More stories

  • in

    Weekly Beasts

    A Lido Beach, nello stato di New York, le guardie forestali e i volontari stanno monitorando la popolazione di un uccello marino della stessa famiglia dei gabbiani, il becco a cesoia americano, che catturano, controllano ed etichettano: in questa gallery ce ne sono alcuni sulla spiaggia, e altri in volo sopra l’oceano. Poi c’è la prima apparizione pubblica allo zoo di Berlino di un cucciolo di ippopotamo pigmeo, una particolare specie di ippopotamo di piccole dimensioni, ma anche animali che cercano di rinfrescarsi, una cicogna con le ali spiegate e cavalli al galoppo. Per finire, un piccolo orango di Sumatra, cullato dalla madre. LEGGI TUTTO

  • in

    Morso da un ragno violino, muore un ragazzo di 23 anni

    Inizialmente, pensava fosse una puntura di zanzara, ma il gonfiore è aumentato e ha iniziato a provare forti dolori.Morso da un ragno violino, muore un ragazzo di 23 anni – Nanopress.itLa prevenzione è essenziale: evitare di lasciare vestiti o scarpe all’aperto e controllare attentamente gli ambienti dove si lavora o si vive può ridurre il rischio di incontri con questi ragni. Morso da un ragno violino, muore un ragazzo di 23 anniLa tragica morte di Giuseppe Russo, un giovane di 23 anni, ha riportato l’attenzione sui pericoli del morso del ragno violino. Il giovane è stato morso alla gamba destra mentre lavorava in campagna a Collepasso, in provincia di Lecce. Inizialmente, pensava fosse una puntura di zanzara, ma il gonfiore è aumentato e ha iniziato a provare forti dolori. L’infezione ha causato un ascesso che ha portato alla necrosi dell’arto, e nonostante i tentativi di cura, è deceduto per shock settico e insufficienza multiorgano.Come riconoscere il morso del ragno violino e cosa fareIl ragno violino, noto scientificamente come Loxosceles rufescens, è un ragno piccolo, di colore marrone-giallastro, con una caratteristica macchia a forma di violino sul dorso. Il suo morso può inizialmente sembrare innocuo, simile a una puntura di insetto, ma può evolvere in una lesione più grave. Il dolore può aumentare nelle ore successive al morso, la zona del morso può diventare rossa e gonfia. In alcuni casi, può formarsi un’ulcera o un ascesso.In caso di morso, bisogna lavare immediatamente la zona con acqua e sapone, ridurre il gonfiore applicando ghiaccio avvolto in un panno. È fondamentale rivolgersi a un medico il prima possibile per una valutazione e un trattamento adeguato. Tenere sotto controllo l’evoluzione della ferita e segnalare eventuali peggioramenti al medico.La prevenzione è essenziale: evitare di lasciare vestiti o scarpe all’aperto e controllare attentamente gli ambienti dove si lavora o si vive può ridurre il rischio di incontri con questi ragni. LEGGI TUTTO

  • in

    Cosa sappiamo della nuova variante di mpox

    Caricamento playerIl virus dell’mpox, la malattia a cui un tempo ci si riferiva come “vaiolo delle scimmie” e che il 14 agosto è stata dichiarata un’emergenza sanitaria internazionale dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), è noto alla comunità scientifica dal 1970. Tra il 2022 e il 2023 si era già diffuso in varie parti del mondo, Europa compresa, a partire dall’Africa centrale e occidentale, dove è endemico. Attualmente è presente soprattutto nella Repubblica Democratica del Congo, dove quest’anno circola una nuova variante più contagiosa e più pericolosa: da gennaio al 7 agosto ci sono stati più di 14mila casi presunti (di più che in tutto il 2023) e 511 morti probabilmente dovute alla malattia.
    In Italia e negli altri paesi europei le infezioni registrate nell’ultimo anno sono state poche e d’importazione, cioè relative a persone che erano state all’estero, per cui per il momento qui non c’è da allarmarsi. Finora fuori dall’Africa è stato riscontrato un unico caso di infezione legata alla nuova variante, il sottotipo chiamato “1b”. È stato trovato in Svezia e le autorità sanitarie del paese hanno fatto sapere che la persona infettata si era contagiata durante un viaggio in Africa.
    Il virus dell’mpox, indicato dalla sigla MPXV, si trasmette stando a lungo molto vicino a una persona infettata (anche solo parlandole faccia a faccia), o attraverso oggetti con cui era stata in contatto, come lenzuola, abiti o aghi per iniezioni. Inoltre può passare da una donna incinta al feto. Contrariamente a quanto credono in molti, non si trasmette unicamente per via sessuale, anche se è una modalità di contagio comune.
    La malattia può essere asintomatica o causare sintomi di diversa gravità, che il più delle volte compaiono entro una settimana dal contagio e durano dalle due alle quattro settimane. I più comuni sono eruzioni cutanee, febbre, mal di gola, mal di testa, dolori muscolari, mal di schiena, spossatezza e linfonodi ingrossati. Le eruzioni cutanee, che possono evolvere in vescicole o pustole piene di un liquido giallastro causa di prurito o dolore, sono una delle caratteristiche che permettono di riconoscere la malattia. Di solito compaiono prima sul viso e successivamente possono diffondersi sul resto del corpo. Le persone malate rimangono contagiose fino a che non sono completamente guarite.
    Come molte altre malattie l’mpox è rischioso soprattutto per chi ha le difese immunitarie già indebolite per altre ragioni e i sintomi variano a seconda del ceppo del virus responsabile del contagio. Esistono due ceppi principali, che l’OMS identifica con le espressioni in inglese “clade I” e “clade II”. Il ceppo indicato con il numero romano I è stato trovato per la prima volta in Africa centrale ed è il più diffuso nella Repubblica Democratica del Congo. Il ceppo indicato con II, inizialmente riscontrato in Africa occidentale, è invece quello a cui si deve l’epidemia del 2022-2023, causata principalmente dal sottotipo IIb. I sintomi causati dal ceppo I sono più gravi rispetto a quelli dovuti al ceppo II.
    La variante individuata più di recente appartiene al ceppo I: tecnicamente avrebbe dovuto essere indicata come Ib, ma si è diffusa la dicitura 1b, col numero arabo. Era stata trovata inizialmente in un focolaio di mpox a Kamituga, una cittadina mineraria nel centro-ovest della Repubblica Democratica del Congo, a circa 270 chilometri dal confine col Ruanda. Poi sono stati trovati dei casi in Burundi, Kenya, Ruanda e Uganda e complessivamente quelli dovuti al sottotipo 1b che sono stati confermati dalle analisi di laboratorio sono più di 100. È tuttavia possibile che il numero reale sia più alto perché i test necessari per appurarlo non sono stati fatti su tutte le persone che mostravano sintomi compatibili con la variante (in Africa centrale i servizi sanitari non hanno le risorse per controllare tutti i presunti casi di mpox).
    Secondo le indagini dell’OMS, il nuovo ceppo virale si sta diffondendo prevalentemente attraverso i rapporti sessuali. L’organizzazione ha deciso di dichiarare l’emergenza sanitaria internazionale perché il virus si sta diffondendo dalla Repubblica Democratica del Congo ai paesi vicini. La nuova variante è ancora poco conosciuta, ma si ritiene che sia particolarmente contagiosa e che causi sintomi più gravi.
    In generale, nell’Africa centrale l’mpox rappresenta una minaccia maggiore rispetto ai paesi europei per via dei limiti delle strutture sanitarie locali: è più facile che i casi più gravi della malattia causino complicanze, come infezioni alle eruzioni cutanee, polmoniti, infezioni alle cornee (con rischi per la vista), diarrea e conseguente disidratazione, encefaliti o miocarditi, anche fino alla morte. È particolarmente rischiosa per i bambini, che nei paesi dell’Africa centrale sono tra le persone più esposte all’infezione.
    Olivia Wigzell, capo dell’Agenzia svedese per la salute pubblica, ha fatto sapere che la persona contagiata dalla variante 1b che si trova in Svezia è ricoverata vicino a Stoccolma e ha sottolineato che il fatto che sia in cura lì non significa che esistano dei rischi di contagio per la popolazione locale. La divisione europea dell’OMS ha invitato gli altri paesi del continente a intervenire velocemente e a segnalare eventuali casi di variante 1b come ha fatto la Svezia, ipotizzando che nei prossimi giorni e settimane potrebbero emergere altri «casi d’importazione».
    Al momento ci sono due vaccini che vengono usati per scongiurare i contagi da MPXV, ma nei paesi più colpiti dall’epidemia non è ancora stato possibile fare delle campagne vaccinali di larga scala. L’OMS sta raccogliendo donazioni e lavorando con le aziende produttrici di vaccini perché arrivino più dosi nelle zone in cui ce n’è maggiormente bisogno. La dichiarazione dello stato di emergenza internazionale dovrebbe anche favorire una maggiore coordinazione nel contrasto alla diffusione del virus.
    In Europa era stata fatta una campagna vaccinale contro l’mpox a partire dall’agosto del 2022, durante la precedente epidemia internazionale. In quell’occasione erano state interessate in modo prioritario le persone che rientravano nelle categorie ritenute più a rischio di contagio: chi lavora in laboratori a contatto con il virus, le persone con comportamenti sessuali considerati a rischio dalle autorità sanitarie, e quelle venute in contatto con persone malate.
    In passato l’mpox era chiamato “vaiolo delle scimmie”. Il virus che lo causa appartiene infatti all’ordine Orthopoxvirus, lo stesso del vaiolo, una malattia molto più rischiosa che però venne debellata nel 1980 grazie a una lunga campagna vaccinale internazionale (quella per cui le persone italiane con più di 47 anni hanno una cicatrice su un braccio). Il riferimento alle scimmie invece derivava dal fatto che inizialmente, nel 1958, era stato scoperto nei campioni biologici di scimmie in cattività, prima che facesse un “salto di specie” e diventasse un virus infettivo anche per gli esseri umani.
    Nel novembre del 2022 l’OMS decise di cambiare il nome ufficiale della malattia, raccomandando prima di tutto alla comunità medica e ai media di non usare più quello vecchio, perché sia su internet che in altri contesti veniva sfruttato per esprimere concetti razzisti e stigmatizzanti. LEGGI TUTTO

  • in

    La megattera più anziana del mondo ha un’età notevole

    Caricamento playerChe le megattere potessero vivere fino a oltre cinquant’anni finora era stato solo ipotizzato, ma adesso ce n’è la prova. A luglio il ricercatore di cetacei all’Università delle Hawaii Adam A. Pack ha individuato durante una spedizione nel sud dell’Alaska quella che si ritiene essere la più anziana megattera vivente di cui si abbia traccia: è un maschio, viene chiamato Old Timer, che si può tradurre come “veterano”, ed era stato avvistato per la prima volta nel 1972.
    Come ha spiegato il New York Times, è sorprendente che sia vissuto così a lungo, visto che qualche decennio fa la popolazione mondiale della specie era stata decimata soprattutto dalla caccia, e che in anni recenti molti altri esemplari non sono sopravvissuti alle diverse minacce a cui sono stati esposti: come il transito delle navi, le reti per la pesca a strascico in cui spesso rimangono impigliati, e poi il cambiamento climatico e le grandi ondate di calore che negli ultimi anni hanno ucciso molti uccelli e mammiferi marini, comprese le megattere.
    Le megattere (Megaptera novaeangliae) sono grandi cetacei diffusi in tutti gli oceani. Si cibano di pesci e piccoli crostacei (krill) in acque fredde, mentre per la riproduzione si spostano in quelle tropicali o subtropicali. Hanno una lunghezza che va dagli 11 ai 17 metri e possono pesare fino a 40 tonnellate; non sono dotate di denti, bensì di una specie di frange, dette fanoni, che servono per filtrare acqua e cibo.
    Un po’ come tutti i cetacei sono difficili da individuare, osservare e studiare, ma si riescono a distinguere grazie ad alcune loro caratteristiche fisiche: in particolare la colorazione del corpo e le cicatrici o i bordi frastagliati della pinna caudale, quella che alcuni pesci hanno sulla coda e che li aiuta a spostarsi nell’acqua. È proprio grazie al confronto tra le foto d’archivio e quelle scattate a luglio nelle acque del Frederick Sound, un fiordo nel sud dell’Alaska, che Pack può dire di aver visto Old Timer. La sua coda è quasi del tutto nera, con una serie di pigmenti bianchi verso le estremità, ed è la stessa che sempre Pack aveva visto nel 2015 nelle acque di Petersburg, non lontano da Frederick Sound.
    Considerando che quando era stato visto per la prima volta era già sviluppato, deve avere almeno 53 anni: questo rende Old Timer «la più vecchia megattera di cui si abbia notizia al mondo» ha detto Pack, che è co-fondatore e presidente del Dolphin Institute, un’organizzazione non profit che si occupa di cetacei.

    Old Timer era stato fotografato per la prima volta nel 1972 nel canale di Lynn, a nord di Juneau, la capitale dell’Alaska, e fa parte di un gruppo che trascorre l’inverno nella zona delle Hawaii e l’estate nel nord-est dell’oceano Pacifico. I cetacei di quest’area sono studiati fin dagli anni Settanta grazie al lavoro di Louis Herman, autore delle migliaia di fotografie che nel tempo hanno permesso ad altri scienziati di individuare gli animali e osservare i loro comportamenti e le loro rotte migratorie.
    Pack, un ex studente di Herman, ha definito il nuovo avvistamento «rincuorante», perché potrebbe significare che anche le megattere più anziane riescono a essere resilienti.

    – Ascolta anche: Sonar. Come il linguaggio costruisce la realtà, anche sott’acqua

    Al momento secondo l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura – l’ente riconosciuto dall’ONU che valuta quali specie animali e vegetali rischiano l’estinzione – esistono circa 84mila individui di megattera, e la popolazione della specie è in crescita. Tuttavia la maggior parte di quelle che ci sono in giro oggi è nata alla fine degli anni Ottanta, quando a causa della caccia erano arrivate a essere meno del 10 per cento di quante fossero nell’Ottocento, correndo il rischio di estinguersi.
    Negli ultimi decenni la popolazione è tornata ad aumentare principalmente per due ragioni. La prima è l’introduzione di una moratoria alla caccia alle balene per fini commerciali che è tuttora in vigore (con l’eccezione di Islanda, Norvegia e Giappone, per fattori storici e culturali). La seconda, almeno in parte, è il riscaldamento globale, che ha aumentato di circa 80 giorni il periodo dell’anno in cui il mare è senza ghiaccio e quindi gli animali possono trovare cibo più facilmente (in parte, appunto: gli effetti più estremi del cambiamento climatico continuano a essere molto dannosi anche per loro).
    In questi anni Pack e altri ricercatori hanno sfruttato uno strumento di riconoscimento messo a disposizione da una piattaforma che raccoglie più di un milione di foto per analizzare l’andamento della popolazione di megattere nel Pacifico settentrionale. Nel 2012 nell’area erano stati individuati circa 33.500 individui, in aumento rispetto a quando il progetto era cominciato, nel 2002. Tra il 2012 e il 2016 tuttavia è stato notato un declino che finora gli scienziati si sono spiegati con una serie di estati in cui l’acqua dell’oceano aveva temperature più alte della norma.
    Ted Cheeseman, uno dei fondatori della piattaforma e coinvolto nelle ricerche, ha detto che il fenomeno deve ancora essere approfondito, ma che in generale «se l’acqua è più calda vuol dire che c’è meno cibo disponibile, e che quello che c’è è più sparso e più in profondità». La situazione sembra essere preoccupante soprattutto alle Hawaii, dove nel 2021 la popolazione di megattere era calata del 34 per cento rispetto al 2013. Tornando a Old Timer, una delle ipotesi di Pack è che «sia stato in giro abbastanza a lungo da riuscire ad adattarsi quando le risorse di cibo sono limitate»: non è comunque chiaro se si possa dire lo stesso anche per altre megattere. LEGGI TUTTO

  • in

    È stato risolto un pezzetto dell’enigma di Kaspar Hauser

    Caricamento playerIl 26 maggio 1828 un ragazzo che indossava abiti trasandati fu visto aggirarsi da solo e confusamente nelle strade di Norimberga, in Germania. Si esprimeva male a parole, sembrava avere un qualche tipo di ritardo cognitivo, ma raccontò di aver passato tutta la propria vita in una stanza buia, dormendo a terra su un giaciglio di paglia e ricevendo solo pane e acqua da uno sconosciuto. Questo racconto affascinò molte persone, alcune delle quali ipotizzarono che Kaspar Hauser (così si chiamava il ragazzo secondo una di due lettere anonime che portava con sé quando fu “trovato”) fosse il legittimo erede del defunto granduca di Baden Karl, rapito e nascosto poco dopo la nascita per un intrigo dinastico.
    La storia di Hauser ebbe grande risonanza sia in Germania che all’estero, perché all’epoca c’era una grande curiosità riguardo ai comportamenti innati, quelli che un essere umano mostrerebbe anche se fosse cresciuto del tutto isolato. Le reali circostanze della vita di Hauser però non furono mai chiarite. L’uomo morì nel 1833 per una ferita al petto che, secondo quanto disse, gli procurò un assalitore ignoto. Secondo altre ricostruzioni, secondo cui fu un impostore mitomane, se la inflisse invece da solo. Nei decenni la sua vicenda ispirò vari libri, una poesia di Paul Verlaine, una canzone di Suzanne Vega e vari film, tra cui il famoso L’enigma di Kaspar Hauser di Werner Herzog (1974). Ora uno studio genetico ha aggiunto un nuovo elemento, escludendo che Hauser fosse l’erede del granduca di Baden.
    Questa conclusione è stata raggiunta attraverso delle analisi del DNA contenuto in tre ciocche di capelli appartenute a Hauser e conservate in alcune collezioni private. Lo studio, pubblicato in versione pre-print sulla rivista iScience, è stato fatto da un gruppo di ricerca internazionale all’Istituto di medicina forense di Innsbruck, in Austria, e all’Università di Potsdam, in Germania, con la collaborazione della genetista britannica Turi King, che nel 2013 identificò i resti del re d’Inghilterra Riccardo III (1452-1485).
    Per la teoria che attribuiva a Hauser un’origine aristocratica, l’uomo sarebbe stato il figlio del granduca Karl e della moglie Stéphanie di Beauharnais, una parente di Giuseppina, la prima moglie di Napoleone. Nel 1812 i due ebbero un figlio maschio, l’unico nato dal loro matrimonio, che però morì dopo 18 giorni di vita. Per questo, alla morte del granduca nel 1818, fu suo zio Ludwig a succedergli e dato che nemmeno lui aveva avuto figli maschi, nel 1830 il trono passò a un altro zio del granduca Karl, Leopold. Secondo la teoria riguardo a Kaspar Hauser, la madre di Leopold, la contessa di Hochberg Luise Karoline, avrebbe scambiato il figlio del granduca Karl con un neonato malato, per favorire l’ascesa al trono del figlio.

    Già due volte in passato erano state fatte delle analisi genetiche a partire da oggetti legati a Kaspar Hauser. Nel 1996 fu esaminata una porzione di tessuto intrisa di sangue ottenuta da un paio di calzoni conservati in un museo di Ansbach, in Baviera, che sarebbero stati indossati da Hauser prima della morte. Dal campione venne estratto del DNA mitocondriale, che contiene informazioni sull’ascendenza da parte di madre, e lo si confrontò con quello di due discendenti viventi di Stéphanie di Beauharnais. Quel primo studio non trovò corrispondenze, dunque escluse la discendenza nobile, ma lasciò un’incertezza perché non era sicuro che i calzoni appartenessero davvero a Hauser.
    Altre analisi vennero fatte tra il 2001 e il 2002, utilizzando un altro indumento del museo di Ansbach e delle ciocche di capelli riconducibili con certezza a Hauser. La sequenza di DNA mitocondriale così ottenuta risultò diversa da quella del 1996 e molto affine al DNA di uno dei discendenti di Stéphanie di Beauharnais, apparentemente confermando la teoria sulle origini nobili di Hauser. La porzione di DNA in questione tuttavia era molto piccola e statisticamente non si poteva escludere che la somiglianza trovata fosse una coincidenza. I metodi di analisi genetica usati fino ai primi anni Duemila del resto funzionavano molto male con i campioni molto piccoli o molto vecchi.
    Dal 2014 il patologo forense Bernd Brinkmann, che aveva già lavorato alle analisi dei primi anni Duemila, cercò di ottenere altri campioni dal museo di Ansbach, per poterli analizzare con tecniche genetiche più aggiornate, ma l’istituto non ha più concesso agli scienziati di esaminare gli oggetti della sua collezione. Così nel 2019 si è deciso di ripetere uno studio genetico sulle ciocche di capelli, aggiungendone una terza a quelle già esaminate. Grazie a una tecnica di sequenziamento del DNA sviluppata solo nel 2017 è stato verificato che tutti i campioni esaminati (sia le varie ciocche di capelli che il sangue sui calzoni del museo) appartenevano alla stessa persona e che questa non era imparentata con Stéphanie di Beauharnais. Le discrepanze tra le analisi precedenti erano dovute esclusivamente ai limiti delle vecchie tecniche di analisi.
    King ha commentato la scoperta chiarendo che comunque quello di Kaspar Hauser resta un mistero, perché il DNA mitocondriale, l’unico che si può ottenere da tracce di sangue antiche e da capelli senza bulbo, non permette di ricostruire interamente il genoma di una persona. Per questo non si può nemmeno fare delle ipotesi sulla regione di provenienza di Hauser, si sa solo genericamente che era probabilmente nato nell’Europa occidentale. Walther Parson dell’Università di Innsbruck, uno degli autori del nuovo studio, ha spiegato che servirebbero dei campioni ossei per ottenere maggiori informazioni.
    Nemmeno quelli tuttavia potrebbero chiarire se la storia raccontata da Hauser a proposito della sua lunga prigionia fosse vera, o se, come nel tempo hanno concluso molti studiosi appassionati alla sua vicenda, l’uomo fosse in realtà un mentitore patologico, desideroso di attirare l’attenzione. LEGGI TUTTO

  • in

    Quando finisce questo caldo?

    Caricamento playerPiù o meno dall’8 agosto l’Italia e vari altri paesi europei sono interessati da un’ondata di calore, cioè da temperature inusualmente più alte rispetto alla media, che ha fatto registrare massime superiori ai 36 o ai 38 °C in molte località. Il caldo è dovuto all’anticiclone sub-tropicale africano, un’area atmosferica di alta pressione proveniente dall’Africa che ha mantenuto il meteo mediamente stabile (lo si può immaginare come una grande montagna di aria calda che impedisce il passaggio di correnti più fresche).
    Nell’ultimo bollettino sulle ondate di calore, il ministero della Salute ha previsto per il 15 agosto il più alto livello di rischio per il caldo in 21 delle 27 città dove vengono fatti i monitoraggi, tra cui Roma, Milano, Napoli, Torino, Firenze e Bologna. Il livello di rischio più alto, che corrisponde al 3 ed è informalmente chiamato “bollino rosso”, segnala le condizioni meteorologiche che possono avere effetti negativi per la salute non solo per le persone più vulnerabili, come anziani, bambini molto piccoli e malati cronici, ma anche per le persone sane. La situazione sarà più o meno invariata anche il 16 agosto; migliorerà però fino al livello 1 a Milano e Torino.
    Nei giorni successivi le cose dovrebbero cambiare perché è previsto l’arrivo di una perturbazione proveniente dall’oceano Atlantico che porterà precipitazioni e un abbassamento delle temperature. Il servizio meteorologico dell’Aeronautica militare ha previsto temperature più o meno stazionarie per le giornate di giovedì (Ferragosto) e venerdì, e un lieve raffrescamento nel corso del fine settimana, in particolare domenica e soprattutto nelle regioni del Centro-Nord.

    Rispetto ad altre zone d’Europa, comunque, in Italia quest’estate non sono stati registrati dei particolari record di temperatura. È andata peggio alla Spagna e alla Grecia, dove le alte temperature degli ultimi giorni hanno favorito l’espansione di un vasto incendio vicino ad Atene.

    – Leggi anche: Perché si muore per il caldo LEGGI TUTTO

  • in

    Blitz a ‘Mappatella beach’, 5 denunce e ombrelloni sequestrati

    Nel corso dell’operazione, sono stati sequestrati 20 ombrelloni da mare, 30 sedie sdraio, oltre al materiale destinato all’installazione degli ombrelloni.Blitz a ‘Mappatella beach’, 5 denunce e ombrelloni sequestrati – Nanopress.itUna sesta persona, già nota alle forze dell’ordine, è stata denunciata per minacce rivolte ai militari durante il servizio.Blitz a ‘Mappatella beach’, 5 denunce e ombrelloni sequestratiI “furbetti dell’ombrellone” sono stati al centro di un blitz a Mappatella Beach, una celeberrima spiaggia sul Lungomare Caracciolo a Napoli. Durante il servizio di controllo, i carabinieri della compagnia di Napoli Centro, con la collaborazione della Polizia Municipale, hanno denunciato cinque persone, considerati parte di gruppi organizzati che noleggiavano a pagamento lettini e ombrelloni, occupando indebitamente il litorale. Nel corso dell’operazione, sono stati sequestrati 20 ombrelloni da mare, 30 sedie sdraio, oltre al materiale destinato all’installazione degli ombrelloni. Alcune di queste attrezzature erano già state posizionate in spiaggia, previo pagamento di una tariffa imposta da un concessionario abusivo, mentre altre erano depositate su una barca ormeggiata. Inoltre, una sesta persona, già nota alle forze dell’ordine, è stata denunciata per minacce rivolte ai militari durante il servizio. Nonostante le contestazioni, l’operazione ha contribuito a contrastare l’abuso e a preservare l’accesso libero alla spiaggia per tutti i cittadini e i turisti, soprattutto in vista del Ferragosto. LEGGI TUTTO

  • in

    Ponte Morandi, 6 anni fa la tragedia che costò la vita a 43 persone

    La città di Genova si prepara alla commemorazione delle 43 vittime del crollo del Ponte Morandi.Ponte Morandi, 6 anni fa la tragedia che costò la vita a 43 persone – Nanopress.itAlla cerimonia parteciperanno autorità pubbliche nazionali e locali,Sei anni fa il crollo del Ponte MorandiSei anni fa, il crollo del Ponte Morandi a Genova ha segnato una delle più grandi tragedie nella storia recente del nostro Paese. Oggi, la città di Genova si prepara a commemorare le 43 vittime con una cerimonia nella Radura della Memoria, situata sotto l’impalcato del ponte San Giorgio nel quartiere di Certosa. La commemorazione inizierà con una messa officiata dall’arcivescovo di Genova, monsignor Marco Tasca, seguita da una camminata in ricordo delle vittime. Alle 10:45, si terrà la cerimonia ufficiale con la partecipazione di autorità locali e nazionali. Durante il minuto di silenzio alle 11:36, verranno suonate le sirene delle navi in porto e le campane di tutta la diocesi.Il crollo del Ponte Morandi: la ricostruzione di quei drammatici istantiIl crollo del Ponte Morandi, noto anche come viadotto Polcevera, avvenne alle 11.36 del 14 agosto 2018 a Genova. Il crollo coinvolse il ponte che sovrastava la zona fluviale e industriale di Sampierdarena. La sezione del ponte lunga 250 metri crollò insieme al pilone di sostegno numero 9, provocando 43 vittime tra gli occupanti dei mezzi in transito e gli operai al lavoro nella sottostante isola ecologica dell’AMIU, l’azienda municipalizzata per la raccolta dei rifiuti. La ricostruzione del crollo – Nanopress.itL’intero pezzo di ponte cadde su una palazzina e la ferrovia sottostante, causando 14 feriti. Nel 2020, è stato inaugurato il nuovo viadotto Genova San Giorgio, costruito su disegno dell’architetto Renzo Piano e aperto al traffico. Il crollo del Ponte Morandi è stato causato da una complessa catena di fattori. Sebbene non esista ancora una risposta definitiva, alcune indagini hanno fornito importanti informazioni riguardo le cause del crollo. L’incidente è stato innescato dalla rottura di uno strallo, un elemento portante del ponte. Questo ha compromesso l’equilibrio della struttura. Lo strallo si è rotto a causa dell’alta corrosione. La mancanza di manutenzione adeguata ha contribuito a questo problema. La mancanza di controlli e ispezioni adeguate ha aggravato la situazione. La manutenzione inadeguata è stata un fattore chiave.A seguito del crollo è stato avviato un processo legale per indagare sulle cause dell’incidente e stabilire eventuali responsabilità. Nel 2019, 43 persone sono state indagate, tra cui funzionari di Autostrade per l’Italia, l’azienda che gestiva il ponte. Il processo ha coinvolto una serie di perizie tecniche e testimonianze per comprendere le ragioni del crollo e valutare eventuali negligenze o violazioni delle norme di sicurezza. Il processo è tuttora in corso e potrebbero essere necessari anni prima che si giunga a una conclusione definitiva. LEGGI TUTTO