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    Il nuovo capo della NASA è più ricco, più giovane e cammina nello Spazio

    Caricamento playerMentre lo scorso settembre osservava la Terra dal punto più distante mai raggiunto da un essere umano dai tempi delle missioni lunari Apollo, Jared Isaacman disse che «laggiù abbiamo molto lavoro da fare. Ma da quassù, la Terra sembra davvero un mondo perfetto». Ora che Isaacman è tornato sul nostro pianeta, le cose da fare certamente non gli mancheranno. Nel tardo pomeriggio di mercoledì, infatti, il presidente eletto Donald Trump lo ha scelto come prossimo amministratore della NASA, raccogliendo insolitamente un assenso trasversale tra Repubblicani e Democratici.
    Se come probabile la sua nomina sarà confermata dal Senato degli Stati Uniti, Isaacman diventerà il più giovane e il più ricco capo della NASA nell’intera storia dell’agenzia spaziale statunitense. Succederà a Bill Nelson, ex astronauta e politico di lungo corso nominato per quell’incarico nel 2021 dal presidente ora uscente Joe Biden. Nelson ha 82 anni, il doppio di Isaacman, e ha un patrimonio non comparabile con quello del suo successore, che è stimato intorno agli 1,7 miliardi di dollari.
    Nelson e Isaacman hanno comunque qualcosa in comune: entrambi hanno partecipato a missioni spaziali. Nelson sullo Space Shuttle nel 1986, Isaacman – che all’epoca stava per compiere tre anni – ha invece partecipato a due missioni, entrambe gestite interamente da privati e senza un diretto coinvolgimento della NASA. Nel farlo ha stretto rapporti con Elon Musk, il capo di SpaceX, che ha fortemente sostenuto la candidatura di Trump e sarà coinvolto nella sua prossima amministrazione.
    La vicinanza di Isaacman a Musk ha con molta probabilità influito sulla scelta di Trump e pone non pochi problemi di conflitto d’interessi, ma la nomina è stata comunque accolta positivamente dalla maggior parte dei commentatori e da chi ha gestito in passato la NASA. Isaacman nel corso della campagna elettorale non si era del resto esposto particolarmente, mostrando di essere interessato alle esplorazioni spaziali e a nient’altro.
    Elon Musk e Donald Trump durante il lancio sperimentale di Starship a Boca Chica, Texas, il 19 novembre 2024 (Brandon Bell/Pool via AP)
    Isaacman deve buona parte della propria ricchezza a un’intuizione che ebbe nel 1999, quando aveva 16 anni. Appassionato di informatica, mise insieme un sistema per la gestione dei pagamenti online, che in pochi anni divenne tra i più utilizzati negli Stati Uniti con centinaia di milioni di dollari di ricavi ogni anno. La società, che oggi si chiama Shift4 Payments, è ancora attiva e ha sempre Isaacman come amministratore delegato. Con parte dei ricavi della sua azienda, nel 2012 Isaacman partecipò alla fondazione di Draken International, una società che si occupa di fornire corsi di formazione per i piloti dell’aeronautica militare.
    Lo stesso Isaacman è pilota, attività che da più giovane pensava lo avrebbe avvicinato alla possibilità, un giorno, di fare l’astronauta. E quel giorno arrivò nel 2021 con la missione spaziale privata Inspiration4, finanziata in buona parte con i suoi soldi e gestita da SpaceX. A settembre di quest’anno, Isaacman era tornato nello Spazio effettuando la prima “passeggiata spaziale” (attività extraveicolare) interamente gestita dai privati, sempre in collaborazione con SpaceX.
    Isaacman è un forte sostenitore dei processi che stanno portando alla privatizzazione del settore spaziale. In tempi recenti ha criticato le scelte della NASA per il programma lunare Artemis, soprattutto per quanto riguarda il costoso sistema di trasporto per gli astronauti verso la Luna (il grande razzo SLS e la capsula Orion) e la decisione di avere due sistemi alternativi per compiere l’allunaggio, con un aumento dei contratti e dei costi. SpaceX ha ricevuto l’incarico di svilupparlo adattando la sua enorme astronave Starship, con un contratto da 4 miliardi di dollari, e anche Blue Origin di Jeff Bezos (il fondatore di Amazon) ha un contratto da 3,4 miliardi di dollari per fare altrettanto.
    Jared Isaacman durante la sua attività extraveicolare, il 12 settembre 2024 (SpaceX)
    Da amministratore della NASA, Isaacman dovrà decidere come riorganizzare Artemis, ormai in ritardo e con la possibilità che gli Stati Uniti vengano battuti sul tempo dalla Cina per il ritorno sulla Luna con esseri umani. Nel farlo dovrà amministrare un bilancio di circa 25 miliardi di dollari, che tiene insieme tantissime cose: dall’esplorazione con sonde del Sistema solare ai satelliti intorno alla Terra per le osservazioni scientifiche, passando per gli ancora poco chiari piani per raggiungere Marte con gli astronauti, la principale fissazione di Elon Musk.
    Senza SpaceX ed Elon Musk, Isaacman difficilmente avrebbe raggiunto lo Spazio, ma gli stretti rapporti con l’azienda e i potenziali conflitti d’interessi non sembrano essere al momento una grande preoccupazione. Lori Garver, ex viceamministratrice della NASA durante la presidenza di Barack Obama, ha definito «una notizia fantastica» la nomina, mentre l’ex amministratore della NASA Jim Bridenstine (scelto per quel ruolo da Trump durante il suo primo mandato) ha invitato il Senato ad approvare velocemente la scelta perché Isaacman è «la persona giusta per guidare la NASA in una nuova ambiziosa era di scoperte ed esplorazioni».
    Isaacman aveva in programma di effettuare altri viaggi nello Spazio, ma dovrà probabilmente rivedere i propri piani. Ripensare quelli della NASA sarà comunque più complicato, soprattutto nel caso di tagli di alcuni progetti che potrebbero influire sul grande indotto del settore spaziale negli Stati Uniti che impiega centinaia di migliaia di persone. Anche per questo l’amministratore uscente Bill Nelson aveva mantenuto un approccio cauto, che però secondo i più critici aveva portato a un certo immobilismo per non assumersi troppi rischi.
    Isaacman ha un modo un po’ diverso di valutare il rischio, come ha dimostrato lo scorso settembre uscendo da una capsula in orbita con una tuta spaziale mai sperimentata prima. La ricerca di altri primati sarà il suo principale obiettivo da amministratore della NASA, almeno nelle sue intenzioni: «Ispireremo i bambini, i vostri e i miei, a guardare in alto e a sognare che cosa si possa fare. Gli statunitensi cammineranno sulla Luna e su Marte e, nel farlo, miglioreremo la vita qui sulla Terra». LEGGI TUTTO

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    SpaceX ci riprova con Starship

    Dopo due tentativi non riusciti, oggi la società spaziale privata statunitense SpaceX proverà a raggiungere lo Spazio con la sua enorme astronave Starship e a farla poi rientrare nell’atmosfera fino alla sua distruzione nell’oceano Indiano.Salvo rinvii, il test sarà effettuato intorno alle 14 (ora italiana, inizialmente era previsto per le 13) e servirà a verificare i nuovi progressi nello sviluppo del sistema di lancio e dell’astronave, entrambi essenziali per il programma lunare Artemis della NASA per tornare a esplorare la Luna con esseri umani, a più di 50 anni dall’ultimo allunaggio delle missioni Apollo. Come i precedenti, anche questo lancio è sperimentale e svolto senza persone a bordo: potrebbe finire con un grande successo, o con una nuova gigantesca esplosione.
    SpaceX sta lavorando a Starship ormai da una decina di anni, con l’obiettivo di avere un sistema di lancio e un’astronave molto più potenti dei razzi che attualmente utilizza per portare satelliti in orbita ed equipaggi e rifornimenti verso la Stazione Spaziale Internazionale. Lo sviluppo si è rivelato molto più lungo e complesso rispetto a quanto previsto da Elon Musk, il CEO di SpaceX, che inizialmente aveva prospettato la possibilità di raggiungere Marte nei primi anni di questo decennio. Le cose sono andate molto diversamente e si sono accumulati ritardi che potrebbero condizionare anche il programma Artemis, i cui obiettivi lunari non sono da poco, ma comunque meno ambiziosi di quelli marziani.
    Starship è un’astronave alta 50 metri, quanto un palazzo di 16 piani, e ha un diametro di 9 metri circa: utilizza sei motori alimentati con ossigeno liquido e metano liquido, che a pieno carico raggiungono circa 300 delle mille tonnellate della massa dell’astronave. Quando sarà funzionante potrà essere impiegata per il trasporto in orbita di satelliti di grandi dimensioni, di moduli per le stazioni spaziali e degli equipaggi verso la Luna. Starship è progettata per raggiungere l’orbita terrestre o altri corpi celesti e tornare sulla Terra con un atterraggio controllato, per poter essere riutilizzata.
    Starship sulla rampa di lancio a Boca Chica in Texas (Brandon Bell/Getty Images)
    L’astronave non ha però la potenza sufficiente per superare da sola l’atmosfera terrestre. Per darle la spinta necessaria viene utilizzato Super Heavy, un grande razzo alto quasi 70 metri e dotato di 33 motori, sempre alimentati da ossigeno liquido e metano liquido. Super Heavy è stato progettato per spingere Starship oltre l’atmosfera ed effettuare una manovra per tornare in seguito sulla Terra, come fanno già i Falcon 9, i razzi parzialmente riutilizzabili di SpaceX. Con questa soluzione non è necessario costruire nuovi razzi per ogni lancio e si possono ridurre molto i costi per i lanci e renderli più frequenti.
    Se nella teoria tutto questo funziona senza problemi, nella pratica il sistema si è rivelato complesso da sviluppare e gestire sia per le grandi sfide tecniche, sia banalmente per avere elaborato una soluzione completamente nuova che deve essere sperimentata. I due lanci svolti finora sono serviti proprio a questo: due test su grande scala per scoprire che cosa funziona, cosa no e cosa deve essere cambiato. Soprattutto grazie a un appalto da 2,9 miliardi di dollari affidato dalla NASA per realizzare Artemis, SpaceX può permettersi di sperimentare sul campo i propri sistemi e vederli distruggere raccogliendo nel frattempo quanti più dati possibili per migliorare le versioni successive dei propri razzi dal costo di svariate centinaia di milioni di dollari.
    Il primo test effettuato nell’aprile del 2023 era stato in questo senso molto istruttivo. I motori Raptor di Super Heavy avevano danneggiato la rampa di lancio, poi diversi di loro avevano smesso di funzionare correttamente rendendo necessaria la distruzione del razzo e di Starship per motivi di sicurezza. I dati raccolti avevano portato alla costruzione di una piattaforma di lancio rinforzata, con getti d’acqua per attutire l’onda d’urto generata all’accensione dei motori, e alla revisione del funzionamento stesso dei motori e dei tempi di accensione di quelli che si trovano su Starship quando questa si separa da Super Heavy per proseguire il proprio viaggio verso lo Spazio.
    Starship poco dopo l’esplosione nell’aprile del 2023 (AP Photo/Eric Gay)
    Il secondo test a novembre 2023 aveva mostrato importanti progressi: la prima fase del lancio si era svolta regolarmente, con la separazione tra Super Heavy e Starship. Un problema ai motori rese però necessaria l’autodistruzione di Super Heavy quando era ancora negli strati più alti dell’atmosfera, annullando quindi il rientro previsto nelle acque del Golfo del Messico. A causa di una perdita fu necessario interrompere anche il volo di Starship, che nei piani avrebbe dovuto raggiungere un punto dell’oceano Pacifico non molto distante dalle isole Hawaii.
    In un certo senso il lancio di novembre era stato un grande fallimento, ma di successo: Starship aveva raggiunto per la prima volta lo Spazio, seppure per pochissimo tempo, dimostrando la tenuta di molti sistemi.
    Per il lancio di oggi SpaceX ha previsto diverse novità, a cominciare da come sarà gestito il rifornimento di Super Heavy e Starship a Boca Chica, la base di lancio che la società ha costruito e via via espanso in questi anni in Texas. Il rifornimento sarà effettuato a ridosso del lancio, terminando pochi minuti prima dell’accensione dei motori, grazie a un sistema più rapido e potente per trasferire metano liquido e ossigeno liquido nei grandi serbatoi.
    Quando mancheranno tre secondi alla fine del conto alla rovescia, Super Heavy accenderà i motori in modo da raggiungere la potenza necessaria a 0 secondi. Il razzo con in cima Starship sarà diretto verso est e dopo poco meno di 3 minuti si separerà dall’astronave, che a quel punto avrà già acceso i propri motori e proseguirà la salita per superare l’atmosfera terrestre. Raggiunto lo Spazio, non compirà comunque un giro completo intorno alla Terra, ma una lunga parabola che la porterà a rientrare quando si troverà sopra l’oceano Indiano.
    (SpaceX)
    Prima del rientro, SpaceX proverà a sperimentare l’apertura e la chiusura del grande portellone dell’astronave, che in futuro servirà per depositare in orbita satelliti e altro materiale. Saranno anche testati alcuni sistemi per effettuare il rifornimento in orbita di Starship, con altre astronavi simili, necessario per le missioni verso la Luna e oltre. Un rifornimento orbitale di questo tipo non è mai stato sperimentato prima e aggiunge ulteriori complicazioni per i piani lunari della NASA (qui è spiegato più estesamente). SpaceX proverà inoltre a far accendere nuovamente alcuni dei motori Raptor di Starship nell’ambiente spaziale, per verificare il loro funzionamento visto che non sono mai stati sperimentati oltre l’atmosfera terrestre.
    Terminati i test nello Spazio, Starship orienterà la parte dell’astronave dotata di uno scudo termico, formato da migliaia di piccole piastrelle per resistere alle alte temperature che si sviluppano durante il rientro nell’atmosfera. Se tutto procederà secondo i piani, l’astronave raggiungerà intera l’oceano Indiano disintegrandosi nell’impatto ad alta velocità con l’acqua (SpaceX non recupererà né Starship né Super Heavy).
    Il piano per il lancio di oggi è quindi molto più ricco e articolato di quelli dei precedenti due test, finiti con spettacolari esplosioni. I responsabili della missione sperano che il lancio di oggi sia spettacolare in altro modo. LEGGI TUTTO

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    Neuralink ha installato il suo primo impianto cerebrale in un essere umano

    Caricamento playerLunedì l’imprenditore statunitense Elon Musk ha annunciato che Neuralink, la sua azienda che si occupa di ricerca e sviluppo di impianti cerebrali da collegare a un computer, ha installato per la prima volta un dispositivo in un essere umano. Musk non ha fornito molti dettagli su come sia andata l’operazione: si è limitato a dire che è stata effettuata domenica e che il paziente si sta riprendendo con risultati iniziali promettenti, anche se saranno necessari mesi per avere i primi dati. Neuralink non è la prima società a praticare impianti cerebrali, ma utilizza alcune nuove tecnologie che almeno teoricamente potrebbero cambiare il settore.
    Negli scorsi anni Neuralink aveva già fatto diversi test sugli animali, e lo scorso maggio era stata autorizzata dalla Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia federale degli Stati Uniti che si occupa di farmaci e dispositivi medici, a effettuare test anche sugli esseri umani. L’impianto effettuato domenica rientra quindi nei test clinici consentiti dalla FDA, che dovranno poi essere comunque sottoposti a controlli da parte delle autorità. Se gli esperimenti funzioneranno e si riveleranno sicuri per i pazienti, Neuralink nei prossimi anni potrà chiedere alla FDA di autorizzare la commercializzazione dei propri dispositivi.

    The first human received an implant from @Neuralink yesterday and is recovering well.
    Initial results show promising neuron spike detection.
    — Elon Musk (@elonmusk) January 29, 2024

    – Leggi anche: Cosa ci insegnano questi pappagalli, oltre alle parolacce

    Neuralink esiste dal 2016 e ha come obiettivo quello di sviluppare nuove interfacce neurali, cioè sistemi per mettere in comunicazione diretta il cervello con un dispositivo esterno, come un computer. Le interfacce neurali sono viste come un’importante opportunità per consentire ai pazienti con paralisi e altre malattie debilitanti di recuperare le loro funzionalità, tornando per esempio a muovere gli arti.
    In questa prima fase di esperimenti e test la società ha comunque obiettivi meno ambiziosi. Se tutto procederà come previsto, il paziente affetto da paralisi potrà controllare il cursore di un computer con la propria mente attraverso l’impianto. Ciò dovrebbe consentirgli di comunicare meglio con l’ambiente circostante, per esempio componendo testi più velocemente.
    Neuralink non è la prima azienda a sperimentare queste soluzioni, ma i suoi ricercatori sono riusciti a realizzare elettrodi di minuscole dimensioni, che possono essere impiantati con un’operazione che secondo l’azienda è meno invasiva. La procedura prevede l’impiego di un sistema robotizzato ad alta precisione, in modo da inserire l’impianto nella giusta area del cervello e realizzare i collegamenti con i neuroni. Gli elettrodi di Neuralink sono più flessibili rispetto a quelli sperimentati in altri laboratori e ciò dovrebbe ridurre sensibilmente il rischio di microtraumi e danni nelle aree in cui viene effettuato l’impianto.
    La sperimentazione aveva riguardato finora altri animali, soprattutto maiali e alcune scimmie. Grazie ad alcune inchieste giornalistiche, nei mesi scorsi erano emersi dettagli sulla morte nei laboratori di alcune scimmie. Musk aveva negato che la causa fossero state le sperimentazioni di Neuralink, ma dalle indagini era emersa una situazione più complicata sulla quale stavano indagando le autorità sanitarie statunitensi.
    A oggi non è chiaro se i sistemi progettati da Neuralink funzionino come sostiene Musk, per questo le prime sperimentazioni come quella avviata domenica stanno suscitando grande interesse. La società ha del resto obiettivi ancora più ambiziosi: oltre agli impianti nel cervello per trattare le paralisi, Neuralink lavora a sistemi che un giorno potrebbero potenziare le attività del cervello umano, per esempio per accedere istantaneamente alle informazioni memorizzate su un computer e alle sue capacità di calcolo. È un risultato che al momento appare fantascientifico, ma come ha ricordato spesso Musk e di recente la stessa società: «Vogliamo andare oltre le capacità di un normale corpo umano con la nostra tecnologia».

    – Leggi anche: Come l’olfatto influenza le nostre relazioni sociali LEGGI TUTTO