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Via libera del Senato al decreto acconti Irpef: ecco le novità
Ascolta la versione audio dell’articoloDisco verde dell’Aula del Senato al Dl che detta disposizioni in materia di acconti Irpef dovuti per l’anno 2025. Il provvedimento passa all’esame della Camera, per essere convertito in legge entro il 22 giugno. Il Dl interviene per rendere coerente la normativa dopo che la legge di bilancio 2025 ha stabilizzato le nuove aliquote Irpef e l’ampliamento della no tax area. In particolare, si limita al solo 2024 la norma che escludeva la rimodulazione Irpef dal calcolo degli acconti. Viene riassestato lo squilibrio creato con la riforma fiscale 2023, che aveva ridotto le aliquote Irpef e alzato la no tax area per i lavoratori dipendenti, ma solo per il 2024. Il Governo interviene per correggere la stortura normativa riguardante il calcolo degli acconti Irpef per l’anno in corso. La misura, composta da due articoli, è già in vigore dal 24 aprile e punta a garantire coerenza tra la nuova struttura dell’Irpef – entrata a regime con la legge di bilancio – e le modalità di pagamento degli anticipi fiscali.Impatto sui contribuentiIl decreto elimina la vecchia regola per il 2025: gli acconti dovranno ora essere calcolati usando le nuove aliquote e detrazioni in vigore. Una decisione che riguarda circa 2,2 milioni di contribuenti, principalmente lavoratori autonomi o soggetti con redditi non da lavoro dipendente o pensione. Per la grande maggioranza dei lavoratori dipendenti e pensionati non cambia nulla: le nuove aliquote erano già state “assorbite” nei calcoli delle ritenute Irpef 2025. Per gli altri, il cambiamento comporta una riduzione degli acconti dovuti nel 2025 (pari a 245,5 milioni di euro), con un recupero previsto nel saldo del 2026.Loading…I principali contenuti del DecretoIl comma 1 stabilisce che il calcolo dell’acconto Irpef 2025 deve tener conto delle nuove aliquote e detrazioni stabilite dalla riforma, limitando l’applicazione della norma transitoria solo al 2024. Viene confermata la nuova detrazione di 1.955 euro per redditi da lavoro dipendente fino a 15.000 euro (esclusi i pensionati). Si precisa che solo circa 2,2 milioni di soggetti su 37,8 milioni sono realmente tenuti al versamento degli acconti Irpef. Per i lavoratori dipendenti e pensionati, invece, il maggiore acconto è già stato “assorbito” nel 2025, quindi nessun impatto reale. Per gli altri contribuenti (con redditi non da lavoro dipendente o pensione), l’effetto è uno spostamento di gettito: minori entrate nel 2025 (-245,5 milioni) e maggiori nel 2026 (+245,5 milioni). Il Mef, con comunicato del 25 marzo 2025, ha precisato che la norma vale solo per chi ha debiti Irpef residui superiori a 51,65 euro. Infine i commi 2–4 riguardano la copertura finanziaria: aumento di un fondo del Mef per il 2026 (+245,5 milioni); con riduzioni corrispondenti da altri fondi già esistenti per compensare l’impatto finanziario.I passi successivi del Governo Dopo le parole della presidente del Consiglio «finalmente è giunto il momento di realizzare il provvedimento che consiste nell’abbassamento dell’aliquota Irpef dal 35 al 33% – sottolinea Maurizio Casasco, responsabile economico di Forza Italia – per i redditi fino a 60mila euro lordi annui che metterà nelle tasche degli italiani risorse che serviranno anche a far aumentare i consumi e alla crescita generale dell’economia. Essendoci questa piena condivisione della premier Meloni, ora si passi rapidamente alla concretizzazione e all’attuazione di una misura fondamentale per la classe sociale che partecipa con grande responsabilità alla crescita del Paese», conclude Casasco. «La priorità è il taglio dell’Irpef. Non siamo contrari alla rottamazione, ma prima si fa il taglio dell’Irpef poi la rottamazione, così si aiuta il ceto medio. Più il rinvio della sugar tax di un anno». Così Antonio Tajani, vice presidente del Consiglio e segretario di Forza Italia, interpellato alla Camera. LEGGI TUTTO
Elezioni comunali 2025: tutte le sfide per il sindaco nei capoluoghi al voto
Ascolta la versione audio dell’articoloDopo il test elettorale in Alto Adige (con la conferma del centrosinistra a Trento e la vittoria del centrodestra a Bolzano) sono un centinaio i comuni al voto domenica 25 maggio e lunedì 26 maggio. Quattro i capoluoghi, ossia Genova, Ravenna, Taranto e Matera. Un’altra mini tornata elettorale che comunque potrà dare, conclusi gli eventuali ballottaggi nei comuni più grandi che si svolgeranno in contemporanea con i referendum l’8 e 9 giugno, alcune importanti indicazioni ai partiti.A Genova la sfida di maggiore impatto nazionale. Una sfida apertissima e che ha il sapore di una possibile “rivincita” per il centrosinistra dopo le regionali ad ottobre scorso quando Marco Bucci ha battuto, per qualche migliaio di voti, Andrea Orlando confermando la guida della regione Liguria al centrodestra. Gli sfidanti sono il vicesindaco e assessore al Bilancio a Genova, Pietro Picciocchi, per il centrodestra e Silvia Salis per il centrosinistra. Piciocchi, classe ’77, avvocato, sei figli e due in affido, è stato l’uomo dietro la macchina di due giunte di Bucci: la sua candidatura è sostenuta da Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Noi Moderati, Udc e Nuovo Psi oltre a due liste civiche. Il centrosinistra al gran completo (dal M5s e Avs fino ai renziani di Italia Viva passando naturalmente per il Pd) ha raggiunto l’accordo su Salis, dopo alcune settimane di tensioni interne, soprattutto al Pd. Alla fine i dem hanno optato, anche grazie al lavoro di composizione messo in campo da Orlando, per una candidata civica. Salis, ex-atleta, è vicepresidente vicaria del Coni ed è sposata con il regista cinematografico Fausto Brizzi.Loading…Nel fortino rosso di Ravenna si vota per scegliere il sindaco che succederà a Michele de Pascale, che ha interrotto anzitempo il suo mandato per diventare presidente della Regione Emilia-Romagna. I favori del pronostico sono tutti per Alessandro Barattoni, 41 anni, segretario dal Pd ravennate dal 2017 e sostenuto da una coalizione in versione campo larghissimo, che sostanzialmente, ricalca quella che ha appoggiato de Pascale alle regionali. Al suo fianco ci sono le liste di Pd, Avs, M5s, la lista civica Ama Ravenna, Progetto Ravenna, un rassemblement formato da Iv, Azione, +Europa e Socialisti e la lista del Partito Repubblicano, che nella prima repubblica a Ravenna aveva il proprio feudo e che in città continua ad avere un certo peso. Il centrodestra è insolitamente diviso in tre. Fratelli d’Italia ha deciso di puntare su Nicola Grandi, assicuratore, 55 anni, consigliere uscente, che ha raccolto il sostegno di Forza Italia e della civica Viva Ravenna, ma non della Lega che ha invece deciso di puntare su Alvaro Ancisi. Ancisi ha 85 anni e dal 1966 siede sui banchi del consiglio comunale, quasi sempre all’opposizione. In area centrodestra c’è anche la storica lista civica La Pigna che torna a puntare sulla consigliera comunale Veronica Verlicchi.Scenario opposto a Matera. Qui il centrodestra è unito attorno ad Antonio Nicoletti mentre ben tre candidati (Roberto Cifarelli, Vincenzo Santochirico e Domenico Bennardi) sono in corsa per il centrosinistra, e senza neanche il simbolo del Pd. Pezzi di Italia Viva e Azione (in maniera più netta con una lista) corrono a fianco di Cifarelli, che è sostenuto da un totale di nove liste. Consigliere regionale del Pd (partito con cui è stato eletto tre volte nell’Assemblea lucana), ha vinto le primarie ’Open’, promosse da un gruppo di cento giovani e non riconosciute dai partiti. E il Pd – come già successo alle Comunali di Potenza della primavera 2024 – non ha presentato una lista con il proprio simbolo. L’ago della bilancia potrebbe essere rappresentato da Santochirico, avvocato, con un passato da assessore e presidente del Consiglio regionale con il Pd: indicato in un primo momento da un tavolo del centrosinistra, ha prima annunciato il ritiro dalla competizione elettorale per poi tornare sui suoi passi e presentarsi con “Progetto Comune”, con cui tenterà di spostare un po’ di voti del campo progressista-riformista. Bennardi, sindaco uscente del M5S, eletto nell’ottobre 2020, vuole la rivincita dopo essere decaduto nell’ottobre del 2024 in seguito alle dimissioni di 17 consiglieri comunali su 32.Situazione confusa da entrambi i lati, invece, a Taranto. Il centrosinistra, dopo la fine prematura dell’amministrazione guidata da Rinaldo Melucci – determinata dalle dimissioni simultanee di 17 consiglieri – prova a riconquistare la guida del Comune con Piero Bitetti, volto noto della politica locale. Ex presidente del Consiglio comunale, Bitetti può contare sull’appoggio del Pd e altre sette liste. Il Movimento 5 Stelle, invece, ha deciso di correre da solo, candidando la giornalista Annagrazia Angolano, affiancata dalla lista civica “Angolano sindaca”. Il centrodestra ufficiale, dopo la mancata convergenza su un candidato unico, ha puntato su Luca Lazzàro, ex presidente di Confagricoltura Puglia. Una candidatura costruita attorno alla figura di esperienza manageriale, ben vista dai vertici di FdI. Della coalizione fanno parte Fratelli d’Italia, Forza Italia, Partito Liberale e Noi Moderati. Francesco Tacente, avvocato 42enne, presidente dimissionario del Ctp (Consorzio trasporti provinciali) è sostenuto invece da un fronte civico che include anche esponenti della Lega, presenti con la dicitura “Prima Taranto”, senza però il simbolo ufficiale. Con lui altre sei liste. LEGGI TUTTO
Napolitano, il ricordo di 70 anni di parabola politica
Napolitano, il ricordo di 70 anni di parabola politica | Video Sky TG24 LEGGI TUTTO
Adriano Paroli (FI) e Raffaella Paita (IV) ospiti di Start
Adriano Paroli (FI) e Raffaella Paita (IV) ospiti di Start | Video Sky TG24 LEGGI TUTTO
Campo largo diviso dai ballottaggi al referendum: Schlein verso un week-end di passione
Ascolta la versione audio dell’articoloUniti si vince! È passata poco più di una settimana dalla vittoria al primo turno del centrosinistra in formato extralarge (dal M5s ad Avs ai centristi di Azione e Italia Viva passando naturalmente per il Pd) a Genova con la civica Silvia Salis e a Ravenna con il dem Alessandro Barattoni. Eppure sembra ma già un’altra era. Basta volgere lo sguardo a Matera e Taranto, gli altri due capoluoghi dove invece si andrà al ballottaggio domenica e lunedì.A Matera il «niet», a Taranto il «ni» del M5s ai candidati demNella città lucana il dem Roberto Cifarelli, in testa al primo turno con oltre il 40% dei voti, non ha ricevuto né riceverà l’endorsement del candidato del M5s Domenico Bennardi (“non appoggeremo nessuno né faremo apparentamenti, lasciamo libero arbitrio ai nostri elettori”, si era premurato di dichiarare subito dopo aver incassato circa l’8% dei voti). E a Taranto il dem Piero Bitetti, avanti con quasi il 40% dei voti, è ancora in attesa dell’endorsement della candidata del M5s, la giornalista Annagrazia Angolano (10%). «Lo ribadisco: non c’è accordo né apparentamento con il candidato sindaco Bitetti, io resterò all’opposizione», ha detto nelle scorse ore Angolano. Lasciando tuttavia aperta la porta all’ipotesi di invitare gli elettori a votare per Bitetti se quest’ultimo dovesse accogliere tutta una serie di punti «per il bene della città».Loading…Almeno cinque sfumature di rosso al referendum Segnali che ricordano alla segretaria dem Elly Schlein, se ce ne fosse ancora bisogno, la resistenza del M5s a integrarsi in una alleanza stabile e l’ancor più forte resistenza a convergere su candidati del Pd. Ma quella dei ballottaggi non sarà l’unica prova del primo week end di giugno per Largo del Nazareno. Assieme ai ballottaggi si voterà anche per i cinque referendum rimasti in piedi dopo che la Corte costituzionale ha spazzato via il quesito sull’autonomia differenziata targata Lega: quello sulla cittadinanza per abbassare da 10 a 5 anni il tempo di residenza per la richiesta, quello sugli infortuni di lavoro e i tre che cancellano quel che resta del renziano Jobs Act. E anche qui le opposizioni di presentano in formazione per così dire libera: il leder del M5s Giuseppe Conte ha lasciato libertà di coscienza sulla cittadinanza e si è espresso per il sì sugli altri quattro quesiti, il contrario del leader di Azione Carlo Calenda. E se la linea ufficiale del Pd schleiniano è per cinque sì, ad essere diviso è lo stesso Pd. La linea prevalente dei riformisti della minoranza, che non se la sentono di abiurare la riforma del lavoro che dieci anni fa fu sostenuta da tutto il partito, è per due sì (cittadinanza e infortuni sul lavoro) e tre no (i quesiti che riguardano vari aspetti del Jobs act, appunto). Ma c’è anche chi, tra i dem, è per il solo voto favorevole sulla cittadinanza e per il non ritiro delle altre quattro schede. Con l’ex premier Paolo Gentiloni che addirittura non ha deciso se andare a votare. E con l’ex premier Matteo Renzi, “padre” del Jobs act, che un po’ macchinosamente ha dato queste indicazioni di voto: sì al quesito sulla cittadinanza, no al quesito sui licenziamenti e i contratti a tutele crescenti sui licenziamenti e a quello sulla reintroduzione delle causali nei contratti a tempo determinato e libertà di voto sugli altri due quesiti, quello sulla responsabilità in caso di incidenti sul lavoro e quello sui licenziamenti, e i relativi risarcimenti, nelle piccole imprese.Il timore della bassa partecipazione: obiettivo del Nazareno 12 milioniMa a preoccupare Schlein, più che il dissenso interno, è il punto in cui si fermerà l’asticella della partecipazione al voto: dato ormai per perso il quorum del 50% più uno degli aventi diritto (oltre 25 milioni di persone), l’obiettivo è quello di portare al voto circa 12 milioni di persone, ossia lo stesso numero di elettori che alle ultime politiche hanno scelto il centrodestra. Un segnale al governo, insomma, che tuttavia si trasformerebbe un (brutto) segnale il Pd e il centrosinistra se la partecipazione dovesse fermarsi sotto o attorno ai 10 milioni.Divisi pure per Gaza: la piazza di Roma e l’evento di MilanoCome se non bastasse, a segnare le divisioni sinistra resta sempre la politica estera. Superando le divisioni sull’Ucraina, con il M5s e Avs ancora fermi nel no all’invio di armi, Schlein è riuscita a riunirsi con Conte e con Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli sotto la bandiera di Gaza. Ma le iniziative sono subito diventate due: quella di Pd, M5s e Avs a Roma il 7 giugno e il contro-evento di Milano organizzato da Azione e Italia Viva in un teatro. A impedire un’unica manifestazione unitaria sono stati, dal punto di vista dei centristi, l’indisponibilità a esplicitare nella piattaforma scritta a sinistra una più dura condanna di Hamas nonché il timore che l’impronta data si presti ad accuse di antisemitismo. Senza un accordo sul punto, Renzi e Calenda hanno deciso di dissociarsi organizzando l’evento milanese. Con la conseguenza che tutta l’area riformista del Pd ha annunciato di partecipare a entrambe le iniziative, così come i radicali di Più Europa. LEGGI TUTTO
Via libera del Senato al decreto acconti Irpef: ecco le novità
Ascolta la versione audio dell’articoloDisco verde dell’Aula del Senato al Dl che detta disposizioni in materia di acconti Irpef dovuti per l’anno 2025. Il provvedimento passa all’esame della Camera, per essere convertito in legge entro il 22 giugno. Il Dl interviene per rendere coerente la normativa dopo che la legge di bilancio 2025 ha stabilizzato le nuove aliquote Irpef e l’ampliamento della no tax area. In particolare, si limita al solo 2024 la norma che escludeva la rimodulazione Irpef dal calcolo degli acconti. Viene riassestato lo squilibrio creato con la riforma fiscale 2023, che aveva ridotto le aliquote Irpef e alzato la no tax area per i lavoratori dipendenti, ma solo per il 2024. Il Governo interviene per correggere la stortura normativa riguardante il calcolo degli acconti Irpef per l’anno in corso. La misura, composta da due articoli, è già in vigore dal 24 aprile e punta a garantire coerenza tra la nuova struttura dell’Irpef – entrata a regime con la legge di bilancio – e le modalità di pagamento degli anticipi fiscali.Impatto sui contribuentiIl decreto elimina la vecchia regola per il 2025: gli acconti dovranno ora essere calcolati usando le nuove aliquote e detrazioni in vigore. Una decisione che riguarda circa 2,2 milioni di contribuenti, principalmente lavoratori autonomi o soggetti con redditi non da lavoro dipendente o pensione. Per la grande maggioranza dei lavoratori dipendenti e pensionati non cambia nulla: le nuove aliquote erano già state “assorbite” nei calcoli delle ritenute Irpef 2025. Per gli altri, il cambiamento comporta una riduzione degli acconti dovuti nel 2025 (pari a 245,5 milioni di euro), con un recupero previsto nel saldo del 2026.Loading…I principali contenuti del DecretoIl comma 1 stabilisce che il calcolo dell’acconto Irpef 2025 deve tener conto delle nuove aliquote e detrazioni stabilite dalla riforma, limitando l’applicazione della norma transitoria solo al 2024. Viene confermata la nuova detrazione di 1.955 euro per redditi da lavoro dipendente fino a 15.000 euro (esclusi i pensionati). Si precisa che solo circa 2,2 milioni di soggetti su 37,8 milioni sono realmente tenuti al versamento degli acconti Irpef. Per i lavoratori dipendenti e pensionati, invece, il maggiore acconto è già stato “assorbito” nel 2025, quindi nessun impatto reale. Per gli altri contribuenti (con redditi non da lavoro dipendente o pensione), l’effetto è uno spostamento di gettito: minori entrate nel 2025 (-245,5 milioni) e maggiori nel 2026 (+245,5 milioni). Il Mef, con comunicato del 25 marzo 2025, ha precisato che la norma vale solo per chi ha debiti Irpef residui superiori a 51,65 euro. Infine i commi 2–4 riguardano la copertura finanziaria: aumento di un fondo del Mef per il 2026 (+245,5 milioni); con riduzioni corrispondenti da altri fondi già esistenti per compensare l’impatto finanziario.I passi successivi del Governo Dopo le parole della presidente del Consiglio «finalmente è giunto il momento di realizzare il provvedimento che consiste nell’abbassamento dell’aliquota Irpef dal 35 al 33% – sottolinea Maurizio Casasco, responsabile economico di Forza Italia – per i redditi fino a 60mila euro lordi annui che metterà nelle tasche degli italiani risorse che serviranno anche a far aumentare i consumi e alla crescita generale dell’economia. Essendoci questa piena condivisione della premier Meloni, ora si passi rapidamente alla concretizzazione e all’attuazione di una misura fondamentale per la classe sociale che partecipa con grande responsabilità alla crescita del Paese», conclude Casasco. «La priorità è il taglio dell’Irpef. Non siamo contrari alla rottamazione, ma prima si fa il taglio dell’Irpef poi la rottamazione, così si aiuta il ceto medio. Più il rinvio della sugar tax di un anno». Così Antonio Tajani, vice presidente del Consiglio e segretario di Forza Italia, interpellato alla Camera. LEGGI TUTTO
Elezioni comunali 2025: tutte le sfide per il sindaco nei capoluoghi al voto
Ascolta la versione audio dell’articoloDopo il test elettorale in Alto Adige (con la conferma del centrosinistra a Trento e la vittoria del centrodestra a Bolzano) sono un centinaio i comuni al voto domenica 25 maggio e lunedì 26 maggio. Quattro i capoluoghi, ossia Genova, Ravenna, Taranto e Matera. Un’altra mini tornata elettorale che comunque potrà dare, conclusi gli eventuali ballottaggi nei comuni più grandi che si svolgeranno in contemporanea con i referendum l’8 e 9 giugno, alcune importanti indicazioni ai partiti.A Genova la sfida di maggiore impatto nazionale. Una sfida apertissima e che ha il sapore di una possibile “rivincita” per il centrosinistra dopo le regionali ad ottobre scorso quando Marco Bucci ha battuto, per qualche migliaio di voti, Andrea Orlando confermando la guida della regione Liguria al centrodestra. Gli sfidanti sono il vicesindaco e assessore al Bilancio a Genova, Pietro Picciocchi, per il centrodestra e Silvia Salis per il centrosinistra. Piciocchi, classe ’77, avvocato, sei figli e due in affido, è stato l’uomo dietro la macchina di due giunte di Bucci: la sua candidatura è sostenuta da Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Noi Moderati, Udc e Nuovo Psi oltre a due liste civiche. Il centrosinistra al gran completo (dal M5s e Avs fino ai renziani di Italia Viva passando naturalmente per il Pd) ha raggiunto l’accordo su Salis, dopo alcune settimane di tensioni interne, soprattutto al Pd. Alla fine i dem hanno optato, anche grazie al lavoro di composizione messo in campo da Orlando, per una candidata civica. Salis, ex-atleta, è vicepresidente vicaria del Coni ed è sposata con il regista cinematografico Fausto Brizzi.Loading…Nel fortino rosso di Ravenna si vota per scegliere il sindaco che succederà a Michele de Pascale, che ha interrotto anzitempo il suo mandato per diventare presidente della Regione Emilia-Romagna. I favori del pronostico sono tutti per Alessandro Barattoni, 41 anni, segretario dal Pd ravennate dal 2017 e sostenuto da una coalizione in versione campo larghissimo, che sostanzialmente, ricalca quella che ha appoggiato de Pascale alle regionali. Al suo fianco ci sono le liste di Pd, Avs, M5s, la lista civica Ama Ravenna, Progetto Ravenna, un rassemblement formato da Iv, Azione, +Europa e Socialisti e la lista del Partito Repubblicano, che nella prima repubblica a Ravenna aveva il proprio feudo e che in città continua ad avere un certo peso. Il centrodestra è insolitamente diviso in tre. Fratelli d’Italia ha deciso di puntare su Nicola Grandi, assicuratore, 55 anni, consigliere uscente, che ha raccolto il sostegno di Forza Italia e della civica Viva Ravenna, ma non della Lega che ha invece deciso di puntare su Alvaro Ancisi. Ancisi ha 85 anni e dal 1966 siede sui banchi del consiglio comunale, quasi sempre all’opposizione. In area centrodestra c’è anche la storica lista civica La Pigna che torna a puntare sulla consigliera comunale Veronica Verlicchi.Scenario opposto a Matera. Qui il centrodestra è unito attorno ad Antonio Nicoletti mentre ben tre candidati (Roberto Cifarelli, Vincenzo Santochirico e Domenico Bennardi) sono in corsa per il centrosinistra, e senza neanche il simbolo del Pd. Pezzi di Italia Viva e Azione (in maniera più netta con una lista) corrono a fianco di Cifarelli, che è sostenuto da un totale di nove liste. Consigliere regionale del Pd (partito con cui è stato eletto tre volte nell’Assemblea lucana), ha vinto le primarie ’Open’, promosse da un gruppo di cento giovani e non riconosciute dai partiti. E il Pd – come già successo alle Comunali di Potenza della primavera 2024 – non ha presentato una lista con il proprio simbolo. L’ago della bilancia potrebbe essere rappresentato da Santochirico, avvocato, con un passato da assessore e presidente del Consiglio regionale con il Pd: indicato in un primo momento da un tavolo del centrosinistra, ha prima annunciato il ritiro dalla competizione elettorale per poi tornare sui suoi passi e presentarsi con “Progetto Comune”, con cui tenterà di spostare un po’ di voti del campo progressista-riformista. Bennardi, sindaco uscente del M5S, eletto nell’ottobre 2020, vuole la rivincita dopo essere decaduto nell’ottobre del 2024 in seguito alle dimissioni di 17 consiglieri comunali su 32.Situazione confusa da entrambi i lati, invece, a Taranto. Il centrosinistra, dopo la fine prematura dell’amministrazione guidata da Rinaldo Melucci – determinata dalle dimissioni simultanee di 17 consiglieri – prova a riconquistare la guida del Comune con Piero Bitetti, volto noto della politica locale. Ex presidente del Consiglio comunale, Bitetti può contare sull’appoggio del Pd e altre sette liste. Il Movimento 5 Stelle, invece, ha deciso di correre da solo, candidando la giornalista Annagrazia Angolano, affiancata dalla lista civica “Angolano sindaca”. Il centrodestra ufficiale, dopo la mancata convergenza su un candidato unico, ha puntato su Luca Lazzàro, ex presidente di Confagricoltura Puglia. Una candidatura costruita attorno alla figura di esperienza manageriale, ben vista dai vertici di FdI. Della coalizione fanno parte Fratelli d’Italia, Forza Italia, Partito Liberale e Noi Moderati. Francesco Tacente, avvocato 42enne, presidente dimissionario del Ctp (Consorzio trasporti provinciali) è sostenuto invece da un fronte civico che include anche esponenti della Lega, presenti con la dicitura “Prima Taranto”, senza però il simbolo ufficiale. Con lui altre sei liste. LEGGI TUTTO