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Forse sull’isola di Pasqua non ci fu un “ecocidio”

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L’isola di Pasqua (Rapa Nui), che si trova a circa 3.600 chilometri dalla costa del Cile nell’oceano Pacifico meridionale, è famosa per almeno due cose: i “moai”, i grandi busti in pietra alti fino a 10 metri che spuntano dal terreno, e la brutta fine che fece la popolazione che li costruì. Si ipotizza infatti che secoli fa gli isolani commisero un ecocidio: sfruttarono a fondo le risorse dell’isola, abbattendo tutti gli alberi ed esaurendo le risorse del suolo rendendolo poco fertile, al punto da patire carestie che li decimarono portando la popolazione da 25mila abitanti a poche migliaia.

L’ipotesi è , ma non tutti sono convinti e nel tempo sono stati pubblicati vari studi che provano a spiegare in modo diverso l’ascesa e il declino dell’isola di Pasqua. Una da poco pubblicata sulla rivista Science Advances, per esempio, ha segnalato che probabilmente gli isolani disponevano di meno terreni da coltivare rispetto a quanto ipotizzato in precedenza. Secondo il gruppo di ricerca la quantità di abitanti fu quindi sempre contenuta sull’isola e non ci fu mai un suo calo drastico dopo un certo periodo di tempo a causa di un consumo non sostenibile delle risorse dell’isola.

Le popolazioni della Polinesia si sull’isola di Pasqua circa mille anni fa, ma non ci sono molte testimonianze per ricostruire la loro storia nei primi secoli di vita sull’isola. Rapa Nui è di origine vulcanica e in poco tempo i nuovi arrivati si dovettero confrontare con le difficoltà nel coltivarla e sulla quantità ridotta di sorgenti di acqua dolce. Per avere una resa migliore dei campi, per lo meno per la coltivazione dei tuberi, gli abitanti perfezionarono una tecnica che si era già rivelata utile altrove: ricoprivano i campi con frammenti di pietre, in modo da mantenere il suolo più fresco di giorno e caldo di notte, favorendo l’accumulo dell’umidità necessaria per far crescere le piante.

Nel diciottesimo secolo sull’isola di Pasqua gli europei e vi trovarono una popolazione di circa 3mila persone, il primo dato affidabile sulla quantità di isolani. Partendo da quel censimento, alcuni studi che secoli prima dell’arrivo degli europei l’isola potesse avere avuto tra i 17mila e i 25mila abitanti. Per arrivare a quella stima, a lungo condivisa in ambiente accademico, era stato stimato che fino al 20 per cento dei terreni dell’isola di Pasqua fosse coltivabile, seppure con qualche difficoltà. Quelle stime avevano portato alcune ricerche a concludere che la popolazione fosse stata decimata prima dell’arrivo degli europei, forse a causa di un uso eccessivo del suolo per l’agricoltura.

La nuova ricerca mette però in dubbio le stime sui terreni coltivabili dell’isola di Pasqua fatte in precedenza, segnalando come nei calcoli furono comprese zone coperte da frammenti di pietra che non erano però effettivamente usate come campi. Il gruppo di ricerca ha provato a censire i terreni analizzando varie immagini satellitari e mettendole a confronto con sistemi di intelligenza artificiale. Dalle analisi è emerso che solo un quinto dei terreni delle stime più conservative fatte in precedenza era effettivamente impiegato per l’agricoltura. Anche tenendo in considerazione altre risorse alimentari, derivanti dalla pesca e dalla caccia ad alcuni uccelli, sembra improbabile che sull’isola di Pasqua potessero vivere così tante persone come ipotizzato in precedenza.

Mappa delle aree urbanizzate e agricole in relazione alla densità calcolata degli orti rocciosi (Science Advances)

Dylan Davis, uno degli autori della ricerca, al Guardian: «Il nostro studio conferma che l’isola non avrebbe potuto sostenere più di qualche migliaio di persone. Di conseguenza, a differenza della versione sull’ecocidio, la popolazione presente all’arrivo degli europei non era ciò che restava della società di Rapa Nui, ma era più probabilmente la società al proprio picco, che viveva a un livello sostenibile per le risorse dell’isola».

La nuova ricerca ha aggiunto elementi a una questione che viene dibattuta da tempo e sulla quale non c’è ancora un consenso scientifico. Secondo alcuni esperti lo studio ha l’effettiva quantità di campi di cui potevano disporre gli abitanti dell’isola secoli fa, arrivando di conseguenza a una stima troppo conservativa della popolazione. Altri hanno segnalato come sia difficile fare una stima precisa sul numero di abitanti in una certa fase storica solo sulla base dei campi che si ritiene avessero utilizzato, visto che le tracce di quelli più antichi sono difficili da confermare.

Dopo l’arrivo degli europei la popolazione dell’isola di Pasqua dovette affrontare molte difficoltà legate alla diffusione di malattie contro cui non era immune, che contribuirono a decimare la popolazione. Nella seconda metà dell’Ottocento molti abitanti furono deportati nell’ambito delle ricerche di nuovi schiavi da parte del Perù e ci furono poi grandi flussi migratori verso altre isole come Tahiti. Verso la fine dell’Ottocento a Rapa Nui viveva solo un centinaio di persone di discendenza polinesiana.

L’isola di Pasqua fu annessa dal Cile nel 1888, ma solo nel 1966 gli abitanti dell’isola ottennero la cittadinanza cilena e maggiori garanzie di assistenza economica da parte del paese. Dal 2007 l’isola è un “territorio especial” con proprie autonomie e ha una popolazione complessiva di circa 7.800 persone.


Fonte: https://www.ilpost.it/scienza/feed/


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