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Perché ora Zelensky può vincere

La guerra al tiranno nel 2022 e la resistenza nazionale Ucraina potrebbero essere un’occasione rivoluzionaria: l’Occidente potrebbe scendere dalla boria ideologica maturata dal secondo dopoguerra e pensare. Ma la vanagloria europea sull’unità trovata per sempre, sul glorioso anelito di democrazia che cambierà un mondo post Putin, può mettere a tacere tutte le scomode verità rivelate dal conflitto. Invece essere testimoni, come capita a me, di un Paese perennemente in guerra ma che aborre la guerra come ogni democrazia, è istruttivo, e suggerisce sincerità spietata. Vedersi piovere missili in testa, vivere in un Paese democratico e prospero in cui sono stati fatti almeno duemila morti in pochi anni con attacchi terroristici, e a cui sono state sferrate guerre da ogni parte, induce oggi tuttavia un pensiero ottimista: le piccole nazioni legate alla loro storia, alla loro cultura, ai loro eroi e libri, hanno una forza di resistenza straordinaria. L’Ucraina può vincere nonostante lo strazio. Zelensky, una specie di Isaac Babel post litteram, ebreo e cosacco, ce la può fare come Golda Meir o altri leader ebreo-ucraini scampati e combattenti. Certo lo sa anche lui dalla storia: non ci sarà aiuto sostanziale, nessun «arrivano i nostri», la solitudine è una lezione che da ebreo ha imparato, ma ha dalla sua la verità, come Israele. Putin è rimasto shoccato perchè aveva disegnato una realtà geopolitica inesistente, dove gli Ucraini erano Russi. Ma gli Ucraini non sono Russi, anzi hanno sempre cercato nessi a Occidente, nel bene e nel male, per sottrarsi alla Russia. Adesso la cultura europea per cui il nazionalismo era definitivamente infangato dal passato, deve capire che lo stato nazionale è portatore di libertà, non è nazifascista. Lo è invece l’imperialismo, che genera i mali attribuiti al nazionalismo. Gli esseri umani liberi combattono per la loro collettività coi loro eroi e le loro tradizioni, e le istituzioni – anche l’Ue! – devono rispettarli per sempre. Devono anche espellere senza pietà la stupida «cancel culture». C’è di più: durante la guerra abbiamo visto le teorie di genere in crisi, gli uomini sono rimasti a combattere, le mamme hanno preso per mano i bambini, e li hanno portati in salvo. Per aiutare la donna a essere libera e madre ci vuole oggi la magnifica ripresa di un femminismo deidelogizzato. Liberalismo, nazionalismo, tradizione, devono andare insieme, l’Europa deve separarsi dal linguaggio, la retorica socialista del sogno postbellico. La guerra è un altro testo da rileggere. I segnali di fumo pacifisti non fermano la cavalleria, e invece Putin va fermato. Qui, in Israele, il Paese non sopravviverebbe un giorno, se non sapesse vincere le guerre, se non coltivasse il valore. Ce ne vuole per resistere al rischio della vita dei propri figli. E non sopravviverebbe se i conservatori e liberal non combattessero insieme al bisogno. Beato il Paese che apprezza compatto i suoi eroi, non quello che non ne ha bisogno. Infine: i turchi, spiegava Bernard Lewis, non capivano che i cannoni troppo a prua sulle navi, col rinculo le rendevano instabili. Così furono affondati. Noi dobbiamo spostare i cannoni della democrazia, altrimenti l’impero europeo della libertà può andare in pezzi come quello ottomano.


Fonte: https://www.ilgiornale.it/taxonomy/term/46964/feed


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