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Calabria, Occhiuto: mi ricandido per continuare il lavoro fatto
Ascolta la versione audio dell’articolo«Ho dato tanto» per la Calabria e «ho anche messo a rischio la mia salute in questi 4 anni e se anticipo le elezioni è per continuare il lavoro che sto facendo. Sulla gestione dei rifiuti, sugli aeroporti, o sui consorzi di bonifica, che prima erano 11 e ora è uno solo. L’opposizione poi ha avuto 4 anni per costruire un’alternativa. Se in tutto questo tempo non hanno trovato un leader con cui sfidarmi, le colpe sono solo loro». Così Roberto Occhiuto, presidente della Regione Calabria, in un’intervista a La Stampa parla delle sue dimissioni a sorpresa di fine luglio e delle elezioni che si terranno il 5 e 6 ottobre.«Non sarà un voto contro la magistratura, non cerco una vittoria contro i pm», assicura. Il fatto, dice, è che «qui serve una leadership forte, altrimenti non si muove più niente, per questo mi sono dimesso. Non per l’avviso di garanzia, ma per l’effetto che ha provocato. Nella macchina amministrativa era cresciuta la classica “paura della firma” e si era insinuato il pensiero che fossi destinato a fare la stessa fine degli altri presidenti di Regione indagati prima di me, archiviati sia giuridicamente, sia politicamente. Mi vedevano come uno zombie, un presidente azzoppato. Non riuscivo più a risolvere questioni che in altri tempi avrei chiuso in 3 giorni». «Confido di essere archiviato nei prossimi mesi, anche se so che i tempi della giustizia non sono quelli della politica. Una vittoria mi darebbe comunque slancio per convincere e ridare stimoli ai dirigenti più riottosi, quelli che pensano che la mia esperienza sia finita e che hanno tirato i remi in barca», conclude Occhiuto.Loading… LEGGI TUTTO





M5s al bivio dell’identità, ma Conte punta all’egemonia sul campo largo
Ascolta la versione audio dell’articoloNel week end gli iscritti del M5s sono chiamati a votare, rigorosamente on line, la conferma di Giuseppe Conte a presidente del M5s dopo quattro anni dalla sua prima elezione. E, soprattutto, il 23 e 24 novembre si vota in Campania dove l’ex presidente della Camera e volto storico del movimento Roberto Fico guida la coalizione di centrosinistra per succedere al dem Vincenzo De Luca, che lo sostiene con la sua lista A testa alta: perdere non è contemplato, né per il M5s né per il Pd schleiniano che ha voluto e supportato la storica candidatura. Per questo il caso di Chiara Appendino, l’ex sindaca di Torino dimessasi da vicepresidente del partito per protestare contro la linea dell’alleanza con il Pd in nome della “purezza” delle origini, viene subito sopito e l’assemblea dei gruppi parlamentari si trasforma in un generico sfogatoio.Caso Appendino silenziato (per ora): occhi sul voto in CampaniaCerto, in caso di debacle in Campania (l’asticella nella regione più “grillina” d’Italia è almeno al 10%) il vaso di Pandora dello scontento si riaprirebbe. Ma la verità è che alla linea dell’alleanza con il Pd per l’alternativa “progressista” al governo Meloni non c’è alternativa. E, una volta fatto fuori il fondatore Beppe Grillo (letteralmente: nel novembre del 2024 è stata votato dall’assemblea degli iscritti l’abolizione della figura del Garante), sulla linea Appendino c’è solo il solito Danilo Toninelli o quasi. Tra i critici c’è sicuramente Sarah Disabato, coordinatrice de M5s in Piemonte, così come le senatrici Mariolina Castellone ed Elena Sironi, il deputato Antonio Iori e l’ex senatore Alberto Airola: una piccola rete pro Appendino che potrebbe allargarsi solo in caso di gravi sconfitte elettorali come alternativa a Conte ma che per ora non è in grado di sabotare la linea.Loading…A fronte della perdita di consensi aumenta la marcatura sui temi identitariMa è chiaro che il crollo continuo delle percentuali alle amministrative, con un M5s ridotto attorno al 5%, preoccupa anche la dirigenza contiana: segno, come per altro dimostrano i flussi elettorali, che gli elettori “grillini” restano volentieri a casa quando il movimento è alleato con il Pd e soprattutto quando si tratta di andare a votare per un candidato del Pd. C’è insomma una buona fetta di elettorato che la pensa come Appendino e che in mancanza di corsa identitaria si rifugia nell’astensione. Da qui l’insistenza di Conte sui temi cari al M5s, come dimostra anche la sigla degli accordi di coalizione nelle regioni al voto, dalla Toscana alle Marche che hanno già votato fino alla Campania e alla Puglia dove si vota a fine novembre: reddito di cittadinanza regionale, anche se non è chiaro come possa essere garantito a livello locale quando è stato abolito a livello centrale, il no ai rigassificatori e ai termovalorizzatori e via dicendo. Paletti identitari per il M5s ma che creano non pochi problemi a un Pd storicamente più pragmatico, almeno sui territori.L’obiettivo di Conte è l’egemonia sul campo largo, fino alla premiershipL’obiettivo di Conte è d’altra parte quello di conquistare l’egemonia del campo largo proprio a partire dall’imposizione dei temi e dell’agenda politica. E di certo una leadership dem molto spostata a sinistra come quella di Elly Schlein finisce per agevolarne il disegno pur senza volerlo. Un’egemonia che l’ex premier ritiene di poter conquistare anche in prima persona facendo leva sulla sua esperienza a Palazzo Chigi dal 2018 al 2021 e sulla sua immagine rassicurante di premier della pandemia. E qualcuno tra i dem, come il gran consigliere di Conte stesso Goffredo Bettini, sembrano lavorare nella stessa direzione. Se alla fine ci saranno primarie di coalizione per scegliere il candidato premier ci saranno perché il leader del M5s riterrà di poterle vincere, magari contando sulla divisione degli elettori di riferimento del Pd con una candidatura di disturbo come quella della sindaca di Genova Silvia Salis. E in questo schema se non ci saranno le primarie è perché Conte avrà deciso di non partecipare e di proporre al Pd un “civico” in grado di rappresentare tutti, come ad esempio il sindaco di Napoli e presidente dell’Anci Gaetano Manfredi, che di Conte è stato ministro dell’Università e della ricerca nel secondo governo giallorosso. Insomma, per Conte la posta in gioco è molto più alta di qualche punto percentuale eventualmente perduto dal M5s alle urne. Appendino è avvertita. E Schlein pure. LEGGI TUTTO





Caso Bignami-Quirinale, l’opposizione attacca: intimidazione
Caso Bignami-Quirinale, l’opposizione attacca: intimidazione | Video Sky TG24 LEGGI TUTTO





Mattarella: irresponsabile indebolire Onu strumento di pace
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Ci servirebbe una macchina che annusa
Gli odori hanno un ruolo centrale nella nostra percezione del mondo, eppure buona parte del funzionamento dell’olfatto rimane un mistero. Sappiamo che microscopiche strutture (i recettori) nel naso rilevano le sostanze in sospensione nell’aria che respiriamo e inviano un segnale al cervello, che elabora quell’informazione dandoci la consapevolezza di avere appena percepito un odore, ma non comprendiamo ancora perfettamente come. Osmo, una società statunitense con grandi finanziatori come Google, dice di avere fatto importanti progressi per risolvere il mistero insegnando alle macchine a riconoscere gli odori, naturalmente usando sistemi di intelligenza artificiale.Il capo di Osmo è Alex Wiltschko, un neurobiologo originario del Texas che ha fatto fortuna in California lavorando diversi anni a Google, prima che da una delle divisioni di ricerca della società nascesse la sua start-up. Fin da ragazzino Wiltschko era ossessionato dai profumi, al punto da averne una piccola collezione ed essere incuriosito dal modo in cui ciascuno di noi li percepisce, con una certa componente di soggettività. Fu quella curiosità a spingerlo a studiare neurobiologia e a conseguire un dottorato, che però non riuscì a mettere a frutto in ambito accademico, dove non sembrava esserci molto interesse per la biologia dell’olfatto.
Wiltschko lasciò l’università, lavorò in varie società e infine trovò impiego a Google Research, dedicata alla ricerca di prodotti innovativi, dove divenne il responsabile di un gruppo di lavoro che si occupava di “olfatto digitale”. La sua idea, che avrebbe poi continuato a sviluppare con Osmo, era di creare un sistema per mappare gli odori, sviluppando sensori e sistemi informatici per la loro identificazione e in prospettiva per lo sviluppo di nuove molecole. Le applicazioni potrebbero essere molteplici, dalla produzione di profumi alla ricerca di deterrenti più efficaci contro gli insetti, passando per sensori in grado di diagnosticare malattie in base all’odore prodotto dai pazienti.
Per lungo tempo l’olfatto ha ricevuto meno attenzioni rispetto ad altri sensi come la vista e l’udito, forse anche a causa della sua enorme e talvolta sfuggente complessità. I nostri occhi vedono una certa porzione della luce, definibile e misurabile, così come le nostre orecchie percepiscono i suoni con una frequenza compresa in un certo intervallo, anche in questo caso misurabile e analizzabile. Per l’olfatto è tutto più complicato: le sostanze che stimolano la nostra percezione sono potenzialmente miliardi e ciò che rende possibile identificarle, i recettori, sono strutture minuscole con una grande varietà di forme e funzioni. Si stima che siano almeno 400, contro i due tipi di recettori che rendono possibile la visione.
Secondo Wiltschko, l’unico modo per padroneggiare una tale complessità è costruire una mappa, come del resto abbiamo fatto per definire la varietà di colori che possono vedere i nostri occhi o i suoni che possiamo percepire con le orecchie. Le mappe sono una delle invenzioni più efficaci per ridurre la complessità, o per lo meno per costruirne più livelli via via più articolati e dettagliati. La semplificazione che offre una cartina di un quartiere cittadino è ideale per essere gestita con le nostre conoscenze e capacità mentali, ma più una mappa diventa articolata più è difficile navigarla e per questo Osmo lavora con sistemi di intelligenza artificiale in grado di produrre la mappa stessa e di orientarsi al suo interno.
(James Glossop/WPA Pool/Getty Images)
I cartografi degli odori sono partiti da alcuni cataloghi di profumi realizzati negli anni, che descrivono sia la struttura delle molecole che producono determinati odori sia le loro caratteristiche quando vengono inalati: fruttato, legnoso, affumicato e così via. I cataloghi più grandi comprendono migliaia di molecole, ma non è sempre semplice trovare relazioni tra loro in modo da poterli organizzare in una mappa, che per esempio comprenda un’isola di odori che evocano la sensazione del fresco e un’altra dello stantio. Due composti chimici estremamente simili tra loro possono produrre due odori completamente diversi, mentre due molecole con strutture molto diverse tra loro possono produrre odori simili.
Osmo ha quindi fatto allenare un sistema di intelligenza artificiale in modo che da quei cataloghi organizzasse gli odori in una mappa con circa 5mila punti, collegati tra loro su più livelli e da utilizzare per provare a prevedere le caratteristiche di altri odori non compresi nei cataloghi stessi partendo unicamente dalle caratteristiche della loro molecola. Una volta realizzato, il modello è stato messo alla prova confrontando le sue previsioni con le valutazioni di un gruppo di volontari.
A 15 persone sono state proposte alcune centinaia di aromi, con la richiesta di odorarli e di descriverli scegliendo da un elenco di cinquanta parole come “tropicale” e “affumicato”. La percezione degli odori è soggettiva, ma nel complesso nelle valutazioni c’era la prevalenza di determinate parole. Il gruppo di ricerca ha poi confrontato le descrizioni fornite dai volontari con quelle prodotte dal sistema di intelligenza artificiale, che si basavano esclusivamente sull’interpretazione della struttura delle molecole di quegli aromi. Lo studio scientifico in cui è raccontato l’esperimento ha segnalato che l’AI riesce a fare un lavoro di identificazione e mappatura migliore di quello che riesce a fare una persona addestrata per catalogare gli odori.
Il modello sviluppato da Osmo ha ricevuto grandi attenzioni, ma la società è distante da un uso commerciale. Nella percezione degli odori sono coinvolti molti altri fattori legati al funzionamento dei recettori e degli enzimi che intervengono sui composti che inaliamo con l’aria. La grande varietà di recettori implica che ci possano essere interazioni tra loro di tipo diverso a seconda delle sostanze, con esiti che variano da persona a persona. È il motivo per cui alcuni percepiscono come più intensi alcuni profumi, al punto da trovarli fastidiosi rispetto ad altri. Districarsi in queste sfumature è difficile, ma Wiltschko ritiene che la capacità di una AI di navigare e organizzare la complessità possa essere la risposta. Un tipo di risposta molto conveniente.
Le valutazioni variano molto, ma si stima che il mercato dei profumi abbia un valore annuo intorno ai 30 miliardi di dollari. È un settore particolarmente remunerativo soprattutto per i produttori di cosmetici e profumi, con alti ricarichi resi possibili soprattutto dalle collaborazioni delle società che li sviluppano con i grandi marchi di moda. Trovare le giuste combinazioni di aromi sta però diventando sempre più difficile perché si faticano a trovare nuove molecole.
(Justin Sullivan/Getty Images)
Le società che se ne occupano investono ingenti quantità di denaro per sintetizzarne di nuove, ma poche si rivelano poi adatte per essere impiegate in un profumo. Alcune non sono persistenti a sufficienza dopo l’applicazione sulla pelle, altre sono poco stabili o si disgregano troppo facilmente quando sono miscelate con altri composti. Una nuova molecola di sintesi deve essere inoltre testata per verificarne la sicurezza, con regole che variano a seconda dei paesi. Può quindi accadere che un composto che sembrava molto promettente debba essere accantonato dopo anni di sviluppo, rendendo fallimentare l’investimento iniziale.
In futuro i sistemi sviluppati da Osmo, e da altre società che seguono approcci simili, potrebbero essere impiegati per sviluppare velocemente nuove molecole usando le loro articolate mappe degli odori. L’idea è che si possa chiedere al sistema un aroma di cedro maturato al Sole nell’aria salmastra del Mediterraneo d’estate, ottenendo come risposta la formula chimica delle sostanze per realizzarla. In ultima istanza, potrebbe essere il sistema stesso a provvedere alla sua sintesi, uno scenario che per i più scettici è da fantascienza allo stato attuale delle conoscenze e delle tecnologie.
I modelli basati sulle AI potrebbero rivelarsi utili anche per sviluppare nuovi sistemi per l’analisi e la rivelazione degli odori. Macchinari di questo tipo esistono già da tempo, ma di solito sono altamente specializzati nel riconoscere determinate sostanze. I cosiddetti “nasi elettronici” sono impiegati per esempio per rilevare gli inquinanti presenti nell’aria come il diossido di azoto o il monossido di carbonio, o per valutare l’impatto olfattivo di impianti industriali nelle prossimità dei centri abitati. Non esistono però nasi elettronici versatili e con capacità paragonabili a quelle del nostro olfatto, e soprattutto non forniscono descrizioni delle sensazioni che evocano le sostanze odorose.
Oltre ai recettori che abbiamo nel naso, la nostra esperienza con gli aromi è fortemente legata all’attività cerebrale. Il nostro cervello è estremamente abile nell’interpretare i segnali che riceve quando odoriamo qualcosa e alcune persone hanno capacità più spiccate di altre. L’”ipersomia” è una condizione che determina questa capacità e può portare a esiti sorprendenti, come la capacità di distinguere l’odore di una malattia degenerativa, prima che questa diventi evidente in chi ne è affetto. Imitando questa capacità si potrebbero quindi realizzare nasi elettronici per aiutare i medici nella diagnosi precoce di alcune malattie, intervenendo con le terapie prima ancora della comparsa di alcuni sintomi.
Un naso elettronico basato sull’intelligenza artificiale come quello cui sta lavorando Osmo potrebbe rivelarsi utile anche per un altro tipo di prevenzione. Ogni anno in tutto il mondo ci sono circa 250 milioni di casi di malaria trasmessa dalle zanzare, con oltre 600mila morti annue per la malattia. Intervenire sulle popolazioni di zanzare e sui metodi per prevenire il loro morso è essenziale per ridurre i contagi e di conseguenza i decessi, ma fare prevenzione è costoso e richiede grandi sforzi organizzativi, non sempre praticabili nelle aree più povere del mondo. Un migliore repellente contro le zanzare potrebbe fare la differenza.
Reti per ridurre il rischio di contagi da malaria dovuti alle zanzare in una capanna in Cambogia nel 2010 (Paula Bronstein/Getty Images)
Per questo la Bill & Melinda Gates Foundation, che finanzia da anni progetti per contrastare la diffusione della malaria, ha investito 3,5 milioni di dollari in Osmo scommettendo sulle capacità dei suoi sistemi per sviluppare in futuro repellenti di nuova generazione contro le zanzare. Questi insetti trovano le loro prede, per lo più gli esseri umani, grazie a recettori estremamente sensibili all’anidride carbonica e ad altre sostanze volatili che produciamo con la traspirazione.
I repellenti le mascherano in modo da risultare meno appetibili alle zanzare, ma contengono sostanze da utilizzare con cautela e c’è il sospetto che generazione dopo generazione le zanzare abbiano iniziato ad adattarsi e a non trovarle più repellenti come un tempo. Conoscendo il funzionamento dei recettori delle zanzare, i sistemi di Osmo e quelli sviluppati da altre società potrebbero essere impiegati per sviluppare sostanze per eluderli e che al tempo stesso richiedano meno precauzioni per il loro utilizzo rispetto ai repellenti attuali.
Wiltschko aveva iniziato a lavorare con i sistemi di intelligenza artificiale ben prima che iniziasse l’euforia degli ultimi anni, spinta soprattutto dai successi di ChatGPT di OpenAI. Il maggiore interesse verso queste tecnologie ha comunque favorito gli investimenti anche nel settore in cui è attiva Osmo, che dovrà quindi confrontarsi con altre aziende e start-up interessate a risolvere il mistero dell’olfatto, o almeno a provarci. LEGGI TUTTO



