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Che cosa sono OGM e TEA

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La distruzione di una piccola coltivazione sperimentale di riso ottenuto con “tecniche di evoluzione assistita” (TEA), , ha riportato una certa attenzione sui sistemi utilizzati in agricoltura per intervenire sul materiale genetico delle piante, seppure con qualche confusione. Nel corso degli anni sono state introdotte sigle e categorie per differenziare le nuove tecniche da quelle meno recenti, in un tentativo di mettere ordine e fare distinzioni soprattutto a livello legislativo per rendere possibile la sperimentazione e l’impiego di nuove soluzioni che nei prossimi anni avranno un forte impatto sulla produzione agricola.

La sigla OGM, che sta per “”, è sicuramente la più conosciuta e quella che viene più spesso in mente quando si pensa alle modifiche genetiche nelle coltivazioni. Eppure, l’umanità modifica praticamente da sempre le piante anche intervenendo sul loro materiale genetico. Lo ha fatto per millenni in modo inconsapevole, selezionando le varietà di piante più resistenti o che per esempio producevano più frutti, o che ancora si rivelavano più adatte a crescere in un determinato ambiente. In seguito, lo ha fatto in modo sempre più mirato, attuando incroci di vario tipo, e infine nel Novecento con interventi diretti sul DNA.

Per diverso tempo si sono per esempio utilizzate sostanze chimiche e radiazioni, in modo da indurre mutazioni nel materiale genetico di certe piante selezionando poi quelle rese più produttive o resistenti. In seguito si è passati all’uso di manipolazioni per aumentare il numero dei cromosomi o per far fondere l’intero materiale genetico (il genoma) da più fonti.

Le tecniche divennero via via più raffinate fino ai grandi progressi alla fine del Novecento, quando furono sviluppate tecniche di ingegneria genetica che consentono di intervenire sul DNA in modo estremamente mirato. I progressi furono tali da rendere necessaria una regolamentazione di queste tecniche, creando una nuova categoria: gli OGM. Nell’Unione Europea le regole furono formalizzate all’interno della Direttiva 2001/18/CE, soprattutto per quanto riguardava la diffusione nell’ambiente degli organismi geneticamente modificati.

La direttiva indica formalmente come OGM i prodotti derivanti da una sola tecnica, che prevede di estrarre un pezzo di DNA da un genoma e di inserirlo in un altro (ci sono ulteriori complessità, ). È quindi una definizione prettamente giuridica e non scientifica: ciò che oggi viene definito OGM potrebbe non esserlo domani e viceversa, a seconda di come si interviene sulla legge stessa.

Al centro di quella definizione di OGM c’è una tecnica che consiste nell’inserire in un organismo un gene proveniente da un altro, più o meno distante sul piano evolutivo. Secondo la direttiva europea, chi vuole vendere prodotti transgenici deve offrire garanzie di sicurezza aggiuntive e deve segnalare nelle proprie etichette la presenza di OGM. All’epoca le regole sugli organismi geneticamente modificati fecero molto discutere, soprattutto a causa di una certa diffidenza nei confronti di coltivazioni contenenti “pezzi di DNA a loro estranei”, come venivano spesso definite da associazioni e attivisti contrari agli OGM. Il dibattito fu molto sentito in Italia e portò a recepire la direttiva europea in modo molto restrittivo vietando del tutto la coltivazione commerciale degli OGM e limitando fortemente la ricerca nel settore.

In Italia non è formalmente vietato fare ricerca sugli OGM, perché questi possono essere sviluppati in laboratorio e possono essere poi sperimentati in serre isolate. È invece molto più difficile effettuare sperimentazioni in campo aperto, quindi alle condizioni in cui solitamente cresce una pianta esposta ai parassiti e alle intemperie, perché sono previste procedure molto complicate con numerose limitazioni. In circa venti anni nessun centro di ricerca italiano ha quindi potuto fare sperimentazione in campo di un certo rilievo, rendendo difficile lo sviluppo di nuovi filoni di ricerca per rendere per esempio le piante più resistenti a particolari parassiti senza dover ricorrere a grandi quantità di fitofarmaci.

Negli ultimi vent’anni la ricerca a livello globale non si è però fermata e ha portato allo sviluppo di nuove tecniche di modifica del materiale genetico, ormai molto diverse da quella identificata dalla direttiva del 2001 che aveva portato alla definizione di OGM. I progressi più importanti sono stati raggiunti con lo sviluppo di , una tecnica di editing genomico che nel 2020 è il Premio Nobel per la Chimica alle ricercatrici Jennifer Doudna ed Emmanuelle Charpentier, le due principali sviluppatrici del sistema.

CRISPR/Cas9 è uno strumento molto versatile con grandi potenzialità in molti ambiti della medicina, in agricoltura e non solo. Il sistema dà la possibilità di intervenire con precisione su specifiche sezioni del DNA e di modificarle, con un taglia/copia e incolla simile a quello che si fa quando si scrive un documento su un software per comporre testi. In questo modo possono essere per esempio “spenti” specifici geni della pianta, senza dover attendere che ciò avvenga (ammesso che succeda) in natura in tempi molto più lunghi attraverso la selezione delle piante come abbiamo fatto per millenni.

Oltre a CRISPR/Cas9 esistono diverse tecniche per ottenere questi risultati, alcune più esplorate di altre, che vengono generalmente ricondotte nella definizione di “nuove tecniche genomiche” con la sigla . In Italia si è scelto di chiamarle “tecniche di evoluzione assistita”, cioè TEA, per evitare riferimenti diretti alla genetica che avrebbero potuto generare qualche confusione rispetto alla classica definizione di OGM. Si è ritenuto inoltre che in questo modo potesse essere evitato lo stigma che gli OGM si sono a lungo portati dietro a causa del dibattito molto polarizzato sul tema alla fine degli anni Novanta.

TEA non è comunque una definizione scientifica, anche se probabilmente sarà via via utilizzata nelle ricerche scientifiche, e soprattutto a livello europeo si parla quasi sempre di NGT. E se ne sta parlando molto perché da più di un anno nell’Unione Europea si discute e ci si confronta sulla necessità di fare una revisione dei regolamenti finora adottati, visto che si devono regolamentare le nuove tecniche genomiche emerse nell’ultimo periodo.

Lo scorso 7 febbraio il Parlamento europeo ha votato una proposta di revisione presentata dalla Commissione a luglio 2023 che, tra le altre cose, prevede che se il prodotto ottenuto con le NGT è indistinguibile da un prodotto presente anche “in natura” o con le precedenti tecniche di modifica genetica allora quel prodotto rientra nel gruppo NGT di tipo 1 e non deve essere considerato un OGM. Nel caso in cui invece sia distinguibile, il prodotto ricade nel tipo 2 e viene classificato come OGM, soggetto quindi a tutte le verifiche e maggiori limitazioni previste dal 2001. La proposta è ancora in fase di discussione e potrebbe subire ulteriori modifiche prima di essere approvata.

In Italia dalla scorso anno è consentita la sperimentazione in campo aperto a scopo di ricerca delle TEA, con una riduzione delle complicazioni rispetto a quanto era avvenuto in precedenza con gli OGM. Non è una liberalizzazione totale e incondizionata: devono comunque essere seguiti protocolli molto rigidi, con il rispetto di regole severe per evitare “contaminazioni” di piante vicine mentre è in corso la sperimentazione. È stato grazie a questa modifica delle regole che l’Università di Milano ha potuto avviare la sperimentazione in campo del “RIS8imo”, il riso le cui piantine sono state distrutte la scorsa settimana. Erano state ottenute con sistemi di editing genetico per renderle resistenti al brusone, un fungo che causa una grave malattia della pianta, riducendo in questo modo il ricorso a fitofarmaci.

E quindi?
È difficile stabilire un confine netto tra gli OGM e gli NTG/TEA, al di là delle definizioni giuridiche attuali e di quelle che dovrebbero essere adottate a breve. Ciò deriva dall’estrema varietà di risultati che si possono ottenere con NGT/TEA: in alcuni casi le differenze rispetto ai prodotti non modificati sono minime, mentre in altri possono essere molto marcate. Nel primo caso i prodotti sono pressoché identici a quelli ottenuti con i normali metodi di miglioramento genetico (selezione, incrocio, mutagenesi), nel secondo sono marcatamente diversi come potrebbe esserlo un prodotto ottenuto con le tecniche di modifica genetica usate in precedenza (cioè gli OGM transgenici). Le nuove regole in fase di approvazione sono orientate a dare maggior peso al risultato finale, più che alle tecniche realizzate per ottenerlo e che potranno ancora cambiare con i progressi nella ricerca.


Fonte: https://www.ilpost.it/scienza/feed/


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