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Una nuova prova della domesticazione del fuoco è molto più antica della precedente


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Barnham è una piccola città come tante nel West Suffolk, nell’Inghilterra orientale, ma in un’area poco distante dalle sue case è stata fatta una delle scoperte archeologiche più sorprendenti degli ultimi tempi. Un gruppo di archeologi ritiene di avere trovato la prova più antica della produzione di fuoco da parte degli umani. È risalente a circa 400mila anni fa, quindi molto antecedente rispetto alle prove trovate finora e risalenti a 50mila anni fa.

La zona di Barnham era nota da decenni per la presenza di tracce di ominini (in sostanza gli avi più antichi dei Neanderthal, i “cugini” della nostra specie Homo sapiens), ma solo una decina di anni fa un gruppo di ricerca legato al British Museum notò nel terreno segni compatibili con fuochi antichi. In particolare, erano stati notati alcuni frammenti di selce, una roccia molto usata e ricorrente nei primi insediamenti umani. Le condizioni dei frammenti suggerivano che si fossero formati in seguito al calore molto intenso, ma sembrava impossibile stabilire se il fuoco che aveva fatto rompere le selci fosse un comune incendio oppure un focolare acceso da un’antica popolazione di umani nella zona.

Come ha di recente al New York Times Nick Ashton, un archeologo che ha partecipato allo studio, nell’estate del 2021 ci fu un piccolo colpo di scena grazie a un riposino mancato. Dopo l’ennesima sessione inconcludente alla ricerca di indizi, Ashton si stava preparando per fare una dormita all’ombra di un albero nel sito di Barnahm, quando gli tornò in mente una cosa che aveva osservato un paio di anni prima: una striscia di argilla rossa nel terreno un po’ più scura dalle altre.

«Pensai, devo andare a dare un’occhiata», ha detto al New York Times, e analizzando meglio quella striscia capì che si trattava di una parte di terreno rimasta abbrustolita dalle fiamme. Insieme ai colleghi, concordò di dedicarsi a quell’indizio, usando più tecniche possibili per capire se in quel punto si fosse sviluppato spontaneamente un incendio, in seguito a un fulmine che aveva colpito un albero 400mila anni fa, o se qualcuno avesse acceso un fuoco.

Il sito di Barnham durante uno degli scavi (Pathways to Ancient Britain Project, Jordan Mansfield)

Lo studio dei sedimenti, cioè delle stratificazioni di suolo e rocce, portò il gruppo di ricerca a concludere che un tempo in quella zona ci fosse una pozza d’acqua, usata da molti animali per abbeverarsi e probabilmente dagli umani per appostarsi e cacciarli. Un incendio causato da un fulmine avrebbe lasciato tracce su un’ampia area, mentre invece la striscia notata da Ashton era poco estesa. Era un indizio importante, ma serviva un’analisi approfondita.

Tra ricerche sul campo e in laboratorio, per circa quattro anni Ashton e colleghi hanno sottoposto i campioni a numerosi test. Ne hanno analizzato la struttura (analisi micromorfologica) per confermare che le fiamme avessero interessato un’area ristretta e isolata dal resto del terreno. Hanno studiato la composizione dei sedimenti e il modo in cui si alterarono a causa del calore e hanno condotto un’analisi delle proprietà magnetiche dei minerali nei campioni, per capire se il fuoco fosse stato un evento singolo o ricorrente, quindi compatibile con l’attività umana. Per farlo il gruppo di ricerca ha raccolto dei campioni di controllo da zone in cui il terreno non aveva tracce di bruciature e li ha riscaldati più volte, per capire se questi assumessero caratteristiche magnetiche simili a quelle del suolo nell’area che era stata anticamente a contatto con le fiamme.

Il sedimento indicato dalla B’ è quello che fu abbrustolito dalle fiamme (Pathways to Ancient Britain Project, Jordan Mansfield)

Le analisi e gli esperimenti hanno che il fuoco non solo era localizzato, ma anche che era ricorrente e quindi compatibile con l’attività umana. Serviva però una prova ancora più forte per poter sostenere che in quella zona un gruppo di umani avesse già la padronanza del fuoco, centinaia di migliaia di anni prima rispetto alle prove trovate altrove.

Analizzando meglio l’area in cui erano state trovate le selci, il gruppo di ricerca ha scoperto dei piccoli frammenti di pirite, un minerale che veniva usato per accendere il fuoco battendolo contro la selce, in modo da produrre scintille. Il fatto che fosse in una zona in cui la pirite non è una normale componente del suolo, ha fatto ipotizzare al gruppo di ricerca che quei primi umani ne avessero portati alcuni frammenti da zone a qualche decina di chilometri di distanza, dove ci si poteva procurare facilmente della pirite.

Il nuovo studio è stato accolto con grande interesse perché le analisi del suolo e il ritrovamento della pirite indicano dell’attività umana legata al fuoco, anche se probabilmente la pratica era ancora isolata o poco diffusa nelle popolazioni degli avi dei Neanderthal. È probabile che altrove ci si procurasse ancora il fuoco saltuariamente, da alberi incendiati nei temporali e per brevi periodi di tempo. Ashton ritiene però che la pratica potesse essere più diffusa, semplicemente perché i gruppi di umani senza il fuoco avrebbero potuto facilmente imitare quelli che ce lo avevano.

Rappresentazione artistica del fuoco a Barnham circa 400.000 anni fa (Craig Williams © The Trustees of the British Museum)

La domesticazione del fuoco fu uno dei più grandi progressi tecnologici per l’evoluzione umana, e arrivò dopo circa un milione e mezzo di anni di utilizzo saltuario e occasionale di fiamme e braci prodotte da incendi naturali. Col fuoco sempre a disposizione, il cibo cacciato e raccolto poteva essere cotto, reso più digeribile e sicuro grazie all’eliminazione di molte tossine da parte dell’alta temperatura delle fiamme. Il fuoco poteva essere inoltre usato per rimanere al caldo la notte e nella stagione fredda, riducendo la necessità di spostamenti e migrazioni, così come per tenere alla larga gli animali predatori. Nel tempo, il fuoco sarebbe anche diventato la risorsa più importante per produrre utensili di metallo, più pratici e duraturi, ma anche per altro.

Intorno al fuoco ci si trovava per scaldarsi e mangiare, e questo rendeva più probabili e frequenti le interazioni sociali. Tra le ipotesi più condivise sulla nostra evoluzione, c’è quella secondo cui ritrovarsi intorno al fuoco ebbe un ruolo importante nello sviluppo della capacità di comunicare con la produzione di suoni che infine divennero parole.


Fonte: https://www.ilpost.it/scienza/feed/

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