Il consenso è “assolutamente condivisibile come principio, ma una legge che lascia troppo spazio alla libera interpretazione del singolo è una legge che rischia di intasare i tribunali e alimentare lo scontro invece di ridurre le violenze”. Lo ha detto il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini, a proposito dello stop in Senato alla modifica della norma del codice penale sul reato di violenza sessuale. “Questa sorta di consenso preliminare, informato e attuale, così come è scritto, lascia lo spazio a vendette personali, da parte di donne e uomini, che senza nessun abuso userebbero una norma vaga per vendette personali che intaserebbero i tribunali”, ha aggiunto. Salvini ha poi sottolineato il lavoro della senatrice Giulia Bongiorno, “esperta e avvocata di tante donne vittime di violenza e molestia”.
La frenata al Senato
Le parole di Salvini sono arrivate dopo che ieri al Senato, a un passo dall’approvazione definitiva, il centrodestra ha frenato riguardo al disegno di legge sulla violenza sessuale rivoluzionato, appunto, dal consenso. La legge, come approvata a Montecitorio, nel suo unico articolo prevede il carcere da 6 a 12 anni per chi fa o fa compiere o subire atti sessuali a un’altra persona senza il consenso “libero e attuale”. A siglare l’accordo bipartisan sulla norma erano state la premier Giorgia Meloni e la segretaria del Pd Elly Schlein e lo scorso 19 novembre alla Camera c’era stato un voto unanime. Ma il consenso “libero e attuale” delle donne – che, se manca, certifica la violenza sessuale – dovrà aspettare a diventare legge. Nonostante l’iter accelerato a Palazzo Madama, la maggioranza ha chiesto approfondimenti, ha ottenuto un breve ciclo di audizioni e ha rallentato il cammino. Sembra che a non convincere sia la pena per i casi di minore gravità, diminuita non oltre i due terzi. Ma è sull’attualità del consenso che, in realtà, covano i dubbi maggiori. “Vogliono affossare il provvedimento”, è stata la lettura delle opposizioni. I parlamentari di Pd, M5s, Avs e Iv, spiazzati dal dietrofront “inspiegabile”, hanno lasciato la commissione Giustizia, presieduta dalla leghista Giulia Bongiorno, che aveva cominciato a discuterne.
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Centrodestra: “Nessuna retromarcia”
Il centrodestra, comunque, assicura che non ci sono ripensamenti. “Ho già dato il termine per lunedì per indicare gli esperti da audire. Ho chiesto ai gruppi che non vengano sentite persone che non sono esperte, quindi voglio tecnici. In secondo luogo è vietato superare il numero di due per gruppo. Sarà un breve ciclo di audizioni di esperti”, ha detto la presidente della commissione Giustizia Giulia Bongiorno. Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, su Rai Radio 1 ha assicurato: “Non c’è nessuna retromarcia sul consenso. Semplicemente ogni Camera ha le sue prerogative ed è giusto che se il Senato vuole aprire una discussione più approfondita sul testo lo può fare. È meglio prendere più tempo ma approvare una legge convincente. Sulla legge sul consenso il rischio è il rovesciamento dell’onere della prova, questo è il dubbio”. È intervenuto anche il ministro Carlo Nordio, che si è detto “fiducioso” che “sicuramente” la norma sarà approvata e che c’è stato solo “un rinvio”. “È un piccolo slittamento dovuto a dei riferimenti tecnici necessari, quando si interviene su una legge penale anche una virgola può cambiare completamente il significato, quindi bisogna stare estremamente attenti alla tecnica redazionale, questo riguarda un’opera di cesello che non sempre si fa quando una legge viene portata, però sul contenuto vi è una unità di consenso”.
