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Maxi richiamo mondiale per Ferrari: ecco cosa è successo
La Ferrari richiamerà 2.222 auto in Cina a causa di”un potenziale guasto ai suoi sistemi frenanti”, secondo quanto ha riferito sul suo sito la State Administration for Market Regulation, l’Authority cinese di regolamentazione del mercato.Proprio così a partire dal 30 maggio, la casa di Maranello ritirerà alcune auto importate tra marzo 2010 e marzo 2019. La questione, in base a quanto spiegato, riguarda il rischio di perdite di liquido dei freni a causa del guasto al tappo del relativo serbatoio con conseguente riduzione delle prestazioni della frenata. Al momento il regolatore non ha spiegato il ritardo nell’attuazione del richiamo. Tuttavia Shanghai, dove Ferrari ha la sua principale sede in Cina, è attualmente in lockdown e sotto rigide restrizioni per contrastare la variante Omicron di Covid-19. Chiaramente il richiamo dei modelli non interesserà solo la Cina, ma sarà a livello mondiale.”La sicurezza e il benessere dei nostri clienti sono la nostra priorità. Operiamo secondo rigorose linee guida di sicurezza e protezione per garantire che i sistemi e le procedure corrette siano sempre in atto”. Così Ferrari ha commentato la decisione. Nello specifico come emerge da un documento pubblicato sul sito della State Administration for Market Regulation, saranno richiamate alcune auto importate della serie 458 Italia, 458 Speciale, 458 Speciale A, 458 Spider, 488 GTB e 488 Spider prodotte tra il 2 marzo 2010 e il 12 marzo 2019.”Ferrari ha notificato alle autorità il fatto che procederà con un richiamo per alcuni veicoli delle serie 458 e 488. Dopo aver esaminato la questione, Ferrari e Bosch hanno identificato la causa principale del difetto del sistema frenante e si è scoperto che nei veicoli coinvolti nella campagna di richiamo il tappo del serbatoio del liquido dei freni potrebbe non sfiatare correttamente, creando così potenzialmente un vuoto all’interno del serbatoio del liquido dei freni”, ha spiegato la società. In ogni modo il pezzo sarà sostituito gratuitamente e sarà riprogrammata la strumentazione per aggiornare il messaggio di avviso quando il livello del liquido dei freni è troppo basso. La decisione ha avuto effetti negativi anche a Piazza Affari, dove il gruppo Ferrari ha fatto registrare un (-3%). LEGGI TUTTO
Mauri (Pd): ransomware minaccia alla sicurezza, sì alle azioni sotto copertura
Ascolta la versione audio dell’articolo1′ di letturaSempre più spesso, le aziende e le piccole e medie imprese finiscono vittime del ransomware, tipo di software malevolo utilizzato dai pirati informatici per “infettare” i data center e i sistemi informatici aziendali rendendoli inutilizzabili fino al pagamento di un riscatto. Il fenomeno, in crescita e percepito come una delle principali minacce alla nostra economia da parte degli imprenditori, costituisce un serio attentato alla sicurezza nazionale, e richiede contromisure urgenti. Ed è in questo scenario che dal Pd arriva una proposta di legge per vietare i pagamenti di riscatti «almeno per quei soggetti che sono all’interno del perimetro nazionale cibernetico, cioè le realtà più delicate e più importanti dal punto di vista della sicurezza nazionale».Impedire il pagamento dei riscattiA fronte della minaccia ransomware, spiega il deputato dem Matteo Mauri, primo firmatario di una proposta di legge per il contrasto degli attacchi informatici a scopo di estorsione appena depositata a Montecitorio (Atto Camera 2318), occorre impedire il pagamento delle richieste in denaro avanzate degli hacker, replicando quanto fatto negli Anni Ottanta del secolo scorso, quando una legge ad hoc «impedì il pagamento dei riscatti per il rapimento delle persone», fenomeno ai tempi «molto diffuso in Italia».Loading…Consentire operazioni sotto copertura anche all’esteroNon solo. Il pacchetto normativo prevede anche «la possibilità per le forze dell’ordine di agire sotto copertura» nel contrasto del ransomware «anche all’estero, perché sappiamo perfettamente che gran parte, se non tutti, questi attacchi, provengono dall’estero o da criminali o a volte anche da strutture statuali, cioè da veri e propri Stati». LEGGI TUTTO
Piantedosi: “A Bengasi solo incidente diplomatico”. E difende Nordio su caso Almasri
“C’è stato un misunderstanding tra il rappresentante diplomatico dell’Ue e le autorità del territorio libico dove era atterrato l’aereo” dichiara il ministro al Corriere della Sera dopo il mancato ingresso nella città libica con la missione Ue. E sul caso Almasri: “Tutti noi ci siamo mossi nell’esclusivo fine dell’interesse pubblico”
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“È stato un corto circuito protocollare che riguardava la composizione delle delegazioni che dovevano incontrarsi. Ma non ha coinvolto l’Italia”. Così il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, intervistato dal Corriere della Sera, commenta il flop della missione in Cirenaica dei ministri di Italia, Grecia e Malta, accompagnati dal commissario europeo Magnus Brunner. Matteo Piantedosi non vuol sentir parlare di “respingimento ma più concretamente un annullamento della riunione all’ultimo momento”.
“A Bengasi un incidente diplomatico ma l’Italia non è coinvolta”
“Credo che sia un modo semplicistico e un po’ provinciale di compiacersi di quello che sicuramente è stato un incidente diplomatico che però, lo ripeto, non è attribuibile in alcun modo alla delegazione italiana” sottilinea Piantedosi al Corriere. “Noi consideriamo di grande importanza la collaborazione che stiamo consolidando con entrambe le parti libiche. Andremo avanti e questa sarà la migliore risposta a ogni illazione circa il rispetto e l’interesse che il nostro governo riscuote da quelle parti”.
Approfondimento
Espulsioni a Bengasi, quali scenari per i rapporti Europa-Libia?” Tornerò presto in Libia per rinsaldare la collaborazione”
“Su dossier così importanto come quello libico, l’azione del governo è sempre corale e coordinata. Dopo anni di colpevole disinteresse ed una inerzia pressoché totale, ribadisco che questo governo intrattiene, con entrambe le parti libiche, eccellenti rapporti che sono la migliore garanzia della prosecuzione di una collaborazione già proficua ed efficace. Tornerò presto in Libia, per rinsaldare ulteriormente la nostra collaborazione” conclude il ministro. LEGGI TUTTO
Dazi, difesa, Cina: Meloni cerca sponde nello Studio Ovale
Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaGli sherpa sono da settimane al lavoro per preparare l’incontro. Ma il risultato del faccia a faccia tra Donald Trump e Giorgia Meloni lo si capirà solo quando il presidente Usa e la premier italiana si ritroveranno nello Studio Ovale davanti alle telecamere. Il tema centrale restano i dazi ovviamente. E per Meloni arrivare a Washington dopo la decisione da parte di Trump di sospendere le tariffe “reciproche” riduce (anche se non li azzera) i rischi sull’esito del bilaterale con l’imprevedibile Commander-in-Chief della Casa Bianca. L’obiettivo di dazi “zero per zero” tra Europa e Stati Uniti agognato dalla presidente del Consiglio per ora resta una chimera. Che indica però la direzione: il rafforzamento dei rapporti tra le due sponde dell’Atlantico.Alleanza atlantica prioritariaQuesta è la missione che Meloni si è data e che per la premier non viene meno nonostante gli ordini esecutivi «profondamente sbagliati» firmati dal presidente americano contro i “parassiti” europei. La decisione di Trump di accantonare per 90 giorni i dazi – dopo una settimana che ha sconvolto i mercati e messo in discussione perfino i treasure Stars and Stripes – ha rafforzato a Palazzo Chigi questa convinzione e la volontà di mantenere prioritaria l’alleanza con gli States evitando a tutti i costi l’abbraccio con la Cina.Loading…Europa tra Usa e CinaLo scontro tra Washington e Pechino investe direttamente anche l’Europa. Bruxelles – dopo quello che viene percepito come un vero e proprio tradimento da parte Usa – è tornata a guardare a Oriente (non solo la Cina) con l’obiettivo di costruire nuove partnership commerciali. Una strada molto insidiosa per il Governo visto lo squilibrio gigantesco – già oggi – della bilancia commerciale tra l’Europa e il paese del Dragone. C’è chi sostiene in queste ore di vigilia che Meloni potrebbe offrire anche la disponibilità di Roma a rivedere l’accordo di partenariato strategico triennale sottoscritto con la Cina lo scorso luglio. Ma quello che soprattutto conterà è l’atteggiamento che il presidente Usa mostrerà nell’incontro con la premier italiana verso l’Europa. Perché è vero che Meloni non va a Washington in veste di rappresentante Ue ma è altrettanto scontato che in una fase di relazioni così complesse (eufemismo) il capo di governo di un Paese fondatore, che rappresenta la terza economia del continente e la seconda manifattura europea, è di per sé investito di un ruolo di rappresentanza.Pontiere tra Usa ed EuropaLa conclusione di questa missione è per questo destinata a pesare anche sul rapporto con Bruxelles. A rafforzare o a smentire quel ruolo di pontiere che la premier si era autoattribuita. Uscire dallo Studio Ovale con la disponibilità di Trump a un confronto con Bruxelles sarebbe di per sé una vittoria per Meloni che resta in contatto pressoché quotidiano con Ursula von der Leyen. L’occasione viene già indicata nel vertice Nato di fine giugno, che arriva a un paio di settimane dalla scadenza dei 90 giorni di sospensione dei dazi e che sancirà anche il nuovo obiettivo di spesa per la difesa.La spesa per la difesa: il traguardo del 2%Anche questo sarà tema del faccia a faccia con Trump assieme all’Ucraina di cui Meloni continua sostenere la causa. L’Italia è tra i Paesi che sono ancora abbondantemente al di sotto di quel 2% del Pil sottoscritto con i partner del Patto Atlantico. Impegno peraltro già ritenuto superato non solo dal presidente americano (secondo cui si dovrebbe salire al 5%) ma anche dai partner europei. LEGGI TUTTO
Uccise il datore di lavoro dopo il licenziamento, killer condannato a 23 anni
L’omicidio avvenne nel giugno del 2021 nei pressi della stazione dellametropolitana San Giovanni, nel quartiere Appio a Roma. Metropolitana San Giovanni a Roma – Nanopress.itQuesta mattina la III Corte d’assise di Roma ha pronunciato la sentenza di condanna nei confronti di Suren Grigoryan, 28enne di origini armene, accusato dell’omicidio. Uccise il datore di lavoro dopo il licenziamento: condannato a 23 anniIl 22 giugno del 2021 ha ucciso a coltellate il datore di lavoro, reo di averlo licenziato. La vittima venne colpita con diversi fendenti nei pressi della stazione della metropolitana San Giovanni, nel quartiere Appio a Roma. Questa mattina, la III Corte d’assise di Roma ha pronunciato la sentenza di condanna nei confronti di Suren Grigoryan, 28enne di origini armene. L’imputato è stato condannato a 23 anni di carcere.Il movente, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, sarebbe stato il licenziamento dall’autolavaggio in cui Grigoryan lavorava. La vittima lo aveva accusato di aver rubato dei soldi da un’auto e per questo lo aveva licenziato. Il 28enne venne fermato qualche ora dopo il delitto a Napoli. LEGGI TUTTO
Maxi richiamo mondiale per Ferrari: ecco cosa è successo
La Ferrari richiamerà 2.222 auto in Cina a causa di”un potenziale guasto ai suoi sistemi frenanti”, secondo quanto ha riferito sul suo sito la State Administration for Market Regulation, l’Authority cinese di regolamentazione del mercato.Proprio così a partire dal 30 maggio, la casa di Maranello ritirerà alcune auto importate tra marzo 2010 e marzo 2019. La questione, in base a quanto spiegato, riguarda il rischio di perdite di liquido dei freni a causa del guasto al tappo del relativo serbatoio con conseguente riduzione delle prestazioni della frenata. Al momento il regolatore non ha spiegato il ritardo nell’attuazione del richiamo. Tuttavia Shanghai, dove Ferrari ha la sua principale sede in Cina, è attualmente in lockdown e sotto rigide restrizioni per contrastare la variante Omicron di Covid-19. Chiaramente il richiamo dei modelli non interesserà solo la Cina, ma sarà a livello mondiale.”La sicurezza e il benessere dei nostri clienti sono la nostra priorità. Operiamo secondo rigorose linee guida di sicurezza e protezione per garantire che i sistemi e le procedure corrette siano sempre in atto”. Così Ferrari ha commentato la decisione. Nello specifico come emerge da un documento pubblicato sul sito della State Administration for Market Regulation, saranno richiamate alcune auto importate della serie 458 Italia, 458 Speciale, 458 Speciale A, 458 Spider, 488 GTB e 488 Spider prodotte tra il 2 marzo 2010 e il 12 marzo 2019.”Ferrari ha notificato alle autorità il fatto che procederà con un richiamo per alcuni veicoli delle serie 458 e 488. Dopo aver esaminato la questione, Ferrari e Bosch hanno identificato la causa principale del difetto del sistema frenante e si è scoperto che nei veicoli coinvolti nella campagna di richiamo il tappo del serbatoio del liquido dei freni potrebbe non sfiatare correttamente, creando così potenzialmente un vuoto all’interno del serbatoio del liquido dei freni”, ha spiegato la società. In ogni modo il pezzo sarà sostituito gratuitamente e sarà riprogrammata la strumentazione per aggiornare il messaggio di avviso quando il livello del liquido dei freni è troppo basso. La decisione ha avuto effetti negativi anche a Piazza Affari, dove il gruppo Ferrari ha fatto registrare un (-3%). LEGGI TUTTO
Mauri (Pd): ransomware minaccia alla sicurezza, sì alle azioni sotto copertura
Ascolta la versione audio dell’articolo1′ di letturaSempre più spesso, le aziende e le piccole e medie imprese finiscono vittime del ransomware, tipo di software malevolo utilizzato dai pirati informatici per “infettare” i data center e i sistemi informatici aziendali rendendoli inutilizzabili fino al pagamento di un riscatto. Il fenomeno, in crescita e percepito come una delle principali minacce alla nostra economia da parte degli imprenditori, costituisce un serio attentato alla sicurezza nazionale, e richiede contromisure urgenti. Ed è in questo scenario che dal Pd arriva una proposta di legge per vietare i pagamenti di riscatti «almeno per quei soggetti che sono all’interno del perimetro nazionale cibernetico, cioè le realtà più delicate e più importanti dal punto di vista della sicurezza nazionale».Impedire il pagamento dei riscattiA fronte della minaccia ransomware, spiega il deputato dem Matteo Mauri, primo firmatario di una proposta di legge per il contrasto degli attacchi informatici a scopo di estorsione appena depositata a Montecitorio (Atto Camera 2318), occorre impedire il pagamento delle richieste in denaro avanzate degli hacker, replicando quanto fatto negli Anni Ottanta del secolo scorso, quando una legge ad hoc «impedì il pagamento dei riscatti per il rapimento delle persone», fenomeno ai tempi «molto diffuso in Italia».Loading…Consentire operazioni sotto copertura anche all’esteroNon solo. Il pacchetto normativo prevede anche «la possibilità per le forze dell’ordine di agire sotto copertura» nel contrasto del ransomware «anche all’estero, perché sappiamo perfettamente che gran parte, se non tutti, questi attacchi, provengono dall’estero o da criminali o a volte anche da strutture statuali, cioè da veri e propri Stati». LEGGI TUTTO