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Separazione carriere, si va al referendum: come funziona e quando sarà

Il primo è quello del 7 ottobre 2001 quando si tenne il referendum per confermare o no la riforma del Titolo V della Carta, approvata dalla maggioranza dell’Unione negli anni dei governi Prodi, D’Alema e Amato: passò con il 64,2% di voti favorevoli anche se l’affluenza si fermò poco oltre il 34%.

Il secondo caso di referendum confermativo, 25-26 giugno 2006, riguarda la riforma costituzionale varata dal governo Berlusconi (su ispirazione della Lega di Bossi e con Calderoli ministro delle Riforme): la cosiddetta devolution venne bocciata con il 61% mentre i votanti raggiungono il 52%.

Il 4 dicembre 2016 fu la terza volta per il referendum costituzionale nella storia repubblicana: la maggioranza dei votanti respinse il disegno di legge costituzionale della riforma Renzi-Boschi, approvata in via definitiva dalla Camera ad aprile 2016 e che puntava tra l’altro a superare il bicameralismo perfetto ai danni del Senato. A dire no fu il 59,11%, contro il 40,89% di sì. I votanti però furono record, quasi il 69%. Prima conseguenza politica le dimissioni del governo Renzi.

Diverso il caso del referendum del 20 settembre 2020 sul taglio dei parlamentari, approvato con voto bipartisan. Solo un piccolo gruppo di senatori di vari partiti raccolse le firme necessarie ma le urne confermarono la riforma: i partecipanti furono il 51,12%, i sì il 69,96% e i no il 30,04%. 

Gli altri tipi di referendum

La Costituzione prevede referendum abrogativi (ne sono stati celebrati in Italia 67 dal 1948) e non abrogativi. Tra i referendum non abrogativi, la Carta distingue quelli istituzionali (solo quello del 2 giugno 1946 tra monarchia e Repubblica), di indirizzo (solo quello sul conferimento del mandato costituente al Parlamento europeo del 18 giugno 1989) e costituzionali.


Fonte: http://www.ilsole24ore.com/rss/notizie/politica.xml


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