- “Ormai ho accettato di essere una madre imperfetta e va bene così. Silvia, però, mi ha sempre amata”
- “Ho fatto un lungo percorso, che sto facendo ancora, per accettare la situazione”
In un post dedicato a lei ha scritto: “Grazie per avermi amata anche quando non lo facevo io”. Sonia Bruganelli torna a parlare della malattia della figlia primogenita e al Corriere della Sera, in una lunga intervista, rivela di aver perso la fede. “Ho fatto i conti con il senso di colpa e la rabbia”, confessa.
“Ormai ho accettato di essere una madre imperfetta e va bene così. Silvia, però, mi ha sempre amata. Come ho scritto, anche quando ero io a non volermi bene, a sentirmi responsabile della sua limitazione, che gli altri fratelli non avevano”, dice la produttrice 50enne parlando della 22enne. Ha pianto tanto in passato per la situazione: “Ho fatto un lungo percorso, che sto facendo ancora, per accettare la situazione e cominciare a godermi la maternità di Silvia senza pretendere di essere per lei anche insegnante, fisioterapista, logopedista… Non dovevo mai sbagliare. A lungo ho fatto i conti con il senso di colpa e la rabbia”, svela.
“Ho sempre vissuto la malattia di Silvia come un’ingiustizia. Ho scoperto che era cardiopatica all’ottavo mese di gravidanza”, racconta l’ex moglie di Paolo Bonolis. I medici le dissero che, se non l’avessero operata appena nata, sarebbe morta. “Silvia è nata il 23 dicembre del 2002 ed è stata subito operata al cuore. Ma i danni dovuti all’ipossia postoperatoria li hanno scoperti dopo una settimana. Io avevo già capito che qualcosa non andava, ma tutti dicevano che vedevo cose che non c’erano”, sottolinea ancora.
A 27 anni ha avuto un crollo emotivo. E’ stato il conduttore, ora 63enne, a occuparsi di tutto. “La prima foto con Silvia ce l’ho che aveva tre mesi: prima era sempre stata nel reparto di terapia intensiva neonatale”, dice la Bruganelli. Non ha avuto il conforto della fede in tutto questo: “Mi dispiace, io il disegno non lo vedo, e infatti dopo mi sono allontanata dalla fede. Se c’era una lezione, avrei preferito impararla sulla mia pelle, non su quella di una neonata indifesa”.
Sonia non ha avuto paura di procreare ancora: “Non avevo più paura di niente. Però i problemi si sono presentati quando è nato Davide, un anno e mezzo dopo, perché davanti a un figlio così bello, sano, per il quale avevo messo il fiocco azzurro fuori dalla porta, ho cominciato a dirmi che non me lo meritavo, che stavo togliendo qualcosa a Silvia. E’ allora che il mio rapporto con lei è diventato ossessivo, mentre non riuscivo più a stare vicino a Davide. Ed è lì che ho cominciato a lavorare su me stessa. Mi sono rasserenata solo con la nascita di Adele, nel 2007, quando la salute di Silvia si era stabilizzata e potevo tirare il fiato”.
Sonia guarda avanti: “Il pensiero fisso riguarda il futuro, perché non è ancora autosufficiente e avrà sempre bisogno di qualcuno che l’aiuti. Però penso anche che non sarà mai sola, perché ha quattro fratelli. Chi si occuperà di lei avrà una disponibilità economica per non farle mancare niente, e questa è una grande fortuna, nella disgrazia”. Silvia fa ippoterapia, tutti loro lavorano per la sua indipendenza fisica e motoria e l’autostima.
Silvia non ha sofferto per la separazione dei suoi. Sonia confida: “Io e Paolo viviamo in due appartamenti diversi di palazzi comunicanti attraverso un terrazzo e la stanza di Silvia. Lei è il nostro trait d’union. Ora sono molto più vicina a lei di quando abitavamo nello stesso appartamento, io e il padre al piano di sopra e lei con i fratelli sotto”.
Adesso lei riesce a “essere più buona con me stessa”. E conclude: “Ho imparato che non bisogna mai giudicare: il rapporto madre figlio è diverso e ognuno trova il suo modo per viverlo. Io ho trovato il mio”.
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