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    Allarme criptovalute, Savona: “Sono il nuovo Campo dei Miracoli di Pinocchio”

    Con una metafora presa da Pinocchio il presidente della Consob, Paolo Savona, nel suo ultimo Discorso al mercato ha paragonato il boom delle criptovalute al «Campo dei Miracoli», dove «l’illusione di facili guadagni» nasconde rischi sistemici. «Non può sfuggire l’analogia con la crisi del 2008, causata dai derivati tossici», ha avvertito, evidenziando come le crypto operino «nell’infosfera, sfuggendo ai controlli territoriali». La soluzione? «Serve una cooperazione tra Stati, non basta regolare i servizi privati».La proposta-choc: un euro digitale decentralizzatoSavona ha lanciato una proposta rivoluzionaria: trasformare l’euro in una moneta digitale «a contabilità decentralizzata (DLT, non Blockchain), sotto controllo delle autorità». Un safe-asset europeo per «governare la liquidità e contrastare la competizione delle crypto», evitando che monete private destabilizzino il sistema. «L’euro digitale potrebbe diventare uno standard internazionale», ha spiegato, «se gli operatori Ue lo usassero per gli scambi». Una mossa per rafforzare la sovranità monetaria, anche alla luce delle «mosse protezionistiche degli Usa».Geopolitica e protezionismo: “Stiamo tornando indietro”Il presidente ha criticato la deriva protezionistica globale, citando gli ordini esecutivi di Trump che «candidano Bitcoin a riserva statunitense». «I paesi avanzati credono di vivere di finanza, ma oggi tentano di riportare indietro l’orologio della Storia», ha osservato, richiamando le quattro libertà di Roosevelt (parola, religione, bisogno, paura) come modello abbandonato. «La riduzione della cooperazione internazionale peggiorerà il benessere globale». LEGGI TUTTO

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    Risiko bancario: Savona, armonizzare Golden Power con norme europee

    In un discorso carico di avvertimenti e proposte innovative, il presidente della Consob, Paolo Savona, ha affrontato i nodi critici del sistema finanziario, dalle tensioni con la Bce ai rischi delle criptovalute, fino a una visione audace per rilanciare l’euro come moneta globale. L’intervento, tenuto durante l’annuale Discorso al mercato a Milano – il settimo e ultimo del suo mandato – ha tracciato un bilancio dell’attività della Consob nel 2024 e delineato scenari geopolitici preoccupanti, con un appello alla cooperazione internazionale.«Dalla seconda metà del 2024, una parte significativa del sistema bancario ha avviato 6 offerte pubbliche di acquisto o scambio», ha spiegato, sottolineando come queste operazioni abbiano generato 52 esposti o richieste di chiarimento per controversie legate alla mancanza di accordi preliminari tra le parti. Un fenomeno che, secondo Savona, riflette la natura “contendibile” dell’economia di mercato, ma che rischia di minare la stabilità senza un coordinamento efficace tra autorità nazionali e sovranazionali come la Bce.L’armonizzazione tra Golden Power e regole europee: il nodo da scioglierePaolo Savona ha evidenziato una criticità di fondo nel rapporto tra le norme nazionali sul Golden Power – lo strumento che tutela gli asset strategici italiani da acquisizioni estere – e il quadro regolatorio europeo. «L’interazione tra le regole del TUF (Testo Unico della Finanza) e quelle sul Golden Power presenta aspetti che richiedono un coordinamento urgente con i trattati Ue», ha dichiarato nel suo discorso. Il rischio, secondo il presidente della Consob, è che «obiettivi di sicurezza nazionale, libera concorrenza e proiezione internazionale dell’economia» entrino in conflitto, creando incertezze per gli investitori.«L’interazione tra le regole del gioco di mercato e societarie stabilite dal Tuf e le norme sul golden power presenta aspetti che richiedono di essere perfezionati e coordinati con le regole dei trattati europei». Lo ha affermato il presidente della Consob, Paolo Savona, nel suo settimo e ultimo intervento discorso al mercato. «In Italia – ha aggiunto – aumentano le richieste di tali interventi rivolte al governo, affrontando le incertezze applicative di una normativa ufficialmente introdotta come extra-ordinem, diventata multi-purpose, sotto la spinta della nuova fase geopolitica di una caduta di dialogo tra Stati».Savona ha richiamato l’attenzione sul dibattito in corso a Bruxelles per «armonizzare il meccanismo di screening sugli investimenti esteri», oggi frammentato tra Paesi. «L’Europa sta discutendo una revisione del Regolamento per introdurre un sistema rafforzato e coerente», ha osservato, sottolineando come l’assenza di linee guida uniche rischi di «alterare il funzionamento del mercato». Un esempio emblematico è la tensione tra la libera circolazione dei capitali (principio cardine dell’Ue) e le esigenze di difesa degli interessi nazionali. «Servono regole chiare – ha concluso – che bilancino sovranità e integrazione, evitando derive protezionistiche».Le criticità nel dialogo con la BCESavona non ha risparmiato critiche alle difficoltà operative tra la Consob e la Banca centrale europea. «Il processo di attuazione delle offerte pubbliche passa anche attraverso decisioni della Bce, ma sono insorte difficoltà di dialogo», ha dichiarato, sottolineando come i ritardi nelle risposte abbiano generato incertezze, «nonostante il memorandum of understanding che impegna a scambiarsi informazioni senza solleciti formali». Un problema che rischia di minare l’efficacia delle operazioni di mercato, soprattutto in un contesto dove «gli investitori internazionali basano le loro scelte sugli andamenti delle quotazioni».L’allarme criptovalute: “Il nuovo Campo dei Miracoli”Con una metafora presa da Pinocchio, Savona ha paragonato il boom delle criptovalute al «Campo dei Miracoli», dove «l’illusione di facili guadagni» nasconde rischi sistemici. «Non può sfuggire l’analogia con la crisi del 2008, causata dai derivati tossici», ha avvertito, evidenziando come le crypto operino «nell’infosfera, sfuggendo ai controlli territoriali». La soluzione? «Serve una cooperazione tra Stati, non basta regolare i servizi privati».La proposta-choc: un euro digitale decentralizzatoSavona ha lanciato una proposta rivoluzionaria: trasformare l’euro in una moneta digitale «a contabilità decentralizzata (DLT, non Blockchain), sotto controllo delle autorità». Un safe-asset europeo per «governare la liquidità e contrastare la competizione delle crypto», evitando che monete private destabilizzino il sistema. «L’euro digitale potrebbe diventare uno standard internazionale», ha spiegato, «se gli operatori Ue lo usassero per gli scambi». Una mossa per rafforzare la sovranità monetaria, anche alla luce delle «mosse protezionistiche degli Usa».Geopolitica e protezionismo: “Stiamo tornando indietro”Il presidente ha criticato la deriva protezionistica globale, citando gli ordini esecutivi di Trump che «candidano Bitcoin a riserva statunitense». «I paesi avanzati credono di vivere di finanza, ma oggi tentano di riportare indietro l’orologio della Storia», ha osservato, richiamando le quattro libertà di Roosevelt (parola, religione, bisogno, paura) come modello abbandonato. «La riduzione della cooperazione internazionale peggiorerà il benessere globale». LEGGI TUTTO

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    Dalla Ue via libera condizionato all’offerta sul Banco Bpm lanciata da Unicredit

    Via libera condizionato dell’Antitrust europeo all’offerta sul Banco Bpm lanciata da Unicredit che dovrà cedere 209 filiali. L’authority ha inoltre respinto la richiesta del Garante della concorrenza italiano di permettere la valutazione dell’acquisizione. A livello locale, la fusione proposta solleva problemi di concorrenza nei mercati dei depositi e prestiti per consumatori e pmi, sottolinea Bruxelles, evidenziando la forte sovrapposizione tra le attività e le filiali delle due banche in 181 aree locali, con rischio di potere di mercato eccessivo, aumento dei prezzi e riduzione della concorrenza. A livello regionale, invece, nessuna preoccupazione per i servizi alle grandi imprese, poiché vi sono altri concorrenti ben consolidati. L’Antitrust Ue non vede poi alcun rischio di coordinamento nel mercato bancario italiano, grazie a alla natura frammentata e competitiva del mercato, alla bassa trasparenza dei prezzi al consumo; al limitato monitoraggio reciproco tra concorrenti. Per affrontare i problemi concorrenziali, nei rimedi proposti UniCredit si impegna a cedere 209 filiali fisiche situate nelle aree di sovrapposizione problematiche in Italia. “Questi impegni eliminano la sovrapposizione orizzontale e preservano la concorrenza”, afferma Bruxelles. Dopo riscontri positivi nel market test, la Commissione ha concluso che, con questi impegni, la fusione non solleva più preoccupazioni concorrenziali per prestiti e depositi a consumatori e pmi: le quote di mercato combinate risultanti saranno moderate. Sul rifiuto della richiesta di rinvio, spiega Palazzo Berlaymont che la Commissione ha respinto la richiesta dell’autorità italiana di esaminare il caso secondo il diritto nazionale.”La Commissione può rinviare un caso a uno Stato membro se gli effetti concorrenziali sono limitati al suo territorio”, viene spiegato, ma ha concluso che non vi sono motivi sufficienti per rinviare il caso all’Italia. Nessuna decisione, invece, è ancora arrivata sulla legittimità del ricorso al golden power da parte del governo. Il governo Meloni ha approvato l’operazione di Unicredit sul Banco Bpm con una serie di prescrizioni, tra qui quella di interrompere le sue attività in Russia, ad eccezione dei pagamenti delle aziende italiane in loco che si troverebbero in difficoltà, entro l’inizio del 2026. Il punto di scontro è soprattutto questo. In una nota Unicredit ribadisce che, “contrariamente ad alcune informazioni pubbliche circolate, la sua presenza in Russia non è in conflitto con alcuna posizione internazionale”. LEGGI TUTTO

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    Nagel (Bundesbank): “Anche l’Italia deve interessarsi alle ricadute economiche tedesche”

    Dopo i rappresentati di Francia, Spagna, Portogallo, Olanda e Italia (con Fabio Panetta), all’interno del Palazzo della Borsa è stato il momento anche del Governatore della Banca centrale della Germania, Joachim Nagel. Il Presidente della Deutsche Bundesbank è stato infatti ospite della terza e ultima giornata della Conferenza internazionale “Young Factor 2025”, un dialogo tra giovani, economia e finanza, promosso dall’Osservatorio Permanente Giovani-Editori, in partnership con Intesa Sanpaolo, che si tiene a Milano, a Palazzo Mezzanotte. Intervistato dal direttore de Il Sole 24 Ore, Fabio Tamburini, il banchiere tedesco ha partecipato al panel intitolato “Le sfide del nostro secolo: come condurre la politica monetaria in tempi incerti”.Ed è proprio in questi “tempi incerti” che, secondo Nagel, “adesso è il vero momento dell’Europa: l’Ue è il partner commerciale più importante del mondo e potrebbe ottenere risultati ancora migliori”. Secondo il numero uno della banca centrale della Repubblica Federale di Germania è necessario ora pensare a una seria de-frammentazione e a un’unione bancaria (e anche fiscale) “perché così la nostra comunità può migliore la propria attrattività e competitività nei confronti degli altri partner internazionali”. L’invito ai giovani studenti presenti in platea è chiaro: “C’è bisogno di più Europa e dovremmo sentirci tutti quanti europei. Sono sorpreso quando percepisco l’euroscetticismo, visto che veniamo da ottant’anni di pace”.Joachim Nagel ammette che il mondo, in generale, stia vivendo un “tempo difficile e molto volatile”. E la Germania non è stata da meno in quanto è reduce da un non breve periodo di recessione: “Negli ultimi tre anni e mezzo i fatti si sono evoluti in maniera molto drammatica nel nostro Paese, con la guerra in Ucraina, e uscirne è molto complesso”. In tutto questo sussista anche una nuova incertezza: “Le relazioni con gli Stati Uniti sono peggiorate negli ultimi mesi e noi tedeschi (ma anche gli europei) dobbiamo fare di più in termini di infrastrutture, digitalizzazione e istruzione”. L’orizzonte temporale previsto dal Presidente della Bundesbank e che, in tempi immimneti, ci sarà più stagnazione: “Poi nel 2027 forse riusciremo a superare l’1% di crescita – aggiunge -. L’Italia deve interessarsi alla nostra situazione perché le ricadute potranno essere positive anche per voi”.Il banchiere tedesco si dice inoltre molto colpito dall’entità del piano di investimenti molto ingenti messi in campo dal cancelliere Friedrich Merz che “stanno andando nella direzione giusta: la Bundesbank aveva fatto una proposta su come riformare il debito, ma non così elevata”. Nagel, quindi, invita tutti a capire perché il governo ha assunto la decisione di questo programma di spesa, che sarà importante per tutta l’Europa anche sul piano del riarmo: “Che ci piaccia o meno, è importante fare di più sul tema difesa: la sicurezza è un tema fondamentale per tutti”. E, in tutto questo, il tema dei dazi inciderà parecchio: “Pessima idea di politica tariffaria, ci sono solo dei perdenti, ma forse persino Trump sta imparando questa lezione, visti gli effetti negativi che ha provocato”. LEGGI TUTTO

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    Orcel (UniCredit): “Il talento non basta, servono anche delle idee chiare”

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    Come sviluppare e attrare talenti? L’Amministratore Delegato del gruppo UniCredit, Andrea Orcel, ha cercato di rispondere a questo interrogativo nel corso della terza e ultima giornata della Conferenza internazionale “Young Factor 2025”, un dialogo tra giovani, economia e finanza, promosso dall’Osservatorio Permanente Giovani-Editori, in partnership con Intesa Sanpaolo, che si tiene a Milano, a Palazzo Mezzanotte. Intervistato da Giuseppe De Bellis, direttore di Sky Tg24, il banchiere romano ha raccontato a una folta platea di studenti giovani la propria lunga esperienza professionale che poi lo ha portato a ricoprire il suo ruolo attuale.Orcel spiega infatti di essersi laureato “proprio con una tesi su fusioni e acquisizioni ostili. Volevo fare quello, ce l’avevo molto chiaro e ci ho messo tutto me stesso”, ha affermato il CEO di Unicredit in occasione dell’evento dedicato alle studentesse e agli studenti liceali. “Il talento ci vuole, ma la prima cosa è avere un’idea chiara di quello che si vuole fare – ha aggiunto l’ex dipendente di Merrill Lynch & Co -. Per fare alcune cose servono sacrifici e molte ore di lavoro. Quando ho iniziato avevo davanti gente con più talento di me, ma se io lavoro 19 ore e loro 9 ore nel tempo li supero”. Orcel rivela inoltre: “Ci ho messo tutto me stesso. Io volevo fare l’investment banker, me lo sognavo la notte”.Del resto, rimarca Orcel, “quando sono uscito dall’università, fare quello che ho fatto in Italia era assolutamente impossibile. Credo che quando feci la tesi su fusioni e acquisizioni quasi ho dovuto spiegare alla commissione di cosa si parlava, perché nel nostro paese non c’era una cultura in materia”, dice l’ad di UniCredit. La strada può non essere sempre chiara, “ma ci vuole persistenza e determinazione e secondo me ci vuole coraggio, a volte devi prendere delle decisioni che sul momento dici, ‘e se non funziona?'” Andrea Orcel, infatti, ricorda che una volta si era chiesto retoricamente: “Lasci Goldman Sachs, la migliore banca d’affari al mondo in quel momento, per andarti a fare un Mba in un momento di crisi senza sapere se rientri perché vuoi passare da fixed income a M&A?”. LEGGI TUTTO

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    Orcel e Vincenzi sentiti in Procura a Milano. I pm indagano sulla cessione delle quote Mps

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    Vanno avanti le indagini sul risiko bancario da parte della Procura di Milano. Secondo quanto emerge, ci sarebbe già una serie di testimonianze, tra cui quelle di Andrea Orcel, numero uno di Unicredit, e di Stefano Vincenzi, group legal e general counsel di Mediobanca, agli atti della indagine della Procura di Milano che vuole fare luce sul collocamento dello scorso novembre, da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze, del 15% di Mps, l’istituto di credito senese salvato grazie all’intervento pubblico.L’operazione, del valore di un miliardo e 100 milioni di euro, è avvenuta attraverso una procedura di Accelerated book building (Abb). A coordinare e gestire il collocamento della quota è stata Banca Akros, banca d’affari controllata da Banco Bpm, che nell’ambito dell’operazione ha acquisito un 5% di Mps, seguita dal 3,5% finito alla Delfin della famiglia Del Vecchio e un altro 3,5% al gruppo Caltagirone. Mentre un ulteriore 3% è stato rilevato da Anima, gruppo dei fondi poi acquisito da Bpm.Le audizioni si sono concentrate sui meccanismi dell’Abb, le dinamiche in generale, con i dettagli dell’operazione di sette mesi fa e le sue ripercussioni. Secondo l’Ansa, uno dei primi manager ad essere auditi a inizio primavera è stato Orcel, impegnato in un braccio di ferro con il governo sulla scalata a Bpm. L’ad di Unicredit, come emerso da ricostruzioni del Financial Times, ha espresso critiche per gli ostacoli in alcune operazioni di fusioni bancarie, che sarebbero state inserite anche in un esposto a Consob. Esposto nel quale sarebbe stato dedicato un passaggio anche all’Abb di novembre evidenziando proprio il ruolo di Akros e che gli acquirenti Bpm e Anima fanno parte dello stesso gruppo. Di recente, invece, i pm Giovanni Polizzi e Luca Gaglio – che con l’aggiunto Roberto Pellicano e il procuratore Marcello Viola coordinano l’inchiesta delegata al Nucleo Speciale di Polizia valutaria della Gdf – hanno sentito Vincenzi. È lui che, per conto di Mediobanca, tra la fine di febbraio e gli inizi di marzo ha firmato una querela per diffamazione nei confronti di di Osvaldo De Paolini, vicedirettore del Giornale, da cui poi è generato il fascicolo in cui ci sarebbero già alcuni indagati.Intanto, nella giornata di ieri il numero uno di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, ha ribadito di non voler prendere parte al risiko: «Non ho nessuna intenzione di posizionare la banca in questi combattimenti veramente da Far West». LEGGI TUTTO

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    Mediobanca, il piano di riserva

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    Se c’è una cosa sicura, è che Alberto Nagel non si farà piegare tanto facilmente. Il numero uno di Mediobanca, infatti, è già al lavoro su un piano di riserva per tentare di resistere all’avanzata di Mps sulla banca d’affari che guida da quasi 17 anni. La retromarcia con rinvio al 25 settembre dell’assemblea che doveva dare il via libera allo scambio azionario per avere Banca Generali ne ha ferito l’immagine, nel senso che si è trovato nelle condizioni di ritrattare clamorosamente sulla richiesta di rinvio del suo principale socio-avversario, Francesco Gaetano Caltagirone. D’altra parte, scontato lo scotto reputazionale – con diversi fondi che da Londra sarebbero stati non poco irritati dalla retromarcia annunciata solo alla vigilia dell’assemblea – adesso ha a disposizione l’intera estate per implementare la strategia originale: completare il buyback e cercare nuovi soci.La decisione del rinvio, certo non facile, sarebbe cominciata a maturare nel corso di venerdì. La contesa in assemblea, del resto, fino all’ultimo è stata in bilico, ma a favore di Nagel che era fiducioso di strappare un via libera anche se risicato. Tant’è che, in risposta la richiesta di Caltagirone di un rinvio sulla base di una carenza di informazioni, inizialmente era stata rispedita al mittente addirittura accusando Caltagirone di “conflitto d’interessi”. Poi la notizia della posizione di Unicredit nel capitale di Mediobanca (un 1,9% per conto di clienti) ha fatto sballare i conti: del resto un 1,9% che passa da una parte all’altra pesa il doppio in termini di travaso di consensi. Nagel sapeva che anche di uno 0,7% in mano a clienti di Intesa Sanpaolo sarebbe finito dal lato opposto della barricata (circostanza che sarebbe emersa da interlocuzioni con il ceo Carlo Messina) e da qui è nata l’idea di mettere nel congelatore l’operazione per evitare il rovescio in assemblea.Secondo indiscrezioni raccolte da Il Giornale, il capo di Mediobanca starebbe incontrando alcuni imprenditori storicamente vicini a Piazzetta Cuccia per convincerli a comprare pacchetti di azioni e sposare il suo progetto. Se, nell’ambito di questi incontri, riuscisse a portare dalla sua un 2-3% del capitale al quale aggiungere l’apporto del riacquisto di azioni proprie attualmente in atto, allora l’asticella del consenso potrebbe tornare a pendere dalla sua parte. Si tratterebbe comunque di un piano di difficile realizzazione e pieno d’incognite, dal momento che anche gli altri attori protagonisti non staranno fermi. LEGGI TUTTO

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    “Basta parlare di riarmo: povertà e giovani sono le vere priorità”. La sferzata di Carlo Messina

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    Come ritrovare le vie della crescita? È attorno a questo quesito che si è sviluppato il dialogo con Carlo Messina, Consigliere Delegato e Chief Executive Officer di Intesa Sanpaolo. L’occasione è stata fornita dalla seconda giornata della Conferenza internazionale “Young Factor 2025”, un dialogo tra giovani, economia e finanza, promosso dall’Osservatorio Permanente Giovani-Editori, in partnership proprio con Intesa Sanpaolo, che si tiene a Milano, a Palazzo Mezzanotte. Nell’intervista rilasciata al direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana, c’è modo di spaziare attraverso varie dissertazioni.Si parte dalla fortissime tensioni che si stanno registrando nel Medio Oriente: “Il contesto che osservo è sicuramente di grande turbolenza, anche se per ora concentrato a livello locale”. Se da un lato “è indiscutibile che la capacità di propagarsi a livello mondiale potrebbe creare qualche preoccupazione importante”, dall’altro “la mia spettativa è riduzione dei tassi di crescita, ma non recessione”, dichiara in maniera certa Messina. “Tale percorso sono sicuro che non verrà interrotto: il mondo continua ad avere una prospettiva di crescita, non di riduzione della prospettiva di crescita”.Il banchiere romano poi, tenendo insieme due diversi temi economici-geopolitici per esprimere una propria opinione rispetto alla discussione che ha maggiormente preso piede dentro l’Unione europea: “Abbiamo la povertà, i giovani che devono trovare lavoro, problemi di stipendi e oggi tutti parlano della necessità di riarmarsi. Mi trovo poco a mio agio con queste considerazioni”, ha affermato Messina.Quest’ultimo preferisce porre in atto un “approccio realista e sono convinto che esiste la necessità di un coordinamento nei meccanismi di difesa, la necessità di potenziamenti”, però da “questo a far diventare che tutto il dibattito è sulla trasformazione delle fabbriche in strumenti di preparazione delle armi, io non riesco a trovarmici a mio agio in un approccio che ragiona in questo modo”. L’ad di Intesa Sanpaolo ribadisce il concetto: “Se hai poveri in Italia e negli altri Paesi del mondo, questa dovrebbe essere la priorità, non parlare in continuazione di riarmo”. E a questo si lega sia al “problema dei giovani che vanno all’estero” sia a quello dei “neet, che è una questione inaccettabile”.La questione dei poveri e degli stipendi, dunque dovrebbe essere al centro delle discussioni politiche, non il riarmo. I salari, del resto, sono “la base su cui noi possiamo consentire il benessere alle altre persone”. Ed è poi sotto questo aspetto che il CEO di Intesa Sanpaolo sferza gli imprenditori: “La forte correlazione dogmatica dello stipendio con la produttività, io francamente in aziende che fanno tanti utili la considero una scusa per non aumentare gli stipendi”. “Quando tu superi un determinato livello di utili – ha aggiunto Messina – credo che non sia neanche socialmente equo non dare aumenti di stipendi a chi lavora nelle aziende”. LEGGI TUTTO