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Il 7 maggio di 200 anni fa Ludwig van Beethoven, uno dei più grandi compositori nella storia della musica, salì sul palco del Kärntnertortheater di Vienna per condurre la sua Sinfonia n. 9 che aveva da poco terminato di comporre. Tra il pubblico c’erano grande curiosità e attesa. Beethoven non appariva su un palco da dodici anni e le sue precarie condizioni di salute erano note da tempo: era completamente sordo, beveva molto ed era sempre più debole. Sarebbe morto tre anni dopo quell’esibizione, cinquantaseienne, senza che fossero mai chiarite le cause della sua sordità emersa quando aveva meno di trent’anni. Ora alcuni sviluppi su una ricerca in corso da anni sembrano suggerire una intossicazione da piombo.
Oltre a ricordare e celebrare le composizioni di Beethoven – come la Sinfonia n. 9, il cui “Inno alla gioia” è – da quasi due secoli storici, medici e semplici appassionati di musica classica si chiedono da sempre che cosa determinò la sordità del compositore, diventata un elemento centrale anche della sua esperienza creativa. Beethoven compose infatti alcune delle proprie opere più famose quando non riusciva più a percepire i suoni, potendoli immaginare solo nella propria mente.
Negli anni sono circolate molte ipotesi su ciò che causò la sordità e gli altri problemi di salute di Beethoven. Oltre ad avere perso l’udito, Beethoven aveva spesso forti crampi addominali, accompagnati da flatulenze e diarrea che lo lasciavano molto debilitato e periodicamente privo di energie. È stato che avesse la sindrome del colon irritabile, oppure che avesse avuto la o una forte forse accompagnata da una forma di . La causa della sordità sarebbe potuta da una malattia degenerativa come l’osteite deformante, che porta a una formazione eccessiva e anomala di materiale osseo, incidendo in alcuni casi anche sull’udito (l’orecchio interno è formato da piccole ossa).
Le ipotesi derivano per lo più dalle testimonianze dell’epoca di chi aveva vissuto con Beethoven e lo aveva assistito soprattutto negli ultimi anni della malattia, ma i resoconti variano molto e talvolta possono essere fuorvianti. Per questo motivo da diverso tempo alcuni gruppi di ricerca seguono un approccio diverso: analizzare alcuni campioni prelevati dal suo corpo. Le analisi si sono concentrate in particolare su alcune ciocche di capelli, prelevate in varie epoche compreso il periodo intorno al momento della morte di Beethoven da alcuni amici e conoscenti.
Ci sono diversi musei e collezionisti in giro per il mondo che sostengono di possedere alcune , ma verificarne l’autenticità non è semplice. I campioni devono essere confrontati con altri certamente appartenuti al compositore, attraverso esami del DNA e di particolari composti eventualmente presenti nei capelli. Lo scorso anno, per esempio, intorno all’autenticità di alcune ciocche proprio in seguito agli esami condotti confrontando capelli in alcune collezioni.
Grazie alla collaborazione dei collezionisti, un gruppo di ricerca della Mayo Clinic negli Stati Uniti ha di recente ottenuto alcune ciocche autentiche di Beethoven e le ha esaminate per cercare eventuali accumuli di metalli pesanti, che avrebbero potuto spiegare alcuni dei problemi di salute riscontrati dal compositore compresa la sua sordità. Come spiegano in una pubblicata lunedì sulla rivista scientifica Clinical Chemistry, i ricercatori hanno rilevato una concentrazione di 258 microgrammi di piombo per grammo in una ciocca di capelli e 380 microgrammi per grammo in un’altra. Normalmente, la concentrazione è di meno di 4 microgrammi per grammo.
Secondo il gruppo di ricerca, Beethoven fu esposto con ogni probabilità ad alte concentrazioni di piombo, un metallo che ha importanti effetti tossici per l’organismo. Analisi condotte in precedenza non avevano portato a rilevare livelli così alti di piombo, ma la nuova ricerca più approfondita e portata avanti con altre tecniche ha permesso di calcolare con maggior precisione la concentrazione di piombo e di altri elementi come mercurio e arsenico, rispettivamente 13 e 4 volte superiori ai valori solitamente rilevati.
Il piombo in alte concentrazioni può avere vari effetti dannosi sul sistema nervoso e potrebbe avere causato, o peggiorato, la sordità di Beethoven. È invece più difficile stabilire se l’intossicazione da piombo fosse tale da rivelarsi mortale, come era stato ipotizzato in passato. È più probabile che Beethoven avesse l’intossicazione da una delle sue più grandi passioni dopo la musica: il vino.
Tra la fine del Settecento e i primi dell’Ottocento non era insolito che al vino, come ad altri alimenti, venisse aggiunto del sale di piombo (dietanoato di piombo), impiegato come dolcificante per migliorare il sapore del vino di bassa qualità. Inoltre, diversi altri strumenti impiegati per la vinificazione contenevano piombo compresi i turaccioli, che venivano trattati in alcuni casi con il sale di piombo per migliorare la loro tenuta come chiusura delle bottiglie.
Dai resoconti e dai racconti dell’epoca, sappiamo che Beethoven aveva sviluppato nel tempo una certa dipendenza dal vino e che beveva più di una bottiglia al giorno. Era convinto che lo aiutasse a stare meglio e fino agli ultimi giorni della propria vita continuò a bere, sorbendo piccole quantità con un cucchiaino quando ormai non aveva più le forze e le sue capacità digestive erano compromesse.
L’intossicazione da piombo potrebbe non essere stata comunque l’unica causa della sua sordità. Beethoven iniziò ad accorgersi di sentire sempre meno quando non aveva ancora trent’anni e attraversò periodi psicologicamente molto difficili, con la preoccupazione di non potersi più dedicare alla composizione. Anche per questo motivo consultò decine di medici per provare a trovare un rimedio contro la sordità progressiva, ma senza ottenere benefici dalle terapie che gli venivano prescritte. Molti dei preparati realizzati all’epoca contenevano a loro volta piombo, che avrebbero potuto contribuire a un ulteriore peggioramento delle sue condizioni.
Nonostante le difficoltà e i problemi di salute il 7 maggio del 1824 a Vienna, 200 anni fa, Beethoven volle partecipare personalmente alla conduzione della prima della sua Sinfonia n. 9. Lo fece a Michael Umlauf, compositore e direttore d’orchestra austriaco che aveva la responsabilità della musica nel teatro (“maestro di cappella”) e che diede istruzioni all’orchestra e ai cantanti di ignorare il più possibile le indicazioni di Beethoven, viste le difficoltà che avrebbe incontrato nel dirigere senza poter sentire la musica.
Beethoven teneva il tempo e dirigeva come poteva l’orchestra, anche se diverse testimonianze raccontano che fosse più il compositore a seguire l’orchestra che viceversa. Si racconta che durante lo scherzo alla fine del secondo movimento – uno dei più movimentati, creativi e iconici della sinfonia – l’orchestra fu interrotta da un lungo applauso tributato a Beethoven, che però dando le spalle al pubblico non si era accorto di nulla. Beethoven continuò quindi a dare indicazioni all’orchestra anche se ormai fuori tempo, fino a quando intervenne la contralto Caroline Unger che fece girare verso il pubblico Beethoven, che in quel momento vide la grande manifestazione di affetto e apprezzamento per il suo lavoro.