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  • Campo largo diviso dai ballottaggi al referendum: Schlein verso un week-end di passione

    Ascolta la versione audio dell’articoloUniti si vince! È passata poco più di una settimana dalla vittoria al primo turno del centrosinistra in formato extralarge (dal M5s ad Avs ai centristi di Azione e Italia Viva passando naturalmente per il Pd) a Genova con la civica Silvia Salis e a Ravenna con il dem Alessandro Barattoni. Eppure sembra ma già un’altra era. Basta volgere lo sguardo a Matera e Taranto, gli altri due capoluoghi dove invece si andrà al ballottaggio domenica e lunedì.A Matera il «niet», a Taranto il «ni» del M5s ai candidati demNella città lucana il dem Roberto Cifarelli, in testa al primo turno con oltre il 40% dei voti, non ha ricevuto né riceverà l’endorsement del candidato del M5s Domenico Bennardi (“non appoggeremo nessuno né faremo apparentamenti, lasciamo libero arbitrio ai nostri elettori”, si era premurato di dichiarare subito dopo aver incassato circa l’8% dei voti). E a Taranto il dem Piero Bitetti, avanti con quasi il 40% dei voti, è ancora in attesa dell’endorsement della candidata del M5s, la giornalista Annagrazia Angolano (10%). «Lo ribadisco: non c’è accordo né apparentamento con il candidato sindaco Bitetti, io resterò all’opposizione», ha detto nelle scorse ore Angolano. Lasciando tuttavia aperta la porta all’ipotesi di invitare gli elettori a votare per Bitetti se quest’ultimo dovesse accogliere tutta una serie di punti «per il bene della città».Loading…Almeno cinque sfumature di rosso al referendum Segnali che ricordano alla segretaria dem Elly Schlein, se ce ne fosse ancora bisogno, la resistenza del M5s a integrarsi in una alleanza stabile e l’ancor più forte resistenza a convergere su candidati del Pd. Ma quella dei ballottaggi non sarà l’unica prova del primo week end di giugno per Largo del Nazareno. Assieme ai ballottaggi si voterà anche per i cinque referendum rimasti in piedi dopo che la Corte costituzionale ha spazzato via il quesito sull’autonomia differenziata targata Lega: quello sulla cittadinanza per abbassare da 10 a 5 anni il tempo di residenza per la richiesta, quello sugli infortuni di lavoro e i tre che cancellano quel che resta del renziano Jobs Act. E anche qui le opposizioni di presentano in formazione per così dire libera: il leder del M5s Giuseppe Conte ha lasciato libertà di coscienza sulla cittadinanza e si è espresso per il sì sugli altri quattro quesiti, il contrario del leader di Azione Carlo Calenda. E se la linea ufficiale del Pd schleiniano è per cinque sì, ad essere diviso è lo stesso Pd. La linea prevalente dei riformisti della minoranza, che non se la sentono di abiurare la riforma del lavoro che dieci anni fa fu sostenuta da tutto il partito, è per due sì (cittadinanza e infortuni sul lavoro) e tre no (i quesiti che riguardano vari aspetti del Jobs act, appunto). Ma c’è anche chi, tra i dem, è per il solo voto favorevole sulla cittadinanza e per il non ritiro delle altre quattro schede. Con l’ex premier Paolo Gentiloni che addirittura non ha deciso se andare a votare. E con l’ex premier Matteo Renzi, “padre” del Jobs act, che un po’ macchinosamente ha dato queste indicazioni di voto: sì al quesito sulla cittadinanza, no al quesito sui licenziamenti e i contratti a tutele crescenti sui licenziamenti e a quello sulla reintroduzione delle causali nei contratti a tempo determinato e libertà di voto sugli altri due quesiti, quello sulla responsabilità in caso di incidenti sul lavoro e quello sui licenziamenti, e i relativi risarcimenti, nelle piccole imprese.Il timore della bassa partecipazione: obiettivo del Nazareno 12 milioniMa a preoccupare Schlein, più che il dissenso interno, è il punto in cui si fermerà l’asticella della partecipazione al voto: dato ormai per perso il quorum del 50% più uno degli aventi diritto (oltre 25 milioni di persone), l’obiettivo è quello di portare al voto circa 12 milioni di persone, ossia lo stesso numero di elettori che alle ultime politiche hanno scelto il centrodestra. Un segnale al governo, insomma, che tuttavia si trasformerebbe un (brutto) segnale il Pd e il centrosinistra se la partecipazione dovesse fermarsi sotto o attorno ai 10 milioni.Divisi pure per Gaza: la piazza di Roma e l’evento di MilanoCome se non bastasse, a segnare le divisioni sinistra resta sempre la politica estera. Superando le divisioni sull’Ucraina, con il M5s e Avs ancora fermi nel no all’invio di armi, Schlein è riuscita a riunirsi con Conte e con Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli sotto la bandiera di Gaza. Ma le iniziative sono subito diventate due: quella di Pd, M5s e Avs a Roma il 7 giugno e il contro-evento di Milano organizzato da Azione e Italia Viva in un teatro. A impedire un’unica manifestazione unitaria sono stati, dal punto di vista dei centristi, l’indisponibilità a esplicitare nella piattaforma scritta a sinistra una più dura condanna di Hamas nonché il timore che l’impronta data si presti ad accuse di antisemitismo. Senza un accordo sul punto, Renzi e Calenda hanno deciso di dissociarsi organizzando l’evento milanese. Con la conseguenza che tutta l’area riformista del Pd ha annunciato di partecipare a entrambe le iniziative, così come i radicali di Più Europa. LEGGI TUTTO

  • Gaza, Mattarella: «Disumano ridurre alla fame un’intera popolazione»

    Ascolta la versione audio dell’articolo«È inaccettabile il rifiuto di applicare le norme del diritto umanitario nei confronti dei cittadini di Gaza. Si impone, subito, il cessate il fuoco». Poi, in un passaggio più avanti. «Che venga ridotta alla fame un’intera popolazione, dai bambini agli anziani, è disumano». Poco prima che iniziasse il concerto per celebrare la festa della Repubblica, alla presenza della premier e del corpo diplomatico accreditato, Mattarella dedica il suo discorso allo scenario internazionale e prevalentemente alla crisi in Medio Oriente. Parole durissime che non si limitano a una generica condanna ma indicano cosa è necessario, adesso. «In qualunque caso è indispensabile che l’esercito israeliano renda accessibili i territori della Striscia all’azione degli organismi internazionali rendendo possibile la ripresa di piena assistenza umanitaria alle persone».I palestinesi hanno diritto al loro focolareLe definizioni, forse, servono a poco quando le immagini e le notizie parlano di migliaia di bambini morti, ma il capo dello Stato dopo aver ricordato «il sanguinario attacco di Hamas e il rapimento di ostaggi che vanno liberati immediatamente», si sofferma sul «dramma» in atto a Gaza. E insiste non solo sugli aiuti ma su quanto sta accadendo da tempo nei territori. «E’ grave l’erosione dei territori attribuiti all’Autorità nazionale palestinese. I palestinesi hanno diritto al loro focolare entro confini certi». Una questione cruciale ma anche per la sopravvivenza di Israele stessa, fa notare Mattarella.Loading…Territori e rischi di antisemitismoIl ragionamento del capo dello Stato è che la prospettiva di una terra ai palestinesi è «imprescindibile» dalla «sicurezza di Israele» gravemente minacciata dalla «semina di sofferenza e di rancore prodotta da quanto sta accadendo». Insomma, Mattarella sembra dire che non è con la deterrenza brutale che si proteggono gli israeliani. Al contrario. Inoltre «si aggiunge l’alta preoccupazione per le manifestazioni di antisemitismo che si riaffacciano nel mondo».Da Kiev al Medio Oriente: le occupazioni illegali.Va detto che aveva cominciato il suo discorso partendo dall’Ucraina e ricordando che da più di tre anni resiste all’aggressione di Putin. «Nel confermare il nostro fermo e convinto sostegno a Kiev, continuiamo a lavorare perché si possa giungere a una pace che sia giusta, complessiva e duratura». Ma quello che accade a Kiev si ritrova, poi, in quello che sta accadendo in Medio Oriente e «come ovunque, in qualsiasi Continente». E cioè che «l’occupazione illegale di territori di un altro Paese non può essere presentata come misura di sicurezza: si rischia di inoltrarsi sul terreno della volontà di dominio, della barbarie nella vita internazionale». In effetti, anche l’invasione russa è stata presentata come un atto di difesa e non di aggressione: un rovesciamento della logica e delle relazioni tra Stati. Tant’è che, dice Mattarella questi «teatri di instabilità agevolati dalla violenza e dallo scontro sembrano, per taluno, essere divenuti la misura dei rapporti internazionali».La pace non è un ideale per anime ingenueEcco, davanti agli scenari appena descritti, la pace è l’unico orizzonte che però sfugge anche a chi lo promette e dice di impegnarsi. Ma soprattutto, il capo dello Stato sottolinea che «la pace non è un ideale per anime ingenue, stroncato poi dal severo giudizio della storia», e ricorda come statisti lungimiranti seppero concepirla ed ora «va proseguita l’opera, non ci si può limitare solo ad evocarla». Agire, quindi, ma in quale direzione? Quella di un ritorno a un ordine globale fondato su un diritto internazionale che si rispetti e non venga violato. «L’ordine mondiale che abbiamo conosciuto per decenni appare compromesso. Le regole sono destinate a evolvere ma un quadro di riferimento, un ordine globale, basato sul rispetto e sul riconoscimento reciproco, è essenziale per scongiurare i conflitti». LEGGI TUTTO

  • Abu Mazen in Israele da Gantz. Hamas: “Tradisce l’Intifada”

    È vecchia di dieci anni l’ultima visita amichevole di Abu Mazen in Israele: l’indirizzo quella volta era la residenza di Benjamin Netanayhu, in Rehov Balfour, e i sorrisi di Sarah a Mahmoud Abbas di nuovo invadono i teleschermi, in memoria. Invece, non esistono immagini dell’incontro nella casa di Rosh Haayin del ministro della Difesa israeliano Benny Gantz con il presidente palestinese. Gantz lo ha ricevuto alle 20,30 di martedì per due ore, con pochi intimi politici e tecnici. È stato un incontro importante? Si sono dette cose serie? Perché ha avuto luogo? Di sicuro gli ha dato molto importanza Hamas, Ismail Hanyie ha attaccato a testa bassa lo sgarro disgustoso dicendo che Abu Mazen «tradisce l’Intifada»; e per spiegare come si fa invece, dopo poche ore ha sparato oltre il confine a casaccio ferendo un civile e suscitando la reazione dell’esercito, che ha risposto e ferito tre persone.Hamas ha voluto rubare la scena al leader 87enne, ma per ora è lui che ha spiazzato l’opinione pubblica palestinese e israeliana che in questi giorni si era abituata al ritmo serrato di attentati a fuoco, coltelli, auto. Otto in due settimane, di cui due mortali. Il clima si è surriscaldato: gli attacchi palestinesi, come per esempio quello in due riprese, ai santuari come la tomba di Giuseppe, nei Territori, si alternavano alle risposte dei residenti dei territori infuriati. Gli attacchi con le pietre si erano moltiplicati, le reazioni israeliane sono andate oltre i limiti di legge. Insomma, un clima iper eccitato, quasi una nuova Intifada che ha preoccupato anche Abu Mazen: ogni situazione estrema è pane per i denti di Hamas, come si è visto nella guerra di maggio. Abu Mazen non ha interesse allo scontro generale: un paio di settimane fa due israeliani entrati per sbaglio a Ramallah sono stati sottratti al linciaggio dalla polizia palestinese.Come calmare il terreno? L’incontro ha trattato di questo: Abu Mazen, si sussurra, ha ribadito la sua intenzione di non arrivare a scontri fatali, di evitare l’escalation, di tenere saldo l’accordo di sicurezza che tante volte lo ha salvato da Hamas. Per gestire la situazione, ha ottenuto mezzi economici e facilitazioni, oltre a più controllo dei settler. Ha ottenuto più permessi di lavoro, più ingressi in Israele, il transfer di 100 milioni di shekel (25 milioni di dollari circa) delle tasse che Israele raccoglie, la legalizzazione dello status di 6mila cittadini del West Bank e di 3.500 di Gaza e altre «misure di fiducia».È già successo con gli accordi Abramo, che le misure pratiche, lo scambio, siano portatrici di buone speranze. Ma lo sfondo qui è Abu Mazen, un leader che, anche se certo, a differenza di Arafat, non tenta di affogare nel sangue Israele, pure dà prova da sempre di inimicizia inguaribile: è lui l’inventore delle peggiori forme di delegittimazione dello Stato Ebraico, che irrora di prensili falsità come quella dello «stato di apartheid» o della «illegalità internazionale» o della «pulizia etnica». Il suo passato di negatore della Shoah si mescola all’erogazione milionaria di stipendi per i terroristi, al sostegno degli shahid dai testi scolastici alla santificazione dei terroristi suicidi. È difficile crederlo un partner.La destra, all’interno dello stesso governo di Gantz, critica aspramente il suo ministro che ha «aperto la casa» a un nemico dichiarato, la sinistra, sempre dentro il governo, lo loda. E Bennett dice che non sapeva nulla dell’incontro. Ma è difficile crederlo. Gantz ha obiettivi condivisibili dall’attuale governo: sicurezza interna e simpatia americana. Biden ci tiene a riaprire il dialogo palestinese, mentre in questi giorni decide sulla trattativa con l’Iran degli ayatollah atomici. LEGGI TUTTO

  • Pedone investito e ucciso a Brindisi, fermato l’automobilista che era fuggito

    La vittima, Teodoro Taurisano, 82 anni, è stato travolto e ucciso da un’auto in viale Togliatti a Brindisi. Grazie alle telecamere installate nella zona dell’incidente, gli agenti sono riusciti a risalire al presunto responsabile. Strisce-pedonali – Nanopress.itSi tratta di un uomo di 32 anni, che è stato ora fermato con l’accusa di omicidio stradale. Fermato il conducente dell’auto che ha investito e ucciso un pedone a BrindisiÈ stato identificato e fermato il conducente della vettura che – nella serata di ieri, domenica 24 settembre – a bordo della sua auto ha investito e ucciso Teodoro Taurisano, 82 anni, mentre attraversava la strada. L’incidente è avvenuto in viale Togliatti.La vittima, immediatamente soccorsa, è morta sul colpo. Il conducente della vettura si era invece dato alla fuga, senza fermarsi a prestare soccorso. Grazie alle telecamere di sorveglianza presenti sul luogo dell’incidente, l’uomo – un 32enne del posto – è stato intercettato e fermato. Dovrà ora difendersi dall’accusa di omicidio stradale e omissione di soccorso. LEGGI TUTTO

  • Dazi, difesa, Cina: Meloni cerca sponde nello Studio Ovale

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaGli sherpa sono da settimane al lavoro per preparare l’incontro. Ma il risultato del faccia a faccia tra Donald Trump e Giorgia Meloni lo si capirà solo quando il presidente Usa e la premier italiana si ritroveranno nello Studio Ovale davanti alle telecamere. Il tema centrale restano i dazi ovviamente. E per Meloni arrivare a Washington dopo la decisione da parte di Trump di sospendere le tariffe “reciproche” riduce (anche se non li azzera) i rischi sull’esito del bilaterale con l’imprevedibile Commander-in-Chief della Casa Bianca. L’obiettivo di dazi “zero per zero” tra Europa e Stati Uniti agognato dalla presidente del Consiglio per ora resta una chimera. Che indica però la direzione: il rafforzamento dei rapporti tra le due sponde dell’Atlantico.Alleanza atlantica prioritariaQuesta è la missione che Meloni si è data e che per la premier non viene meno nonostante gli ordini esecutivi «profondamente sbagliati» firmati dal presidente americano contro i “parassiti” europei. La decisione di Trump di accantonare per 90 giorni i dazi – dopo una settimana che ha sconvolto i mercati e messo in discussione perfino i treasure Stars and Stripes – ha rafforzato a Palazzo Chigi questa convinzione e la volontà di mantenere prioritaria l’alleanza con gli States evitando a tutti i costi l’abbraccio con la Cina.Loading…Europa tra Usa e CinaLo scontro tra Washington e Pechino investe direttamente anche l’Europa. Bruxelles – dopo quello che viene percepito come un vero e proprio tradimento da parte Usa – è tornata a guardare a Oriente (non solo la Cina) con l’obiettivo di costruire nuove partnership commerciali. Una strada molto insidiosa per il Governo visto lo squilibrio gigantesco – già oggi – della bilancia commerciale tra l’Europa e il paese del Dragone. C’è chi sostiene in queste ore di vigilia che Meloni potrebbe offrire anche la disponibilità di Roma a rivedere l’accordo di partenariato strategico triennale sottoscritto con la Cina lo scorso luglio. Ma quello che soprattutto conterà è l’atteggiamento che il presidente Usa mostrerà nell’incontro con la premier italiana verso l’Europa. Perché è vero che Meloni non va a Washington in veste di rappresentante Ue ma è altrettanto scontato che in una fase di relazioni così complesse (eufemismo) il capo di governo di un Paese fondatore, che rappresenta la terza economia del continente e la seconda manifattura europea, è di per sé investito di un ruolo di rappresentanza.Pontiere tra Usa ed EuropaLa conclusione di questa missione è per questo destinata a pesare anche sul rapporto con Bruxelles. A rafforzare o a smentire quel ruolo di pontiere che la premier si era autoattribuita. Uscire dallo Studio Ovale con la disponibilità di Trump a un confronto con Bruxelles sarebbe di per sé una vittoria per Meloni che resta in contatto pressoché quotidiano con Ursula von der Leyen. L’occasione viene già indicata nel vertice Nato di fine giugno, che arriva a un paio di settimane dalla scadenza dei 90 giorni di sospensione dei dazi e che sancirà anche il nuovo obiettivo di spesa per la difesa.La spesa per la difesa: il traguardo del 2%Anche questo sarà tema del faccia a faccia con Trump assieme all’Ucraina di cui Meloni continua sostenere la causa. L’Italia è tra i Paesi che sono ancora abbondantemente al di sotto di quel 2% del Pil sottoscritto con i partner del Patto Atlantico. Impegno peraltro già ritenuto superato non solo dal presidente americano (secondo cui si dovrebbe salire al 5%) ma anche dai partner europei. LEGGI TUTTO

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