More stories

  • in

    La Banca d’Italia stacca un assegno di 644 milioni al Tesoro

    Ascolta ora

    La Banca d’Italia ha chiuso il bilancio 2024 con una perdita lorda di 7,3 miliardi di euro, in peggioramento di 200 milioni rispetto al 2023. L’alto livello dei tassi ufficiali ha continuato ad avere ripercussioni negative sui risultati economici dell’istituto, sebbene l’impatto sia stato attenuato rispetto all’anno precedente.Politica monetaria e riduzione del portafoglio titoliIl portafoglio titoli della Banca d’Italia ha subito una significativa riduzione, passando da 657 a 591 miliardi di euro. Questo calo è legato alla conclusione dei programmi PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme) e APP (Asset Purchase Programme). I titoli di Stato italiani rappresentano la quota maggiore del portafoglio, attestandosi a 544 miliardi di euro.Parallelamente, si è registrata una diminuzione della posizione debitoria sul sistema Target da 521 a 416 miliardi, sostenuta dall’aumento degli investimenti esteri in titoli di Stato italiani e dall’erogazione della quinta e della sesta rata fondi PNRR. A marzo la media del saldo debitorio è stata di circa 400 miliardi.Risultati economici e copertura delle perditeIl margine di interesse della Banca d’Italia nel 2024 è stato negativo per 4,2 miliardi di euro, migliorando leggermente rispetto ai -4,8 miliardi registrati nel 2023. Anche il reddito monetario è stato negativo, con un risultato di -1,9 miliardi.Per mitigare l’impatto delle perdite, è stato utilizzato il Fondo rischi generali per 5,8 miliardi di euro, mentre il recupero fiscale ha contribuito positivamente per circa 2,4 miliardi. Questo ha consentito alla Banca d’Italia di chiudere l’anno con un risultato netto positivo di 844 milioni di euro, di cui 644 milioni destinati allo Stato (29 milioni in più rispetto all’esercizio precedente).Il dividendo per i partecipanti al capitale è stato confermato a 200 milioni di euro, in linea con l’anno precedente, mentre ulteriori 140 milioni sono stati prelevati dalla posta speciale di stabilizzazione, che risulta ora azzerata. L’importo complessivo riconosciuto ai partecipanti ammonta così a 340 milioni di euro.Prospettive per il 2025: atteso ritorno all’utile lordoNonostante l’erosione del Fondo rischi generali, ridotto di 11,4 miliardi in due anni e ora attestato a 23,8 miliardi, la copertura dei rischi resta adeguata. Il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, ha ribadito che – in quanto appartenente all’Eurosistema – l’istituto non ha come obiettivo il profitto, ma la stabilità dei prezzi. Tuttavia, ha sottolineato l’importanza di conseguire risultati positivi per preservare l’indipendenza finanziaria della banca centrale.Le previsioni di mercato sull’andamento dei tassi di interesse indicano che nel 2025 la Banca d’Italia tornerà a registrare un utile lordo. Panetta ha evidenziato che le decisioni di politica monetaria dell’Eurosistema vengono adottate in funzione della stabilità dei prezzi e che, nonostante le perdite temporanee, la solidità finanziaria dell’istituto resta garantita. LEGGI TUTTO

  • in

    Intesa, dalle Fondazioni ok a Messina

    Ascolta ora

    In cima alla lista sono blindate le conferme dell’amministratore delegato Carlo Messina (che nel 2024 ha percepito un compenso complessivo di 6,4 milioni di euro) e del presidente Gian Maria Gros-Pietro. Un forte segno di continuità in larga parte atteso, dopo i ricchi profitti degli ultimi anni. Ieri, le principali Fondazioni azioniste della prima banca italiana (che pesano per il 17,87% del capitale), aderenti al patto parasociale, hanno depositato la lista congiunta di 17 candidati per il Consiglio di Amministrazione e il Comitato per il Controllo sulla Gestione della Banca per il triennio 20252027 in vista dell’assemblea del 29 aprile. La proposta vede tra i nomi, oltre a Messina e Gros-Pietro, anche Paola Tagliavini come Vice Presidente. E poi: Mariangela Zappia, Franco Ceruti, Paolo Maria Vittorio Grandi, Luciano Nebbia, Liana Logiurato, Pietro Previtali, Maria Alessandra Stefanelli, Bruno Maria Parigi, Donatella Busso, Silvia Merlo, Paolo Messa. Per il comitato interno di gestione sono stati proposti Fabrizio Mosca, Mariella Tagliabue e Maura Campra. LEGGI TUTTO

  • in

    “Tra credito e polizze basta figliastri”

    Ascolta ora

    «Il Danish Compromise è uno scandalo, un conclamato livello di asimmetria regolamentare tra banche e assicurazioni», per questo «auspico che la Commissione europea prenda una decisione che parifichi il livello di gioco, sennò si creano figli e figliastri». Il presidente di Unipol, Carlo Cimbri, ha commentato così la decisione della Bce, grottescamente confermata a distanza di ventiquattr’ore dall’Eba, di negare l’utilizzo del cosiddetto compromesso danese al Banco Bpm per l’Opa su Anima. Riguardo all’operazione, «non conosco le carte – ha detto – né mi compete valutare il perché la Bce non lo abbia concesso, ma evidentemente è una cosa che è giudicata importante», tanto che «i nostri amici di Unicredit si riservano di valutare se proseguire l’Ops» sul Banco, ha aggiunto Cimbri. Il numero uno di Unipol ieri ha presentato il nuovo piano industriale del gruppo assicurativo bolognese battezzato «Stronger/faster/better». Ai soci verranno distribuite cedle per 2,2 miliardi al 2027: il 72% in più di quanto messo sul piatto nelle precedenti linee strategiche con una crescita annua composta del dividendo per azione pari a circa il 10%. «Lo faremo con o senza il contributo delle banche, è una specie di whatever it takes dei dividendi», ha detto il presidente. Il generoso riconoscimento ai soci è garantito delle prospettive di crescita degli utili consolidati, attesi a 3,8 miliardi a fine piano (+28% rispetto a quanto realizzato nel triennio precedente). Di questi, buona parte arriveranno dall’attività assicurativa che punta a 3,4 miliardi (+47%) di profitti. Nel dettaglio, Unipol si pone come obiettivi al 2027 una raccolta nel comparto Danni pari a 10,6 miliardi e una raccolta nel comparto Vita a 7,4 miliardi. Dal canale bancassicurativo, che si avvale degli accordi di distribuzione con Bper e con la Popolare di Sondrio, è atteso un aumento dei premi danni dagli 0,5 miliardi del 2024 a 1 miliardo nel 2027 e dei premi vita da 2,7 a 3,4 miliardi. A proposito dell’offerta di Bper per l’istituto valtellinese, Cimbri ha detto che i matrimoni «possono avvenire in maniera consensuale oppure bisogna convincere una parte che in un bosco pieno di lupi da soli non si può stare». In ogni caso, la decisione di muovere verso Sondrio è maturata anche perchè «un gruppo con il colori arancione (l’olandese Ing, ndr) ha dato mandato a dei legali di studiare un’operazione sull’istituto». In merito all’ipotesi di aumentare la quota (il 24,5%) nella banca modenese, il presidente ha spiegato di non sentirne oggi alcuna necessità «però non posso escluderlo in futuro». LEGGI TUTTO

  • in

    Unicredit incassa l’ok di Bce ma con Bpm volano gli stracci

    Ascolta ora

    Un’importante luce verde è arrivata per Unicredit. La Banca centrale europea e la Banca d’Italia, infatti, nella serata di ieri hanno accordato il permesso di acquisire il controllo diretto di Banco Bpm e indiretto delle altre società del gruppo Banco Bpm e di Anima. Ad affermarlo è lo stesso istituto di Piazza Gae Aulenti, spiegando che le autorizzazioni ricevute ieri «rappresentano l’ultimo passaggio necessario per consentire alla Consob di ultimare l’iter di approvazione, atteso per la prossima settimana, del documento di offerta a essa sottoposto il 13 dicembre 2024». Alla luce di questo, il cda di Unicredit si riunirà domani per esercitare la delega di aumento di capitale funzionale all’offerta lanciata su Banco Bpm.Ci si avvicina, quindi, alla fase calda dell’Offerta pubblica di scambio. A ulteriore testimonianza di questo c’è il fatto che i due amministratori delegati di Bpm e Unicredit, rispettivamente Giuseppe Castagna e Andrea Orcel, ormai hanno abbandonato il tradizionale aplomb. Dopo il pasticcio firmato Eba-Bce sulla faccenda del mancato riconoscimento dello sconto danese per l’operazione su Anima, infatti, nella tarda serata di giovedì Unicredit ha pubblicato un comunicato contundente. «La decisione recentemente annunciata da Bpm di procedere a prescindere» dall’applicazione del Danish Compromise «è motivo di preoccupazione», ha affermato Orcel. «È ragionevole ritenere che questi sviluppi possano avere implicazioni negative per il rendimento del capitale allocato da Banco Bpm all’acquisto di azioni di Anima e per il capitale regolamentare – Cet 1 – della stessa Bpm, con possibili ripercussioni negative sulla sua futura crescita e sulle sue future distribuzioni. Presumibilmente, porterebbero altresì a una riduzione della capacità di Banco Bpm di fornire credito all’economia reale». Ora Unicredit «valuterà» se «proseguire o meno nell’operazione». LEGGI TUTTO

  • in

    Generali, Mediolanum vota con i fondi. Mediobanca propone un cda fotocopia

    Ascolta ora

    L’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel (foto), oggi si sentirà un po’ più solo. Anche Mediolanum ha scelto di schierarsi con Assogestioni nella partita sulla governance delle Generali. L’associazione del risparmio gestito ieri ha depositato la lista di minoranza dei fondi in vista dell’assemblea del Leone che il 24 aprile dovrà rinnovare il cda. Confermati i quattro i candidati indipendenti anticipati dal Giornale. Si tratta del bocconiano Roberto Perotti, già consigliere del Leone fino al 2022, della docente di biostatistica ad Harvard, Francesca Dominici, di Anelise Sacks, del gruppo di microchip Analog Devices, e dell’ex banchiere di Citi, Leopoldo Attolico. Ebbene, se era scontato che l’elenco delle sgr ottenesse il consenso di Anima, Kairos, BancoPosta, Eurizon e Fideuram, favorevoli sin dall’inizio a presentare una rosa di candidati, salta all’occhio la presenza di Mediolanum Gestione Fondi Sgr e Mediolanum International Funds. Dal gruppo della famiglia Doris assicurano che la mossa è stata presa «in totale continuità» con quanto fatto anche l’ultima volta per Generali e in coerenza con il posizionamento delle sue Sgr, che nella stragrande maggioranza dei casi sostengono le liste di minoranza di Assogestioni. Resta il fatto che Mediolanum è azionista di Mediobanca che, a sua volta, ieri ha presentato la sua lista per la conferma dell’amministratore delegato Philippe Donnet e del presidente Andrea Sironi. Non a caso, le Sgr targate Mediolanum nelle ultime settimane non hanno partecipato né alla discussione sull’opportunità di presentare una lista di minoranza, né alla selezione dei candidati proprio per evitare conflitti di interesse. Il quorum necessario era stato comunque raggiunto nella riunione del comitato dei gestori del 21 marzo, nonostante fino all’ultimo il fronte dei contrari capitanato da Mediobanca Sgr avesse provato a convincere il Comitato a tenersi fuori dalla partita. Mediolanum ha poi deciso di depositare la lista di Assogestioni anche se avrebbe potuto tenersi fuori come ha fatto ad esempio Arca del gruppo Bper Banca, che questa volta ha preferito non partecipare (nel marzo 2022, invece, vi aveva aderito). All’assemblea di Trieste i soci potranno, dunque, scegliere se votare la rosa di Assogestioni oppure le altre due. La lista presentata ieri da Mediobanca è nei fatti la fotocopia di quella presentata dal cda nel 2022: 13 candidati con la conferma di 9 su 10 consiglieri in carica tra cui Donnet e Sironi. Esce Diva Moriani e al suo posto viene candidata Patricia Estany Puig. Gli altri due nomi nuovi (Elena Vasco e Giorgio Valerio) entrerebbero nel board solo se Piazzetta Cuccia otterrà la maggioranza dei voti. LEGGI TUTTO

  • in

    Bpm, il pasticcio Bce-Eba. Unicredit avanti sull’Ops

    Ascolta ora

    L’autorità bancaria europea (l’Eba) ha deciso di non decidere sulla questione del cosiddetto sconto di capitale danese, di cui Bpm avrebbe beneficiato con l’acquisizione di Anima. L’istituto guidato da Giuseppe Castagna ha dovuto attendere diversi mesi, per sentirsi respingere la sua richiesta di parere dall’authority che afferma di avere necessità di «una valutazione più approfondita e ampia». Un «non parere» che arriva dopo che la Banca centrale europea – che aveva per l’appunto coinvolto l’Eba – si era ridotta a emettere un parere negativo proprio il giorno prima dell’assemblea dei soci di Unicredit abbattendo il titolo di Bpm, un tempismo che accende più di una perplessità visto che l’ente a doversi esprimere era proprio l’Eba. Dubbi non certo cancellati dopo la risposta disorientante dell’Eba (servivano mesi per dire di non poter dare riscontro «tramite Q&A»?).La reazione di Piazza Meda, che ieri ha riunito il consiglio d’amministrazione per decidere il da farsi dopo il verdetto, è stata quella di andare comunque avanti nella sua offerta su Anima «convinta della forte valenza strategica dell’operazione, anche in assenza di applicazione del Danish Compromise», ovvero lo sconto sul capitale che la normativa avrebbe assicurato. Bpm, nella sua nota, ha detto di aver «risposto, a tutela dei propri azionistì, alla Bce» chiedendo di chiarire le motivazioni sottostanti la posizione espressa dall’autorità in merito alla non applicabilità del Danish Compromise come, a proprio avviso, «il trattamento prudenziale dalla stessa indicato in tale comunicazione non risulti coerente con i principi fondamentali» delle regole sui conglomerati finanziari.Sul fronte Unicredit, che ha lanciato un’Ops proprio su Bpm lo scorso novembre, ieri i soci hanno approvato l’aumento di capitale a servizio dell’Offerta pubblica di scambio e a tutte le altre questioni all’ordine del giorno dell’assemblea ordinaria e straordinaria dei soci di Unicredit, compreso lo stipendio da 13,2 milioni di euro dell’ad Andrea Orcel (anche se quest’ultimo punto ha visto la contrarietà di circa un terzo del capitale presente). A tenere banco, tuttavia, è stata essenzialmente la partita Bpm: «Avevamo ragione a considerare l’offerta escludendo Anima, viste le incertezze che questo poteva comportare» ha detto Orcel, rigirando il coltello nella piaga. In questa fase la notizia fa il gioco di Orcel che, a margine dell’assemblea, aveva detto: «Una certa interpretazione pare meno certa di quella che sembrava». Una stoccata all’ad di Bpm Castagna, che si era detto fiducioso sulla concessione dello sconto. LEGGI TUTTO

  • in

    Bpm, la Bce anticipa il no. Salta lo sconto per Anima

    Ascolta ora

    La Bce smorza le speranze di Banco Bpm pronunciandosi negativamente sull’applicazione del Danish Compromise nell’Opa lanciata da Banco Bpm su Anima. L’organo di supervisione dell’Eurotower ha comunicato a Piazza Meda la propria visione conservativa sul trattamento prudenziale dell’acquisizione di Anima alla quale non si applicherebbe, a proprio avviso, il tanto discusso sconto danese, ossia l’agevolazione sugli accantonamenti di capitale. «L’avviamento e gli asset intangibili associati di Anima dovranno essere dedotti dal Cet 1 di Banco Bpm», scrive la Bce nel parere inviato a Banco Bpm.L’istituto guidato da Giuseppe Castagna precisa che la presa di posizione di Francoforte non è una decisione. Le valutazioni finali spetteranno infatti all’Eba, coinvolta dalla stessa Bce quale Autorità competente al fine di esprimersi definitivamente sulla questione.Una doccia fredda che ieri si è tradotta in un tonfo del 4,5% del titolo Bpm, con lo sconto sull’Ops lanciata da Unicredit su Piazza Meda che si è ridotto a solo l’1,9%. Senza lo sconto danese gli investitori ritengono quindi che piazza Gae Aulenti non andrà a ritoccare al rialzo l’offerta, anche perchè Andrea Orcel ha più volte ribadito che con lo sconto la transazione Anima ha un ritorno sull’investimento di oltre il 15% senza consumare molto capitale, senza il ritorno scende all’11% e consuma miliardi di capitale. Nel concreto, i potenziali effetti della mancata applicazione del Danish Compromise sono stati esplicitati il mese scorso da Bpm che indica comunque il Cet1 ratio rimanere saldamente al di sopra del 13% a fronte del 14,4% dello scenario base di applicazione dello sconto danese. L’altra grande differenza riguarda la remunerazione dei soci: la distribuzione complessiva agli azionisti da qui al 2027 si attesterebbe a 6 miliardi, uno in meno rispetto allo scenario con la concessione dell’agevolazione patrimoniale; comunque il 50% sopra quanto distribuito nel precedente piano triennale. LEGGI TUTTO