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    Ponte Stretto, altolà del Colle al ministero delle Infrastrutture: «Esistono già le regole antimafia»

    Ascolta la versione audio dell’articoloMacchina indietro sulla norma del dl Infrastrutture che affidava la vigilanza antimafia del Ponte sullo Stretto alla Struttura per la prevenzione antimafia del Viminale (che vigila anche sui cantieri dei giochi Milano Cortina). A quanto si apprende la decisione è arrivata dal Quirinale per una questione di sovrapposizione di indagini proprio in tema di infiltrazioni mafiose scegliendo la strada del controllo ordinario sugli appalti del Ponte e non quello “straordinario” utilizzato in occasioni di emergenza o eventiColle: per Ponte sufficienti norme antimafia in vigore«La norma sui controlli antimafia non era contenuta nel testo preventivamente inviato al Quirinale, ma è apparsa poche ore prima della riunione del Consiglio dei ministri. La legislazione in vigore contempla norme antimafia rigorose per le opere come il ponte di Messina. La norma proposta prevedeva invece una procedura speciale – adottata finora soltanto in casi di emergenza, come i terremoti, o di eventi speciali, come le Olimpiadi – che non risulta affatto più severa delle norme ordinarie. Basti ricordare che la procedura speciale, che veniva proposta, autorizza anche a derogare ad alcune norme previste dal Codice antimafia, deroghe non consentite dalle regole ordinarie per le opere strategiche di interesse nazionale» ha precisato l’ufficio stampa del Quirinale con una nota, «in riferimento – si spiega – ad alcune inesattezze comparse sulla stampa odierna in relazione al decreto Infrastrutture».Loading…Salvini: sarà Parlamento a mettere massimo garanzie antimafiaLa decisione del Quirinale non è piaciuta al ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini che proprio lunedì aveva annunciato l’attribuzione dei compiti di vigilanza alla Struttura di Piantedosi. «Chiederemo il massimo del rigore, il massimo della trasparenza, più poteri al ministero dell’Interno e alle Prefetture per verificare che non ci siano infiltrazioni. Dal mio punto di vista era importante, qualcuno l’ha pensata in modo diverso, vorrà dire che sarà il Parlamento a mettere il massimo delle garanzie» ha dichiarato Salvini a margine di un sopralluogo ai cantieri della nuova strada Sopraelevata portuale a Genova. E ha aggiunto: «È chiaro che quando ci sono le Olimpiadi, la Tav, opere importanti a Genova, Messina o Roma, bisogna vigilare in maniera totale, siccome a Messina ci saranno più di centomila posti di lavoro in ballo e migliaia di imprese coinvolte, è mio interesse che le Prefetture, le Procure, le associazioni, i sindacati, possano avere il massimo della vigilanza e della trasparenza»Lega riproporrà in Parlamento norma sui controlli antimafia  Il Carroccio dunque tiene il punto. Tanto che, a quanto si apprende, in sede di esame parlamentare del decreto Infrastrutture la Lega intende riproporre sotto forma di emendamento la norma sui controlli antimafia per il Ponte sullo Stretto che è stata espunta dal testo finale del provvedimento. LEGGI TUTTO

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    Amministrative, domenica si vota a Genova: sfida Salis-Piciocchi. Ecco chi sono

    Ascolta la versione audio dell’articoloSono 481mila i genovesi chiamati alle urne per scegliere il nuovo sindaco e rinnovare il consiglio comunale. La sfida nel capoluogo ligure è a sette: i contendenti sono in ordine alfabetico Mattia Crucioli (Uniti per la Costituzione), Raffaella Gualco (Genova Unita), Antonella Marras (Sinistra Alternativa), Pietro Piciocchi (centrodestra), Cinzia Ronzitti (Partito Comunista dei Lavoratori), Silvia Salis (centrosinistra-campo largo) e Francesco Toscano (Democrazia Sovrana Popolare). Al di là dei numeri e al centro del dibattito ci sono i temi importanti per il tessuto socioeconomico cittadino, soprattutto la sanità, forse il punto più dolente dell’intera Liguria. Ma anche le nuove infrastrutture come lo skymetro, la gestione dei servizi pubblici e il welfare che si intrecciano ormai quotidianamente con attacchi più o meno velati di tipo personale. La campagna elettorale si gioca molto sui social e nelle piazze con presenze politiche nazionali che però non riescono a far decollare del tutto la discussione sui programmi. Tra visioni opposte su cosa fare per il futuro di una città difficile e complessa come Genova e attacchi personali diretti, colpi bassi e insinuazioni, gli oltre 481 mila elettori genovesi dovranno andare a votare in un contesto fortemente polarizzato.Chi è Silvia SalisIl centosinistra va alle urne con uno schieramento ampio che secondo alcuni osservatori potrebbe far da modello anche a livello nazionale. Realizzato il campo largo con, tra gli altri, M5s, Avs e Italia Viva, a sostegno della candidata Silvia Salis, il centrosinistra giocherà anche la carta del civismo rappresentato dalla stessa Salis (Silvia Salis Sindaca e Riformiamo Genova con Silvia Salis), vicepresidente del Coni e atleta plurimedagliata. con un progetto civico che punta a ricucire le fratture sociali, riportare l’amministrazione vicino ai quartieri e restituire ai cittadini la possibilità di immaginare un futuro diverso. Il suo percorso unisce sport, istituzioni e impegno civile. Cinque le liste che appoggiano la candidata alla carica di sindaco scelta per sbaragliare le destre e tornare in Comune a Genova dopo anni di centrodestra. Il Comune di Genova in una nota ribadisce di aver sempre garantito gli spazi elettorali alla candidata sindaca del campo progressista Silvia Salis, dopo che il suo staff elettorale denuncia di essere stato costretto a spostare il comizio conclusivo della campagna elettorale in piazza della Vittoria da piazza Matteotti «poiché occupata da maxi-gazebo e una piscina-idromassaggio» per l’evento annuale Genova Design Week 2025. «Il Comune di Genova – prosegue la nota – ha provveduto a concedere, come nuovo spazio per il comizio elettorale, piazza della Vittoria, come richiesto dal Partito Democratico».Loading…Chi è Pietro PiciocchiIl centrodestra punta invece su Pietro Piciocchi, che dell’ex sindaco e oggi governatore Marco Bucci è stato vice in Comune a Genova oltre che super-assessore con ben 26 deleghe, alcune delle quali pesantisisme. Il centrodestra si presenta unito con FI, FdI, Lega, Udc, nuovo Psi-Dc assieme a Noi Moderati Orgoglio Genova (per cui si candida Ilaria Cavo (Noi moderati) e Vince Genova. Sette dunque le liste che appoggiano la candidatura di Piciocchi. Il candidato punta su sicurezza, pulizia urbana e infrastrutture strategiche come Terzo Valico e aeroporto. Il vicesindaco Piciocchi commenta l’autorizzazione per il comizio elettorale, della candidata rivale così: «Non è vero che il Comune di Genova ha ritirato l’autorizzazione per la serata conclusiva di Silvia Salis in piazza Matteotti. La manifestazione era regolarmente autorizzata, gli organizzatori sapevano della concomitanza di altri eventi già previsti, tanto da essere pronti ad allestire il palco a ridosso del sagrato della Chiesa del Gesù». LEGGI TUTTO

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    Terzo mandato, di cosa si tratta e perché la maggioranza è divisa. Meloni incontra Fedriga

    Ascolta la versione audio dell’articoloMassimiliano Fedriga, presidente del Friuli Venezia Giulia e della Conferenza delle Regioni, è giunto a Palazzo Chigi per incontrare la premier Giorgia Meloni. Si tratta di un appuntamento annunciato dallo stesso governatore nei giorni scorsi, dopo la crisi politica nella sua Giunta, con gli assessori di Lega, Lista Fedriga e FI che hanno rimesso le deleghe. La Lega – e in particolare quella dei governatori del nord – non demorde sul terzo mandato. Al momento sembra più remota l’opzione di una sfiducia, più probabile un rimpasto di giunta per sanare la crepa. Ma all’orizzonte resta il nodo, più intricato, del divieto di mandati per i governatori che di certo non va giù a Luca Zaia, presidente del Veneto. Ma nemmeno a«L’ho detto più volte, io sono sempre favorevole quando scelgono i cittadini, dopodiché la limitazione dei mandati è data dalla volontà popolare per quanto mi riguarda». Lo ha detto Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli Venezia Giulia e della Conferenza delle Regioni, lasciando Palazzo Chigi dopo l’incontro con la premier Giorgia Meloni. Tornando sulla decisione del Consiglio dei ministri di impugnare la legge della Provincia di Trento: «È stata ribadita un’impugnazione di carattere tecnico. Penso che le Regioni a statuto speciale abbiano competenza esclusiva e la Corte costituzionale adesso dirà di chi è la competenza per poter legiferare» conclude Fedriga. Nel frattempo, proprio Maurizio Fugatti, il presidente della Provincia autonoma di Trento, con un decreto, redistribuisce le competenze fra gli assessori e toglie le deleghe a Francesca Gerosa di Fratelli d’Italia, che era sua vice e assessora.Loading…Perché si insiste su un terzo mandato?La Lega è da sempre favorevole ad un terzo mandato, d’altronde sia Massimiliano Fedriga sia Maurizio Fugatti sono esponenti della Lega. La questione metterebbe in crisi il Partito, che da sempre rivendica la guida delle regioni di Friuli, Trentino, Veneto e Lombardia. Il Governo però non sembra intenzionato a valutare deroghe, opponendosi già alla legge approvata in Campania sullo stesso tema. L’appiglio usato per giustificare la scelta del presidente del Friuli risiede nel suo statuto speciale: la tesi dei favorevoli è che la provincia può disciplinare a modo suo questa questione delicata, essendo un ente a cui su molte materie è riconosciuta un’ampia autonomia. Ma il tema vero per la Lega, più del Friuli, è il Veneto. Soprattutto perché nella territoriosi voterà in autunno ed oltre alla sorte del già presidente Luca Zaia, preoccupa il rischio (concreto) che non ci sia un altro leghista in corsa, bensì un candidato di FdI. Con l’effetto, quindi, di perdere il timone della roccaforte veneta (e i consensi al partito di Salvini), e ipotecare la guida della Lombardia e del Friuli, anche se nel più lontano 2028. Ma nonostante il largo anticipo, è proprio il governatore leghista, Attilio Fontana, ad ammettere: «Un terzo mandato in Lombardia è una delle ipotesi che sicuramente prenderei in considerazione».L’equilibrismo di Matteo SalviniContinua, invece, a ridimensionare il suo giudizio Matteo Salvini: «Se il centrodestra ci darà ragione, sarò contento perché bisognerà fare in modo che siano i cittadini a scegliere», si limita a dire a Foggia, in una delle tappe dei suoi impegni da ministro delle Infrastrutture. Non a caso, incalzato dai giornalisti, aggiunge: «Le mie giornate sono piene di altro». Parole da cui affiora l’equilibrismo nei rapporti con gli alleati. Consapevole che sia difficile strappare qualcosa, dopo che il governo ha impugnato alla Consulta la legge trentina sul terzo mandato (con il voto contrario della Lega). Gli alleati – come spiegato sopra – sono molto meno sensibili alla questione, rispetto alla Lega che rischia di perdere. La più definitiva appare Forza Italia: è discorso chiuso, dice tra le righe il portavoce azzurro Raffaele Nevi. «Non ci sono cambiamenti per quanto ci riguarda», convinto che il limite dei due mandati «per tutte le regioni, anche a statuto speciale», serva. Il forzista risponde così, indirettamente, alla sponda tentata da Fratelli d’Italia (in attesa della decisione della Corte costituzionale che si può immaginare arriverà non prima di settembre e forse anche oltre) e all’apertura più esplicita fatta dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. Conferma che «è una discussione legittima che andrà composta in sede politica» e ricorda che c’è stata «l’ampia disponibilità di tutti a separare la questione tecnico- giuridica» da una riflessione più ampia e politica. D’accordo il presidente del Senato, Ignazio La Russa: «Io non sono contrario in assoluto e anche nel caso specifico, penso che una riflessione sia solo positiva», è il commento misurato. LEGGI TUTTO

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    Referendum: si raggiungerà il quorum? Ecco cosa dicono i sondaggi

    Ascolta la versione audio dell’articoloMancano poco più di due settimane ai referendum dell’8 e 9 giugno (in concomitanza con i ballottaggi delle elezioni amministrative) su cittadinanza e lavoro si avvicinano. Oltre al dimezzamento degli anni (da 10 a 5) per ottenere la cittadinanza, gli italiani saranno chiamati ad esprimersi su quattro quesiti sul lavoro che riguardano contratti precari, subappalti e licenziamenti, cancellando in quest’ultimo caso alcune norme del Jobs act.Il fattore partecipazioneTrattandosi di referendum abrogativi, la validità è legata alla partecipazione al voto della metà degli aventi diritto di voto, cosa che permette il raggiungimento del quorum. Come spesso è avvenuto negli ultimi anni, perciò, la domanda non è tanto se gli italiani siano favorevoli o contrari, ma se andranno o meno a votare. E gli ultimi sondaggi sul tema sono piuttosto pessimistici.Loading…Quorum lontanoLa rilevazione più recente (16 maggio) è quella effettuata da Demopolis: solo il 46% degli intervistati dichiara di essere a conoscenza dei referendum. Un altro 19% sa che ci saranno ma non sa so su che cosa si voti. E infine il 35% non ne ha sentito parlare. Solo il 30% degli italiani dice che andrà a votare, mentre il 56% dice di no. Anche considerando un 14% di indecisi, insomma, non ci sarebbero margini al momento per raggiungere il quorum del 50% più uno. La stima sull’affluenza al momento sarebbe tra il 31% e il 39%.Le posizioni dei partitiNella maggioranza (contraria al merito dei quesiti) prevale la linea dell’astensione, per far fallire il raggiungimento del quorum. Pd, M5s e Avs sono invece mobilitati per la partecipazione al voto e per il sì ai quesiti (con l’eccezione del M5s che sul referendum sulla cittadinanza ha lasciato libertà di voto). LEGGI TUTTO

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    Girandola di telefonate e incontri: come sono i rapporti di Meloni con Trump e i leader Ue?

    Ascolta la versione audio dell’articoloDall’esclusione dal vertice dei Volenterosi a Tirana (venerdì 16) alle call pre e post colloquio Usa-Russia. Giorgia Meloni per 4 giorni è rimasta sulle montagne russe della politica internazionale. Tanti avvitamenti al termine dei quali la Premier può dirsi più che soddisfatta e tirare un sospiro di sollievo. Quattro giorni che hanno evidenziato vicinanze e distanze con gli altri leader. A partire dal suo principale sponsor: Donald Trump. E’ stato il Presidente statunitense a imporre la presenza di Meloni al tavolo, così come quella del Presidente finlandese Alexander Stubb che non è solo il Capo di Stato del Paese con il più esteso confine con la Russia, ma anche un sostenitore della prima ora del tycoon a cui lo lega la passione per il golf (Trump ci ha giocato diverse ore un mese e mezzo fa in Florida e lo ha voluto nella sua squadra). A conferma che anche nei rapporti diplomatici simpatie e “affinità elettive” contano molto.La foto di TiranaMa facciamo un passo indietro. Torniamo alla foto di Tirana, scattata a margine della riunione della Comunità politica europea che ritrae i Volenterosi Emmanuel Macron, Keir Starmer, Friedrich Merz, Donald Tusk assieme a Volodymyr Zelensky immortalati al telefono con Trump, per aggiornarlo sull’esito del fallito vertice di Istanbul. Meloni non c’è. A volerla lasciare fuori campo (così si mormora a Palazzo Chigi) sarebbe stato il Presidente francese con cui i rapporti sono da sempre poco amichevoli. Non è stata invitata anche perché la settimana prima era stata lei a sfilarsi dal viaggio a Kiev collegandosi con i leader europei solo da remoto. Una ricostruzione che la Premier tenta di correggere sostenendo che è stata lei a decidere di non intervenire perché «l’Italia ha da tempo dichiarato di non essere disponibile a mandare truppe in Ucraina. Non avrebbe senso partecipare a formati che perseguono obiettivi su cui non abbiamo dato disponibilità». Macron la smentisce: «Falso. Non si è parlato assolutamente di invio di militari. Guardiamoci dal diffondere false informazioni, ce n’è già abbastanza di quelle russe».Loading…Rapporti tra Roma e Parigi ai minimiI rapporti tra Roma e Parigi sono ai minimi. A Palazzo Chigi però si sta già preparando la controffensiva complice l’arrivo a Roma di moltissimi leader per l’intronizzazione di Leone XIV. Sabato 17 Meloni riceve il cancelliere tedesco. Merz conferma che il tema di inviare truppe a Kiev è ormai superato: «Non c’è nessuna discussione del genere. È fuori da ogni realtà politica. L’Italia può e deve dare un contributo», le parole del leader tedesco che conferma «l’ottimo» rapporto di Berlino con Roma anche sull’altro fronte caldo, i dazi, che colpiscono soprattutto i big del manifatturiero europeo.La telefonata con TrumpSempre sabato Meloni sente telefonicamente Trump. Probabile che il tema principale sia stato il trilaterale programmato per il pomeriggio di domenica a Palazzo Chigi , dopo la messa di insediamento di Papa Prevost, tra il vicepresidente statunitense JD Vance e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen con la Premier italiana che si prende il ruolo di pontiera tra le due sponde dell’Atlantico. Ma certamente il filo diretto con Trump è servito anche per rientrare tra i Volenterosi dalla porta principale, quella aperta dagli americani. E’ stato infatti il Presidente statunitense a spingere per il suo coinvolgimento, qualche ora dopo, al briefing organizzato dalla Casa Bianca in vista del confronto con Putin. La conferma arriva dalla Cancelleria tedesca: «Il format è stato auspicato dagli americani e rispecchia che Meloni ha un rapporto molto buono con Trump e può far valere la sua influenza».Von der Leyen nel vertice telefonico con Trump è un segnale… Il resto è cronaca di queste ore. Da segnalare che al nuovo vertice telefonico post colloquio Usa-Russia è intervenuta anche Von der Leyen. Non era mai successo che l’inquilina di Palazzo Berlaymont fosse invitata dal tycoon a una call così strategica. E questo è un fatto, un «segnale» dicono i meloniani di quel «cambio di passo radicale» tra Usa ed Europa ottenuto grazie al lavoro di Meloni che ora spinge per portare i negoziati in Vaticano. Il Papa aveva già dato la sua disponibilità. L’Italia – parola di Giorgia -«è pronta a fare la sua parte». LEGGI TUTTO

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    Caccia, il governo cambia le regole: dalle armi ai giorni di sospensione, tutte le novità

    Ascolta la versione audio dell’articoloSi compone di 18 articoli la bozza del disegno di legge, che consente l’attività venatoria, secondo la modifica della legge dell’11 febbraio 1992 n. 157, ovvero quella che ha regolato per la prima volta in Italia tale attività. Nel testo del provvedimento nel primo articolo si disciplina «la gestione e la protezione della fauna selvatica omeoterma, nonché per il prelievo venatorio».Le armi consentiteSuccessivamente, all’articolo 8 si regolamentano le armi consentite per la caccia, come: «il fucile con canna ad anima liscia fino a due colpi, a ripetizione e semiautomatico, con caricatore contenente non più di due cartucce, di calibro non superiore al 12; il fucile con canna ad anima rigata a caricamento singolo manuale o a ripetizione semiautomatica di calibro non inferiore a millimetri 5,6 dotato di caricatore omologato o catalogato; il fucile a due o tre canne (combinato), di cui una o due ad anima liscia di calibro non superiore al 12 ed una o due ad anima rigata di calibro non inferiore a millimetri 5,6; dell’arco; del falco». È inoltre previsto che i caricatori dei fucili ad anima rigata a ripetizione semiautomatica non possono contenere più di due cartucce durante l’esercizio dell’attività venatoria e possono contenere fino a cinque cartucce limitatamente all’esercizio della caccia al cinghiale.Loading…Le modifiche sul numero di giornate permesseSui tempi le modifiche prevedono che «salvo che per la caccia di selezione degli ungulati e per la caccia di ulteriori specie individuate con decreto del Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, adottato di concerto con il Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, su proposta del Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale (Ctfvn), sentito l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), l’esercizio venatorio non può essere consentito per un numero settimanale di giornate superiore a tre. Le regioni possono consentirne la libera scelta al cacciatore. Nei giorni di martedì e di venerdì, l’esercizio venatorio è in ogni caso sospeso».Con modifiche a caccia possibile trattenere cinghiali uccisi«Gli imprenditori agricoli, nonché i proprietari e i conduttori dei fondi, purché siano muniti di licenza per l’esercizio venatorio e abbiano frequentato i corsi di formazione autorizzati dagli organi competenti, possono, previa istanza, essere autorizzati, dalla regione o dalla provincia autonoma, a svolgere le attività di controllo della specie cinghiale (sus scrofa). A compensazione dei danni subiti e dei costi sostenuti, gli imprenditori agricoli, i proprietari e i conduttori dei fondi possono trattenere gli animali abbattuti nell’esercizio delle attività di controllo di cui al periodo precedente, purché i capi siano stati sottoposti ad analisi igienico-sanitarie e non presentino rischi per la salute». Lo stabilisce l’articolo 12 della bozza del decreto di modifica alla legge nazionale che regolamenta la caccia.Legambiente: «È inaccettabile, normalizza bracconaggio»Non è esente da polemiche la proposta di modifica della legge che, se venisse approvato «cancellerebbe gli ultimi 60 anni di politiche, impegni e azioni dell’Italia a tutela e conservazione degli animali selvatici, calpestando, al tempo stesso, l’art. 9 inserito nel 2022 nei principi della Costituzione, che obbliga lo Stato, attraverso le sue leggi, a garantire la tutela degli animali» dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente . Nel giorno del decimo anniversario della legge sui delitti ambientali nel Codice penale, Legambiente, rivolge un forte appello alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: «Impedisca questo scempio legislativo e si impegni, invece, insieme al governo – conclude Ciafani – a completare quella riforma di civiltà avviata nel 2015, approvando finalmente sanzioni efficaci e dissuasive contro chi commette crimini contro gli animali, a partire dal bracconaggio e dai traffici di specie protette, come prevede la direttiva europea sulla tutela penale dell’ambiente». LEGGI TUTTO

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    Autonomia e candidature, tensione nel governo. Vertice Meloni-Fedriga giovedì

    Ascolta la versione audio dell’articoloPartita con Luca Zaia, in Veneto, la questione dell’impossibilità a candidarsi per un terzo mandato si estende al Trentino e, di conseguenza, al Friuli Venezia Giulia. Entrambe, guidate da esponenti della Lega. Il disaccordo all’interno della maggioranza riguardo alle elezioni regionali si propaga in tutto il Nord-Est e coinvolge anche il governo. In Consiglio dei ministri, la Lega si è opposta – senza successo – all’impugnazione della legge trentina che avrebbe permesso a Maurizio Fugatti di correre nuovamente, aprendo la strada a una simile opportunità per Massimiliano Fedriga. Il Carroccio considera questa decisione governativa una «scelta politica» e persino una «interferenza» nell’autonomia della Provincia autonoma a statuto speciale. Anche se Salvini ha minimizzato l’accaduto, («questioni locali») le forze di opposizione parlano di una maggioranza in crisi e chiedono un intervento della premier in Parlamento«Fare chiarezza sulla materia»La decisione dell’esecutivo era attesa, tanto che già ieri la Lega aveva scelto di far saltare il banco ritirando gli assessori e aprendo la crisi in Regione Friuli. Non abbastanza per far cambiare idea agli alleati, così come non sono servite in Cdm le argomentazioni di Roberto Calderoli, ministro competente: il Trentino è infatti ente a Statuto speciale, come il Friuli Venezia Giulia, e per il leghista hanno il diritto di decidere in autonomia sul numero dei mandati, anche dopo la sentenza della Consulta che bocciava il terzo mandato per le Regioni ordinarie. Di parere opposto la ministra per le Riforme Elisabetta Casellati, intervenuta dopo Calderoli in Cdm. Così come il capodelegazione di Fratelli d’Italia al governo, Lollobrigida: bisogna mettere ordine, fare chiarezza sulla materia; e dunque – il ragionamento – mandare la legge alla Consulta consentirà di dipanare l’aspetto giuridico. E sulla base delle indicazioni della Consulta, è stato il ramoscello d’ulivo nei confronti della Lega, si potrà aprire una riflessione complessiva sul numero dei mandati.Loading…Confronto ai massimi livelliIl confronto in Consiglio dei ministri è poi proseguito ai massimi livelli: il vicepremier Antonio Tajani ha espresso il sì di Forza Italia al’impugnativa, confermando la contrarietà al terzo mandato; l’altro vicepremier Matteo Salvini ha invece ribadito la necessità di salvaguardare la peculiarità delle autonomie, a maggior ragione – avrebbe osservato – dopo la vittoria del centrodestra a Bolzano. A chiudere il confronto la premier Giorgia Meloni, che avrebbe tirato le fila confermando la decisione di impugnare la legge per mettere ordine nella materia, e aprendo alla possibilità di un confronto successivo alla decisione della Corte costituzionale.Il peso dei nuovi rapporti di forzaLa Lega si deve accontentare per ora del sì del Cdm al disegno di legge delega per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni sui diritti civili e sociali: un passo avanti verso l’Autonomia differenziata, nonostante la freddezza di Fi. Ma sul fronte delle Regionali, l’egemonia leghista sul lombardo-veneto è sempre più a rischio. «Squadra che vince non si cambia», ha ripetuto infinite volte Salvini, nel tentativo di conservare le Regioni che oggi esprimono un presidente leghista, riconfermando tutti gli uscenti figli di una stagione che vedeva la Lega primo partito della coalizione. Ma attraverso lo stop al terzo mandato, FdI rafforza le rivendicazioni affinchè siano riconosciuti i nuovi rapporti di forza. Salvini sperava di chiudere la questione offrendo la Lombardia e conservando le altre Regioni a partire dal Veneto, cuore dell’identità leghista. Ma restava da definire il futuro di Zaia, e in ogni caso Fdi non sembrava fidarsi: troppo in là nel tempo la scadenza della Giunta Fontana, tanto che nei giorni scorsi si ipotizzava di una crisi al Pirellone per anticipare il voto e renderlo più vicino alle altre Regioni.Il forfait per malattia della premierUn destino che invece potrebbe riguardare il Friuli Venezia Giulia, se la Lega dovesse andare fino in fondo. Una possibilità di ricomporre la questione poteva arrivare già domani, con la visita di Giorgia Meloni in programma al Festival delle Regioni in corso proprio a Venezia. Ma il forfait per malattia della premier impedirà la possibilità di confronti a quattr’occhi con Fedriga e Zaia. Meloni e il presidente friulano si vedranno però giovedì a Roma: lì si capirà se la Lega andrà fino in fondo e Fedriga rassegnerà la dimissioni. In ogni caso, FdI non sembra avere fretta di affrontare la partita Regionali: «Ci sono prima le amministrative», dicono da via della Scrofa. E anche l’ipotesi di un confronto ampio dopo la sentenza della Consulta sul Trentino, sembra rispondere alla logica del rinvio. LEGGI TUTTO

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    Terzo mandato, il Governo valuta l’impugnazione della legge trentina

    Ascolta la versione audio dell’articoloNello scenario tattico nazionale che si profila intorno al terzo mandato e alle singole iniziative di alcune regioni, il Governo starebbe valutando di proporre oggi 19 maggio – ultimo giorno utile per sollevare la questione alla Corte Costituzionale – in Consiglio dei ministri l’impugnazione della legge trentina sui mandati, la norma cioè che consentirebbe la candidatura di Maurizio Fugatti per la terza volta alla provincia autonoma di Trento.Bignami (Fdi): logico impugnare legge trentina sui mandati«Vista la sentenza della Consulta – evidenzia Galeazzo Bignami, capogruppo FdI alla Camera – ritengo che il limite debba essere applicato in tutte le Regioni. Salvo connotazioni specifiche di statuto speciale, che non mi pare ci siano, penso che l’impugnazione ne sia la logica conseguenza».Loading…La scelta vede fredda la Lega e agita le acque in maggioranza. Il partito del vicepremier – infatti – è da sempre contrario al tetto dei mandati e ha già subito la sentenza su De Luca che ha messo fuori gioco, almeno per il prossimo giro, anche Luca Zaia. Nelle scorse settimane, tra l’altro, il ministro per gli Affari Regionali, il leghista Roberto Calderoli, ha pubblicamente dichiarato che, a suo avviso, l’impugnazione non ha motivi tecnici paventando, invece, la presenza di motivi politici. Peraltro l’approvazione, ad aprile, nel Consiglio trentino, della legge voluta dalle Lega, che aumenta da due a tre i mandati massimi consecutivi per il presidente della Provincia autonoma, aveva provocato tensioni in Fratelli d’Italia con tre consiglieri in dissenso.Dopo di che dalla Lega si avverte che, una volta sollevata la questione, ogni decisione della Consulta andrà accettata e che la decisione potrebbe anche non essere quella di estendere quanto deciso per la Campania e le Regioni ordinarie alle autonome. Lo stop alla CampaniaIl governo aveva già impugnato e ottenuto lo stop della Consulta sulla legge della Campania per il terzo mandato di Vincenzo De Luca. Un intervento però limitato alle “Regioni ordinarie” mentre nei casi della norma trentina e eventuale del Friuli Venezia Giulia, si parla di regioni a statuto speciale. LEGGI TUTTO