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Referendum matrimonio egualitario, polemica sul testo del quesito proposto
La raccolta firme per il “referendum sul matrimonio egualitario” prosegue con un ritmo accelerato. A poco più di una settimana dal lancio, il quesito promosso dal comitato Uguali! ha già superato la metà dell’obiettivo, con oltre 250mila firme raccolte. Secondo la Costituzione italiana, per avviare l’iter di un referendum abrogativo è necessario raccogliere almeno 500.000 firme, il numero minimo affinché il quesito possa essere esaminato dalla Corte Costituzionale e successivamente sottoposto al voto popolare. L’obiettivo del referendum è allineare il regime giuridico delle unioni civili a quello del matrimonio, per arrivare a una parità completa. Tuttavia, il testo del quesito ha suscitato polemiche, anche da parte di organizzazioni che portano avanti la stessa causa per i diritti delle persone Lgbtqia+. Ecco cosa prevede il quesito e perché è nato il dibattito.
Il quesito referendario: cosa prevede?
Il quesito proposto per il referendum è chiaro nella sua intenzione: abrogare specifiche parti della legge Cirinnà del 2016 (legge 20 maggio 2016, n. 76), che disciplina le unioni civili tra persone dello stesso sesso e le convivenze, con l’obiettivo di avvicinare il regime giuridico delle unioni civili a quello del matrimonio. Il testo del quesito recita: “Volete Voi che sia abrogata la legge 20 maggio 2016, n. 76, limitatamente a: Art. 1, comma 20, con riferimento alle parole: ‘La disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle norme del codice civile non richiamate espressamente nella presente legge, nonché alle disposizioni di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184.’; Art. 1, comma 21, integralmente; Art. 1, comma 22, integralmente; Art. 1, comma 23, integralmente; Art. 1, comma 24, integralmente; Art. 1, comma 25, integralmente; Art. 1, comma 26, integralmente”. Come si legge nella descrizione dell’iniziativa, pubblicata sul sito del ministero della Giustizia, il quesito referendario “propone la modifica della normativa vigente al fine di abrogare le distinzioni tra l’istituto delle unioni civili e il matrimonio civile, di fatto estendendo l’accesso al matrimonio civile anche alle coppie formate da persone dello stesso sesso. L’intervento legislativo mira a garantire pari diritti e doveri rispetto alle coppie eterosessuali, in un’ottica di piena uguaglianza e non discriminazione fondata sull’orientamento sessuale”. “L’approvazione del quesito – si legge ancora – comporterebbe inoltre l’estensione alle coppie unite civilmente della possibilità di accedere all’adozione, secondo le modalità previste dall’ordinamento per le coppie coniugate. In particolare, verrebbero riconosciute la stepchild adoption (adozione del figlio del partner) e l’adozione piena, favorendo così la tutela giuridica e affettiva dei minori già inseriti in contesti familiari consolidati”.
Le polemiche sul testo del quesito
La proposta di referendum, però, non ha convinto diversi esponenti della comunità Lgbtqia+, in parte a causa del titolo stesso, che potrebbe risultare fuorviante. Come spiegato da Rete Lenford, una rete di avvocati ed esperti legali specializzati nella tutela dei diritti delle persone lgbtqia+, in un post sui social, “anche se si raccogliessero almeno 500.000 firme entro il 3 agosto 2025 e anche se il referendum venisse giudicato ammissibile (e, quindi, effettivamente proponibile) dalla Corte costituzionale, un esito favorevole nelle urne non introdurrebbe in Italia il matrimonio per coppie formate da persone dello stesso sesso”. Il motivo risiede nel fatto che il testo del quesito “vuole mantenere le unioni civili introdotte nel 2016, eliminando le parti che le differenziano dal matrimonio anche rispetto alla filiazione” e in caso di ipotetica vittoria “le coppie same sex potrebbero continuare soltanto a unirsi civilmente, parificando gli effetti della loro unione a quelli matrimoniali, ma non potrebbero sposarsi”. Non si raggiungerebbe quindi l’obiettivo del matrimonio egualitario per tutti, anche perché i referendum abrogativi, come quello proposto, non possono modificare direttamente una legge o introdurre nuove disposizioni, ma possono solo abrogare determinate parti di una legge esistente.
La critica di “Sì matrimonio egualitario”
A sollevare dubbi, inoltre, è il testo del quesito. Un comitato, chiamato “Sì matrimonio egualitario”, ha riferito in una nota di aver già presentato la stessa proposta nel 2022 e ha accusato i promotori del nuovo referendum di aver copiato il testo, che ora potrebbe essere considerato inammissibile. Fabrizio Marrazzo, portavoce del comitato, ha spiegato che il quesito del 2022 era stato ritirato poco dopo la sua proposta. Il motivo, secondo il comitato, era la necessità di attendere una decisione della Corte Costituzionale, “che aveva sollevato un dubbio su un comma della legge sulle unioni civili, rendendo necessaria una riformulazione del quesito per garantirne la validità”. La sentenza della Corte, che è arrivata nel febbraio 2024 e pubblicata due mesi dopo, ha dichiarato illegittimo il comma 26 della legge Cirinnà, uno dei commi che il referendum intende abrogare. “Purtroppo, questo gruppo ha erroneamente ripreso il quesito vecchio, diffondendolo e facendo firmare alle persone che aspettavano da tempo il Referendum che promuovesse il matrimonio egualitario. Si tratta di un errore grave che rischia di compromettere anni di lavoro degli attivisti LGBT+, in quanto il quesito proposto è quello non aggiornato e pertanto è errato e, come è facilmente prevedibile, sarà annullato”, ha riferito Marrazzo.Il suo invito è di ritirare la proposta e fermare la raccolta firme. A giugno, secondo quanto dichiarato, il comitato “Sì matrimonio egualitario” presenterà un nuovo quesito, aggiornato per tenere conto della sentenza della Corte costituzionale. Da parte sua, il comitato Uguali ha respinto le accuse, sostenendo che il testo è stato redatto con l’assistenza di esperti costituzionalisti, e che quindi è stato formulato tenendo in considerazione anche la sentenza della Corte.In ogni caso, la campagna di raccolta firme prosegue a un ritmo intenso, con i promotori che sperano di superare già nei prossimi giorni la soglia delle 500mila firme. LEGGI TUTTOImane Khelif: la polemica antisportiva che nasconde pregiudizi e ignoranza
Negli ultimi giorni non si è fatto altro che parlare del caso di Imane Khelif alle Olimpiadi 2024. L’atleta di boxe che nella giornata di oggi si è scontrata con l’italiana Angela Carini negli ottavi di finale dei pesi welter femminili. L’incontro è stato preceduto da una serie di polemiche da parte della classe politica italiana. La diatriba contro Khelif è proseguita anche al termine del match, a seguito dell’abbandono della competizione da parte dell’atleta azzurra. Imane Khelif e Angela Carini al termine dell’incontro – Nanopress.itNonostante Comitato Olimpico Internazionale (Cio) abbia ammesso Imane Khelif alle competizioni, essendo stata dichiara in linea con “le norme di ammissibilità e iscrizione alla competizione nonché a tutte le norme mediche”; politici, come Matteo Salvini o Eugenia Roccella, non solo si sono opposti alla sua partecipazione, ma hanno anche creato l’ennesimo becero dibattito che ha posto al centro dell’attenzione mediatica l’identità sessuale di una persona in modo violento e discriminatorio.Il match tra Imane Khelif e Angela CariniDell’incontro tra Imane Khelif e Angela Carini si è iniziato a parlare giorni fa. Le destre del nostro Paese fin da subito si sono opposte, definendo il match uno scontro impari. Questo a causa del fatto che la 25enne algerina è intersessuale. L’intersessualità è una caratteristica biologica che appartiene a circa l’1,9% della popolazione mondiale e che prevede livelli di testosterone più alti della media (in parole semplici).A tal proposito, il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini ha criticato la decisione del Comitato Olimpico Internazionale, definendo la ragazza “un pugile trans”, errando. Lo stesso ha fatto la ministra per la Famiglia Eugenia Roccella, la quale ha affermato:“Desta grande preoccupazione sapere che in gare di pugilato femminili alle Olimpiadi siano stati ammessi uomini che si identificano come donne”. A queste visioni si è allineata anche la presidente Giorgia Meloni affermando di non essere d’accordo con la competizione proprio perché poco equa. Imane Khelif – Nanopress.itIl dibattito si è poi diffuso in tutto il mondo, dividendo coloro che si conformano alla visione della destra italiana e coloro che, invece, vedono la questione come “un’offensiva pagliacciata”.Ad accentuare la situazione surreale vi è poi stata la reazione dell’atleta italiana in gara, Angela Carini, la quale ha deciso di abbandonare il match dopo soli pochi secondi dall’inizio. Questo a causa – come ha affermato Carini durante un’intervista – del troppo dolore sentito dopo il primo pugno sferrato dall’avversaria. Va specificato che la pugile algerina ha perso nel corso delle Olimpiadi 2024 ben cinque match, questo vuol dire che altre donne sono riuscita a batterla, in conformità a quanto stabilito dal Comitato che l’ha ammessa alle competizioni.Il caso sportivo che diventa una questione politicaQuello che sta accadendo nelle ultime ore è frutto di un’arretratezza di pensiero che caratterizza l’Italia. Oltre a testimoniare una profonda mancanza di rispetto verso coloro che non si conformano a “standard classici” di qualsiasi tipo.L’intersessualità è una condizione genetica che può essere scoperta in tenera età o anche in età avanzata. In Italia vi è una forte ignoranza in tal senso, dettata anche dal fatto che la linea di gran parte dei medici nei confronti delle persone interessate e delle loro famiglie è quella dell’occultamento. Come riportato da “L’Espresso” il rapporto “Diritto e intersessualità” dell’Istituto Superiore della Sanità stabilisce che l’ordinamento italiano “non riconosce la specificità della condizione intersex, per cui occorre ricomporre il quadro delle tutele a partire dai diritti e dalle libertà previste nella Costituzione, dall’ordinamento dell’Unione Europea e dal diritto internazionale”. Tutto ciò è stato poi utilizzato da alcuni politici italiani per confermare la loro linea transfobica, discriminatoria, violenta e per giunta errata, dato che Imane Khelif non è una donna trans.Ancor peggio, la giustificazione fornita dalla presidente Giorgia Meloni è quella di aver espresso tali considerazioni in tutela dei diritti delle donne. Questo, però, ponendo sulla ghigliottina mediatica un’altra giovane donna, all’interno di un contesto totalmente errato e, soprattutto, indagando su una sfera intima senza alcuna competenza e/o diritto di farlo. Tutto ciò ha svuotato l’incontro di qualsiasi sportività. LEGGI TUTTO
Meloni, critiche opposizioni per assenza vertice Volenterosi. Tajani: “Nessun isolamento”
A margine del vertice della Comunità politica europea che si è tenuto in Albania, Macron, Starmer, Merz e Tusk hanno organizzato un faccia a faccia con il presidente ucraino Zelensky e tutti e cinque hanno sentito Trump. L’assenza della premier italiana alla riunione della Coalizione dei Volenterosi a sostegno dell’Ucraina è subito entrata nel mirino delle opposizioni, che hanno parlato di “umiliazione” e rischio isolamento per l’Italia. “Nessuna occasione persa”, ha detto invece il ministro della Difesa Crosetto
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Continua la polemica politica in Italia, dopo che – a margine del vertice della Comunità politica europea che si è tenuto venerdì in Albania – la premier Giorgia Meloni non ha partecipato alla riunione della Coalizione dei Volenterosi a sostegno dell’Ucraina (GLI AGGIORNAMENTI). Un’assenza subito entrata nel mirino delle opposizioni in Italia, che hanno parlato di “umiliazione” e rischio isolamento per il nostro Paese. “Non mi pare che siamo così isolati. È chiaro che l’opposizione fa il suo gioco”, ha risposto il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani. “Nessuna occasione persa per l’Italia”, ha detto invece il ministro della Difesa Guido Crosetto. Il format ristretto dei volenterosi “indebolisce l’Unione europea e mina l’unità occidentale”, ha dichiarato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari.
Cos’è successo
Ma cos’ha scatenato le reazioni delle opposizioni? Dopo il viaggio a Kiev, anche quello senza Meloni, a Tirana i leader di Francia, Regno Unito, Germania e Polonia – Emmanuel Macron, Keir Starmer, Friedrich Merz e Donald Tusk – hanno organizzato un altro faccia a faccia con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e tutti e cinque hanno sentito Donald Trump. Il momento è stato immortalato con alcune foto, in cui si nota l’assenza della premier italiana. Un’assenza apparsa ancora più evidente: se il 10 maggio la premier si era comunque collegata alla riunione in Ucraina, in Albania i leader si sono riuniti a pochi metri dalla presidente del Consiglio, che come tutti gli altri era nelle sale che ospitavano le tavole rotonde previste dalla riunione della Cpe. LEGGI TUTTO
Dl Cittadinanza, ok della Camera: è legge. Dallo ius sanguinis ai minori, cosa prevede
Un’altra novità riguarda i minori stranieri, discendenti da padre o madre cittadini italiani per nascita, che diventano cittadini italiani nel caso in cui i genitori o il tutore dichiarino la volontà di acquisire tale status. Si richiede, inoltre, che successivamente alla dichiarazione, il minore risieda legalmente e continuativamente per almeno due anni in Italia LEGGI TUTTO
Soft Power Club, Rutelli: conferenza indica risposte a crisi
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Referendum matrimonio egualitario, polemica sul testo del quesito proposto
La raccolta firme per il “referendum sul matrimonio egualitario” prosegue con un ritmo accelerato. A poco più di una settimana dal lancio, il quesito promosso dal comitato Uguali! ha già superato la metà dell’obiettivo, con oltre 250mila firme raccolte. Secondo la Costituzione italiana, per avviare l’iter di un referendum abrogativo è necessario raccogliere almeno 500.000 firme, il numero minimo affinché il quesito possa essere esaminato dalla Corte Costituzionale e successivamente sottoposto al voto popolare. L’obiettivo del referendum è allineare il regime giuridico delle unioni civili a quello del matrimonio, per arrivare a una parità completa. Tuttavia, il testo del quesito ha suscitato polemiche, anche da parte di organizzazioni che portano avanti la stessa causa per i diritti delle persone Lgbtqia+. Ecco cosa prevede il quesito e perché è nato il dibattito.
Il quesito referendario: cosa prevede?
Il quesito proposto per il referendum è chiaro nella sua intenzione: abrogare specifiche parti della legge Cirinnà del 2016 (legge 20 maggio 2016, n. 76), che disciplina le unioni civili tra persone dello stesso sesso e le convivenze, con l’obiettivo di avvicinare il regime giuridico delle unioni civili a quello del matrimonio. Il testo del quesito recita: “Volete Voi che sia abrogata la legge 20 maggio 2016, n. 76, limitatamente a: Art. 1, comma 20, con riferimento alle parole: ‘La disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle norme del codice civile non richiamate espressamente nella presente legge, nonché alle disposizioni di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184.’; Art. 1, comma 21, integralmente; Art. 1, comma 22, integralmente; Art. 1, comma 23, integralmente; Art. 1, comma 24, integralmente; Art. 1, comma 25, integralmente; Art. 1, comma 26, integralmente”. Come si legge nella descrizione dell’iniziativa, pubblicata sul sito del ministero della Giustizia, il quesito referendario “propone la modifica della normativa vigente al fine di abrogare le distinzioni tra l’istituto delle unioni civili e il matrimonio civile, di fatto estendendo l’accesso al matrimonio civile anche alle coppie formate da persone dello stesso sesso. L’intervento legislativo mira a garantire pari diritti e doveri rispetto alle coppie eterosessuali, in un’ottica di piena uguaglianza e non discriminazione fondata sull’orientamento sessuale”. “L’approvazione del quesito – si legge ancora – comporterebbe inoltre l’estensione alle coppie unite civilmente della possibilità di accedere all’adozione, secondo le modalità previste dall’ordinamento per le coppie coniugate. In particolare, verrebbero riconosciute la stepchild adoption (adozione del figlio del partner) e l’adozione piena, favorendo così la tutela giuridica e affettiva dei minori già inseriti in contesti familiari consolidati”.
Le polemiche sul testo del quesito
La proposta di referendum, però, non ha convinto diversi esponenti della comunità Lgbtqia+, in parte a causa del titolo stesso, che potrebbe risultare fuorviante. Come spiegato da Rete Lenford, una rete di avvocati ed esperti legali specializzati nella tutela dei diritti delle persone lgbtqia+, in un post sui social, “anche se si raccogliessero almeno 500.000 firme entro il 3 agosto 2025 e anche se il referendum venisse giudicato ammissibile (e, quindi, effettivamente proponibile) dalla Corte costituzionale, un esito favorevole nelle urne non introdurrebbe in Italia il matrimonio per coppie formate da persone dello stesso sesso”. Il motivo risiede nel fatto che il testo del quesito “vuole mantenere le unioni civili introdotte nel 2016, eliminando le parti che le differenziano dal matrimonio anche rispetto alla filiazione” e in caso di ipotetica vittoria “le coppie same sex potrebbero continuare soltanto a unirsi civilmente, parificando gli effetti della loro unione a quelli matrimoniali, ma non potrebbero sposarsi”. Non si raggiungerebbe quindi l’obiettivo del matrimonio egualitario per tutti, anche perché i referendum abrogativi, come quello proposto, non possono modificare direttamente una legge o introdurre nuove disposizioni, ma possono solo abrogare determinate parti di una legge esistente.
La critica di “Sì matrimonio egualitario”
A sollevare dubbi, inoltre, è il testo del quesito. Un comitato, chiamato “Sì matrimonio egualitario”, ha riferito in una nota di aver già presentato la stessa proposta nel 2022 e ha accusato i promotori del nuovo referendum di aver copiato il testo, che ora potrebbe essere considerato inammissibile. Fabrizio Marrazzo, portavoce del comitato, ha spiegato che il quesito del 2022 era stato ritirato poco dopo la sua proposta. Il motivo, secondo il comitato, era la necessità di attendere una decisione della Corte Costituzionale, “che aveva sollevato un dubbio su un comma della legge sulle unioni civili, rendendo necessaria una riformulazione del quesito per garantirne la validità”. La sentenza della Corte, che è arrivata nel febbraio 2024 e pubblicata due mesi dopo, ha dichiarato illegittimo il comma 26 della legge Cirinnà, uno dei commi che il referendum intende abrogare. “Purtroppo, questo gruppo ha erroneamente ripreso il quesito vecchio, diffondendolo e facendo firmare alle persone che aspettavano da tempo il Referendum che promuovesse il matrimonio egualitario. Si tratta di un errore grave che rischia di compromettere anni di lavoro degli attivisti LGBT+, in quanto il quesito proposto è quello non aggiornato e pertanto è errato e, come è facilmente prevedibile, sarà annullato”, ha riferito Marrazzo.Il suo invito è di ritirare la proposta e fermare la raccolta firme. A giugno, secondo quanto dichiarato, il comitato “Sì matrimonio egualitario” presenterà un nuovo quesito, aggiornato per tenere conto della sentenza della Corte costituzionale. Da parte sua, il comitato Uguali ha respinto le accuse, sostenendo che il testo è stato redatto con l’assistenza di esperti costituzionalisti, e che quindi è stato formulato tenendo in considerazione anche la sentenza della Corte.In ogni caso, la campagna di raccolta firme prosegue a un ritmo intenso, con i promotori che sperano di superare già nei prossimi giorni la soglia delle 500mila firme. LEGGI TUTTOImane Khelif: la polemica antisportiva che nasconde pregiudizi e ignoranza
Negli ultimi giorni non si è fatto altro che parlare del caso di Imane Khelif alle Olimpiadi 2024. L’atleta di boxe che nella giornata di oggi si è scontrata con l’italiana Angela Carini negli ottavi di finale dei pesi welter femminili. L’incontro è stato preceduto da una serie di polemiche da parte della classe politica italiana. La diatriba contro Khelif è proseguita anche al termine del match, a seguito dell’abbandono della competizione da parte dell’atleta azzurra. Imane Khelif e Angela Carini al termine dell’incontro – Nanopress.itNonostante Comitato Olimpico Internazionale (Cio) abbia ammesso Imane Khelif alle competizioni, essendo stata dichiara in linea con “le norme di ammissibilità e iscrizione alla competizione nonché a tutte le norme mediche”; politici, come Matteo Salvini o Eugenia Roccella, non solo si sono opposti alla sua partecipazione, ma hanno anche creato l’ennesimo becero dibattito che ha posto al centro dell’attenzione mediatica l’identità sessuale di una persona in modo violento e discriminatorio.Il match tra Imane Khelif e Angela CariniDell’incontro tra Imane Khelif e Angela Carini si è iniziato a parlare giorni fa. Le destre del nostro Paese fin da subito si sono opposte, definendo il match uno scontro impari. Questo a causa del fatto che la 25enne algerina è intersessuale. L’intersessualità è una caratteristica biologica che appartiene a circa l’1,9% della popolazione mondiale e che prevede livelli di testosterone più alti della media (in parole semplici).A tal proposito, il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini ha criticato la decisione del Comitato Olimpico Internazionale, definendo la ragazza “un pugile trans”, errando. Lo stesso ha fatto la ministra per la Famiglia Eugenia Roccella, la quale ha affermato:“Desta grande preoccupazione sapere che in gare di pugilato femminili alle Olimpiadi siano stati ammessi uomini che si identificano come donne”. A queste visioni si è allineata anche la presidente Giorgia Meloni affermando di non essere d’accordo con la competizione proprio perché poco equa. Imane Khelif – Nanopress.itIl dibattito si è poi diffuso in tutto il mondo, dividendo coloro che si conformano alla visione della destra italiana e coloro che, invece, vedono la questione come “un’offensiva pagliacciata”.Ad accentuare la situazione surreale vi è poi stata la reazione dell’atleta italiana in gara, Angela Carini, la quale ha deciso di abbandonare il match dopo soli pochi secondi dall’inizio. Questo a causa – come ha affermato Carini durante un’intervista – del troppo dolore sentito dopo il primo pugno sferrato dall’avversaria. Va specificato che la pugile algerina ha perso nel corso delle Olimpiadi 2024 ben cinque match, questo vuol dire che altre donne sono riuscita a batterla, in conformità a quanto stabilito dal Comitato che l’ha ammessa alle competizioni.Il caso sportivo che diventa una questione politicaQuello che sta accadendo nelle ultime ore è frutto di un’arretratezza di pensiero che caratterizza l’Italia. Oltre a testimoniare una profonda mancanza di rispetto verso coloro che non si conformano a “standard classici” di qualsiasi tipo.L’intersessualità è una condizione genetica che può essere scoperta in tenera età o anche in età avanzata. In Italia vi è una forte ignoranza in tal senso, dettata anche dal fatto che la linea di gran parte dei medici nei confronti delle persone interessate e delle loro famiglie è quella dell’occultamento. Come riportato da “L’Espresso” il rapporto “Diritto e intersessualità” dell’Istituto Superiore della Sanità stabilisce che l’ordinamento italiano “non riconosce la specificità della condizione intersex, per cui occorre ricomporre il quadro delle tutele a partire dai diritti e dalle libertà previste nella Costituzione, dall’ordinamento dell’Unione Europea e dal diritto internazionale”. Tutto ciò è stato poi utilizzato da alcuni politici italiani per confermare la loro linea transfobica, discriminatoria, violenta e per giunta errata, dato che Imane Khelif non è una donna trans.Ancor peggio, la giustificazione fornita dalla presidente Giorgia Meloni è quella di aver espresso tali considerazioni in tutela dei diritti delle donne. Questo, però, ponendo sulla ghigliottina mediatica un’altra giovane donna, all’interno di un contesto totalmente errato e, soprattutto, indagando su una sfera intima senza alcuna competenza e/o diritto di farlo. Tutto ciò ha svuotato l’incontro di qualsiasi sportività. LEGGI TUTTO