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    “Nagel svegliato dall’offerta lanciata da noi”

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    Uno batte e l’altro risponde. L’amministratore delegato di Mps, Luigi Lovaglio, non aspetta nemmeno il momento delle domande durante la conferenza convocata ieri per presentare i conti trimestrali e subito rifila una stoccata al numero uno di Mediobanca, Alberto Nagel, che aveva parlato poco prima dicendo che per Mps sarebbe stata meglio «una fusione tra pari», invece dell’Ops lanciata su Piazzetta Cuccia. Dichiarazione che ha irritato non poco il banchiere di Rocca Salimbeni: «Vorrei ringraziare l’ad di Mediobanca che questa mattina ha suggerito ciò che è meglio per Banca Mps», ha risposto piccato. «Noi abbiamo fatto un’offerta a gennaio e Mediobanca si è svegliata dopo oltre un decennio in cui si è affidata soprattutto ai dividendi provenienti da partecipazioni di minoranza ». Il riferimento è alla storica partecipazione di Generali (il 13,1%) che Piazzetta Cuccia adesso vuole cedere in cambio della quota di controllo di Banca Generali. «È difficile capire se questa operazione generi valore per gli azionisti», ha aggiunto Lovaglio, mentre «la nostra offerta» per Piazzetta Cuccia «crea immediatamente valore certo per gli azionisti».Il protagonista del rilancio di Montepaschi si mette poi a sezionare i punti grigi dell’operazione Mediobanca- Banca Generali ricordando che la stima di 80 punti base di impatto sul capitale fatta dai manager della merchant bank è forse troppo ottimista, poiché secondo alcunianalisti invece eroderà il «capitale di oltre 100 punti base e questo significa meno spazio per distribuire poi dividendi». L’Ops su Banca Generali, pensata da Nagel anche per sfuggire alla morsa di Mps, «a prima vista appare neutra, se non negativa, ed è difficile capire se genera valore per i soci di Mediobanca LA REPLICAMonte Paschi guidato dall’ad Luigi Lovaglio ha lanciato la scalata a Mediobanca. Obiettivo dell’Offerta pubblica di scambio: creare il terzo polo bancario auspicato dal governo. Che, tramite il Mef, è primo socio di Rocca Salimbeni». Di là di questo, tuttavia, l’ad di Siena precisa che «l’offerta di Mediobanca su Banca Generali non rappresenta un’alternativa al nostro progetto, che invece è molto più trasformativo» e «non è un gioco di potere». Quindi un’altra sciabolata su Generali: «Noi non ci siamo svegliati un giorno per scoprire che il 30% del nostro stato patrimoniale era nelle mani di un management che operava in un settore completamente diverso».Il botta e risposta sul risiko ha occupato così la prima parte della presentazione di una trimestrale che ha messo in mostra diversi numeri oltre le attese. L’utile netto, infatti, raggiunge 413 milioni (contro 341 milioni previsti), in crescita sia rispetto al primo trimestre 2024 (+24,2% da 333 milioni) sia rispetto al trimestre precedente (385 milioni). Il risultato è frutto di un calo del 7,5% delmargine di interesse che è risultato di 543 milioni e di uno scatto delle commissioni nette (+8,9%) che raggiungono 398 milioni. Hanno generato un contributo positivo di 16 milioni anche le imposte sul reddito del periodo. Nel complesso, i ricavi del gruppo ammontano a 1.007 milioni, in linea rispetto al primo trimestre 2024 (-0,5 per cento). LEGGI TUTTO

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    “Lovaglio pensi a matrimoni con i suoi simili”

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    «La nostra operazione» su Banca Generali «può generare molto valore, mentre l’altra operazione (quella di Mps, ndr) ha rischi altissimi». È il refrain che l’ad di Mediobanca, Alberto Nagel, ha usato anche ieri durante la presentazione dei conti dei primi nove mesi dell’esercizio 2024-2025 chiusi con 2,77 miliardi di ricavi e 993,2 milioni di utile, entrambi in rialzo del 5%. Mentre gli analisti lo incalzavano sui dettagli dell’offerta da 6,3 miliardi lanciata sulla controllata delle Generali da ripagare con i titoli della stessa compagnia triestina in portafoglio (il 13,1%), il banchiere di Piazzetta Cuccia ha più volte puntato il dito sulla scalata senese. Dispensando anche consigli da professorino (di certo non disinteressati) all’ad del Monte, Luigi Lovaglio: «Avendo qualche esperienza nell’M&A bancario, ritengo che le operazioni che generano valore siano quelle tra pari, nel senso all’interno della stessa categoria bancaria, perché ci sono sinergie evidenti e affinità strutturali. Le migliori operazioni per Mps sono con altre banche commerciali». E poi «l’assenza di track record manageriale » del Monte nel wealth management e nel corporate investment «rende il rischio di esecuzione elevato, anche alla luce della differente cultura aziendale», ha aggiunto Nagel con quel tocco di arroganza che gli è tipico, peraltro già emerso nella nota diffusa all’indomani dell’offerta lanciata da Lovaglio che guida «una banca commerciale di medie dimensioni». Mentre l’aggregazione con Banca Generali, «completa il percorso di trasformazione del gruppo Mediobanca in player diversificato, focalizzato su business ad elevata crescita e basso assorbimento di capitale, eccellente per creazione di valore per gli stakeholder», ha detto il merchant banker. Assicurando che «lo scopo dell’operazione è di avere tutti vincitori e nessun vinto come ha sostenuto giustamente Francesco Milleri» (il presidente di Delfin, azionista di Mediobanca, Generali e di Mps) senza però aggiungere che le sue perplessità, chiaramente esplicitate dal mager, potranno svanire solo quando conoscerà meglio l’operazione. Quanto all’incontro di qualche giorno fa a Palazzo Chigi con il capo di gabinetto Gaetano Caputi, dove pare che sia stato accolto non senza freddezza, Nagel non ha voluto svelarne l’esito: «Noi siamo da questo punto di vista sempre piuttosto laconici nel dire quello che facciamo e quello che non facciamo».Tornando ai conti dei 9 mesi, la divisione Insurance, vale a dire la quota in Generali, continua a dare un apporto importante ai profitti del gruppo con un utile netto di 350 milioni, pressoché in linea con lo scorso anno (353 milioni). Mediobanca distribuirà un acconto sul dividendo di 0,56 euro per azione con stacco il 19 maggio e saldo a novembre. LEGGI TUTTO

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    Banca Ifis brinda con la trimestrale

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    Banca Ifis scalda i motori per l’Opas su Illimity con conti trimestrali superiori alle attese. Infatti, il gruppo presieduto da Ernesto Furstenberg Fassio (in foto), ha archiviato il primo trimestre con un utile netto che supera le stime e cresce a 47,3 milioni di euro. Si tratta del trimestre migliore degli ultimi cinque anni. I ricavi consolidati si attestano a 178,8 milioni e riflettono il positivo andamento dell’attività commerciale, del business Npl (i crediti deteriorati) e del comparto finanza proprietaria. Solida la base patrimoniale con un Cet1 ratio (l’indice di solidità patrimoniale) in marcato aumento rispetto al 31 dicembre 2024 che sale al 16,6 per cento. La solida posizione di capitale consente alla banca la distribuzione di un dividendo totale di 111,5 milioni a valere sul 2024 (pari a 2,12 euro per azione), di cui 63,1 milioni di euro (1,20 euro per azione) distribuiti il 20 novembre 2024 e 48,4 milioni di euro (0,92 euro per azione) che verranno distribuiti il 21 maggio 2025. «Banca Ifis può guardare con ottimismo ad un futuro in cui sarà in grado di beneficiare del percorso impostato in questi ultimi anni», commenta l’amministratore delegato Frederik Geertman, che riguardo all’Opas su Illimiy afferma: «Ci avviciniamo con fiducia e pensiamo di avere una grande storia e un’opportunità di creazione di valore». Quanto a eventuali rilanci, il banchiere ritiene che «l’offerta che abbiamo fatto sia sicuramente adeguata». LEGGI TUTTO

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    Banche, Patuelli contro i prelievi Ires e Irap: “Potremmo vincere un ricorso alla Consulta”

    Antonio Patuelli

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    «Gli extraprofitti non sono un termine contemplato dalla Costituzione». Il presidente Abi, Antonio Patuelli (in foto), ieri in audizione dinanzia alla bicamerale d’inchiesta sulle banche ha ribadito la contrarietà del sistema al surplus di prelievo sugli istituti di credito con cui è stato parzialmente finanziato il taglio del cuneo fiscale. «Costituzionalmente – ha aggiunto – esiste la proporzionalità delle aliquote, che decide il Parlamento».Patuelli ha ricordato come il regime fiscale più oneroso rispetto ad altri settori. «Solo le banche hanno due addizionali. Perché non viene ricordato?», ha chiesto. Dal 2016, infatti, gli istituti versano un’addizionale del 3,5% sull’Ires e dello 0,5% sull’Irap. Il presidente Abi ha ricordato che l’associazione non ha mai impugnato l’extraprelievo «per spirito di servizio?», ma ha ammonito i parlamentari. «La Consulta ha una consolidata serie di sentenze che dice che le imposte straordinarie sono tali se sono eccezionali e straordinarie, non se sono continue», ha evidenziato. Un modo per ribadire che le banche, già da anni, stanno sostenendo un carico di dubbia legittimità.Interrogato su eventuali fusioni o sul risiko bancario, Patuelli ha precisato che l’Abi, in quanto associazione di imprese «tutte merceologicamente in concorrenza tra loro», non si occupa di singole operazioni e «non interviene ora e non interveniva prima». Su questo punto, ha aggiunto, «mi attengo alle regole auree del silenzio». L’esperto banchiere ha inoltre affrontato il tema della concorrenza nel settore bancario globale, denunciando le «disparità competitive» generate dall’attuazione asimmetrica degli accordi di Basilea 3, con gli Stati Uniti che non rispettano le scadenze fissate. «Occorre far progredire l’Unione bancaria europea bloccata da un decennio», ha affermato, sollecitando il superamento dell’attuale prevalenza di regole di vigilanza in favore di una vera Unione societaria e dei mercati. Un processo che trova nuova linfa, secondo Patuelli, nella recente proposta della Commissione Ue sull’Unione del risparmio e degli investimenti. LEGGI TUTTO

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    Generali prende tempo su Mediobanca

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    Il cda delle Generali «ha preso atto degli elementi e delle condizioni» dell’Ops lanciata da Mediobanca su Banca Generali, asset chiave del risparmio gestito controllato al 50,2% proprio dal Leone di Trieste, e «ha definito un processo ed una calendarizzazione dei lavori volti a consentire di comprendere e valutare in dettaglio i termini di tale offerta e il relativo portato e, così, al consiglio di assumere ogni propria determinazione». Insomma, poche righe e nessun verdetto preventivo sull’operazione nel comunicato del Leone al termine della riunione di ieri. Che è coincisa con la trasferta romana di Alberto Nagel: l’amministratore delegato di Mediobanca ha fatto tappa nella Capitale dove nel pomeriggio ha illustrato il progetto di aggregazione con Banca Generali al capo di gabinetto della premier Meloni, Gaetano Caputi, figura molto attiva a Palazzo Chigi nelle partite finanziarie in corso. Era stato lo stesso Caputi a incontrare a inizio marzo l’ad di Unicredit, Andrea Orcel.Tornando alla riunione del board delle Generali, quello di ieri è servito soprattutto per aggiungere l’ultimo tassello alla governance rinnovata, con la conferma del tandem Andrea Sironi-Philippe Donnet, dall’assemblea dello scorso 24 aprile. Sono stati, infatti, costituiti «previo parere favorevole del comitato Nomine» presieduto da Sironi – i cinque comitati interni e sono stati nominati i loro componenti. L’attenzione maggiore è sulla composizione del Comitato per le Parti Correlate che gioca una parte delicata nelle decisioni relative all’Ops: è suo il ruolo di istruire la discussione sull’operazione che toccherà poi al cda, dove 10 consiglieri su 13 sono espressione della lista di Mediobanca (azionista del Leone con il 13,1%), quindi in possibile conflitto di interesse. Ebbene, la presidenza di questo Comitato è stata affidata a uno dei consiglieri eletti all’assemblea di aprile nella lista del gruppo Caltagirone, ovvero all’ex ad di Cdp e ora al timone di Acea, Fabrizio Palermo (i componenti sono Alessia Falsarone, Antonella Mei-Pochtler e Luisa Torchia).Il primo candidato naturale per il Comitato sarebbe stato Flavio Cattaneo (eletto nella lista Caltagirone) ma è un tipo di impegno che mal si concilia con quello che richiede la gestione di un gruppo come Enel, da lui guidato. Cattaneo siede, comunque, nel Comitato Innovazione e Sostenibilità sociale e ambientale presieduto da Umberto Malesci e in cui sono stati nominate anche Patricia Estany Puig e Mei-Pochtler. LEGGI TUTTO

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    Bpm provoca Unicredit: “I nostri utili da record”

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    C’è da scommettere che il numero uno di Unicredit, Andrea Orcel, scruterà riga per riga i conti trimestrali di Banco Bpm. Anche per questo, probabilmente, ha spostato il consiglio d’amministrazione a domenica, in modo da avere gli elementi necessari a decidere sull’offerta pubblica di scambio lanciata sull’istituto guidato da Giuseppe Castagna. Dal canto suo, tuttavia, Piazza Meda si compiace sottolineando l’«utile record» di 511 milioni di euro realizzato nel primo trimestre dell’anno (+38% sullo stesso periodo dello scorso anno). Un risultato che salirebbe a 549 milioni considerando il contributo di Anima, la società dei fondi entrata di fatto a far parte del gruppo dopo il successo dell’Opa.Bpm, quindi, ha alzato il suo obiettivo per l’anno in corso a 1,95 miliardi di euro di utile netto. I conti (con proventi operativi pari a 1,47 miliardi) sono conditi di una lunga serie di messaggi a Unicredit. «Abbiamo conseguito risultati molto solidi, non siamo solo avanti rispetto ai target di piano ma abbiamo iniziato con un passo più veloce», ha detto il ceo Castagna, «che conferma come gli obiettivi del piano siano alla nostra portata». L’istituto, inoltre, sostiene che i risultati del trimestre sono un «punto di partenza imprescindibile per la valutazione stand alone e prima delle sinergie di eventuali operazioni di M&A». E, dato che sono risultati da primato, il messaggio implicito è che la valutazione di Piazza Gae Aulenti è troppo bassa. Anche il passaggio dove si sottolinea «la capacità di generare valore attraverso il continuo sostegno all’economia italiana» è, di fatto, un messaggio a Unicredit, dal momento che una delle prescrizioni governative per il Golden Power impone di non ridurre il rapporto tra depositi e impieghi per i prossimi cinque anni: i crediti lordi performing sono cresciuti nel primo trimestre del 2025 di 2,4 miliardi di euro, a 97,6 miliardi (+2,5%), mentre le nuove erogazioni di credito si sono siano attestate a 8,2 miliardi, in crescita del 68% anno su anno.Un aspetto interessante della trimestrale, che non sarà sfuggito agli osservatori, è che Bpm è molto ben posizionata sui ricavi non collegati con l’andamento dei tassi d’interesse della Banca centrale europea. Infatti, ben il 45% dipende per lo più da commissioni, dato che aumenta al 49% considerando la piena integrazione di Anima. Ed è, di fatto, già in linea con l’obiettivo del 50% previsto dal piano industriale al 2027. LEGGI TUTTO

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    Mediobanca e l’offerta indecente ai soci Generali

    Nonostante il coro di apprezzamenti levatosi a caldo sull’Offerta di scambio che Mediobanca intende lanciare su Banca Generali, una più attenta valutazione delle scarne informazioni fornite dall’istituto porta a concludere che i benefici per gli azionisti di Piazzetta Cuccia non sono poi tanto evidenti. Anzi, al più l’operazione si presenta neutra, se si considerano gli utili per azione post acquisizione pur con le sinergie stimate, che tra l’altro potrebbero tradursi in dissinergie nella prospettiva di una possibile cancellazione del brand Banca Generali.Di sicuro, per ammissione stessa di Mediobanca, l’operazione è destinata a consumare capitale, ma probabilmente in misura assai più elevata (fino a 130 punti base contro gli 80 denunciati) rispetto alle prime indicazioni. Alla luce di ciò, sfuma non poco l’idea di un’operazione industrialmente valida come da molti viene definita. Naturalmente per un giudizio ultimo dovremo attendere che l’istituto guidato da Alberto Nagel faccia chiarezza sulle non poche informazioni che mancano. Allo stato possiamo però aggiungere che dal punto di vista finanziario, l’operazione non sembra essere particolarmente conveniente neppure per gli azionisti di minoranza di Banca Generali (cui fa capo il 49,8% del capitale), che tra l’altro non avrebbero alcuna influenza sull’esito dell’offerta.Del tutto incomprensibile, invece, la ragione per la quale gli azionisti delle Generali, cui fa capo il 50,2% di Banca Generali, dovrebbero accettare una proposta che prevede l’impoverimento del patrimonio industriale in cambio di azioni proprie (la metà del 13,1% posseduto da Mediobanca) che per legge non producono dividendi e non hanno diritto di voto. Oggi il consiglio di amministrazione della compagnia triestina si riunisce per completare il quadro nella nuova governance, necessaria dopo l’insediamento avvenuto un paio di settimane fa. All’ordine del giorno l’istituzione di sei comitati consiliari a presidio del buon funzionamento della compagnia. Il più delicato, quello cui è affidata la disamina delle cosiddette parti correlate, ha il compito di individuare eventuali conflitti d’interesse. Ed è nell’ambito di questo comitato che dovranno essere dipanati i sospetti sorti in capo al cda che, nemmeno cinque giorni dopo la sua nomina, è stato “aggredito” dalla proposta («non difensiva ma offensiva», l’ha definita Nagel) lanciata da chi l’aveva votato vittoriosamente conquistando 10 poltrone su 13. Ed essendo un’operazione che Mediobanca studiava da cinque anni (per ammissione stessa di Nagel), vuol dire che quel voto è avvenuto nell’ambito di un disegno la cui buona fede è tutta da dimostrare, da una parte e dall’altra. In breve: è normale che prima io ti nomini alla guida di un’azienda e poche ore dopo ti chieda di votare un’operazione a mio favore, che ha quale contropartita la cessione del 13,1% in forza del quale ho contribuito a farti nominare? Come non pensare a qualche diabolica alchimia?Come non pensare al conflitto d’interessi o al concerto?E Consob, nulla ha da obiettare di fronte a una comunicazione che somiglia molto a una informativa ingannevole? Anche di questo si dovrà occupare il nascente Comitato per le Parti Correlate.O, quantomeno, dovrà fornire elementi che aiutino a fare chiarezza su questa bomba fumogena che sembra costruita a bell’apposta per non arrivare fino in fondo.Quanto a Trieste, attualmente si contano solo effetti negativi dall’eventuale successo dell’Ops. Indipendentemente dall’idea che si sono fatti i grandi azionisti sulla possibilità che alla fine il tutto possa tradursi in una operazione win-win (pensiamo in particolare ai gruppi Caltagirone e Delfin), un conto è infatti possedere quote significative sia in Mediobanca sia in Generali, visto che alla fine il conto più o meno si pareggia mentre Piazzetta Cuccia direbbe finalmente addio a Trieste; altro è possedere soltanto titoli della compagnia, come la maggior parte dei fondi o dei piccoli azionisti. Basti pensare al fatto che con la cessione di Banca Generali, la casa-madre perderebbe d’un colpo circa 200 milioni di euro di utili (il 50% dei profitti previsti) mentre in cambio riceverebbe il 6,5% del proprio capitale, che teoricamente potrebbe essere annullato (come per un buyback da 3,2 miliardi), ma che allo stato difficilmente si procederà in tal senso per le implicazioni negative che ciò avrebbe in termini di Solvency Ratio. LEGGI TUTTO

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    Messina: “Intesa resta fuori dal caos”

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    «L’amministratore delegato deve concentrarsi sulla gestione dell’organizzazione e non sulla partecipazione teorica a qualcosa che è già molto caotico; non c’è bisogno che un altro attore contribuisca a creare ulteriore confusione nel mercato». Carlo Messina, da poco riconfermato per il suo quinto mandato al timone di Intesa Sanpaolo, ieri ha lanciato un messaggio chiaro durante la conferenza telefonica con gli analisti sui conti del trimestre. Rispondendo a una domanda sulla possibilità per la banca di acquisire quote di minoranza, il banchiere ha parlato di una grande confusione sul mercato e «nessuno ha bisogno di un ulteriore player che entri e ne crei altra» quindi «questo conferma la mia opinione, che è molto molto meglio rimanere focalizzati su portare risultati per gli azionisti». Quindi la banca «sta realizzando importanti sinergie senza bisogno di fare acquisizioni ed evitando i rischi collegati».Alla «confusione» del risiko, insomma, Intesa Sanpaolo risponde con i risultati: un utile netto del primo trimestre oltre le attese a 2,6 miliardi (+13,6%) che salirà oltre 9 miliardi a fine anno. E poi 1,8 miliardi di dividendi maturati nei tre mesi che si aggiungono al saldo 2024 di 3 miliardi e al buyback da 2 miliardi. «Abbiamo uno dei dividend yield più elevati del settore bancario europeo e questo ci permette di restituire almeno 8,2 miliardi, considerando il dividendo di maggio, il buyback di giugno e l’acconto previsto a novembre. Ulteriori distribuzioni di capitale verranno quantificate alla fine dell’anno», ha spiegato Messina. Aggiungendo che ulteriori distribuzioni di capitale saranno quantificate a fine esercizio. Tornando alla trimestrale, il gruppo ha compensato il calo del margine di interesse con le commissioni, salite del 7 per cento. Il risultato dell’attività assicurativa ammonta a 462 milioni, rispetto ai 424 milioni del quarto trimestre 2024 e ai 455 milioni del primo trimestre 2024. Il risultato della gestione operativa è pari a 4,2 miliardi, in crescita del 36,6% rispetto al quarto trimestre 2024.Sul fronte del supporto all’economia reale, nel primo trimestre del 2025 Intesa ha erogato 15 miliardi di nuovo credito a famiglie e imprese in Italia, e 21 miliardi complessivamente a livello di gruppo. Circa 640 aziende italiane sono state riportate in bonis da posizioni di credito deteriorato nel primo trimestre 2025 e circa 145mila dal 2014, preservando rispettivamente circa 3.200 e 722mila posti di lavoro. I vertici della banca si attendono un Pil in crescita dello 0,7% nel 2025 e dell’1% nel 2026. «Le aziende italiane stanno riprendendo a fare investimenti. E questo lo vediamo anche dal fatto che gli impieghi stanno crescendo», ha spiegato Messina. «Secondo me ci sarà un rimbalzo nella seconda parte dell’anno, con una chiara ripresa degli impieghi per le imprese. Per le famiglie vediamo che i mutui stanno andando bene. Sul fronte delle commissioni siamo molto positivi. Sul fronte del wealth management e protection ci aspettiamo una crescita a doppia cifra delle commissioni». LEGGI TUTTO