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    Unicredit si consola con utili record

    Il giorno dopo la rinuncia all’offerta su Banco Bpm, Unicredit si rinfranca con conti semestrali oltre le attese. L’istituto guidato da Andrea Orcel, infatti, ha realizzato 6,1 miliardi di utile nei primi sei mesi dell’anno, un risultato record spinto dai 3,3 miliardi di profitti del secondo trimestre che sono andati ben oltre i 2,5 miliardi attesi dagli analisti. I ricavi core , ossia comprensivi di commissioni, margine d’interesse e dividendi, si sono attestati a 5,9 miliardi (+1,8%) tra aprile e giugno. Il titolo in Borsa ha festeggiato con un balzo del 3,6%, a quota 60,1 euro per azione, spinto anche dall’addio all’operazione su Bpm (ieri sceso a -2,4% a 10,07 euro) che era una fonte di incertezza.«Penso che abbiamo tracciato una linea sull’operazione » su Piazza Meda, ha detto Orcel in un’intervista alla Cnbc alla domanda se la banca intenda presentare nuove offerte in Italia. «Ad essere sinceri, era diventata un peso per noi», aggiunge Orcel. «Ma soprattutto, data la situazione del golden power, non c’era altra strada da percorrere. E ad un certo punto, bisogna recuperare le perdite, eliminare gli ostacoli e concentrarsi su ciò che si controlla». Certo si coglie un certo fastidio nelle parole del capo di Piazza Gae Aulenti («in un trimestre utili quanto Bpm in un anno») per aver dovuto rinunciare a una preda che era in cima ai suoi pensieri da molto tempo. Lo stesso Orcel non esclude che Unicredit possa riprovarci in futuro. In particolare, se dal confronto Ue-governo dovesse emergere un clima normativo differente in merito ai confini dei golden power nazionali. Per ora, in ogni caso, l’attenzione sarà focalizzata sulla Grecia (con l’operazione Alpha) e la Germania. Tuttavia, sul fronte tedesco, registrata la contrarietà del governo federale a una fusione con Commerzbank, Orcel preferisce rimanere coperto assicurando di essere solo «un investitore» felice di «beneficiare di un ritorno sull’investimento del 20%». Quindi niente ambizioni di scalata. Il banchiere ha detto di essere, sempre riguardo a Commerz, «esattamente dove avevamo detto che saremmo stati il giorno dopo aver annunciato la nostra quota del 10%». Unicredit ha poi aggiornato gli obiettivi per il 2027: il gruppo ora intende raggiungere un utile netto di almeno 11 miliardi (10,5 miliardi è la previsione per quest’anno) e una distribuzione agli azionisti di «almeno 30 miliardi» (di cui 15 di dividendi) tra il 2025 e il 2027. LEGGI TUTTO

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    Unicredit si ritira dall’offerta su Bpm

    Raffica di colpi di scena sul risiko bancario italiano. Nella serata di ieri, infatti, il consiglio di amministrazione di Unicredit ha deciso di ritirarsi dall’offerta su Banco Bpm. Una scelta avvenuta nonostante poche ore prima, con una delibera clamorosa, la Consob avesse sospeso per altri 30 giorni il periodo di adesione all’offerta (che oggi avrebbe dovuto andare a scadenza) fino al 21 agosto.La scelta dell’istituto guidato da Andrea Orcel era già nell’aria nelle scorse ore, ma una nota del gruppo bancario ha ufficializzato la mossa in quanto “la condizione relativa all’autorizzazione Golden Power non è soddisfatta”. A questo riguardo, il comunicato sottolinea come il processo di offerta sia stato “influenzato dalla clausola di Golden Power, insistentemente invocata dai vertici di Bpm, che ha impedito a Unicredit di dialogare con gli azionisti nel modo in cui un normale processo di offerta avrebbe consentito”. In ambienti di mercato, in ogni caso, ci si chiede se in effetti la clausola Golden Power possa dirsi realmente insoddisfatta, in quanto il decreto del governo ha autorizzato le nozze tra gli istituti per quanto con prescrizioni molto severe. L’istituto di Piazza Gae Aulenti, tuttavia, “pur accogliendo con favore i significativi progressi compiuti con il Tar, la DG Comp dell’Unione europea e il governo italiano” ritiene che “i tempi per una risoluzione definitiva della questione Golden Power vanno ben oltre la scadenza della nostra offerta e anche di quella della sospensione decisa oggi (ieri, ndr) dalla Consob”. Lo stesso ad di Unicredit, Andrea Orcel, spiega che “la mia responsabilità principale è di agire nel migliore interesse di Unicredit e dei nostri azionisti. La continua incertezza sull’applicazione delle prescrizioni del Golden Power non giova a nessuno dei due. Abbiamo quindi deciso di ritirare la nostra offerta”.L’effetto immediato è che Bpm verrà ora liberata dalla cosiddetta passivity rule, che limitava il suo raggio d’azione strategico alla ordinaria amministrazione. Mentre quella di Unicredit potrebbe essere una ritirata strategica, in vista di ripresentare l’offerta successivamente con un format differente almeno secondo le indiscrezioni circolate negli ultimi giorni. LEGGI TUTTO

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    Banco Bpm, Unicredit ritira l’offerta. Orcel: “Incertezza su golden power non giova a nessuno”

    UniCredit alza bandiera bianca: la banca di Gae Aulenti ha deciso di ritirare l’offerta carta su carta su Banco Bpm. La conferma è arrivata in una nota in cui l’istituto evidenzia “il processo di offerta è stato influenzato dalla clausola di Golden Power, insistentemente invocata dai vertici di Bpm, che ha impedito a UniCredit di dialogare con gli azionisti di Bpm nel modo in cui un normale processo di offerta avrebbe consentito”. Ricordiamo che oggi l’offerta era stata sospesa per un mese dalla Consob.I vertici di Banco Bpm “privato i propri azionisti del dialogo che normalmente avviene durante un periodo di offerta per comprendere il valore creato dalla combinazione e determinare le condizioni che sarebbero state accettabili per andare avanti”, la posizione di UniCredit. Accolti con favore i progressi compiuti con il Tar, la Dg Comp dell’Unione europea e il Governo italiano ma, si legge ancora, “i tempi per una risoluzione definitiva della questione Golden Power vanno ben oltre la scadenza della nostra offerta e anche di quella della sospensione decisa oggi dalla Consob”. Per questo motivo “per fare chiarezza sulla situazione e tutelare gli interessi di UniCredit e dei nostri azionisti, abbiamo deciso di non rinunciare alla condizione del Golden Power, che non è stata soddisfatta, e di ritirare di conseguenza l’offerta”.Un’opportunità mancata, secondo UniCredit, non solo per gli stakeholder di Bpm ma anche per le comunità imprenditoriali italiane e per l’economia in generale. Il Ceo Andrea Orcel ha sottolineato: “La mia responsabilità principale è di agire nel migliore interesse di UniCredit e dei nostri azionisti. La continua incertezza sull’applicazione delle prescrizioni Golden Power non giova a nessuno dei due. Abbiamo quindi deciso di ritirare la nostra offerta”. E ancora: “Continueremo a perseguire la nostra trasformazione con la stessa energia e determinazione che ci hanno aiutato a battere i record, a consolidare la posizione di leader nel settore”. LEGGI TUTTO

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    Unicredit, Orcel verso l’addio all’offerta. Ma valuta di tornare all’attacco su Bpm

    La decisione finale di Unicredit riguardo all’offerta su Banco Bpm è prevista per oggi, quando si riunirà il consiglio d’amministrazione per esaminare i conti trimestrali della banca. L’attesa è tanta, anche perché l’offerta pubblica di scambio terminerà naturalmente entro domani e le adesioni sono a un livello da prefisso telefonico (allo 0,48%). Nel frattempo, nella giornata di ieri si è rincorsa l’indiscrezione della convocazione di un consiglio d’amministrazione preparatorio in vista di quello ufficiale del giorno seguente. La banca, interpellata da Il Giornale, ha smentito la convocazione formale di un board. Tuttavia, secondo alcune fonti l’amministratore delegato Andrea Orcel (in foto) e diversi consiglieri dovrebbero essersi incontrati per scambiare pareri in vista dell’appuntamento di oggi, che sarà quello di ratifica della decisione.Secondo quanto raccolto, tutti gli scenari al momento rimangono aperti, ma quello ben più probabile degli altri è che il cda decida per lasciare andare su un binario morto questa Ops, di fatto rinunciandoci, per poi valutare di ripresentarla a stretto giro in un secondo momento, magari sfruttando un eventuale ribasso del titolo di Bpm e con modalità diverse rispetto all’offerta presentata ormai otto mesi fa. Restano sul tavolo anche ipotesi alternative: ovvero, un rilancio con proroga dei termini (più difficile); oppure una ritirata completa per rivolgersi verso altri obiettivi.Ognuna di queste ipotesi ha un margine di rischio. Ripresentando successivamente l’offerta con una nuova formula, Unicredit dovrebbe ricominciare da zero l’iter autorizzativo, ma avrebbe il vantaggio di guadagnare il tempo necessario affinché si riesca a fare definitiva chiarezza riguardo al decreto Golden Power del governo che la sentenza del Tar ha smussato in alcuni punti. Secondo alcune fonti, Piazza Gae Aulenti avrebbe bisogno di un paio di notizie, tra Tar e Commissione Ue, per avere una visione completamente chiara su quello che l’aspetterebbe nel caso l’acquisizione di Banco Bpm arrivasse a compimento. Il punto è che, lasciando e ripresentando un’offerta, il Credit Agricole avrebbe a disposizione il tempo necessario per salire oltre il 20% di Bpm e costruire una minoranza di blocco a qualsiasi ambizione di Orcel (a meno che le due banche non si mettano d’accordo). LEGGI TUTTO

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    Le banche riscoprono lo sportello

    Negli anni la corsa veloce delle banche a liberarsi degli sportelli ha generato criticità in serie. Non da ultima la progressiva contrazione del rapporto vis à vis con il cliente. E in modo particolare con quella fascia di popolazione più avanti con gli anni e perciò naturalmente acerba in materia di home banking. Un problema anche sociale, insomma. Più avvertito in quelle parti del Paese dove è storicamente maggiore la presenza di istituti di credito, almeno formalmente, inclini al presidio territorio. Ho letto che con l’avvio del ventunesimo secolo vi sono state banche che, pur di togliersi di mezzo il disturbante sportello, pagarono con moneta sonante. E per un Sistema Paese come il nostro quasi del tutto a orientamento bancocentrico questi nodi al pettine hanno prodotto quasi solo difficoltà. LEGGI TUTTO

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    Risiko, settimana decisiva per le grandi sfide bancarie

    Si apre una settimana cruciale per il risiko bancario italiano, che vedrà diversi dossier avvicinarsi a un punto di svolta. In primo piano resta l’Ops di Unicredit su Banco Bpm il cui periodo di adesione termina mercoledì. Finora Piazza Gae Aulenti ha raccolto solo lo 0,233%. I vincoli posti dal golden power (primo tra tutti l’obbligo per Unicredit di uscire dalla Russia), la sospensione tecnica di trenta giorni decisa dalla Consob, il ricorso al Tar e i rilievi sollevati dall’Unione europea sull’esercizio dei poteri speciali (una prassi che ha interessato non solo l’Italia ma anche la Spagna per Bbva-Sabadell) hanno determinato una serie di stop-and-go. È probabile che l’operazione venga discussa dal cda guidato da Andrea Orcel in agenda domani per l’approvazione della semestrale. Vista l’improbabilità di un ulteriore rinvio da parte della Consob (solo qualora dall’analisi normativa emergesse una base solida, ha sottolineato il presidente dell’Authority Paolo Savona, l’Autorità potrà procedere), prende corpo lo scenario secondo cui l’Ops possa concludersi senza il raggiungimento degli obiettivi prefissati, costringendo Unicredit a valutare una ripresentazione dell’offerta, magari con alcune modifiche al prospetto e in tempi particolarmente rapidi.Ma Unicredit-Bpm non è l’unico dossier che animerà la settimana in Borsa. Restano in primo piano anche altre operazioni che stanno segnando il risiko bancario italiano in questa fase. Il Monte dei Paschi di Siena, guidato da Luigi Lovaglio, è impegnato nella sua offerta su Mediobanca, per la quale l’amministratore delegato sta proseguendo un fitto giro di incontri con la comunità finanziaria internazionale. Dopo Londra, Lovaglio sarà nei prossimi giorni a New York per incontrare nuovi potenziali investitori e convincerli ad aderire all’operazione.Sul fronte Mediobanca, intanto, prosegue anche la progressiva riduzione, per ora a piccoli passi, delle partecipazioni del gruppo Lucchini all’interno del patto di sindacato che lega parte degli azionisti della storica banca d’affari milanese. Un ulteriore elemento che potrebbe incidere sugli equilibri futuri. LEGGI TUTTO

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    Banche, il triennio 2022-2024 ha fruttato 112 miliardi di profitti

    Il periodo di alta stretta monetaria imposto dalle banche centrali ha portato, dal 2022 al 2024, a un ciclo straordinario di profitti per gli istituti di credito italiani, che hanno registrato utili complessivi superiori a 112 miliardi di euro. Un contesto reso possibile dal rialzo dei tassi d’interesse, che nel 2023 ha visto le banche raggiungere un record di utili con 46,5 miliardi di euro, un balzo significativo rispetto ai periodi precedenti. È quanto sottolinea un’analisi della FabiCome sottolineato da Lando Maria Sileoni (in foto), segretario generale della Fabi, “i numeri da record realizzati dalle banche italiane negli ultimi anni non sono piovuti dal cielo” ma “sono il risultato del lavoro quotidiano di centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori”. Il leader sindacale ha evidenziato anche come, nel 2023, grazie al contratto collettivo nazionale firmato l’anno precedente, siano stati garantiti “435 euro medi mensili”, cifra che rispecchia l’impegno dei dipendenti del settore, un impegno che si riflette anche nei recenti riconoscimenti economici per i dirigenti.L’elaborazione della Fabi mette in evidenza come il punto di svolta si sia registrato a partire dal 2022. Dopo un periodo meno brillante tra il 2018 e il 2021, quando gli utili oscillavano tra i 15 e i 16 miliardi di euro, il settore bancario ha visto una ripresa significativa. Nel 2022 l’utile netto ha raggiunto i 25,5 miliardi, mentre nel 2023 è salito a oltre 40,7 miliardi, per arrivare ai 46,5 miliardi di euro nel 2024. I ricavi del settore hanno toccato i 110,1 miliardi di euro nel 2024, con una crescita del 7,2% rispetto all’anno precedente e un aumento del 33,8% rispetto al 2018.Un altro elemento che ha contribuito a questi ottimi risultati è il ritorno del credito come principale fonte di guadagno per le banche italiane, che ora rappresenta il 58,5% dei ricavi, superando le commissioni, che per tre anni avevano dominato la scena. “Senza l’impegno dei lavoratori, quei bilanci così in salute non sarebbero stati possibili”, ha continuato Sileoni, rimarcando come il contributo delle persone che lavorano nel settore bancario sia stato essenziale.Tuttavia, la situazione sta cambiando. Con il rallentamento dell’inflazione e la normalizzazione della politica monetaria da parte della Bce, i tassi di interesse hanno cominciato a scendere. I tassi di mercato, infatti, sono calati dal mese di ottobre 2023, e nella prima parte del 2025, secondo il rapporto mensile dell’Abi, i tassi a breve termine sono ulteriormente diminuiti, pur rimanendo stabili quelli a lungo termine. Ad esempio, il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese a giugno è sceso al 3,56%, dal 5,45% di dicembre 2023, mentre quello sui mutui per abitazioni è rimasto stabile al 3,17%. LEGGI TUTTO

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    Banche, il triennio 2022-2024 ha fruttato 112 miliardi di profitti

    Il periodo di alta stretta monetaria imposto dalle banche centrali ha portato, dal 2022 al 2024, a un ciclo straordinario di profitti per gli istituti di credito italiani, che hanno registrato utili complessivi superiori a 112 miliardi di euro. Un contesto reso possibile dal rialzo dei tassi d’interesse, che nel 2023 ha visto le banche raggiungere un record di utili con 46,5 miliardi di euro, un balzo significativo rispetto ai periodi precedenti. È quanto sottolinea un’analisi della FabiCome sottolineato da Lando Maria Sileoni (in foto), segretario generale della Fabi, «i numeri da record realizzati dalle banche italiane negli ultimi anni non sono piovuti dal cielo» ma «sono il risultato del lavoro quotidiano di centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori». Il leader sindacale ha evidenziato anche come, nel 2023, grazie al contratto collettivo nazionale firmato l’anno precedente, sianostati garantiti «435 euro medi mensili», cifra che rispecchia l’impegno dei dipendenti del settore, un impegno che si riflette anche nei recenti riconoscimenti economici per i dirigenti.L’elaborazione della Fabi mette in evidenza come il punto di svolta si sia registrato a partire dal 2022. Dopo un periodo meno brillante tra il 2018 e il 2021, quando gli utili oscillavano tra i 15 e i 16 miliardi di euro, il settore bancario ha visto una ripresa significativa. Nel 2022 l’utile netto ha raggiunto i 25,5 miliardi, mentre nel 2023 è salito a oltre 40,7 miliardi, per arrivare ai 46,5 miliardi di euro nel 2024. I ricavi del settore hanno toccato i 110,1 miliardi di euro nel 2024, con una crescita del 7,2% rispetto all’anno precedente e un aumento del 33,8% rispetto al 2018.Un altro elemento che ha contribuito a questi ottimi risultati è il ritorno del credito come principale fonte di guadagno per le banche italiane, che ora rappresenta il 58,5% dei ricavi, superando le commissioni, che per tre anni avevano dominato la scena. «Senza l’impegno dei lavoratori, quei bilanci così in salute non sarebbero stati possibili», ha continuato Sileoni, rimarcando come il contributo delle persone che lavorano nel settore bancario sia stato essenziale.Tuttavia, la situazione sta cambiando. Con il rallentamento dell’inflazione e la normalizzazione della politica monetaria da parte della Bce, i tassi di interesse hanno cominciato a scendere. I tassi di mercato, infatti, sono calati dal mese di ottobre 2023, e nella prima parte del 2025, secondo il rapporto mensile dell’Abi, i tassi a breve termine sono ulteriormente diminuiti, pur rimanendo stabili quelli a lungo termine. Ad esempio, il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese a giugno è sceso al 3,56%, dal 5,45% di dicembre 2023, mentre quello sui mutui per abitazioni è rimasto stabile al 3,17%. LEGGI TUTTO