implicare valutazioni “di natura politica” o sull’“uso del potere discrezionale del Parlamento” – finisce per estendersi naturalmente, ben oltre i contenuti espressi negli atti, al concreto esercizio delle potestà, riguardando anche le omissioni, i vuoti, perfino i silenzi o i tempi o i modi e, complessivamente, le qualità degli interventi o dei mancati interventi. LEGGI TUTTO

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    Caso Todde, le tappe verso la decadenza: mercoledì il caso alla Giunta per le elezioni

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaI tempi saranno lunghi ma con tappe intermedie. Il percorso che si dovrà seguire per sbrogliare la matassa relativa all’ordinanza ingiunzione di decadenza della presidente della Regione Alessandra Todde sarà a zig zag tra Tribunale e il palazzo del Consiglio regionale. Qui si affronterà il caso del provvedimento comminato dalla commissione di garanzia regionale elettorale (presso la Corte d’Appello di Cagliari) per irregolarità nella rendicontazione delle spese della campagna elettorale dello scorso febbraio.La Giunta per le elezioniIl primo passo, dopo la notifica del provvedimento che prevede anche una sanzione da 40 mila euro e la trasmissione degli atti alla Procura della repubblica per la «dichiarazioni contrastanti», sarà compiuto mercoledì dalla Giunta per le elezioni in Consiglio regionale. Nel corso della seduta della Giunta per le elezioni, che al primo punto dovrà eleggere il vice presidente, sarà illustrato il provvedimento e saranno raccolti tutti gli elementi. Al termine del lavoro si riferirà al Consiglio regionale che dovrà pronunciarsi. L’organismo ha a disposizione 90 di tempo per chiudere la pratica e, come rimarcato dagli addetti ai lavori, «sarà utilizzato tutto il tempo per fare le valutazioni».Loading…Il ricorso in TribunaleNel frattempo i legali della presidente si apprestano a presentare i ricorsi: uno contro la sanzione da 40 mila euro e l’altro contro l’ordinanza ingiunzione al Consiglio regionale per la decadenza della Governatrice. Una volta presentato il ricorso con la richiesta di sospensiva gli atti saranno acquisiti dalla Giunta per le elezioni che dovrà predisporre, su richiesta della Presidenza, un pronunciamento che prende atto dell’impugnazione ai fini del rinvio della convocazione del Consiglio per la decisione di competenza. Quindi la comunicazione formale del presidente all’Assemblea. Il resto sarà legato all’evoluzione del procedimento con cui si è impugnato l’atto. Poi resta da capire, e questa è materia di approfondimento dei giuristi, se l’Assemblea dovrà votare per la decadenza o prendere atto dell’esito del ricorso.Sardegna, Meloni “Non gioisco per la decadenza di Alessandra Todde”I fari della ProcuraC’è poi un altro versante che riguarda la vicenda. Sul caso sono puntati anche i fari della Procura della repubblica di Cagliari, cui la Commissione di garanzia elettorale ha inviato la comunicazione «stante le anomalie nelle dichiarazioni depositate». Per il momento non ci sono indagati. Ora si dovrà far luce sui documenti relativi alla rendicontazione e l’integrazione presentata lo scorso dicembre.L’attività riparteLa presidente, intanto, ha ripreso la sua attività con l’approvazione delle prime delibere del nuovo anno. Al lavoro anche il Consiglio regionale dove non mancano perplessità. All’orizzonte c’è l’approvazione del Bilancio, cui è legata la spesa delle risorse, ma anche la questione sanitaria che tiene banco da tempo giacché in quasi tutti i centri dell’Isola si registrano disagi e problemi proprio legati al settore che dovrebbe occuparsi della salute dei cittadini. LEGGI TUTTO

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    Regionali in Veneto, con la lista Zaia per la Lega possibile anche la vittoria senza Fdi e Fi

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaLa tensione nel centrodestra sta salendo in vista delle elezioni Regionali in Veneto previste quest’anno. Da una parte Fratelli d’Italia, che non esprime nessun governatore nelle Regioni del Nord, pur essendo ampiamente il primo partito in questa zona geografica, rivendica l’indicazione di un suo esponente come candidato del centrodestra. C’è però la Lega (che esprime il governatore uscente Luca Zaia, che però con le leggi attuali non può candidarsi per un terzo mandato) che considera il Veneto la sua «Linea del Piave»: è la regione più autonomista d’Italia e dove il Carroccio ha un consistente bacino di sindaci e consiglieri comunali, la culla, insieme alla Lombardia, del movimento leghista. Tanto che nella Lega iniziano a farsi i primi calcoli, ipotizzando anche una corsa con un proprio candidato, senza Fdi e Fi.Fattore ZaiaFare previsioni non è facile. Ma non c’è dubbio che per la Lega tutto gira intorno al nome di Luca Zaia. Con le leggi attuali il governatore veneto non può ricandidarsi, ma gode ancora di un consenso molto ampio. L’ultimo Governance Poll del Sole24Ore a luglio lo dava con un gradimento al 66%. Nelle regionali del 2020 fu riconfermato governatore con il 76,8% dei voti e la sua lista Zaia ottenne il 44,6% (il candidato di centrosinistra Lorenzoni si era fermato al 15,7%). La lista Zaia ottenne quasi un milione di voti (poco meno di quanto Fdi e Fi insieme hanno preso in regione alle ultime europee di giugno). Chiaro quindi che se la Lega (che alle europee di giugno ha ottenuto in regione il 13,2%) dovesse presentarsi con un proprio candidato con a fianco una Lista Zaia, non sarebbe poi così lunare pensare a una sua vittoria.Loading…Le stime al 40%E nella Lega, proprio su questa linea, iniziano a farsi i primi calcoli. Anche perché è vero che alle Europee di giugno scorso Fdi ha preso il 37,6% in regione, ma alle regionali conta anche il radicamento storico sul territorio, e non ci sarà il nome di Giorgia Meloni in lista. Come riportato dal Corriere della Sera nella Lega in Veneto si ipotizza uno schieramento a sostegno di un candidato del Carroccio (si parla di Mario Conte, sindaco di Treviso, molto vicino a Zaia) che potrebbe vedere la lista Zaia (con il governatore uscente in prima linea nella campagna elettorale), la Lega, delle liste civiche, una lista autonomista ed eventualmente anche Udc e Azione di Carlo Calenda. Totale stimato: 40%. Che significherebbe una altissima possibilità di vittoria. LEGGI TUTTO

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    Meloni: «Mai parlato con Musk di Starlink. Nel 2025 daremo un segnale di attenzione al ceto medio»

    Ascolta la versione audio dell’articolo7′ di lettura«Non ritengo di dovermi difendere dalla previsione di rappresentare un limite o un problema per la libertà di stampa o per la democrazia»: ha esordito così la premier Giorgia Meloni alla conferenza stampa organizzata dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti e dall’Associazione stampa parlamentare. «Sento dire che io non risponderei spesso alle domande dei giornalisti. Ho fatto fare un calcolo: ho risposto nel 2024 a 350 domande, più di una al giorno» ha aggiunto. L’anno è cominciato con 40 domande poste dai giornalisti, sorteggiati tra le 95 richieste arrivate, alle quali la premier ha risposto per circa un’ora e mezza. In platea, fra gli ospiti istituzionali, anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Come sempre vasta la gamma dei temi trattati. In chiusura, in materia di scelte di politica economica, l’annuncio di un’attenzione al ceto medio «risorse permettendo».Il prefetto Rizzi capo del DisTra le notizie l’annuncio della premier che il prefetto Vittorio Rizzi sarà il nuovo capo del Dis. La nomina sarà formalizzata nel Consiglio dei ministri in programma oggi alle ore 18.Loading…Meloni: sul caso Sala triangolazione con Usa e Iran Parlando del caso di Cecilia Salala premier ha rivelato che «c’è stato un lavoro di triangolazione diplomatica con Iran e Usa per quello che riguarda una svolta nel caso – ha detto Meloni rispondendo alla prima domanda dei cronisti -, non direi che c’è stato un momento di svolta perchè la questione è stata seguita dall’inizio. Le interlocuzioni con l’Iran sono di natura diplomatica e di intelligence, il governo è tenuto alla riservatezza in questi casi. Mantovano è stato al Copasir ed è pronto a tornare nel caso in un’ulteriore audizione, ricordiamo che in Iran sono presenti altri 500 italiani e bisogna essere molto cauti».«Su Abedini dialogo con Usa: lavoro non è finito ieri»«Per quello che riguarda Abedini ha detto la premier – il caso è al vaglio della ministero della Giustizia, c’è un vaglio tecnico e politico, e secondo il trattato con gli Stati Uniti. È una vicenda che bisogna continuare a discutere con gli amici americani: avrei voluto parlarne con Biden – che è ha dovuto annullare il viaggio e a cui mandiamo la nostra solidarietà. Le interlocuzioni ci sono e ci saranno: il lavoro ancora complesso non è terminato ieri e penso si debba discutere nei dettagli nelle sedi opportune».«SpaceX? Non ne ho mai parlato con Musk»Si passa poi al caso Starlink. «Sono abbastanza colpita da come alcune notizie false rimbalzino e continuino ad essere discusse anche dopo essere state smentite, come il contratto smentito con SpaceX», ha commentato la premier. Che ha aggiunto: «Usare il pubblico per fare favore agli amici non è mio costume» ma «valuto l’interesse nazionale. E non ho mai parlato personalmente con Musk di queste vicende». LEGGI TUTTO

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    Oggi al Cdm la nomina del successore di Belloni al Dis: in pole il prefetto Rizzi

    Ascolta la versione audio dell’articolo1′ di letturaGiorgia Meloni si appresta a nominare il nuovo direttore del Dis (il Dipartimento incaricato di coordinare le due agenzie operative dell’Intelligence italiana, interna ed esterna) dopo le dimissioni presentate da Elisabetta Belloni (in carica fino al 15 gennaio). Il nodo sarà sciolto al Consiglio dei ministri in programma oggi alle 18, il primo del 2025: la scelta dalla premier è caduta sul prefetto Vittorio Rizzi, attuale vicedirettore dell’Aisi (servizi segreti interni). La nomina dovrebbe essere formalizzata insieme a quella del nuovo vicedirettore dell’Aisi che dovrebbe prendere il posto di Rizzi. Quest’ultima scelta potrebbe ricadere su un generale della Guardia di finanza, Leando Cruzzocrea.Sul tavolo del Governo ci sarà anche l’atto di impugnazione della legge della regione Campania sul terzo mandato per il governatore. Una decisione che ha riflessi anche nel centrodestra, alle prese con il medesimo problema in Veneto.Loading… LEGGI TUTTO

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    Meloni, alle 11 la conferenza di inizio anno: riflettori accesi sul successo del caso Sala

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaIl caso Sala sarebbe stato comunque protagonista questa mattina della conferenza stampa di Giorgia Meloni. Così come il rapporto con Donald Trump e la sua visita recente a Mar-a-Lago, assieme agli interrogativi sulla presunta trattativa con Elon Musk sull’acquisto di Starlink, il sistema satellitare di proprietà dell’imprenditore sudafricano. E certo non sarebbero mancati e non mancheranno gli interrogativi sul recente addio di Elisabetta Belloni dal Dis. Quello che però è accaduto nelle ultime ventiquattr’ore cambia completamente il contesto in cui la premier risponderà alle 40 domande che i giornalisti le porranno.La vittoria nel caso SalaAlla conferenza di fine anno, slittata a inizio 2025, la presidente del Consiglio arriva con l’aura della vincitrice, il viso soddisfatto e quel sorriso che dice: «Ci sono riuscita io, nessun altro». Una partita giocata in prima persona e non senza rischi. Meloni ha scommesso di uscire dal faccia a faccia con Trump con il via libera del prossimo Presidente Usa alla soluzione del caso Sala. Che è arrivata giusto alla vigilia dell’appuntamento più importante con i media.Loading…La contropartita con l’IranLe difficoltà comunque non mancheranno. A partire dal destino dell’ingegnere iraniano Mohammad Abedini Najafabadi e delle eventuali contropartite che saranno certo tra i punti su cui sarà chiamata a dare spiegazioni. La smentita infastidita sulla trattativa con Musk è stata di fatto bruciata dallo stesso tycoon proprietario di X. Meloni è probabile che insisterà nell’evidenziare che non c’è alcun accordo ma che comunque il problema della copertura è reale e va affrontato come ha detto anche il ministro della Difesa Guido Crosetto. Quanto al rapporto con il futuro presidente Usa ribadirà che la relazione tra Italia e Stati Uniti prescinde da chi sia alla Casa Bianca. È saltato invece l’ultimo incontro con Joe Biden, atteso sabato a Roma per la seconda visita in Vaticano da Papa Francesco ma cancellata per gli incendi che stanno devastando la California.I rapporti in EuropaA tenere banco sarà ovviamente anche il rapporto con Bruxelles e le alleanze in Europa. Meloni finora si è mossa abilmente su più fronti e viene vista – soprattutto da Ursula von der Leyen – come un canale per dialogare con Trump. Il tema dei dazi resta centrale. Così come quello dell’automotive. Senza dimenticare la Difesa e la Nato. Per il futuro Presidente Usa la spesa deve raggiungere il 5% del Pil. Un traguardo impossibile. Soprattutto per l’Italia ancora lontana anche dal 2%. A chi glielo chiederà è probabile che la premier risponderà rilanciando il leit motiv sullo scorporo della spesa per la Difesa. Quanto alla legge di Bilancio appena approvata, se ci sarà tempo lo dedicherà a rivendicare la conferma del taglio del cuneo fiscale e dello sconto Ires per le imprese. I mugugni degli alleati per il momento restano sullo sfondo. La liberazione di Cecilia Sala lo ha oscurati. LEGGI TUTTO

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    Terzo mandato, oggi il governo impugna la legge di De Luca: ecco gli scenari

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaIl tempo è scaduto: il termine utile per impugnare davanti alla Corte costituzionale la legge regionale della Campania che permetterebbe di fatto il terzo mandato per il governatore dem Vincenzo De Luca scade il 10 gennaio. Il testo dell’impugnativa, messo a punto tra il ministero per le Riforme retto dall’azzurra Elisabetta Casellati e quello per gli Affari regionali retto dal leghista Roberto Calderoli, è pronto per essere approvato nelle prossime ore dal primo Consiglio dei ministri dell’anno. E ad essere già più che maturo è il malcontento della Lega e dei governatori del Nord, il veneto Luca Zaia e il friulano Massimiliano Fedriga in testa, tanto che a Via Bellerio prende corpo l’ipotesi del non voto («valuteremo a ridosso del Cdm», fanno sapere i collaboratori del vicepremier Matteo Salvini).Il “trucco” di De Luca contro la legge nazionaleIl “trucco” escogitato da De Luca per tentare la terza elezione nella primavera del 2025 – nonostante il no del suo partito di provenienza, ossia il Pd, e soprattutto nonostante il fatto che la legge nazionale del 2004 stabilisca in maniera inequivocabile il limite di due mandati consecutivi – è far valere il calcolo dal mandato in corso e non dalla prima elezione del 2015: «Il computo di due mandati consecutivi decorre da quello in corso di espletamento alla data di entrata in vigore della presente legge», recita la legge regionale approvata il 5 novembre scorso. Legge alla quale in via diretta si può opporre solo il governo entro 60 giorni, appunto. Ma se è vero che quella elettorale è materia concorrente tra Stato e Regioni, la disposizione contenuta nella legge nazionale del 2004 è così precisa – è l’argomento del governo per l’impugnazione – da essere autoapplicativa, senza cioè bisogno di essere recepita.Loading…L’ipotesi elezioni anticipate in Campania e il rischio sospensivaQuale sarà la reazione del governatore sceriffo che la segretaria del Pd Elly Schlein ha giurato di mandare in pensione appena vinte le primarie nel febbraio del 2023? Dall’entourage di De Luca era trapelata nei giorni scorsi l’ipotesi di sue dimissioni immediate in modo da tentare la rielezione, sia pure sub iudice, prima della pronuncia della Corte. Ma sarebbe una scelta altamente rischiosa, ai limiti dell’azzardo, dal momento che i giudici costituzionali potrebbero optare per la sospensiva in base alla legge 87 del 1953 sul funzionamento della Corte: l’efficacia della disposizione impugnata può essere infatti sospesa «per evitare irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico o ai diritti dei cittadini» (si pensi agli altri candidati presidenti in campo e al fatto che le elezioni potrebbero doversi ripetere a stretto giro).Meloni vuole ridisegnare la mappa del potere al Nord in favore di FdiSe i termini giuridici della questione sono chiari, meno lo sono i termini politici, visto il forte pressing leghista per il via libera al terzo mandato del “doge” Zaia. Perché uno stop della Corte a De Luca sarebbe naturalmente uno stop per tutti i governatori che aspirano al terzo mandato, anche se il governatore veneto confida sul fatto che i giudici costituzionali potrebbero ribaltare la questione riportando la competenza su questo tema in capo alle regioni. Ad ogni modo, ci sarà qualche contropartita? La premier, in questi giorni assorbita dai casi internazionali, ha intanto interesse a mettere un punto a una questione che si trascina da troppo tempo e a liberare così la casella del Veneto e delle altre regioni del Nord (Friuli, ma anche Lombardia) per ridisegnare la mappa del potere settentrionale in favore di Fratelli d’Italia. Poi si vedrà.Il piano B dei governatori: far slittare le regionali al 2026Da parte sua Zaia ha sicuramente interesse a rinviare le elezioni al 2026, così come già deciso dal Viminale per i sindaci in scadenza tra il 2025 e il 2026, per poter presiedere alle olimpiadi invernali. E uno slittamento al 2026 potrebbe essere una compensazione anche per De Luca. Meglio tirare a campare che tirare le cuoia, come diceva Giulio Andreotti. Ma al momento anche questa soluzione, su cui sembrava esserci accordo in Conferenza delle Regioni, sembra sbarrata: «Non capisco su quali basi giuridiche…», ha detto il ministro meloniano per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani. Che ha subito aggiunto, a scanso di equivoci: «Tocca a noi di Fratelli d’Italia scegliere il candidato in Veneto». LEGGI TUTTO

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    Il nodo Musk tra Meloni e Ue mentre Salvini riaccende la gara

    Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaDella visita lampo di Meloni da Trump, intanto va riconosciuto l’impegno per Cecilia Sala, la giornalista imprigionata in Iran e oggetto di un difficilissimo negoziato anche con gli Usa. Certo, bisogna aspettare i risultati ma la mossa a sorpresa ha portato sulla scena una premier che ha voluto agire in prima persona anche per riparare agli errori fatti e di cui si saprà meglio col tempo. Però, di questo blitz americano vanno analizzati gli aspetti politici e quindi i rischi e le convenienze per la premier. E non c’è dubbio che la drammaticità dell’arresto di Sala ha accelerato i piani di Meloni su Trump dandole l’opportunità per un faccia a faccia con il neo presidente che segnala lo sganciamento da Biden. Perfino le parole e i toni con cui è stata accolta in Florida, dimostrano quanto lei sia riuscita a far dimenticare quella relazione speciale che si diceva aveva costruito con il presidente democratico.Ma la partenza a sorpresa è stata tale anche per i suoi alleati – Tajani e Salvini – che per l’ennesima volta hanno solo assistito al protagonismo meloniano. Insomma, non siamo costituzionalmente dentro a un premierato ma nei fatti è quello che i leader dei due partiti della coalizione stanno vivendo. E per Salvini il boccone è più amaro perché aveva pensato di poter scavalcare Meloni nel rapporto con Trump e invece non c’è spazio per lui vista l’accoglienza riservata alla premier a Mar – a – Lago. Tant’è che ieri nonostante le smentite di Palazzo Chigi di accordi con Musk sulla rete satellitare, il capo leghista ha provato a rimettersi in gara per conquistarsi le simpatie del tycoon rilanciando la bontà di un’intesa. Ecco, non demorde.Loading…Invece Meloni si mostra più cauta su una vicenda controversa com’è quella dei rapporti con un privato, miliardario. Non si tratta, infatti, di giudicare i legami con gli Usa ma i rapporti con imprenditore che gestisce settori strategici per uno Stato quali le telecomunicazioni, quindi la sicurezza nazionale e un social media in grado di indirizzare l’opinione pubblica. Doveroso chiedersi degli affari di Musk e soprattutto vanno capiti i veri obiettivi di Trump e del capo di Tesla quando indicano la premier italiana un ponte verso l’Europa che lei «ha preso d’assalto».È stato già detto molto sulle intenzioni di disarticolare l’Ue ma l’obiettivo non pare solo politico. Perché la strategia trumpiana dei dazi se abbinata all’appoggio verso partiti “sovranisti” come l’Afd – dopo l’endorsement di Musk – porterebbero pure a un rischio di declino per il mercato unico e per l’industria europea. E sarebbe un colpo anche per l’Italia. LEGGI TUTTO