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    Banca del Fucino più vicina al controllo di CariOrvieto

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    Banca del Fucino fa tappa a Orvieto. Il progetto presentato dalla banca privata romana, fortemente radicata nelle regioni del centro Italia, è quello che ha fatto maggiormente breccia su Mediocredito Centrale (Mcc) che ha così deciso di avviare i negoziati in esclusiva per la cessione della quota dell’85,3% detenuta in Cassa di Risparmio di Orvieto. L’iter di vendita, avviato lo scorso 14 ottobre, vedeva in fila altri due importanti pretendenti, ossia Banco Desio e CF+, la challenger bank ex Credito Fondiario.La proposta di Banca del Fucino è stata ritenuta la più convincente sia per i contenuti economici (valorizzazione di circa 100 milioni) e finanziari, sia per i contenuti industriali; in particolare, a convincere Mcc è la cornice di «rafforzamento del tessuto economico nei territori di riferimento» su cui poggia il progetto predisposto dall’istituto guidato da Francesco Maiolini e presieduto da Mauro Masi. In aggiunta, l’acquirente garantirà l’autonomia della Cassa di Risparmio di Orvieto sul territorio e la salvaguardia dei livelli occupazionali. L’acquisto del controllo di CariOrvieto, che dovrebbe essere finalizzato entro metà 2025, porterà alla creazione del primo gruppo bancario Lsi (ossia tra le banche di piccole e medie dimensioni sottoposte alla vigilanza diretta delle rispettive autorità nazionali, sotto supervisione della Bce, ndr) a capitale privato nel Centro Sud Italia, con un prodotto bancario aggregato superiore a 10 miliardi di euro. Banca del Fucino prevede importanti sinergie tra le due componenti, grazie alla loro contiguità geografica e alla loro forte complementarità in termini di prodotti e clientela di riferimento. «Crediamo molto in questa operazione, per la quale il mantenimento dell’autonomia della Cassa di Risparmio di Orvieto e del suo marchio è un presupposto essenziale – ha sottolineato Maiolini – in quanto riteniamo che la principale leva di sviluppo del gruppo sia la piena valorizzazione dello specifico rapporto con il territorio di tutte le sue componenti».Ad aprire la contesa per l’istituto umbro era stato Banco Desio, che ad agosto ha avanzato una manifestazione di interesse non richiesta, che ha subito attivato la reazione di Banca del Fucino per non farsi sfuggire l’opportunità di aggiudicarsi CariOrvieto e i suoi 40 sportelli distribuiti tra Umbria, alto Lazio e una presenza significativa a Roma. LEGGI TUTTO

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    Unicredit balza al 28% di Commerzbank

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    Andrea Orcel non si ferma e a sorpresa prenota in largo anticipo un altro pezzo di Commerzbank. Se qualcuno si era illuso che il banchiere alla testa di Unicredit lasciasse perdere il fronte tedesco dopo aver aperto quello italiano su Bpm, ieri mattina ha dovuto ricredersi quando l’istituto italiano attraverso strumenti derivati ha annunciato di aver arrotondato la sua quota nella seconda banca tedesca al 28% (dal precedente 21%). A oggi, quindi, Unicredit vanta il 9,5% in azioni mentre il resto è composto da strumenti derivati che verranno convertiti quando dalla Bce arriverà la luce verde per salire fino al 29,9%.La mossa di Orcel ha mandato su tutte le furie la politica tedesca: «La notizia di oggi è sorprendente perché Unicredit aveva già pubblicamente sottolineato di non voler intraprendere ulteriori azioni prima delle elezioni federali», ha commentato il vice portavoce del governo tedesco, Wolfgang Buechner. Un’affermazione quanto meno curiosa, anche perché Unicredit ha richiesto da tempo alla Banca centrale europea l’autorizzazione per salire fino al 29,9%. «Respingiamo il comportamento non coordinato e non amichevole di Unicredit», ha proseguito il vice portavoce, «questo continua a valere e lo è ancora di più perché Commerzbank è una banca di importanza sistemica». Infine l’affondo: «Il governo federale ha anche una visione critica dei piani di Unicredit perché l’integrazione di due grandi banche di importanza sistemica è sempre accompagnata da rischi considerevoli per i dipendenti». Questo tipo di reazione, del resto, è prevedibile in un periodo pre-elettorale nel contesto di un Paese dove i partiti cosiddetti sovranisti sono molto forti nei sondaggi. Secondo alcune indiscrezioni, raccolte da Il Giornale, a Berlino si sta ragionando anche sulla possibilità di fermare la scalata azionando il «golden power» tedesco, che in Germania si chiama disciplina sugli investimenti diretti esteri. L’appiglio per azionarla sarebbe che Commerz fornisce finanziamenti essenziali all’industria della difesa tedesca, senza i quali esiste una minaccia per la sicurezza e l’ordine pubblico. Allo stesso modo, è sotto la lente la presenza importante di Unicredit in Russia che sta facendo arricciare il naso alla Bce. Resta il fatto che sarebbe quanto meno sorprendente se il governo tedesco si mettesse di traverso, a maggior ragione nel contesto di un’Unione europea che vuole realizzare l’Unione Bancaria (idea in passato sostenuta anche da Berlino, che nel frattempo sembra essere diventata molto più fredda forse proprio a causa della debolezza delle sue banche). LEGGI TUTTO

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    Unicredit stringe la presa su Commerzbank: sale al 28% della banca tedesca

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    Unicredit non arretra di un millimetro e stringe la sua presa su Commerzbank. Nella mattinata di oggi, infatti, la banca guidata da Andrea Orcel ha comunicato di essere salita a circa il 28% della seconda banca tedesca, rafforzandosi dal precedente 21% tramite strumenti derivati. Nonostante gli attacchi dalla Germania e dall’Italia, dunque, la banca italiana continua a rilanciare sulla sua personale politica dei due forni: da una parte, ha depositato l’Offerta pubblica di scambio su Bpm in Consob; dall’altra si è avvicinata al 29,9% che in precedenza aveva dichiarato di voler raggiungere. Al momento, Unicredit ha una partecipazione diretta del 9,5% mentre il resto è composto da strumenti derivati che verranno prontamente convertiti quando dalla Banca centrale europea arriverà la luce verde per salire fino al 30%, soglia oltre la quale sarebbe necessario lanciare un’Offerta pubblica di acquisto sul resto della banca. “L’esposizione economica di UniCredit è quasi completamente coperta, dimostrando prudenza nell’approccio e garantendo piena flessibilità e opzionalità”, ha affermato l’istituto italiano in una nota, lasciando intendere dunque di poter scegliere se vendere la quota o andare oltre fino all’Opa. “Questa operazione conferma l’opinione di UniCredit che all’interno di Commerzbank vi sia un valore significativo che deve essere consolidato. Riflette la fiducia nella Germania, nelle sue imprese e nelle sue comunità, nonché l’importanza di un settore bancario forte nel sostenere lo sviluppo economico del Paese”.L’istituto di Piazza Gae Aulenti aveva comprato la prima quota di Commerz lo scorso settembre, acquisendo il 4,5% dalla dismissione della quota del governo federale tedesco. Un altro 4,5% era stato invece rastrellato a fari spenti sul mercato, circostanza che ha irritato non poco la politica di Berlino. In seguito, il 23 settembre Orcel si era rafforzato al 21% sempre con strumenti derivati. Prima di arrivare a stamattina, 18 dicembre, con l’ulteriore salita al 28%.“La posizione rimane al momento solo un investimento e non ha alcun impatto sull’offerta pubblica di scambio con Banco Bpm”, ha precisato Unicredit. Il riferimento a Bpm arriva, in ambienti finanziari si sottolinea non a caso, dopo che ieri la banca guidata da Castagna ha sferrato un duro attacco a Unicredit: il cda di Piazza Meda, infatti, ha annunciato un esposto in Consob per fermare l’Ops accusando l’istituto di Orcel di avere lanciato un’offerta a un prezzo basso solo per vincolare la banca del ceo Castagna all’interno dei vincoli della passivity rule e influenzare così la sua Opa su Anima. LEGGI TUTTO

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    Unicredit, incognita russa sulla strada dell’Ops Bpm

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    C’è un’idea che circola fra i legali di una parte e dell’altra nella vicenda dell’Ops che Unicredit ha lanciato su Banco Bpm. Ed è che la posizione di contrasto dell’istituto guidato da Andrea Orcel (foto) alle prescrizioni della Bce, che da tempo chiede l’azzeramento di tutti gli asset in Russia, finisca per frenare l’iter dell’Ops. Al momento, infatti, il banchiere ha in atto una vertenza con Francoforte perché si rifiuta di fare forzature sulle attività dell’istituto con sede a Mosca, dove Gae Aulenti è impegnata con 2,1 miliardi di euro in prestiti e 2,6 miliardi di depositi. Orcel più volte ha precisato che un’uscita accelerata dalla Russia sarebbe di grave danno per l’istituto.Sta di fatto che la questione è arrivata a un livello di tensione significativo con la Vigilanza Ue, con Unicredit che – non abbandonando Mosca, come altri istituti europei hanno fatto a costo di perdere denaro – avrebbe tra l’altro contrariato l’Eurotower con comunicati troppo espliciti su interlocuzioni che solitamente rimangono nel circuito vigilanza-enti vigilati. Una prima sconfitta, per Orcel, è arrivata alla fine di novembre, con il Tribunale Ue che ha respinto la sua richiesta di sospensiva degli obblighi Bce, ma il grosso del ricorso su tempistiche e modalità è ancora in piedi.Sta di fatto che, avendo Unicredit depositato in Consob il prospetto della sua Offerta pubblica di scambio sulle azioni di Bpm, adesso il rischio è che la vicenda irrisolta possa portare l’autorità che vigila sui mercati finanziari italiani a frenare il tutto in attesa che arrivi una schiarita. L’alternativa è che possa comunque dare il via libera, ma con la richiesta di esplicitare rischi e incognite relativi alla questione russa. Infatti, qualora il contenzioso con la Bce arrivasse alle estreme conseguenze, la banca italiana potrebbe essere sanzionata con multe che possono arrivare fino al 10% del fatturato annuale nei casi di violazione più gravi (se così fosse, si tratterebbe di oltre 2 miliardi di salasso).Unicredit potrebbe sperare che, con l’avvento di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, l’orientamento europeo verso la Russia possa cambiare, ma sta di fatto che al momento la banca di Orcel si pone in contrasto perfino con il posizionamento geopolitico di Europa e Italia, che hanno aderito alle sanzioni a Mosca. Aspetto, quest’ultimo, che potrebbe avere una sua rilevanza quando Bce e Consob saranno chiamate a dare il loro via libera all’Ops. LEGGI TUTTO

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    “Gli istituti italiani ora più solidi sono pronti per l’Unione Bancaria”

    Ascolta ora Presidente Antonio Patuelli, il risparmio degli italiani ha raggiunto l’astronomica cifra di 5.700 miliardi. Pur non essendo i più parsimoniosi al mondo, non v’è però dubbio che siamo tra i maggiori cultori del risparmio. Dove nasce questa cultura? «Penso che tragga origine da una tradizione di povertà, da un bisogno di accumulo che […] LEGGI TUTTO

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    L’offerta su Bpm in Bce e Consob. Orcel: “Il titolo è sopravvalutato”

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    Il dado è tratto, ieri Unicredit ha depositato il prospetto della sua offerta pubblica di scambio su Banco Bpm presso la Banca centrale europea e la Consob. Si tratta di un passaggio atteso, formale, ma reso più interessante da alcune dichiarazioni dell’amministratore delegato di Unicredit, Andrea Orcel: «Riteniamo che la nostra offerta agli azionisti di Bpm sia congrua, in quanto portante un premio pari a circa il 15-20% rispetto al prezzo dell’azione Bpm, prima che fosse influenzata positivamente dall’offerta in corso su Anima e da ulteriori speculazioni riguardo a possibili operazioni». Orcel poi affonda il colpo, affermando che Piazza Meda è sopravvalutata: il manager sottolinea, infatti, che attualmente le azioni di Bpm vengono scambiate con un premio del 31% rispetto al consensus del rapporto tra prezzo e utili di Unicredit nel 2025 e del 44% sulle previsioni per il 2026. Poi arriva il richiamo agli azionisti della banca target che nel 2025 potrebbero beneficiare di «un distribution yield (rendimento da dividendi e riacquisto di azioni proprie, ndr) due volte superiore, con la possibilità di incrementare tale differenziale». Unicredit tira dritto sul prezzo, mantenendo però aperta la porta al rilancio: «Allo stesso tempo, siamo in continua discussione con tutti gli stakeholder».Nel frattempo, Banco Bpm sta costruendo la muraglia per resistere all’assalto. Castagna si muove all’interno di un sentiero stretto per le limitazioni della passivity rule, che impedisce a chi è sotto Opa di mettere in atto azioni difensive. Qualcosa però si può fare: spalleggiato dal Credit Agricole, che nel frattempo si è attrezzato per salire al 15,1% della banca e punta al 19,99% in attesa dell’ok della Bce, dovrebbe convocare l’assemblea straordinaria degli azionisti per strappare il via libera ad alzare l’offerta per Anima (società dei fondi sulla quale aveva alzato a sua volta l’Opa). Chiuso l’affare, e incorporata la casa dei fondi, allora Orcel dovrà per forza di cose fare un’offerta tale da valorizzare il combinato di Bpm e Anima. Unicredit, dal canto suo, non può più tornare indietro: le stime parlano di un possibile rilancio cash da 3,7 miliardi di euro, ma potrebbe essere costretta a spingersi fino a 15-16 miliardi (la prima proposta vale circa 10,5 miliardi), per non parlare della quota del 5% in Montepaschi in capo proprio a Bpm che non è stata per niente considerata nell’Offerta pubblica di scambio. C’è poi un’altra mossa che in Piazza Meda stanno architettando per alzare ancor più il prezzo ed è di puntare su target finanziari molto ambiziosi, in termini di utili e dividendi, al fine di convincere gli azionisti che sia più conveniente rimanere indipendenti piuttosto che gettarsi nelle braccia di Orcel. Un’altra ipotesi circola sui mercati, ma è certamente molto più complessa da mettere a terra ed è di coinvolgere Mps, persuadendo l’ad Luigi Lovaglio ad accettare un’aggregazione. Il tema, qui, sarebbe quello di convincere tutti gli investitori chiave: a partire da Credit Agricole (lato Bpm), per arrivare a Francesco Caltagirone, Mef e Delfin (lato Mps). E, cosa non meno complessa, accompagnare il 70% e più di altri azionisti a sposare la causa. Operazione che potrebbe avvenire attraverso uno scambio di azioni, con una delle due che incorpora l’altra. Riuscirà Castagna ad allineare così tanti interessi? In finanza tutto è possibile, ma al momento è l’ipotesi più complessa e forse meno percorribile. Anche perché non si sa fino a che punto potrebbe convenire all’Agricole, interessata com’è a rinnovare un accordo di distribuzione tra la sua Amundi e Unicredit in scadenza nel 2027. Ipotesi, sulle quali però il mercato rimane alquanto guardingo con Banca Mps che ieri è salita dell’1,3% a 6,67 euro mentre Bpm è risultata in calo frazionale dello 0,18% a 7,84 euro. La strategia difensiva di Bpm, in ogni caso, non sarà svelata prima del 7 febbraio (alla pubblicazione dei conti). LEGGI TUTTO