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    UniCredit punta sui pagamenti internazionali con transazioni in 110 divise

    In un contesto di economia globale la possibilità di inviare e ricevere fondi in più valute e attraverso vari corridoi internazionali è una leva strategica per la crescita delle nostre imprese e i pagamenti cross-border rappresentano il motore del commercio internazionale. Tuttavia, l’esperienza di pagamento cross-border è ancora non priva di difficoltà, tra cui: costi elevati, tempi di esecuzione dilatati, mancanza di trasparenza sul processo e sulle commissioni, ma anche problemi legati all’utilizzo di diversi standard, volatilità dei cambi e controlli di compliance. “L’argomento è stato affrontato nel 2020 dai leader del G20 che hanno identificato il tema dell’aumento dell’efficienza nell’ambito dei pagamenti internazionali come prioritario e hanno definito una roadmap per raggiungere entro il 2027 degli obiettivi specifici in quest’ambito”, ha commenatato Federica Scopelliti, responsabile Payments Solutions Sales Corporate Italy di UniCredit. “A questo si è aggiunta nel corso del tempo una forte spinta normativa che è culminata di recente con il regolamento europeo sui pagamenti istantanei, la cosiddetta Instant Payment Regulation. La nuova normativa, pur applicandosi solo ai pagamenti nell’area SEPA, fornisce comunque una ulteriore spinta sull’aspetto della velocità del trasferimento dei fondi nell’ambito di un pagamento. Infine, adesso sono disponibili tecnologie e standard che rendono il mercato estremamente competitivo, a causa dell’ingresso di player non bancari e tecnologicamente avanzati che hanno dato un ulteriore impulso al settore”.Federica Scopelliti, responsabile Payments Solutions Sales Corporate Italy di UniCreditCombattere le inefficienze per aumentare i volumiIn base alle previsioni della Bank of England si stima che entro il 2027 i pagamenti internazionali supereranno i 250 trilioni di volumi (+100 trilioni in 10 anni). Considerando questo dato è chiaro che l’inefficienza nell’ambito dei pagamenti cross-border può essere definita come una vera barriera al commercio internazionale e alla crescita. Per questo motivo, la roadmap del G20 contiene obiettivi quantitativi ben precisi e una dettagliata lista di azioni da intraprendere entro il 2027 per ottenere un processo in generale più veloce, economico, trasparente e accessibile e creare accountability nei confronti dell’ambizione di arrivare a un processo più efficiente.Pagamenti con conversione FX automatica a più di 110 diviseLe sfide legate al mondo dei pagamenti internazionali hanno rappresentato una spinta per la banca a migliorare la propria offerta per consentire ai clienti di cogliere opportunità di crescita in un mercato in continua evoluzione. UniCredit lo ha fatto dotandosi di una struttura organizzativa (Group Payments Solutions) esclusivamente dedicata ai pagamenti. Questo assetto rappresenta una rarità tra le banche internazionali, ma è stata una scelta fondamentale per focalizzare le risorse e costruire una gamma di prodotti e servizi su misura per rispondere alle crescenti esigenze della clientela nel mondo transazionale. La spinta normativa e del mercato, unite alla continua ambizione verso l’innovazione e l’eccellenza da parte di UniCredit risultano in un’offerta di servizi di pagamento internazionale veloci, con conferma di accredito al beneficiario e possibilità di tracciare il pagamento end to end in tutti i suoi stati. Inoltre, la banca offre ai clienti la possibilità di eseguire pagamenti con conversione FX automatica tramite un servizio dedicato chiamato UC PayFX, che vanta una copertura valutaria di oltre 110 divise (anche quelle cosiddette “esotiche” o “emergenti”). L’obiettivo finale è chiaramente quello del miglioramento dell’esperienza e l’operatività del cliente, sia esso una large corporate che una PMI, fino al cliente privato retail.I punti di forza della funzionalità UC PayFXQuando entra in gioco la componente Cambio (FX), costi e tempi legati all’esecuzione delle transazioni aumentano notevolmente. Ancor di più quando si parla di divise poco comuni. La funzionalità UC PayFX risponde alla sfida posta da uno degli aspetti di maggiore complessità nell’ambito dei pagamenti internazionali: la componente del cambio. Infatti, UC PayFX è un servizio che consente la conversione automatica nella valuta di destinazione in tempo reale e a partire da un conto corrente in euro, utilizzando per la conversione spread pre-concordati e che possano essere definiti anche a livello di singola coppia di divise. La soluzione, come detto, copre più di 110 divise ed è accessibile da tutti i canali della banca – fisici e digitali – senza necessità di alcun intervento lato end-user. UC PayFX è un servizio pionieristico nel mercato italiano e ha permesso a UniCredit di ampliare e consolidare la sua esperienza avanzata nell’ambito dei pagamenti internazionali.I vantaggi per le aziende che lavorano con l’esteroCon questo approccio è possibile supportare le aziende con una soluzione per la gestione dei flussi in divisa molto versatile. Ad esempio, con UC PayFX le aziende sono in grado di inviare i fondi alle loro consociate nel sud-est asiatico direttamente in divisa locale con estrema semplicità controllando i costi di conversione. Oppure, sono in grado di negoziare migliori condizioni sui contratti di fornitura ad esempio in paesi del Sudamerica grazie alla possibilità di gestire il pagamento in valuta locale. Negli ultimi anni, per le tesorerie aziendali tutto questo ha acquisito una maggiore rilevanza, poichè i corridoi e i modelli commerciali europei sono cambiati in modo significativo, con una maggiore enfasi sui mercati emergenti e sulle transazioni in valuta locale.L’elemento FX dei pagamenti internazionali, o FX transazionale, non è trascurabile. “In genere si tratta di un gioco a basso valore e ad alto volume. Ma anche molte transazioni apparentemente piccole in valuta estera, come i pagamenti degli stipendi o la liquidazione delle fatture, possono diventare un conto salato”, ha commentato Scopelliti di Unicredit, “In breve, il costo e il carico di lavoro delle transazioni in valuta estera possono avere un impatto significativo sui profitti. Di conseguenza, i team di tesoreria richiedono soluzioni automatizzate e più snelle per le transazioni in valuta estera, che non solo semplifichino i flussi di lavoro, ma si adattino anche al crescente paniere di valute con cui hanno a che fare”. Tra i tesorieri europei, le valute dell’Asia orientale ad esempio sono le più richieste, ma anche le valute africane sono in aumento. LEGGI TUTTO

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    Banche, il blitz che cambia gli equilibri

    Un’operazione di sistema, ben orchestrata e condotta nel più stretto riserbo. È lo spettacolare blitz con il quale il ministero dell’Economia, guidato da Giancarlo Giorgetti, è riuscito in un colpo solo a raggiungere due obiettivi: 1) costituire un nocciolo duro di investitori italiani a presidio di Mps che rischiava di finire in mani francesi, 2) aprire la strada al Banco Bpm per la costruzione di un nuovo polo bancario di dimensioni europee. La nuova rete che si va creando in tal modo aggrega la risanata banca senese a Bpm, che nel frattempo sta per portare nel suo perimetro anche Anima (su questo fronte è probabile che arriverà una richiesta di ritocco al rialzo del prezzo). Da non sottovalutare, in scena entrano anche due investitori importanti e con spalle molto larghe come il Gruppo Caltagirone e la Delfin, la cassaforte degli eredi Del Vecchio guidata da Francesco Milleri. Mercoledì sera, dopo un’operazione che ha portato nelle casse dello Stato 1,1 miliardi con tanto di premio sul prezzo di Borsa, di fatto è nato un polo bancario da oltre venti miliardi di capitalizzazione. E, sebbene per il momento non ci sarà un processo di aggregazione, le sinergie e gli intrecci che ne sono alla base daranno vita a un gruppo unico che vanta un peso borsistico superiore a Commerzbank, la seconda banca tedesca, la quale ha una capitalizzazione che si ferma a 18,7 miliardi.Ieri è stata la giornata delle reazioni, in primis quella del mercato che ha dimostrato di apprezzare il blitz rovesciando un’ondata di acquisti in particolare su Mps (+11,6% a 6,15 euro per azione) ma anche su Bpm (+3% a 6,96 euro). Insomma, una volta tanto, un’operazione finanziaria con regia pubblica si è trasformata in un successo non solo agli occhi della Borsa ma anche a quelli della critica. Va tra l’altro registrata la soddisfazione espressa dall’istituto guidato da Luigi Lovaglio e presieduto da Nicola Maione, con quest’ultimo che si è complimentato con il Mef per «l’ottima decisione», per poi sottolineare come questo risultato confermi «l’apprezzamento da parte del mercato, per il grande lavoro fatto da tutta la banca in questi anni». A sua volta Lovaglio ha scritto ai dipendenti per condividere un traguardo «che ci deve rendere estremamente orgogliosi e spingerci a fare ancora meglio, con quel sano spirito che ci ha sempre guidato nel mercato». Ma più che un successo politico, è stato un gioco di squadra perfetto tra le componenti del panorama finanziario italiano, peraltro molto ben orchestrato dal ministro Giorgetti. Ma come è partito tutto? Mentre in ambienti finanziari circolavano voci di presunte cordate di imprenditori che alla prova dei fatti non hanno trovato alcuna concretezza, il ministro ha sollevato il telefono per sondare Francesco Gaetano Caltagirone e il vertice di Delfin. Incassata la loro disponibilità, il tutto si è definito velocemente. Decisivo è anche stato il ruolo di Bpm, che una volta mossasi su Anima aveva tutto l’interesse a mettere un robusto presidio in Mps. Il leader della Fabi, Lando Maria Sileoni, legge «la decisione di Bpm» di rilevare il 5% «per avere il via libera da parte delle autorità di vigilanza all’acquisizione di Anima e per distribuire, così, prodotti finanziari nella rete Montepaschi». Una visione non dissimile da quella dello stesso ceo di Piazza Meda, Giuseppe Castagna, che ieri ha scritto ai suoi dipendenti spiegando che «solo poche ore fa abbiamo acquisito una partecipazione azionaria pari al 5% del capitale sociale di Mps, il più importante distributore di prodotti del gruppo Anima, dopo di noi». Inoltre: «Siamo il terzo polo bancario in Italia e vogliamo crescere ancora, pur restando focalizzati sugli obiettivi del Piano al 2026». Sta di fatto che il convergere degli interessi tra il Mef e l’istituto guidato da Castagna – non a caso la banca d’affari interna Akros ha fatto da advisor al collocamento del Tesoro – è stato il perno necessario a far nascere il tridente perfetto. A Giorgetti, a quel punto, non è rimasto che consultare a fari spenti anche il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, e la presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, i quali gli hanno dato la loro benedizione. Ora, Mps potrà contare su un gruppo di investitori italiani composto da Bpm (5%), Anima (4%), Caltagirone (3,5%) e Delfin (3,5%), un 16% che si aggiunge alla partecipazione dell’11,7% posseduta dal Tesoro che andrà verso un’uscita di scena, ma lo farà consapevole di aver costituito un argine agli appetiti di potenziali investitori stranieri, come potrebbe essere il Credit Agricole, azionista con 9,1% in Bpm, che verosimilmente ci penserà due volte prima di insidiare la banca di Castagna. LEGGI TUTTO

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    Mps, il ministero dell’Economia vende un altro 7%: incasso da mezzo miliardo

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    Il Ministero dell’Economia dà seguito alle sue promesse e piazza sul mercato un altro 7% di Mps. A comunicarlo è lo stesso ministero guidato da Giancarlo Giorgetti, che ha così avviato una procedura accelerata di raccolta (un modo per piazzare attraverso il mercato la quota agli investitori istituzionali) per 88.178.280 milioni di azioni ordinarie dell’istituto guidato da Luigi Lovaglio. Una volta andata a segno, quindi, l’operazione vedrà scendere l’azionista pubblico sotto il 20% (a circa il 19,7%), una soglia che dovrebbe accontentare l’Europa, con la quale lo Stato italiano aveva preso un impegno per abbandonare gradualmente il capitale di Mps. LEGGI TUTTO

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    Asse Intesa-Blackrock per il trading online

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    Intesa Sanpaolo prepara lo sviluppo del suo business di gestione patrimoniale digitale anche in Europa. In collaborazione con Blackrock, che fornirà prodotti di investimento e supporto nello sviluppo, entro la metà del 2025 sarà operativa una nuova piattaforma digitale che inizierà la sua attività in Belgio e Lussemburgo per poi espandersi in una fase successiva verso altri mercati europei.«Questo accordo è stato il commento di Carlo Messina (in foto), amministratore delegato di Intesa Sanpaolo si inserisce perfettamente nella nostra strategia basata sulla crescita delle attività di Wealth Management e sullo sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche. Grazie alla collaborazione con BlackRock potremo ampliare la nostra clientela a livello europeo, offrendo soluzioni all’avanguardia». Si tratterà di un servizio che rimanda a quanto già fatto per l’Italia fin dall’ottobre del 2022, quando la controllata Fideuram Intesa Sanpaolo Private Banking, guidata dall’ad Tommaso Corcos, aveva lanciato Fideuram Direct, piattaforma digitale in grado di operare direttamente sui mercati finanziari. La nuova società – sempre nel perimetro di Fideuram – guarderà prevalentemente a un target digitalmente evoluto e affluent, vale a dire con un patrimonio dai 200mila euro in su (da 500mila diventa private). Il cliente potrà fare trading direttamente dalla piattaforma e in autonomia, accedere anche ai prodotti d’investimento di Blackrock e richiedere, qualora lo volesse, la consulenza personalizzata di un team di professionisti dedicati. LEGGI TUTTO

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    Se la banca è forte, anche le imprese lo diventano

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    Le banche italiane sono in piena salute, una condizione che apporta un conforto ad un’economia reale fragile che inizia a zoppicare, il cui rallentamento è ormai acclarato e i suoi effetti negativi si stanno aggregando tra loro. Nel terzo trimestre il Pil si è fermato allo zero e i primi segnali della riduzione del tasso occupazionale sono emersi. Il trimestre in corso sembra indirizzato a continuare nella stessa direzione di rallentamento, sebbene il ministro Giancarlo Giorgetti si è recentemente detto meno pessimista. A determinare il rallentamento è soprattutto il quadro macro economico di Eurolandia. Nonostante il contesto difficle, le principali banche italiane hanno presentato risultati dei primi nove mesi decisamente lusinghieri. La milanese Bpm non si è limitata a confermare quanto avviene ormai da oltre un triennio di essere particolarmente performante negli obiettivi sia finanziari che di soddisfazione della clientela, ma anche di volersi ulteriormente rafforzare lanciando un’Opa totalitaria non ostile su Anima Holding. L’acquisizione consentirà all’istituto guidato da Giuseppe Castagna di rafforzare il modello di business della controllata Banco Bpm Vita, e parimenti di alimentare ulteriormente le fabbriche prodotto che hanno costituito, per la rinascita del gruppo, una componente primaria dei successi ottenuti, tra i quali spicca il risultato dell’esercizio 2023 che ha consentito di staccare una cedola particolarmente ricca agli azionisti, che viene confermata e migliorata per l’esercizio in corso. LEGGI TUTTO

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    Banche, partita la sfida dei tassi in calo

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    Dall’inizio dell’anno, le prime cinque banche italiane hanno messo insieme la bellezza di 18,8 miliardi di euro di profitti. I primi tagli dei tassi d’interesse della Banca centrale europea, per quanto siano arrivati solo a partire dalla metà di quest’anno, sembrano non avere fermato la micidiale macchina da utili del credito italiano, non a caso citato dalle principali agenzie di rating – da S&P a Fitch, fino a Moody’s – come uno dei punti di forza a sostegno del rating del Paese. Prendendo le mosse dai conti trimestrali divulgati al mercato nei giorni scorsi, si è appreso che tutti gli istituti hanno soddisfatto o superato le stime del mercato: la prima a pubblicare i suoi risultati è stata Intesa Sanpaolo, guidata da Carlo Messina, che ha realizzato da inizio anno 7,2 miliardi di utili (+17,1% rispetto allo stesso periodo di un anno fa), un risultato brillante anche per quanto riguarda il tasso di crescita. Prima per ammontare di profitti si conferma Unicredit guidata da Andrea Orcel – alle prese con il tentativo di scalata alla tedesca Commerzbank – che è arrivata a quota 7,7 miliardi (+16%).Ma se le prime due banche per attivi hanno fatto bene, lo stesso si può dire per il terzetto formato da Banco Bpm, Mps e Banca Bper spesso al centro di indiscrezioni di mercato a proposito della composizione di un possibile terzo polo bancario. La crescita più robusta rispetto all’anno precedente è quella del Banco Bpm guidato da Giuseppe Castagna (+25,1%), arrivato a macinare 1,24 miliardi di risultato (1,69 contando le partite non ricorrenti). Grosso balzo anche per la Mps guidata da Luigi Lovaglio e presieduta da Nicola Maione, quest’ultima riporta all’ultima riga del bilancio un dato positivo per 1,56 miliardi (+68,6%), sebbene questo numero andrebbe depurato dai benefici fiscali, senza i quali l’utile rimarrebbe comunque alla ragguardevole cifra di 1,09 miliardi con una crescita sul 2023 del 18,9 per cento. Per Bper, l’utile è stato di 1,13 miliardi (+4,6%). LEGGI TUTTO