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«Sono di ritorno da Auschwitz dove ho partecipato – insieme a capi di Stato e rappresentanti nazionali provenienti da ogni parte d’Europa, dall’Australia, oltre che, naturalmente, da Israele – alla cerimonia che ricorda l’ottantesimo anniversario dell’apertura dei cancelli del più grande campo di sterminio che la storia ricordi. Luogo di morte per antonomasia, simbolo tetro e incancellabile, testimonianza dell’abomino di cui è capace l’essere umano quando abbandona il diritto, la tolleranza, il rispetto e si incammina sulla strada dell’odio, della guerra, del razzismo, della propria dignità, della barbarie». Lo ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alla celebrazione del ’Giorno della memoria’ al Quirinale.
E ancora «Auschwitz, con le recinzioni elettrificate, le minacciose torrette, le camere a gas, le ciminiere, i crematori…Le crudeli selezioni, le percosse, la fame, il gelo, la paura, i criminali esperimenti medici…Auschwitz provoca sempre infinito orrore, scuote le nostre coscienze, le nostre convinzioni. Genera angoscia, turbamento, interrogativi laceranti. Non si va, non vi si può andare, come se fosse solo un memoriale di un’epoca passata, un sito storico oggi trasformato in un monumento alle vittime di tanta sofferenza. Da Auschwitz – smisurato cimitero senza tombe – si torna ogni volta sconvolti. Perché Auschwitz è il ”non luogo” per eccellenza, una nebulosa, dove le coordinate spaziali si smarriscono e il tempo si ferma. Non è una parentesi, per quanto orribile. Alberga nel fondo dell’animo dell’uomo. E’ un monito insuperabile e, insieme, una tentazione che sovente affiora».
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Mattarella: tempi violenti, rinnovare il patto tra i popoli
Poi ha aggiunto: ieri ad Auschwitz «abbiamo vissuto un evento storico, di straordinaria importanza, che tesse insieme, in un’unica tela, passato e futuro, memoria e responsabilità di oggi. Un evento che ha espresso anche il significato di rinnovare un patto tra le nazioni e i popoli che, in tempi difficili come quelli che stiamo attraversando, in cui la violenza, l’aggressione, l’inimicizia, la guerra sembrano voler prendere il sopravvento, accende una speranza»
«La peste si è spenta ma l’infezione serpeggia»
Il capo dello Stato ha inoltre ammonito: «Anche con la definitiva sconfitta del nazifascismo in Europa, con la ripresa delle democrazie, le ferite non si sono mai del tutto rimarginate. Era arrivata la liberazione. Ma ombre, parole e fantasmi continuarono – e continuano – a generare inquietudine. Sosteneva in quegli anni Primo Levi: “Auschwitz è fuori di noi, ma è intorno a noi. La peste si è spenta, ma l’infezione serpeggia”. Cominciava un’era di libertà e di solidarietà, ma il suo avvio era accompagnato da non piena consapevolezza degli orrori più perversi degli anni della guerra, da dubbi sulle prime notizie, talvolta da incredulità rispetto a quanto era avvenuto nei campi nazisti. Lo sa bene chi è sopravvissuto a quella tragica e disumana esperienza».
«Insulti a Segre reati gravi, vanno perseguiti»
Poi, dopo aver ricordato che Auschwitz è «la conseguenza diretta delle leggi razziste, ignominiosamente emanate anche in Italia dal regime fascista e della furia antiebraica nazista, di cui il regime fascista e la Repubblica di Salò furono complici e collaboratori, fino alla “soluzione finale”», rivolto ai sopravvissuti e ai familiari delle vittime ha aggiunto: «La sofferenza vostra e dei vostri cari, così come il sacrificio dei tanti caduti per la libertà, hanno plasmato lo spirito e la forma della nostra Costituzione, che è nata – e vive – per cancellare i principi, le azioni, le parole d’ordine del cupo dominio nazifascista, di cui il sanguinoso conflitto mondiale e i campi di sterminio furono gli esiti crudeli e inevitabili». E ancora: «E’ doloroso e inaccettabile che vi siano ignobili insulti razzisti alla senatrice Segre, su quei social media che sono nati come espressione di libertà e che rischiano invece, sovente, di diventare strumento di violenza e di negazione di diritti. Occorre mettervi un argine. Sono reati gravi, che vanno perseguiti a tutela della libertà e della giustizia»