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      • Guerra a Gaza, manifestazione pro Palestina del centrosinistra: ipotesi 7 giugno

        Il Pd fa sapere che il centrosinistra intende organizzare una mobilitazione nazionale per “fermare il massacro” nella Striscia. Emergono le perplessità di Iv, Azione e Più Europa: “Non sia veicolo di antisemitismo”

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        Una manifestazione “grande e partecipata” per Gaza: è questo il prossimo l’obiettivo del centrosinistra, che sta lavorando a una mobilitazione nazionale per “fermare il massacro” nella Striscia. Assieme all’iniziativa arrivano però anche i primi paletti mossi da Iv, Azione e Più Europa: “Non sia” veicolo di “antisemitismo”. Sono in corso dialoghi quasi continui tra i vertici di Pd, Avs e M5s, sulla possibile data e luogo: tra le principali ipotesi in campo c’è il 7 giugno, ma tutto è ancora oggetto di discussione, in particolare per la quasi concomitanza con i referendum. La piazza, salvo sorprese, dovrebbe essere quella di Roma, anche se la soluzione di Perugia non è ancora stata scartata (la città “può ospitare il corteo se sarà considerato da tutti utile e fruttuoso”, aveva fatto sapere la prima cittadina Vittoria Ferdinandi). Ad annunciare la manifestazione è stato il Nazareno, segnalando la necessità di rendere l’iniziativa “grande e partecipata, con spirito largo ed unitario”. 

         I distinguo nel Centrosinistra
        A distanza di 24 ore interviene il leader pentastellato Giuseppe Conte che, stigmatizzando l’atteggiamento di “governo e maggioranza Meloni” che “restano seduti”, rimarca: “Il M5S come sempre c’è e sta lavorando in queste ore per mobilitazioni corali e di piazza contro il genocidio in corso a Gaza”. Nel centrosinistra alcuni distinguono: “Durissima condanna al governo di Israele ma nessun accenno o possibilità di accettare l’idea di trasformare la critica forte e doverosa al governo a un atteggiamento antisionista o antisemita”, afferma Matteo Renzi (Iv). Paletti anche da Carlo Calenda: “Assolutamente disponibili a fare una grande manifestazione per dire a Israele di fermarsi però vogliamo essere sicuri che non ci siano bandiere di Hamas” e “che non ci sia alcun tipo di atteggiamento antisemita”. Da Più Europa, Riccardo Magi apre, ma sulla stessa linea: “Disponibili a partecipare alla manifestazione delle opposizioni affinché Israele interrompa le azioni militari, purché ci sia la netta condanna non solo del folle operato di Netanyahu ma anche delle azioni di Hamas”. Appare compatto, invece, il Pd: anche l’ala riformista condivide appieno l’iniziativa. Anzi, Alessandro Alfieri, coordinatore di Energia popolare auspica che “anche le forze di centrodestra condividano la piazza”, “serve un messaggio molto forte”. 

        Malan (FdI): “Centrosinistra per arresto Netanyahu”
        Per tutta risposta da FdI, il capogruppo al Senato Lucio Malan lancia una provocazione all’indirizzo delle opposizioni: “Se volessimo fare in Italia una trattativa tra Israele e una controparte che dovremmo vedere chi sia, non si potrebbe perché Netanyahu verrebbe arrestato. La Corte penale internazionale ha un mandato di cattura e tutta l’opposizione ci chiede di applicarlo in modo acritico e subito”.

        Indecisioni sulla data

        Nell’ottica di chi sta spingendo per la soluzione del 7 giugno, “se non prima”, l’appuntamento – in qualche modo – potrebbe diventare anche l’occasione per rilanciare la partecipazione al voto ai referendum. Ma, ad oggi, non c’è stato alcun confronto formale con i referendari, impegnati – pancia a terra – sull’appuntamento. La possibilità di spostare la manifestazione al weekend successivo, del 14 e 15, avrebbe altre criticità, forse non insuperabili: una marcia per la pace e per Gaza già in programma il 15 giugno da Marzabotto a Monte Sole, nel Bolognese, nel luogo simbolo dell’eccidio nazista; e il gay pride il giorno prima a Roma. Il prossimo fine settimana viene ritenuto troppo vicino per organizzare una mobilitazione di carattere nazionale, quello del 21 giugno coincide con la manifestazione, più caratterizzata politicamente, ‘Stop Rearm Europe’, a cui hanno aderito anche il M5s e Avs.  LEGGI TUTTO

      • Gli animali hanno una cultura?

        Un recente articolo scientifico sui bombi, un genere di insetti della stessa famiglia delle api, ha fornito alcune informazioni rilevanti a sostegno di un’ipotesi da tempo discussa nel campo dell’etologia, la parte della biologia che studia il comportamento animale. L’ipotesi è che la capacità tipicamente umana di imparare dagli altri più di quanto sia possibile imparare da sé nel corso di una vita – condizione necessaria per la formazione di quella che definiamo “cultura” – sia una capacità condivisa con altre specie animali.Pubblicato a marzo sulla rivista Nature da un gruppo di ricercatrici e ricercatori della Queen Mary University of London e della University of Sheffield, l’articolo descrive i risultati di un esperimento in cui ai bombi era richiesto di risolvere un problema complesso su una specie di giradischi all’interno di una scatola. Per ottenere una ricompensa (una soluzione zuccherina) che percepivano ma non potevano raggiungere direttamente, i bombi dovevano compiere due azioni in sequenza: sbloccare un piatto girevole spingendo un fermo e poi ruotarlo in senso antiorario.
        I bombi, che sono considerati insetti prodigiosi nell’apprendimento sociale, non sono riusciti a risolvere il problema durante l’esperimento, nemmeno dopo un tempo di esposizione prolungata di 24 giorni. Alcuni ce l’hanno fatta solo dopo un addestramento: in pratica gli sperimentatori li hanno indotti ad apprendere il passaggio intermedio ponendo una prima ricompensa sul fermo che bisognava spingere per sbloccare la piattaforma. A quel punto i bombi sono riusciti a superare anche il secondo passaggio e ad arrivare alla soluzione zuccherina.
        Il risultato sorprendente e giudicato più significativo dai ricercatori è che un gruppo di bombi non addestrati, che come tutti gli altri non avevano inizialmente saputo risolvere il problema, è riuscito in seguito a capire come agire senza bisogno della prima ricompensa. Si è limitato ad apprendere dal comportamento di un bombo «dimostratore», cioè uno di quelli addestrati a superare il primo passaggio.

        La capacità degli animali non umani di compiere azioni nuove apprendendo dal comportamento dei propri simili è nota e studiata da decenni in specie come gli scimpanzé, i macachi, i corvi e le megattere. Il risultato descritto nello studio uscito su Nature è tuttavia considerato la prima prova della presenza di questa capacità sociale tra gli invertebrati, applicata alla soluzione di problemi particolarmente complessi: problemi cioè troppo difficili perché un solo individuo possa risolverli procedendo per tentativi ed errori.
        Alcuni commenti a questo esperimento e ad altri simili hanno interpretato i risultati come un’ulteriore prova della possibilità che la cultura, intesa come capacità di una specie di apprendere e diffondere comportamenti complessi in una popolazione, non sia un fatto unicamente umano. L’esempio dei bombi è significativo perché suggerisce che anche i comportamenti di insetti di cui sono note da tempo le sofisticate strutture sociali, come le api, potrebbero essere almeno in parte comportamenti appresi e non innati, che era l’ipotesi finora prevalente.

        – Leggi anche: Capiremo mai come ragionano gli animali?

        Sebbene nel linguaggio comune sia utilizzata in molti modi diversi, la parola “cultura” in etologia e in altre discipline affini ha un significato abbastanza preciso. Indica l’insieme di tradizioni comportamentali di una popolazione, cioè comportamenti tramandati attraverso l’apprendimento sociale e che persistono in un gruppo o in una società nel corso del tempo. I ricercatori hanno osservato nel regno animale numerosi comportamenti che soddisfano questa definizione di cultura cumulativa, contraddistinta da innovazioni sequenziali che si basano su altre precedenti.
        Quasi ogni parte della vita degli esseri umani si basa su conoscenze e tecnologie di questo tipo, troppo complesse per essere gestite da un individuo in modo indipendente e senza una tradizione culturale, appunto. Non sarebbe stato possibile altrimenti viaggiare nello Spazio, per esempio, ma nemmeno far funzionare un wc.
        Un articolo uscito a marzo sulla rivista Nature Human Behaviour ha presentato i risultati di un esperimento simile a quello con i bombi, ma condotto con gli scimpanzé da un gruppo di ricercatori dell’Università di Utrecht, nei Paesi Bassi, e del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia, in Germania. Nel Chimfunshi Wildlife Orphanage, un rifugio per la fauna selvatica in Zambia, i ricercatori hanno lasciato a disposizione di una comunità di 66 scimpanzé, suddivisi in due gruppi, una scatola di noccioline che funzionava come una specie di distributore automatico.
        Gli scimpanzé potevano vedere e annusare le noccioline, ma per raggiungerle dovevano azionare il distributore raccogliendo una delle palline di legno lasciate dai ricercatori nelle vicinanze. La scatola aveva un cassetto a molla che bisognava aprire e tenere aperto, perché al suo interno si trovava un incavo in cui far scivolare la pallina per ricevere una manciata di noccioline. Dopo tre mesi in cui nessuno scimpanzé è riuscito a far funzionare il distributore, i ricercatori hanno selezionato in ciascuno dei due gruppi una femmina anziana per l’addestramento.
        «Non si può scegliere un animale a caso», ha detto Edwin van Leeuwen, uno degli autori dello studio, spiegando che per il successo dell’addestramento è importante selezionare individui audaci e di rango medio-alto all’interno del gruppo. Una volta finito l’addestramento delle due femmine, il distributore è stato riposizionato e lasciato di nuovo a disposizione dei due gruppi. Dopo due mesi trascorsi in presenza degli individui addestrati, 14 scimpanzé sono riusciti ad azionare il distributore osservando più volte il comportamento di un altro individuo che aveva capito come farlo funzionare.

        Sia lo studio sugli scimpanzé che quello sui bombi sono considerati importanti prove sperimentali dell’apprendimento sociale negli animali, di cui esistono da tempo numerose prove aneddotiche. La capacità di apprendere osservando e imitando il comportamento di altri individui è infatti ritenuto uno dei fattori che contribuiscono a determinare differenze comportamentali intraspecifiche tra gruppi diversi.
        Degli scimpanzé, per esempio, è ben nota la pratica di utilizzare dei bastoncini o dei fili d’erba per catturare le termiti, osservata e studiata fin dai primi anni Sessanta dall’etologa inglese Jane Goodall. Ma alla fine degli anni Novanta lo zoologo e psicologo Andrew Whiten scoprì insieme al suo gruppo di ricerca della University of St Andrews, in Scozia, e alla stessa Goodall che gli scimpanzé utilizzano le tecniche di cattura delle termiti in modo diverso a seconda del gruppo a cui appartengono. Quelli di alcune zone dell’Africa mangiano gli insetti direttamente dal bastoncino, mentre altri usano la mano libera per raccoglierli prima di mangiarli.

        – Leggi anche: Jane Goodall: dilettante, scienziata, attivista, simbolo

        In anni recenti è inoltre aumentata la quantità di prove dell’esistenza di comportamenti sociali, abitudini alimentari e persino canti e richiami diversi tra gruppi della stessa specie. Le differenze sono dovute a fattori ambientali, ma sono anche rese possibili dalla tendenza sociale ad accogliere e diffondere elementi di innovazione introdotti dai singoli individui all’interno dei gruppi. Prove di una simile evoluzione culturale sono state osservate tra le orche, i capodogli e altre cetacei, ma anche tra diverse specie di uccelli.

        Le differenze culturali all’interno di una stessa specie possono riflettersi anche in aspetti della vita sociale più stabili ed evidenti, come hanno mostrato alcuni ricercatori del dipartimento di biologia della Katholieke Universiteit Leuven, in Belgio, e del laboratorio di entomologia dell’istituto Embrapa, in Brasile, in un articolo pubblicato a marzo sulla rivista Current Biology. In un grande apiario a Jaguariúna, in Brasile, il gruppo di ricerca ha osservato 416 colonie di Scaptotrigona depilis, una specie di ape senza pungiglione diffusa in Sudamerica, per due lunghi periodi nel 2022 e nel 2023.
        Circa il 95 per cento delle colonie presentava favi costruiti in strati orizzontali sovrapposti, come torte nuziali su più livelli, il tipo di struttura preferita dalle Scaptotrigona depilis. Le restanti colonie presentavano invece una struttura a spirale: sia in un caso che nell’altro lo stile architettonico veniva mantenuto per molte generazioni di api. Inoltre non c’erano differenze nella velocità di costruzione, quindi nessun vantaggio in termini di efficienza nel seguire uno stile anziché l’altro.

        Per escludere che la differenza di stile derivasse da fattori genetici il gruppo di ricerca ha trapiantato alcuni individui da colonie i cui favi erano costruiti su più strati in colonie con favi strutturati a spirale, e viceversa. Prima di farlo ha svuotato le strutture ospitanti in modo da non lasciare adulti “indigeni” nella colonia, che avrebbero potuto influenzare il comportamento delle operaie importate. In breve tempo le api importate adottavano lo stile locale, che veniva ereditato anche dalle larve della colonia quando maturavano in adulti.
        Secondo il biologo Tom Wenseleers, a capo del laboratorio della KU Leuven che ha condotto la ricerca, le api potrebbero cambiare stile per far fronte all’accumulo di microscopici errori di costruzione commessi dai loro predecessori. Questo processo, in cui alcuni individui di insetti sociali influenzano indirettamente il comportamento di altri attraverso le tracce che lasciano nel loro ambiente, è definito stigmergia. Per avere conferma dell’ipotesi di Wenseleers il gruppo ha quindi introdotto micro-variazioni nella struttura di favi a strati orizzontali sovrapposti, e ha scoperto che in quel caso le api passavano effettivamente alla costruzione a spirale.
        I risultati dello studio sulle api a Jaguariúna suggeriscono che la trasmissione di differenti tradizioni nella costruzione dei favi attraverso le generazioni possa avvenire anche senza bisogno che gli individui siano direttamente istruiti dai loro coetanei. Permettono quindi di pensare alla cultura in termini più ampi, senza intenderla rigidamente come un insieme di comportamenti trasmessi da individuo a individuo fino a diventare caratteristici di un gruppo.
        Anche la trasmissione di comportamenti animali più complessi – come la costruzione delle dighe da parte dei castori o dei giacigli sugli alberi da parte degli scimpanzé – potrebbero avvenire in questo stesso modo indiretto, ha detto Whiten all’Economist. Ed è possibile che processi di stigmergia siano anche alla base della trasmissione di alcune tradizioni umane. LEGGI TUTTO

      • Guerra a Gaza, manifestazione pro Palestina del centrosinistra: ipotesi 7 giugno

        Il Pd fa sapere che il centrosinistra intende organizzare una mobilitazione nazionale per “fermare il massacro” nella Striscia. Emergono le perplessità di Iv, Azione e Più Europa: “Non sia veicolo di antisemitismo”

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        Una manifestazione “grande e partecipata” per Gaza: è questo il prossimo l’obiettivo del centrosinistra, che sta lavorando a una mobilitazione nazionale per “fermare il massacro” nella Striscia. Assieme all’iniziativa arrivano però anche i primi paletti mossi da Iv, Azione e Più Europa: “Non sia” veicolo di “antisemitismo”. Sono in corso dialoghi quasi continui tra i vertici di Pd, Avs e M5s, sulla possibile data e luogo: tra le principali ipotesi in campo c’è il 7 giugno, ma tutto è ancora oggetto di discussione, in particolare per la quasi concomitanza con i referendum. La piazza, salvo sorprese, dovrebbe essere quella di Roma, anche se la soluzione di Perugia non è ancora stata scartata (la città “può ospitare il corteo se sarà considerato da tutti utile e fruttuoso”, aveva fatto sapere la prima cittadina Vittoria Ferdinandi). Ad annunciare la manifestazione è stato il Nazareno, segnalando la necessità di rendere l’iniziativa “grande e partecipata, con spirito largo ed unitario”. 

         I distinguo nel Centrosinistra
        A distanza di 24 ore interviene il leader pentastellato Giuseppe Conte che, stigmatizzando l’atteggiamento di “governo e maggioranza Meloni” che “restano seduti”, rimarca: “Il M5S come sempre c’è e sta lavorando in queste ore per mobilitazioni corali e di piazza contro il genocidio in corso a Gaza”. Nel centrosinistra alcuni distinguono: “Durissima condanna al governo di Israele ma nessun accenno o possibilità di accettare l’idea di trasformare la critica forte e doverosa al governo a un atteggiamento antisionista o antisemita”, afferma Matteo Renzi (Iv). Paletti anche da Carlo Calenda: “Assolutamente disponibili a fare una grande manifestazione per dire a Israele di fermarsi però vogliamo essere sicuri che non ci siano bandiere di Hamas” e “che non ci sia alcun tipo di atteggiamento antisemita”. Da Più Europa, Riccardo Magi apre, ma sulla stessa linea: “Disponibili a partecipare alla manifestazione delle opposizioni affinché Israele interrompa le azioni militari, purché ci sia la netta condanna non solo del folle operato di Netanyahu ma anche delle azioni di Hamas”. Appare compatto, invece, il Pd: anche l’ala riformista condivide appieno l’iniziativa. Anzi, Alessandro Alfieri, coordinatore di Energia popolare auspica che “anche le forze di centrodestra condividano la piazza”, “serve un messaggio molto forte”. 

        Malan (FdI): “Centrosinistra per arresto Netanyahu”
        Per tutta risposta da FdI, il capogruppo al Senato Lucio Malan lancia una provocazione all’indirizzo delle opposizioni: “Se volessimo fare in Italia una trattativa tra Israele e una controparte che dovremmo vedere chi sia, non si potrebbe perché Netanyahu verrebbe arrestato. La Corte penale internazionale ha un mandato di cattura e tutta l’opposizione ci chiede di applicarlo in modo acritico e subito”.

        Indecisioni sulla data

        Nell’ottica di chi sta spingendo per la soluzione del 7 giugno, “se non prima”, l’appuntamento – in qualche modo – potrebbe diventare anche l’occasione per rilanciare la partecipazione al voto ai referendum. Ma, ad oggi, non c’è stato alcun confronto formale con i referendari, impegnati – pancia a terra – sull’appuntamento. La possibilità di spostare la manifestazione al weekend successivo, del 14 e 15, avrebbe altre criticità, forse non insuperabili: una marcia per la pace e per Gaza già in programma il 15 giugno da Marzabotto a Monte Sole, nel Bolognese, nel luogo simbolo dell’eccidio nazista; e il gay pride il giorno prima a Roma. Il prossimo fine settimana viene ritenuto troppo vicino per organizzare una mobilitazione di carattere nazionale, quello del 21 giugno coincide con la manifestazione, più caratterizzata politicamente, ‘Stop Rearm Europe’, a cui hanno aderito anche il M5s e Avs.  LEGGI TUTTO

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