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Un gruppo di ricerca in Svizzera ha realizzato la cosa più simile alle navicelle usate per muoversi all’interno dei vasi sanguigni di Siamo fatti così, il cartone animato della fine degli anni Ottanta che raccontava il funzionamento del nostro corpo. Questi minuscoli sistemi di trasporto si sono rivelati promettenti per far arrivare i farmaci direttamente alle cellule da trattare, riducendo gli effetti indesiderati e la dispersione dei principi attivi nel resto dei tessuti dell’organismo. I test hanno per ora riguardato maiali, pecore e modelli dei vasi sanguigni umani, ma il gruppo di ricerca ritiene che entro pochi anni si possa passare ai primi test clinici.
La possibilità di utilizzare minuscoli robot da iniettare nell’organismo per trattamenti estremamente mirati è esplorata da tempo, perché consentirebbe di somministrare i farmaci in modo più preciso ed efficace. Alcune sostanze potrebbero raggiungere meglio le cellule tumorali in aree poco accessibili del corpo, oppure potrebbero rendere più semplice lo scioglimento dei coaguli (trombi) che possono causare ictus e altri seri problemi di salute. Controllare e far muovere qualcosa all’interno dei vasi sanguigni, magari controcorrente, non è però semplice ed è stato a lungo il principale ostacolo nello sviluppo di queste nuove tecnologie.
Un gruppo di ricerca del Politecnico federale di Zurigo (ETH) ha raccontato in uno pubblicato sulla rivista scientifica Science di avere raggiunto importanti progressi, ideando un sistema di consegna mirata dei farmaci basato su minuscole capsule che ha chiamato “microrobot”. Ogni capsula ha le dimensioni di un grano di pepe ed è composta da una gelatina, che tiene insieme alcune nanoparticelle di ossido di ferro trattate con zinco, il principio attivo da consegnare all’interno del corpo e piccole quantità di tantalio, un metallo che rende possibile l’osservazione della capsula ai raggi X mentre viaggia nei vasi sanguigni.
La capsula viene inserita attraverso un catetere, una sorta di tubicino simile a quello già impiegato per diversi trattamenti che richiedono di avere un accesso ai vasi sanguigni. Il catetere viene inserito in un grande vaso sanguigno (come per esempio l’arteria femorale nell’inguine) a seconda dell’area del corpo che deve essere trattata e viene poi guidato per farlo avvicinare il più possibile alla zona interessata. Solo a quel punto la capsula viene spinta all’esterno del catetere, in modo da lasciarla libera di muoversi per raggiungere il punto in cui dovrà rilasciare il farmaco.
I movimenti della capsula, che contiene ferro, vengono controllati grazie ai campi magnetici prodotti da alcune coppie di bobine posizionate attorno al paziente. Un operatore usa una manopola simile a quella per giocare ai videogiochi e, a seconda della direzione che sceglie, i campi magnetici si modificano in modo da guidare la capsula nel suo percorso dentro al corpo. Il tantalio rende possibile osservare ai raggi X o con i sistemi impiegati per gli interventi vascolari (come l’angiografia) la posizione della capsula, in modo da assicurarsi che raggiunga il punto desiderato.
Il gruppo di ricerca ha spiegato che la parte più difficile è stata proprio mettere a punto il sistema di navigazione, con molte attività di calibrazione per raggiungere una precisione inferiore al millimetro nel 95 per cento delle applicazioni. Nei grandi vasi, la capsula può essere trasportata dal flusso sanguigno, con l’operatore che interviene solamente per regolare la sua traiettoria, a una velocità che può superare i 60 centimetri al secondo. In alcune simulazioni su modelli di biforcazioni a “Y” dei vasi sanguigni, il sistema ha mostrato di essere efficace nello scegliere la direzione giusta anche con flussi fino a 84 centimetri al secondo.
Possibili movimenti della capsula all’interno dei vasi sanguigni (ETH Zurich)
Una volta raggiunto il punto di rilascio, la capsula viene “parcheggiata” e viene generato un campo magnetico che si inverte di continuo e molto velocemente, in modo da mettere in vibrazione la capsula stessa e farla scaldare in pochi secondi. Il calore fa sciogliere il guscio di gelatina che racchiude al suo interno il farmaco, che raggiunge quindi direttamente le cellule da trattare. Ciò che resta della gelatina e il ferro vengono smaltiti normalmente dall’organismo, mentre il tantalio richiede un po’ più di tempo e non viene smaltito completamente (ma si tratta di dosi minime ed è comunque inerte).
Modello di un catetere per l’inserimento della capsula (ETH Zurich)
Il sistema è stato finora sperimentato con successo nei maiali e nelle pecore, ma anche in modelli che imitano la struttura dei vasi sanguigni di varie aree del corpo umano, e che sono di solito usati dai medici per la loro formazione. Non è stata ancora definita una data per l’avvio dei test clinici, quindi sugli umani, ma potrebbero essere necessari alcuni anni prima di avviare le sperimentazioni. Per ottenere l’autorizzazione dagli enti regolatori dovrà essere dimostrata la sicurezza e la tollerabilità del trattamento sulla base dei test preclinici.
La ricerca è stata accolta con interesse non solo per i risultati, ma anche per le tecnologie sperimentate e per l’idea ritenuta sempre più praticabile di controllare dall’esterno i movimenti dei sistemi di trasporto dei farmaci, migliorando l’efficacia dei trattamenti. Il sistema richiede un piccolo intervento, ma al tempo stesso si basa in buona parte su sistemi che sono già disponibili negli ospedali, fatta eccezione per il sistema di navigazione, e questo potrebbe riflettersi su costi più contenuti per le strutture sanitarie.
Fonte: https://www.ilpost.it/scienza/feed/

