Inno di Mameli senza il «sì» finale. Almeno alle cerimonie militari ufficiali: lo prevede il decreto del presidente della Repubblica del 15 marzo scorso, adottato su proposta della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 7 maggio 2025.
La notizia, anticipata dal Fatto Quotidiano, avrebbe a che fare con un ritorno al «testo primigenio» di Goffredo Mameli. Nel manoscritto autografo del 1847, conservato al Museo del Risorgimento di Torino, il paroliere risorgimentale non inserì infatti l’avverbio di affermazione. Lo spartito musicale originale di Michele Novaro, quello finora utilizzato, riporta invece il «sì»: un’aggiunta giustificata dal compositore con l’intento di concludere con «un grido supremo, il quale è un giuramento e un grido di guerra» Il canto degli italiani, divenuto ufficialmente inno nazionale italiano nel 2017.
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Sul sito del Quirinale, al momento, è stata scelta l’esecuzione del 1971 cantata dal tenore Mario Del Monaco, dove dopo i versi «siam pronti alla morte/l’Italia chiamò» c’è solo musica, senza il grido finale. Lo Stato Maggiore della Difera, in un documento datato 2 dicembre, ha informato tutte le forze armate che durante eventi istituzionali e manifestazioni militari, nelle quali viene eseguito l’inno nella versione cantata, dovrà essere omesso l’ultimo grido. L’ordine è arrivato a tutti i comandi, dalla Finanza all’Esercito, con l’indicazione di assicurarne «la scrupolosa osservanza».
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