IN EVIDENZA
M5s, Grillo va alla guerra sul simbolo (e su Conte leader)
Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di lettura«Martedì 3 dicembre alle 11.03 collegatevi sul mio blog, sul mio canale Youtube e sulla mia pagina Facebook. Ho un delicato messaggio da annunciare». A due giorni dalla ripetizione del voto degli iscritti del M5s che ha cancellato d’emblée il ruolo del Garante dallo statuto, ripetizione chiesta e ottenuta da Beppe Grillo in base ai poteri concessigli dallo statuto ancora formalmente in vigore, il dado è tratto: lo stesso Grillo ha deciso di rompere gli indugi e di sfidare Giuseppe Conte sulla proprietà del simbolo. Se è vero che il simbolo appartiene a Grillo, come stabilito dalla sentenza del 2021 della Corte d’Appello di Genova ormai passata in giudicato e riportata dal Sole 24 Ore il 30 novembre – “Il nome del Movimento 5 Stelle viene abbinato a un contrassegno registrato a nome di Beppe Grillo, unico titolare dei diritti d’uso dello stesso”, scrivono i giudici nella sentenza – è anche vero che lo stesso Grillo ha vincolato l’uso del nome e del simbolo a un contratto riservato.La sfida sulla proprietà del simboloSi tratta di una scrittura privata in cui il fondatore si impegna a non promuovere «alcuna contestazione» per quanto riguarda l’uso del nome e del simbolo in cambio della manleva garantita dal movimento, ossia il sollevamento dalle conseguenze patrimoniali derivanti da eventuali cause giudiziarie. Ebbene, il colpo di scena non preventivato da Campo Marzio è che Grillo ha deciso di rinunciare alla manleva («le cause nei miei confronti sono ormai poche», ha confidato ai fedelissimi).Loading…Verso l’impugnazione del nuovo statutoNon solo. Quell’orario 11.03 fissato per l’annuncio non è casuale, ma rimanda alla data dell’11 marzo del 2022, quando veniva approvato il nuovo Statuto del M5S. «Grillo può ancora impugnarlo, come ha bene messo in rilievo l’avvocato Lorenzo Borrè, e se un giudice dovesse dargli ragione Conte decadrebbe perché la sua carica di presidente non era prevista dallo Statuto precedente», avverte un ideologo del primo M5s come Paolo Becchi. Si starebbe dunque pensando ad una impugnazione ex novo delle votazioni che portarono Conte alla guida del movimento nell’estate del 2021, poi ripetute dopo il famoso “congelamento” deciso dal Tribunale di Napoli a marzo e aprile del 2022.Battaglia legale incertaInsomma, Grillo va alla guerra, e ci va fino in fondo, ben sapendo che la causa sul simbolo potrebbe anche perderla. Come sostiene il costituzionalista Salvatore Curreri, esperto di diritto dei partiti: «La tendenza a registrare i simboli dei partiti come marchi è contrastata a livello giurisprudenziale, dove si ritiene che il diritto di proprietà individuale sul marchio non può sacrificare integralmente il diritto al suo da parte di un soggetto collettivo come un partito politico». In particolare, spiega ancora Curreri, il Tribunale di Palermo (sezione imprese, ordinanza 4 marzo 2015) ha stabilito che il simbolo di un partito non può essere considerato alla stregua di un marchio d’impresa «perché espressione dell’identità personale del gruppo di individui che si associano per la condivisione di una determinata idea politica. In definitiva, il simbolo di un partito appartiene non ad un soggetto ma alla comunità politica che in esso si riconosce e che in tal senso può agire in sua tutela secondo l’art. 7 del codice civile». LEGGI TUTTO
Chi è Silvia Salis, l’ex martellista alle Olimpiadi candidata del centrosinistra alle comunali di Genova
Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaSilvia Salis è la candidata del centrosinistra alle prossime elezioni comunali di Genova, previste per la primavera del 2025 dopo le dimissioni di Marco Bucci, eletto presidente della Liguria lo scorso autunno. La vicepresidente del Coni ed ex campionessa del lancio del martello, conterà anche dell’appoggio del Movimento 5 Stelle. Una candidata civica dunque è la carta che i dem liguri (in particolare Andrea Orlando) hanno deciso di giocare per sbloccare un impasse che si prolungava da mesi, nel tentativo di mettere d’accordo le varie anime del Pd, M5s e centristi. Se la vedrà con l’attuale sindaco reggente di centrodestra Pietro Piciocchi.Candidata del campo largoGenovese, 39 anni, laureata in scienze politiche, ha ricevuto negli ultimi giorni il via libera Alleanza Verdi e Sinistra. E anche la base del Pd, con la riunione dei circoli genovesi che si è tenuta in Val Bisagno, pur ’spaesata’ da un nome calato dall’alto e per i militanti del tutto sconosciuto, sembra disposta a digerirlo pur di uscire dal pantano della prolungata assenza di un candidato.Loading…Il matrimonio con il regista Enrico Brizzi Salis, dal 2020 sposata con il registra Enrico Brizzi, è cresciuta in una “famiglia di sinistra”, legatissima al padre Eugenio, custode storico dell’impianto sportivo di Villa Gentile, scomparso pochi giorni faL’incarico di ambasciatrice di Genova conferito da BucciAnche se i “detrattori” ne hanno evidenziato i rapporti istituzionali avuti negli ultimi anni con l’ex sindaco di centrodestra e ora governatore Marco Bucci che nel 2023 le ha conferito l’incarico di ambasciatrice di Genova. La figura di Salis, tuttavia, è considerata vincente all’interno del Pd in maniera trasversale alle correnti che in questi mesi hanno dilaniato il partito.Vicepresidente del Coni con un passato di atleta olimpicaEx atleta olimpica – ha gareggiato a Pechino 2008 e Londra 2012 – è stata una campionessa del lancio del martello, conquistando dieci titoli nazionali, tra invernali e assoluti. Abbandonata l’attività agonistica per un infortunio nell’aprile 2016, è divenuta dirigente della squadra per la quale gareggiava, le Fiamme Azzurre. Nel 2017 è stata eletta nel Consiglio Nazionale del Coni, di cui è diventata nel maggio 2021 vicepresidente vicario LEGGI TUTTO
Giustizia, autonomia e premierato: i nodi politici per la maggioranza alla ripresa dopo le feste
Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di lettura«L’augurio che faccio a tutti noi e alla comunità nazionale per il 2025è mettere nello zaino solo quello che è davvero utile per andare più veloce e riuscire a vedere quello che è davvero essenziale». Così Giorgia Meloni a Roma, all’inaugurazione di piazza Pia per il Giubileo Salvini era lì, al fianco della premier. Quell’invito ad andare veloce è stato un modo per ribadire che per adesso non c’è tempo né bisogno di cambiare caselle nel governo. E’ stato un nuovo stop all’ipotesi abbozzata dal segretario della Lega che, nelle ore successive all’assoluzione per il caso Open Arms, ha fatto capire che potrebbe mettere in conto l’idea di tornare a fare il ministro al Viminale.Separazione delle carriere dei magistrati alla Camera l’8 gennaioDi ritorno dalla Lapponia, Meloni ha cominciato a “mettere nello zaino” ciò che ritiene utile. Per il 2025 dovrà far fronte alle riforme. A partire dalla separazione delle carriere dei magistrati, che per altro è il primo provvedimento all’ordine del giorno alla Camera alla ripresa dei lavori, l’8 gennaio. A chiederne l’immediata approvazione il ministro della giustizia Cardio Nordio, Forza Italia , e lo stesso Salvini.Loading…La frenata dell’autonomia differenziataDel resto l’autonomia differenziata ha subito una brusca frenata ad opera della Corte costituzionale: che ci sia o meno il referendum abrogativo della legge Calderoli a giugno – e su questo è atteso per metà gennaio il giudizio definitivo sull’ammissibilità sempre da parte dei giudici costituzionali – dopo la sentenza 192 del 14 novembre scorso della legge Calderoli resta ben poco. Con la conseguenza che il processo di differenziazione ne risulterà in ogni caso ridimensionato nella portata e rallentato nei tempi.Le convergenze sulla riforma della giustiziaLa riforma Nordio sulla separazione delle carriere è invece attesa in Aula alla Camera subito dopo la pausa natalizia. Ed è una riforma che gode di un vento migliore sia rispetto all’autonomia differenziata, ribattezzata “spacca Italia” dall’opposizione, sia rispetto al premierato caro a Giorgia Meloni, a sua volta fermo a Montecitorio dopo il primo controverso sì del Senato nel giugno scorso. Se infatti permane l’ostilità delle toghe con il niet dell’Associazione nazionale magistrati, anni e anni di inchieste sulla politica finite nel nulla hanno sensibilizzato anche parte dell’opposizione: a favore ci sono Azione di Carlo Calenda e Italia Viva di Matteo Renzi, a sua volta appena uscito indenne dall’inchiesta su Open dopo 5 anni di indagini.I nodi irrisolti del premieratoAvanti tutta con la riforma della giustizia, dunque. Delle tre riforme che formavano il patto iniziale tra i tre partiti della maggioranza, e che avrebbero dovuto viaggiare assieme, la riforma Nordio sembra essere quella sul binario più semplice. Dell’autonomia si è detto. Quanto al premierato, la lunga pausa di riflessione è stata determinata sia dai nodi irrisolti – in primis la legge con cui eleggere il premier – sia dalla possibile concomitanza con il referendum sull’autonomia differenziata. Se infine si andrà al voto popolare a giugno, Meloni non ha alcuna intenzione di aggiungere altra carne divisiva al fuoco delle opposizioni. Se invece a breve arriverà lo stop al referendum da parte della Consulta, allora la “riforma delle riforme” potrà riprendere con più tranquillità il suo cammino. LEGGI TUTTO
Travolte da un’auto a Palestrina, Camilla Cecconi non ce l’ha fatta
L’incidente è avvenuto intorno alle 11 di domenica mattina in via Prenestina Nuova, in prossimità della Chiesa della Sacra Famiglia, dove Camilla e la sua amica si stavano dirigendo per ascoltare la Messa. Travolte da un’auto a Palestrina, Camilla Cecconi non ce l’ha fatta – Nanopress.it (foto da Facebook)Le condizioni della ragazza sono apparse subito molto gravi, tanto che – qualche ora dopo il ricovero – è giunta la notizia che Camilla non ce l’ha fatta. Alla guida dell’auto c’era una donna di 72 anni, che si è fermata immediatamente a prestare soccorso. Travolte da un’auto a Palestrina, Camilla Cecconi non ce l’ha fattaNon ce l’ha fatta Camilla Cecconi, la ragazza di 25 anni travolta da un’auto mentre attraversava la strada sulle strisce pedonali in via Penestrina Nuova. La ragazza era stata ricoverata in condizioni disperate all’ospedale San Camillo, ma nelle scorse è arrivata la notizia del decesso. I genitori della 25enne hanno acconsentito all’espianto degli organi.L’incidente è avvenuto domenica mattina, 25 agosto, pressi della Chiesa della Sacra Famiglia, dove Camilla e una sua amica si stavano dirigendo per ascoltare la Messa della domenica. Alla guida dell’auto che ha travolto le due ragazze c’era una donna di 72 anni, che si è fermata immediatamente a prestare soccorso. La vettura è stata posta sotto sequestro. LEGGI TUTTO
Autonomia, garantire i princìpi di solidarietà e di coesione sociale
Ascolta la versione audio dell’articolo4′ di letturaCi siamo: lunedì 20 gennaio la Corte costituzionale si riunirà per decidere sull’ammissibilità del quesito di abrogazione totale della legge Calderoli sull’autonomia differenziata, dopo che l’ufficio centrale della Corte di Cassazione aveva dato il via libera al referendum a metà dicembre. L’approvazione della legge 86 il 26 giugno 2024 ha scatenato un’epica carica che da Nord a Sud in soli 3/4 giorni ha travolto il governo con migliaia di firme. Facendo a pezzi le afone banalità della stagionata meglio gioventù leghista, rendendo assordante il silenzio fuggitivo della premier, imponendo al governo, che forse ancora non se ne rende conto fino in fondo, la ricerca di una via di uscita, che non sia l’acqua fresca di patetici Osservatori sull’autonomia. Grazie a quelle firme, la Corte Costituzionale, esaminata la legge approvata in Parlamento, con chirurgica competenza e precisione, l’ha resa quel contenitore vuoto ed informe che è oggi. La scottatura brucia, in quanto espone la maggioranza ai contraccolpi di un’immanente reciproca incompatibilità, rimasta finora nel limbo che, pur sopita, è emersa con imbarazzante, logica ed evidente prospettica concretezza.Non c’è stato verso di indurre i timonieri a disinnescare le grossolane astuzie messe in atto per attuare l’Autonomia del ministro Calderoli, che già parla di rianimare il fantasma della legge 86. Invece, una via d’uscita ci sarebbe: basterebbe procedere semplicemente sui binari fissati fin dal 2009 dalla legge 42 sul federalismo fiscale, sempre a firma Calderoli, attuando finalmente l’articolo 119 della Costituzione, garantendo i princìpi di solidarietà e di coesione sociale, in maniera da sostituire, per tutti i livelli di governo, il criterio della spesa storica, avendo come obiettivo il superamento del dualismo economico del Paese. Un percorso finora disertato e che proprio Calderoli, dopo il varo della legge 86/2024, prova smaccatamente a eludere e seppellire. Nessun recupero, dunque, ma la resa al buon senso per realizzare quanto previsto dalla Costituzione nel riformato titolo V del 2001. Lasciar decadere la legge 86, seppellendo quanto partorito dal Parlamento, è nell’interesse di tutti, estimatori e oppositori dell’Autonomia, a prescindere che si arrivi o meno al referendum. La volontà civica, compresa la Suprema Corte, respinge modo e metodo e chiede chiarezza e correttezza sui contenuti. Il meccanismo della legge 86, infatti è tutt’altro che rassicurante, non solo (ed è tanto!) perché costituzionalizza di fatto il criterio della spesa storica, ma perché in aggiunta incentiva e inevitabilmente attiva l’ art. 117 comma 8 perfettamente e non casualmente complementare al 116 comma 3, finalizzato al progetto (sottaciuto) di un Grande Nord Sovrano e, per reazione uguale e contraria, a legittimare un Grande Sud Sovrano, sconvolgendo tra l’altro l’intervento straordinario dell’Unione Europea, il PNRR, sull’Italia, grande malata d’Europa.Loading…Alla causa dell’Autonomia, nel rispetto della Costituzione, non giova l’astuzia e ancor meno la prepotenza. L’auspicio è che non si vada a una riscrittura di un testo che la Consulta ha reso inservibile. Ma piuttosto si attui l’articolo 119 della Costituzione, secondo l’intento solennemente dichiarato fin dal 2009, e precisamente normato dalla legge 42: è questo il contesto appropriato per affrontare il tema delle intese per l’Autonomia differenziata. Al governo sarebbe utile arrendersi al buon senso. Al popolo referendario, ebbro di gloria per la sonora lezione impartita, va detto chiaramente che, referendum o non sulla legge 86, il problema dell’articolo 116 terzo comma della Costituzione, dove si prevede che «la legge ordinaria possa attribuire alle regioni ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia sulla base di un’intesa fra lo Stato e la regione interessata», resta. Avendo, tra l’altro, il Parlamento insipientemente accantonato nel 2024 un disegno di legge costituzionale di iniziativa popolare di modifica dell’art. 116. Un approccio corretto impone il rigoroso rispetto dell’articolo 119 e della sua legge di attuazione. Preziosi sono i chiarimenti della Suprema Corte, in margine alla non emendabilità e alla distinzione tra funzioni e materie oggetto di intese, per calibrare il trasferimento di sovranità che la legge 86 invece presume integralmente trasferita dallo Stato alla Regione per tutte le funzioni oggetto delle intese.Di fatto si impone la scelta tra due alternative. Da un lato il federalismo liberale alla Buchanan del 119 del Titolo V, incardinato sul principio di equità e sussidiarietà orizzontale e verticale, che contempla la funzione perequativa a scala rigidamente nazionale prevista nella legge attuativa, la 42/2009. Dall’altro, l’impianto sotteso al progetto della legge 86/2024, che veste i panni di un confederalismo competitivo, a tutela di rendite posizionali a beneficio prioritario o esclusivo dei cittadini della propria Regione Sovrana. La Suprema Corte ha si impedito che a ciò arrivasse ineluttabilmente la legge 86 approvata dal Parlamento nazionale. Ma ciò non garantisce che prevalga l’alternativa di una corretta attuazione della 42/2009 e che l’autonomia non pregiudichi l’unità del Paese diviso tra un Grande Nord Sovrano e l’avventura di un Grande Sud Sovrano. Con chi dialogherebbe allora l’UE? Con l’Italia dell’articolo 1 della Costituzione o con l’Italia una e trina divisa in Macroaree sovrane?*Presidente Svimez LEGGI TUTTO
POLITICA
Il ddl “ricostruzione” approvato in Senato, ora è legge: cosa prevede
Verso comunali il 25 maggio, ballottaggi e referendum l’8 giugno. All’esame revisione accise
Approvato al Senato il Ddl ricostruzione, un sostegno ai territori colpiti da calamità
Il Rearm di Ursula spacca il Pd: riformisti contro linea Schlein