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    Elezioni, dai ballottaggi di Matera e Taranto alle comunali di Nuoro: dove si vota l’8-9 giugno

    Ascolta la versione audio dell’articoloDopo la vittoria al primo turno del centrosinistra Genova e Ravenna, sono Taranto e Matera i due capoluoghi di provincia ancora da “assegnare” nella tornata amministrativa nei ballottaggi dell’8 (dalle ore 7 alle 23) e del 9 giugno (dalle 7 alle 15). Ma si vota anche a Nuoro (primo turno). Ma ci sono anche altri comuni superiori ai 15mila abitanti al voto domenica e lunedì. In Lombardia urne aperte per il secondo turno a Saronno e Cernusco sul Naviglio. Altra città al ballottaggio è Lamezia Terme in Calabria.A Taranto dopo 20 anni centrodestra spera in sorpassoDa circa 20 anni il centrosinistra guida il governo cittadino a Taranto e punta sulla continuità. Il centrodestra unito spera nel sorpasso. Piero Bitetti, espressione del centrosinistra, ha riscosso al primo turno il 37,39% delle preferenze, e per il ballottaggio ha avuto anche l’appoggio esterno del M5S. Francesco Tacente, a capo di una coalizione di liste civiche che ha raggiunto il 26,14%, nel frattempo ha incassato il sostegno ufficiale dell’intero centrodestra. E’ stata così definita l’intesa con Fratelli d’Italia, Forza Italia e Noi Moderati, che avevano sostenuto al primo turno la candidatura a sindaco di Luca Lazzaro, terzo dopo la prima fase con circa il 19,40% delle preferenze. Tacente poteva già contare sull’appoggio dell’Udc e della Lega che si è presentata senza simbolo ma con la dicitura Prima Taranto, aderendo al progetto civico. Sul fronte opposto il Movimento 5 Stelle, forte dell’11% conquistato dalla candidata sindaca Annagrazia Angolano al primo turno, ha confermato la linea dell’autonomia: niente apparentamenti, nessun ingresso in maggioranza. Ma, pur rimanendo all’opposizione, i vertici pentastellati hanno lanciato un appello esplicito a votare per Bitetti, per «evitare una vittoria del centrodestra».Loading…Cifarelli-Nicoletti, a Matera sfida all’ultimo votoA Matera il ballottaggio dell’8 e del 9 giugno per eleggere il nuovo sindaco potrebbe rivelarsi una sfida all’ultimo voto: da un lato il consigliere regionale del Pd, ma senza simbolo dem, Roberto Cifarelli (centrosinistra), dall’altro l’ex direttore dell’Apt Basilicata Antonio Nicoletti (centrodestra). Al primo turno, Cifarelli ha ottenuto il 43,5%, Nicoletti il 37%, con il dato dell’affluenza al 65,2% sui circa 50 mila aventi diritto al voto. Un dato che, come sempre accade nei ballottaggi, e nonostante la concomitanza del referendum, è inevitabilmente destinato a scendere. Dopo l’apparentamento ufficiale di Cifarelli con Democrazia materana di Luca Prisco (candidato sindaco che al primo turno ha raggiuto il 4,3%), i pontieri del centrosinistra hanno cercato di compattare tutto il fronte progressista ma i tentativi sono andati a sbattere contro il “no” dei Cinque Stelle (con l’8,3% del sindaco uscente Domenico Bennardi) e di Progetto Comune (con il 6,8% di Vincenzo Santochirico). Proprio Progetto Comune ha accusato Cifarelli di non aver “accolto l’invito” a escludere dalla sua coalizione “le forze di destra”. Il riferimento è ad alcuni ex Forza Italia e ad Azione, che alla Regione Basilicata sostengono la Giunta Bardi di centrodestra: hanno partecipato alle Primarie Open vinte da Cifarelli ad aprile e non riconosciute dai partiti, tra i quali il Pd che non ha presentato una sua lista. Per il ballottaggio, attraverso il segretario regionale, Giovanni Lettieri, il Pd si è tuttavia apertamente schierato a favore del suo consigliere regionale.Comunali a Nuoro, banco di prova per il M5sDomenica 8 e lunedì 9 giugno si vota anche a Nuoro per il primo turno delle Comunali. Nella città natale della presidente della Regione Sardegna Alessandra Todde, la sfida più attesa è tra il deputato del M5s Emiliano Fenu, per il campo largo di centrosinistra, con sette liste e 145 candidati, e l’ex senatore di Pd e Iv, Giuseppe Luigi Cucca, oggi esponente di Azione, con Alleanza per Nuoro: sei liste civiche sostenute dal centrodestra (ma senza simboli di partito) e 123 aspiranti consiglieri. Due gli outsider: Lisetta Bidoni (Lista Progetto per Nuoro con 24 candidati) e Domenico Mele (Democrazia sovrana popolare con 16 candidati). L’eventuale turno di ballottaggio è previsto domenica 22 e lunedì 23 giugno. Per il M5s sardo, a un anno dalla vittoria alle regionali, si tratta di un primo banco di prova: Nuoro, come detto, è la città di Alessandra Todde – che sta vivendo un periodo non facile con il caso della decadenza e i continui inviti dell’opposizione a dimettersi – e il campo largo punta proprio su un esponente pentastellato che, in caso di successo, lascerebbe la Camera dei deputati. Oltre Nuoro, in Sardegna si vota anche a Oniferi, Monastir, Cardedu, Goni, Soleminis e Luras, tutti con meno di 15mila abitanti e dove dunque non è previsto il ballottaggio. LEGGI TUTTO

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    Corteo pro-Gaza, a Roma attese 50mila persone. Allerta per blitz dei movimenti

    Ascolta la versione audio dell’articoloUn corteo al centro di Roma per «fermare il massacro» a Gaza. Una mobilitazione, lanciata da Pd-M5S-Avs, in cui confluiranno le diverse anime pro Pal: dalle associazioni fino a gruppi spontanei di cittadini. È massima l’attenzione per la manifestazione di oggi nella Capitale a cui sono attesi circa 50mila partecipanti. Sotto la lente le frange più estreme della protesta. Allerta, in particolare, per possibili blitz e azioni dimostrative che potrebbero essere messi a segno durante il percorso.Deviazioni al traffico e strade chiuseTutto il tragitto sarà, quindi, monitorato attentamente dalle forze dell’ordine. Controlli anche ad ampio raggio in città: dalle fermate metro lungo la direttrice che porta a piazza Vittorio fino ai caselli autostradali dove transiteranno decine di pullman con a bordo manifestanti in arrivo dalle altre regioni. Soltanto dalla Toscana ne sono previsti 13 organizzati dal Pd regionale. Il piano di sicurezza è stato messo a punto in un Comitato per l’ordine in Prefettura e perfezionato dal tavolo tecnico in Questura. L’appuntamento è per le 14 a piazza Vittorio. Da lì il corteo partirà diretto a porta San Giovanni. Previste deviazioni al traffico e chiusure di strade al passaggio dei manifestanti.Loading…L’appello degli ebrei italianiSul palco, oltre agli interventi dei leader dei partiti promotori, Angelo Bonelli, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni, Elly Schlein, si alterneranno le testimonianze di attivisti e giornalisti. Tra questi Rula Jebreal, Gad Lerner, Anna Foa. Interverranno anche Abubaker Abed, giornalista palestinese; Iddo Elam, giovane israeliano che ha rifiutato il servizio militare; Atef Abu Saif, ex-ministro palestinese di Al-Fatah e Feroze Sidhwa, medico chirurgo che ha operato a Gaza e testimoniato all’Onu. Alla vigilia della manifestazione l’Unione delle Comunità ebraiche italiane ha espresso preoccupazione «per la scelta di difendere solo un popolo, quello palestinese, e non anche quello israeliano». Per questo, sottolineando di «non riconoscersi in chi annuncia piani di svuotamento di Gaza dai suoi naturali abitanti», gli ebrei italiani lanciano l’appello a «mostrare sempre entrambe le bandiere, mai una sola».Respinte le accuse di antisemitismoIn piazza ci saranno palestinesi «a titolo personale» anche perchè il Movimento degli studenti palestinesi si è smarcato dalla mobilitazione giudicando tardiva la manifestazione. «Questa piazza non è la nostra. È la piazza dei complici, non dei solidali – hanno attaccato – È la piazza della finta opposizione, non della liberazione, è stata organizzata perché sono partiti che vanno al ballottaggio e hanno bisogno di recuperare consenso». Il presidente di uno dei partiti promotori, Giuseppe Conte, rivendica la scelta di schierarsi con la manifestazione «per non essere partner di un genocidio» e respinge ogni possibile accusa di antisemitismo: «contro un genocidio è solo un espediente retorico». Anche Nicola Fratoianni (Avs) respinge ogni tentativo di addebitare agli organizzatori sentimenti anti ebraici: «Mobilitarsi per Gaza non è antisemitismo, è un’accusa infamante». LEGGI TUTTO

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    Gaza, Renzi e Calenda insieme a Milano: qui dialogo contro gli estremismi

    Ascolta la versione audio dell’articoloQuella di Milano è «una manifestazione che non è fatta contro un popolo, ma per far dialogare. E che cerca di tenere lontano tutte le intolleranze e gli estremismi. Gli estremismi di chi pensa che si possa fare una grande Palestina dalla Giordania al mare, cacciando in mare gli israeliani. Gli estremismi di chi pensa che si possa raggiungere qualcosa, bombardando Gaza e bloccando gli aiuti umanitari. Gli estremismi di chi ritiene che ci sia una giustificazione di ciò che fa Hamas, nemico dell’Italia e dell’Occidente». Lo ha detto Carlo Calenda, leader di Azione, arrivando al Teatro Parenti a Milano.Alla domanda se non fosse possibile una sintesi con la piattaforma di sabato 7 giugno, il leader di Azione risponde: «Tutto era possibile, certo. E la prima cosa che abbiamo proposta è una cosa molto semplice. Cioè dire che quella manifestazione in quella piazza non era aperta a chi chiedeva la distruzione dello Stato di Israele, a chi urla dalla Giordania al mare e a chi compie atti contro i cittadini israeliani, in quanto cittadini israeliani. Perché una cosa è avercela con il governo Netanyahu, e io ce l’ho molto con Netanyahu, e un’altra cosa è avercela con un popolo. La Schlein lo avrebbe fatto, ma M5S e Avs vogliono avere tutta per loro questa discussione e lo trovo un po’ avvilente».Loading…Renzi: piazza unica era meglio ma non sono in contrasto«Una manifestazione sola? Sarebbe stato sicuramente apprezzato». Così il leader di Italia Viva Matteo Renzi presente all’evento “Due popoli due stati un destino” organizzato al Teatro Franco Parenti di Milano con Azione. «È stato scelto dagli amici che saranno in piazza a Roma di avere una piattaforma immodificabile, quella delle mozioni programmatiche del dibattito parlamentare. Quindi – ha aggiunto Renzi – è giusto che ci sia anche un altro luogo. Le due manifestazioni non sono in contraddizione. Ci sono sensibilità diverse, ci sono discussioni, polemiche e contrapposizioni, però noi abbiamo un luogo in cui le due bandiere possono stare assieme e questa è la cosa più bella. Il futuro di queste terre è due popoli e due Stati e noi ci crediamo». Quindi «io non vi dico cosa manca alla manifestazione di domani, chiedetelo a quelli di domani. Nella manifestazione di oggi ci sono due popoli, due Stati, due bandiere, ci sono le voci degli ostaggi, dei palestinesi che vogliono liberarsi da Hamas, le voci dei custodi e dei frati francescani della Terra Santa, ci sono le voci della politica e di chi dice che bisogna rispettare il diritto umanitario a Gaza, come in ogni altro luogo del mondo», ha sottolineato ancora Renzi.«Parliamo di una cosa enorme che riguarda il nostro tempo che è il rapporto tra Israele e Palestina. Vorrei che parlassimo di questo – ha spiegato Renzi replicando sulla collaborazione con Azione. – Sono molto contento ovviamente che siamo in tanti e che ci sia una collaborazione tra Italia Viva, Azione, Più Europa e Sinistra per Israele. Tutti assieme pensiamo che il governo italiano possa fare un po’ di più, di meno è impossibile». In conclusione Renzi ha espresso solidarietà nei confronti della direttrice del Parenti Andre Ruth Shammah che oggi «è stata oggetto di striscioni, polemiche, frasi sui muri, lucchetti per bloccare il teatro. Nessuno la fermerà e nessuno ferma il Teatro Parenti». LEGGI TUTTO

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    Minori, Varchi (FdI): in arrivo due Registri per monitorare l’affido sine die

    Ascolta la versione audio dell’articoloNelle varie fasi che caratterizzano la procedura per l’affidamento di un minore in situazioni di crisi familiare si possono talvolta riscontrare «dei fenomeni distorsivi che potremmo definire delle disfunzionalità». Ad esempio, «le istituzionalizzazione improprie, che potrebbero essere evitate con un monitoraggio e con un intervento delle istituzioni tempestivo». Oppure «i lunghissimi affidamenti, quelli appunto che non hanno un termine», o ancora «il ricorso a misure di protezione delle quali magari ancora non c’è bisogno perché si è in una fase in cui si può intervenire diversamente».Ospite di Parlamento24 l’onorevole Maria Carolina Varchi (Fratelli d’Italia), relatrice delle “Disposizioni in materia di tutela dei minori in affidamento” (AC 1866), spiega che queste «disfunzionalità», segnalate da più parti negli anni, «vanno corrette, ma possono essere corrette soltanto se il fenomeno nel suo complesso viene monitorato costantemente». E proprio a questo serve l’Osservatorio nazionale degli istituti di assistenza pubblici e privati e delle famiglie affidatarie, previsto dal ddl – di origine governativa – all’attenzione in prima lettura della commissione Giustizia della Camera. L’Osservatorio in cantiere opererà «in modo sempre anonimo», sottolinea Varchi, perché i dati numerici su cui lavorerà «non sono identificativi» però permetteranno «di isolare le fattispecie e capire perché i tribunali emettono determinati provvedimenti», riducendo i fenomeni distorsivi.Loading…Il Ddl – che potrebbe essere approvato in prima lettura entro l’estate – prevede anche la creazione di un Registro nazionale degli istituti di assistenza per minori e delle famiglie affidatarie e di un Registro dei minori in affido incardinato ai tribunali. Di questi Registri, aggiunge Varchi, «c’è bisogno non per monitorare con spirito negativo, ma al contrario, per rilanciare, tutelare, potenziare in modo regolato il l’istituto dell’affidamento dei minori. Ci siamo resi conto negli anni – e bene ha fatto il Governo a varare questo provvedimento – che adesso è necessaria una maggiore trasparenza», e «capire come quando e perché questi minori vengono dati in affidamento». Ecco perché la scelta di istituire i due Registri con finalità differenti, «che non hanno in alcun modo l’obiettivo di disincentivare il ricorso a questa pratica, ma, al contrario, di monitorarla proprio per evitare i cosiddetti affidamenti sine die cioè quelli che non hanno un termine». LEGGI TUTTO

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    Manifestazioni pro Gaza: perché sono due, a Roma e a Milano, e quali sono le differenze

    Ascolta la versione audio dell’articoloTutti per fermare il massacro dei civili a Gaza, tutti per il riconoscimento dello Stato della Palestina all’insegna del “due popoli due Stati”, tutti contro la politica militare di Benjamin Netanyahu. E allora perché le manifestazioni organizzate dalle opposizioni sono due? Prima a Milano con l’evento all’interno del teatro Parenti organizzato da Azione e Italia Viva, con gli interventi dei due leader Carlo Calenda e Matteo Renzi dopo tanto tempo di nuovo insieme. Il giorno dopo con il corteo romano che si snoderà da piazza Vittorio a piazza San Giovanni organizzato da Pd, M5s e Alleanza Verdi Sinistra.L’accusa dei centristi: poco spazio al rischio antisemitismo nella piattaforma di RomaIl fatto è che, nonostante gli obiettivi comuni, le piattaforme delle due mobilitazioni contengono delle differenze non di poco conto: quella di Roma riprende pari pari la mozione unitaria di Pd, M5s e Alelanza Verdi|Sinistra presentata alla Camera in cui si chiede, tra le altre cose, lo stop all’accordo di associazione Ue-Israele. La seconda pone invece un accento particolare sul contrasto all’antisemitismo. «Se avessero voluto anche la nostra partecipazione avrebbero integrato la piattaforma con i rilievi di Sinistra per Israele (l’associazione dei dem Emanuele Fiano, Piero Fassino e Lia Quartapelle, ndr) e avrebbero quindi detto cose molto più nette contro Hamas, cose molto più nette contro l’antisemitismo, cose molto più nette sulla liberazione degli ostaggi israeliani…», si fa sapere in casa centrista. E lo stesso Calenda la mette così: «Non ho nulla contro la manifestazione di Roma, di cui però non condividiamo ciò che manca: il pezzo su Hamas, il pezzo su chi vuole la distruzione dello Stato di Israele, il pezzo sull’antisemitismo ancora più forte e pronunciato». Insomma, il fatto che Pd, M5s e Avs si siano rifiutati di integrare la loro piattaforma dando più forza ai temi posti dai centristi – anche perché, va detto, i temi del rischio antisemitismo e della liberazione degli ostaggi erano già presenti nella mozione parlamentare – ha portato alla rottura e al paradosso di due piazze con lo stesso fine.Loading…E i riformisti del Pd vanno a entrambe le iniziative: sbagliato dividersi«L’obiettivo comune è il cessate il fuoco a Gaza – sottolinea il senatore della minoranza dem Filippo Sensi -. Sarebbe stata meglio una sola manifestazione che rappresentasse tutte le forze di opposizione che nei giorni scorsi hanno chiesto al governo di riferire su Gaza. C’erano tutte le condizioni. Così non è stato. Ma in questo momento, al di là di ogni distinguo, l’importante era che ci si mobilitasse tutti per il cessate il fuoco. Perciò, come parlamentari, se si deve fare sia a Roma che a Milano, vuol dire che si va a tutte e due». Una pattuglia del Pd, dunque, sarà a entrambe le manifestazioni: oltre a Sensi e ai dirigenti di Sinistra per Israele, saranno sia a Roma sia a Milano anche Simona Malpezzi, Lorenzo Guerini, Graziano Delrio, Alessandro Alfieri, Walter Verini, Pina Picierno, Giorgio Gori e altri. Con l’ex premier Paolo Gentiloni che avverte: «Il 7 giugno a Roma è molto importante che non ci siano ambiguità nella condanna di Hamas e la richiesta di liberazione degli ostaggi».L’asse di Schlein con il M5s di Conte e le diverse sfumature sul “genocidio”Ad ogni modo le due manifestazioni sono la conferma, se ce ne fosse ancora bisogno, che la politica estera resta il principale fattore di divisione del campo largo. Con il Pd di Elly Schlein che in questa fase privilegia l’asse “ristretto” con il M5s e Avs, lo stesso in favore dei referendum sul lavoro, mettendo per ora la sordina alle forti divisioni con il partito di Giuseppe Conte sulla questione ucraina e sul riarmo Ue. Ma, a ben guardare, differenze ci sono anche sulla questione mediorientale. Basta ascoltare il leader del M5s: «A Gaza c’è un genocidio e chi oggi non lo guarda in faccia, chi dice che non si può fare la manifestazione si assume una responsabilità storica. Siamo oltre la violazione del diritto, siamo di fronte a uno scempio dell’umanità». Parole che in casa Pd – dove il termine “genocidio” rifiutato dagli ebrei è manovrato con estrema cautela – vengono pesate una a una. Anche nel timore che sabato nella piazza romana qualche animo si possa incendiare troppo. LEGGI TUTTO

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    Referendum, con 12 milioni di voti sfratto a Meloni: il benchmark del Pd

    Ascolta la versione audio dell’articoloAlla vigilia dei referendum su cittadinanza e lavoro, il quorum non sembra più l’oggetto del contendere. L’obiettivo di raggiungerlo resta, ma anche la consapevolezza che sia impresa ardua. In tema di partecipazione, sta così trovando sempre più spazio un altro ragionamento. «La premier Meloni ha preso alle elezioni 12 milioni e 300 mila voti – ha spiegato il capogruppo Pd al Senato, Francesco Boccia – se al referendum andassero a votare 12 milioni e 400 persone, sarebbe un avviso di sfratto alla presidente del consiglio».Centrodestra per l’astensionePerché Giorgia Meloni, come praticamente tutte le forze di maggioranza (ad eccezione di Noi Moderati), sta facendo campagna per l’astensione, per scongiurare il raggiungimento del 50% degli elettori necessario a rendere la consultazione valida. Chi andrà alle urne – è il calcolo del Pd – disattende le indicazioni del governo e quindi, di fatto, lo sfiducia. «Ho detto che andrò al seggio perché sono un presidente del consiglio e penso sia giusto dare un segnale di rispetto nei confronti delle urne – ha spiegato Meloni – Ma non condivido i contenuti dei referendum e non votare è un diritto di tutti. Nella storia della Repubblica italiana tutti i partiti hanno fatto campagne per l’astensione quando non condividevano i referendum».Loading…Oltre 51 milioni gli aventi diritto al votoGli aventi diritto al voto sono oltre 51 milioni. Per il centrodestra conta il quorum. Nessun altro dato sull’affluenza potrà essere letto come un segnale politico. «Se non si raggiunge il 50% il referendum è nullo – ha tagliato corto il capogruppo della Lega al Senato Massimiliano Romeo – Noi pensiamo che su certi temi importanti il luogo migliore per discuterne a livello democratico sia il Parlamento». Anche il presidente del M5s, Giuseppe Conte, non sembra investire troppo sul pallottoliere. «Non mi metto a fare previsioni – ha detto – La democrazia è un concetto che va alimentato ogni giorno, significa partecipazione. I governanti che dicono di non andare a votare stanno dicendo: state tranquilli, non esercitate i vostri diritti, fate fare a noi. Bisogna ribellarci, bisogna andare a votare». LEGGI TUTTO

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    Meloni: ai seggi per rispetto ma l’astensione è un diritto, contrarissima a dimezzare tempi per la cittadinanza

    Ascolta la versione audio dell’articolo«Perché ho scelto di dire che andrò al seggio ma non ritirerò la scheda? Banalmente ho detto che andrò al seggio perché sono un presidente del Consiglio e penso sia giusto dare un segnale di rispetto nei confronti delle urne e dell’istituto referendario. Poi non condivido i contenuti dei referendum e, come sempre nella storia della nazione, quando non si condividono c’è anche l’opzione dell’astensione. Perché come ci insegna un partito serio in Italia non votare al referendum è un mio diritto, è un diritto di tutti, dei lavoratori e non». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni, ospite della seconda edizione de “Il giorno de La Verità”, a Palazzo Brancaccio, a Roma.Meloni: contrarissima a dimezzare tempi per la cittadinanza Nel merito la premier ha dichiarato di essere «contrarissima a dimezzare i tempi della cittadinanza. La legge sulla cittadinanza in Italia è ottima, tra l’altro molto aperta. Noi siamo da svariato tempo tra le nazioni europee che ogni anno concedono il maggior numero di cittadinanze. Cosa diversa è accelerare l’iter burocratico una volta che si ha il diritto per accedere alla cittadinanza: è una cosa che ci interessa e ci lavoriamo. Ma non contribuirò con il referendum a portare a cinque anni i termini per concedere la cittadinanza alle persone straniere in Italia» ha spiegato MeloniLoading…Siamo compatti, a fine legislatura con questo governo Quanto alla tenuta del governo, «che si tenti di osteggiarlo mi sembra la cosa più naturale del mondo, che ci si riesca mi pare difficile, c’è una maggioranza compatta che lavora bene, la compattezza della maggioranza si vede dalla quantità di risposte che è in gradi di produrre al di là delle letture, mi pare che di risposte questo governo ne abbia date molte». E ancora; «Lavoro perché questa legislatura arrivi alla fine con questo governo, è la sfida più grande»Regionali non dirimenti per tenuta legislatura «Contiamo in un risultato positivo alle prossime regionali, si vota per cinque regioni, se dovessimo calcolare questo come un metro oggettivo di dove è la maggioranza degli italiani mi corre l’obbligo di ricordare che, da inizio legislatura, attualmente siamo 11 a tre. Faremo del nostro meglio con la nostra compattezza e la nostra dedizione per presentare delle candidature di persone credibili autorevoli e vincenti ma non è un elemento dirimente per la tenuta della legislatura» ha spiegato ancora la presidente del ConsiglioNessuno screzio, fiera del lavoro di Salvini e Tajani«Non c’è stato alcuno screzio, nessuno bacchettava nessuno non sono una maestra, sono fiera dei miei ministri, fiera del lavoro di Salvini in un ministero complesso e di quello di Tajani in un momento internazionale complesso» ha detto ancora la premier, smentendo alcune ricostruzioni sulla riunione di governo di ieri. LEGGI TUTTO

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    Referendum, tutte le informazioni per sapere come e cosa votare

    C’è un quorum da raggiungere perché il referendum sia considerato valido?Sì. Perchè il referendum sia considerato valido è necessario raggiungere il quorum, ovvero una partecipazione del 50%+1 degli aventi diritto.Cosa succede se non si ritirano le schede?L’elettore che «rifiuta di ritirare tutte le schede», come oggi ha annunciato che farà la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, «non può essere considerato come votante e non deve quindi essere conteggiato tra i votanti della sezione. Non concorre cioè al raggiungimento del quorum.Cosa prevede il primo quesito su contratti a tutele crescenti e licenziamenti?La prima scheda è di colore verde. Si interviene su una parte centrale del Jobs act: le regole sui licenziamenti. A ricordare il legame con la riforma voluta da Matteo Renzi è anche il titolo della scheda: “Il contratto di lavoro a tutele crescenti”. Si tratta di una tipologia contrattuale introdotta nel 2015. Si applica ai nuovi assunti a tempo indeterminato dal 7 marzo di quell’anno, relativamente alle aziende con più di 15 dipendenti. In caso di licenziamento illegittimo, è previsto il superamento del reintegro nel posto di lavoro, sostituito da un indennizzo economico “certo e crescente” commisurato all’anzianità di servizio. Si va da un minimo di 6 mensilità ad un massimo di 36. Il quesito referendario propone di cancellare la norma che consente alle imprese con più di 15 dipendenti di non reintegrare un lavoratore licenziato anche nel caso in cui il giudice dichiari ingiusta e infondata l’interruzione del rapporto. Con la vittoria del “sì”, viene abrogato il Dlgs 23/2015 e si torna alla disciplina dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori del 1970, modificato dalla legge Fornero, la legge 92 del 2012. Con la vitoria del “no” resta l’attuale disciplina del Dlgs 23/2015, modificata da alcune sentenze della Corte Costituzionale (le più “impattanti” sono la n.128 e la n.129 del 2024) e da interventi della Corte di Cassazione.Cosa prevede il secondo quesito su licenziamenti e indennità nelle Pmi?Il secondo quesito (scheda arancione) sul lavoro promosso dalla Cgil chiede più tutele per le lavoratrici e i lavoratori delle piccole imprese. In particolare riguarda la cancellazione del tetto all’indennità nei licenziamenti nelle imprese con meno di 16 dipendenti: qui in caso di licenziamento illegittimo oggi una lavoratrice o un lavoratore può al massimo ottenere 6 mensilità di risarcimento, anche qualora un giudice reputi infondata l’interruzione del rapporto di lavoro. Obiettivo del quesito referendario è innalzare le tutele di chi lavora, cancellando il limite massimo di sei mensilità e lasciando che sia il giudice a determinare il giusto risarcimento senza alcun limite, tenendo conto di diversi aspetti, come la capacità economica dell’azienda, i carichi familiari e l’età del lavoratore.Cosa prevede il terzo quesito sui contratti a termine?Il terzo quesito (scheda grigia) punta a eliminare alcune norme sull’utilizzo dei contratti a termine. I rapporti a termine possono oggi essere instaurati fino a 12 mesi senza alcuna ragione oggettiva che giustifichi il lavoro temporaneo. Con la vittoria del “sì” verrebbero introdotte causali specifiche anche per i contratti a termine di durata inferiore ai dodici mesi. LEGGI TUTTO