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Acconti Irpef senza il taglio aliquote. Dossier aperto su platea e coperture
Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaTra i paradossi del Fisco italiano c’è anche quello che la riduzione da quattro a tre delle aliquote Irpef per alcuni contribuenti non si tradurrà in una diminuzione delle tasse nella dichiarazione dei redditi da presentare nel 2025. Arriva, infatti, ora al pettine il nodo di quella che tecnicamente si chiama sterilizzazione degli effetti sugli acconti della prima riduzione da quattro a tre aliquote che il decreto attuativo della delega fiscale (il Dlgs 216/2023) aveva introdotto per il 2024. Riduzione che poi l’ultima manovra ha messo a regime, però senza un coordinamento tra le due norme.Recupero solo nella dichiarazione 2026Tradotto in pratica, vuol dire che gli acconti d’imposta per il 2024 e il 2025 si calcolano come se quell’accorpamento del primo scaglione fino a 28mila euro sotto l’aliquota del 23% (eliminando quindi quella del 25%) non esistesse per ora. Risultato? Secondo le prime simulazioni effettuate dai Caf della Cgil si determinerebbe un effetto paradossale con un aumento di tassazione dai 75 ai 260 euro per i lavoratori dipendenti e dai 100 ai 260 euro per i pensionati. Soldi che potranno essere recuperati solo con la dichiarazione 2026 e che quindi determinano una sorta di anticipo a tasso zero per l’Erario.Loading…Impatto su pensionati e dipendentiUn problema che poco più di un anno fa era solo prospettico e, invece, ora si materializza con l’avvio della campagna della dichiarazione dei redditi. E che soprattutto rischia, secondo la denuncia della Cgil, di penalizzare solo dipendenti e pensionati e quindi quei contribuenti che pagano tutto e che vedono tassati tutti i loro redditi da lavoro e pensione. In realtà, bisogna considerare due aspetti. Il primo è che si tratta di un effetto solo temporaneo, perché l’anticipo maggiorato che si rischia di pagare ora poi sarà recuperato con la dichiarazione dei redditi 2026. La perdita è solo temporanea e, in ogni caso, al di là delle situazioni tipo molto dipenderà dai bonus fiscali (detrazioni e deduzioni) che il singolo contribuente potrà far valere in dichiarazione e che portano anche per l’anno in corso a mitigare la possibile penalizzazione. Penalizzazione che ora risulterebbe visibile nell’immediato solo per le addizionali comunali perché, per espressa previsione della riforma fiscale, sono rimaste comunque a quattro aliquote e perché vengono applicate mese dopo mese direttamente in busta paga.Il dossier apertoIn teoria, quindi, ci sarebbero i tempi per un intervento per rimediare al cortocircuito tra riforma Irpef e manovra, come chiesto a gran voce da tutte le forze di opposizione che ora riconoscono gli effetti di una norma sottoposta comunque al parere delle commissioni parlamentari prima di approdare in «Gazzetta Ufficiale». Il dossier è stato aperto sui tavoli governativi ma l’input è quello di procedere con cautela cercando di capire quali sono i numeri effettivi della platea interessata e quelli delle coperture.Il problema sul cuneo fiscaleSul tavolo, infatti, c’è anche la necessità di prevedere un’integrazione – come del resto già anticipato dalla sottosegretaria all’Economia Lucia Albano in risposta a un question time a fine gennaio – per la perdita di 1.200 euro annuali di trattamento integrativo che la riscrittura del cuneo fiscale, sempre nell’ultima manovra, ha determinato per i contribuenti con retribuzione lorda tra 8.500 e 9.000 euro. LEGGI TUTTO
Meloni in aula, sulla difesa compromesso nella maggioranza
Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaRafforzare la sicurezza interna ed esterna dell’Unione, ma nell’ottica di un’alleanza Nato dalla quale non si può prescindere. E stando ben attenti a non mettere a repentaglio le finanze pubbliche. Un obiettivo che si potrà raggiungere anche tramite l’introduzione di piani di garanzia pubblica per il finanziamento degli investimenti sia nell’industria della difesa sia nei settori tecnologici, logistici ed infrastrutturali, così come proposto dall’Italia in sede Ecofin dello scorso 11 marzo, dove è stata accolta con favore la proposta del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti per uno strumento con garanzie europee capace di innescare investimenti privati fino a 200 miliardi di euro nella difesa. Questo sarà il cuore della risoluzione con la quale il centrodestra approverà le comunicazioni al Senato della premier Giorgia Meloni, in vista del Consiglio europeo di Bruxelles del 20-21 marzo. Un compromesso per cui alla vigilia nel centrodestra si esclude il rischio di crepe interne, sottolineando invece che le opposizioni andranno divise all’appuntamento. Anche il Pd lavora per cercare una sintesi al proprio interno per evitare nuove divisioni dopo quella sulla risoluzione al Parlamento europeo, che sarà invece il testo riproposto alle Camere da Azione. Avs ribadirà il “no al riarmo nazionale”.La quadra nella maggioranzaNella risoluzione di maggioranza sono evitati riferimenti espliciti, e potenzialmente divisivi, al ReArm Europe, limitando l’input a rafforzare la capacità operativa degli Stati Ue nel quadro dell’alleanza Nato. Nella risoluzione, sulla guerra in Ucraina è stata scelta una poi formula che comprende il lavoro con Ue, Usa e i tradizionali alleati per arrivare a una pace che rispetti il diritto internazionale, insieme a Kiev.Loading…Romeo (Lega): risoluzione M5S contro le armi? Magari ci asteniamoTrovata la quadra nella maggioranza, restano alcune incognite. La risoluzione del M5s, nella parte in cui si oppone al piano di riarmo europeo, potrebbe avvicinarsi alle posizioni dei leghisti, che però garantiscono di seguire i pareri del governo. «La risoluzione dei 5Stelle contro le armi? Magari ci asteniamo, seguiamo il parere del governo, magari il governo chiede modifiche» ha dichiarato Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega in SenatoRisoluzione M5s chiede a governo stop a piano riarmoTra i passaggi fondamentali del M5s, secondo quanto si apprende, c’è sicuramente quello che vuole che il governo si impegni «a manifestare, in tutte le sedi istituzionali, nazionali ed europee, la ferma contrarietà al piano di riarmo europeo “Rearm Europe”». Un piano bocciato dalla Lega al Parlamento europeo ma a favore del quale hanno votato invece Fdi e Forza Italia. I pentastellati chiedono poi all’esecutivo di «sostituire integralmente il piano di riarmo europeo con un piano di rilancio e sostegno agli investimenti che promuovano la competitività, gli obiettivi a lungo termine e le priorità politiche dell’Unione europea quali: spesa sanitaria, sostegno alle filiere produttive e industriali, incentivi all’occupazione, istruzione, investimenti green e beni pubblici europei, per rendere l’economia dell’Unione più equa, competitiva, sicura e sostenibile». LEGGI TUTTO
Centrosinistra, la ricetta Franceschini scuote il Pd: «Andiamo da soli». Schlein: restiamo su temi concreti
Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di lettura«When Pd is in trouble, follow Franceschini». Che tradotto dall’inglese maccheronico del Transatlantico significa che per capire dove va il Pd bisogna guardare dove va lui, Dario Franceschini: già segretario dem dopo Walter Veltroni, più volte ministro e parlamentare fin dove arriva la memoria dei cronisti, si è schierato con Bersani prima che Bersani vincesse le primarie, idem con Renzi, e contro tutti i pronostici idem con Schlein. Per questo il nuovo lodo franceschiniano, lanciato tramite classica intervista a Repubblica, fa discutere i dem di prima mattina: che vorrà dire? dove vuole andare a parare? Tanto che la stessa segretaria cerca e ottiene al telefono subitanee rassicurazioni: «Non è un messaggio contro la tua leadership, anzi punta a rafforzarla».Schlein: «Preferisco temi concreti»La replica della segretaria dem arriva il giorno dopo: «Preferisco i temi concreti, non entrerei in questo dibattito» si limita a dire Elly Schlein in un’intervistata al Mattino di Padova.Loading…Il lodo FranceschiniIntanto eccolo, il lodo Franceschini: «Si dice spesso che la destra si batte uniti. Io mi sono convinto che la destra la battiamo marciando divisi. I partiti sono diversi e lo resteranno, è inutile fingere che si possa fare un’operazione come fu quella dell’Ulivo», è la sua realistica analisi. Da qui la proposta: «Si vada ognuno per proprio conto, valorizzando le proprie proposte e l’aspetto proporzionale della legge elettorale. È sufficiente stringere un accordo sul terzo dei seggi che si assegnano con i collegi uninominali per battere i candidati della destra».Alleanza solo elettoraleNon si tratta, si spiega in giornata, di un liberi tutti. L’attuale Rosatellum prevede una scheda unica con il candidato del collegio uninominale e le liste dei partiti che lo sostengono, quindi non sono possibili desistenze vecchia maniera: l’alleanza va siglata. Ma un conto è un’alleanza “tecnica”, elettorale, un conto è la costruzione di una coalizione con un capo politico e con un programma dettagliato. Pochi punti in comune, visto che la presentazione di un programma dell’alleanza è prevista dal Rosatellum, e ognun per sé con i suoi temi da proporre agli elettori. Uno schema che per altro (ed è questa la rassicurazione data a Schlein) presuppone che il partito che prenderà più voti esprimerà il premier in caso di vittoria.Presa di distanza dal M5sTutto sommato lo schema non fa una piega, anche se non sembra poter scaldare i cuori, e serve da una parte a prendere le distanze dai continui diktat del leader del M5s Giuseppe Conte e dall’altra a legittimare la tanto evocata nascita di un partito centrista. «Per allargare l’offerta elettorale è utile un partito che parli di più ai moderati, che recuperi l’astensionismo di quell’area, che contenda i voti a Forza Italia», sottolinea Franceschini, che lancia anche un messaggio agli eredi del Cavaliere: «Se Berlusconi fosse rimasto in vita, non avrebbe accettato a lungo di stare in un centrodestra guidato dalla destra estrema… Con una legge tutta proporzionale Forza Italia sarebbe arbitra dei governi per i prossimi vent’anni». LEGGI TUTTO
Atto dovuto, carte al tribunale dei ministri
Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaLa premier Giorgia Meloni finisce sotto inchiesta per l’affaire Osema Almasri, il generale libico ricercato dalla Corte penale internazionale dell’Aja per crimini contro l’umanità nel carcere di Mitiga (Tripoli). Sotto accusa ci sono anche l’Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica, Alfredo Mantovano, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il Guardasigilli Carlo Nordio. Nei loro confronti sono ipotizzati i reati di favoreggiamento personale, in riferimento al mancato arresto del militare, e il peculato, connesso al rimpatrio del libico con volo di Stato.L’iscrizione nel registro degli indagati – conseguenza obbligatoria dopo la denuncia presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti, ex sottosegretario alla Giustizia col Governo Prodi II – rappresenta un atto dovuto per la Procura di Roma, tanto che contestualmente alla notifica dell’avviso di garanzia il procuratore capo Francesco Lo Voi si è spogliato del procedimento e ha inviato gli atti al Tribunale dei ministri, competente in caso di reati commessi da esponenti di Governo nell’esercizio delle loro funzioni.Loading…Sarà ora questo collegio (tre magistrati ordinari) a dover trovare riscontro alla denuncia e chiarire tutta la vicenda. Iniziata il 18 gennaio scorso a Torino, quando la Digos ha arrestato Almasri – in viaggio da dodici giorni tra Inghilterra, Belgio, Germania e come ultima tappa l’Italia – sulla base di un atto d’accusa diramato lo stesso giorno dalla Corte dell’Aya e contestualmente rilanciato con una Red notices dell’Interpol.Stando alle procedure, l’arresto compiuto dalla Digos era stato irregolare, in quanto per essere eseguito doveva avere l’impulso della Procura generale di Roma (competente in questi casi) allertata preventivamente dal ministero della Giustizia. E qui nasce il nodo. Secondo via Arenula il 18 gennaio non era arrivato nulla dall’Aya. L’aspetto che potrebbe avere risvolti penali, però, è che neanche nei giorni successivi, il 20 gennaio, il Ministero ha mandato comunicazioni alla Procura generale, col risultato che il 21 la Corte d’Appello ha dovuto rimettere in libertà Almasri (si veda l’articolo a destra).L’altro tema che dovrà essere affrontato è il rimpatrio del militare per «urgenti ragioni di sicurezza», ha spiegato il ministro Piantedosi, considerata «la pericolosità del soggetto». Il problema è che Almasri, sotto accusa per crimini contro l’umanità, omicidio, violenze sessuali plurime e stupro di guerra nelle carceri libiche, è avvenuto attraverso l’utilizzo di un volo di Stato. Si pensi che, secondo le ricostruzioni, il Falcon battente bandiera italiana è atterrato intorno alle 11 del 21 gennaio scorso all’aeroporto Caselle di Torino, mentre la decisione di rimettere in libertà Almasri è giunta solo nel pomeriggio. LEGGI TUTTO
Elezioni amministrative, aperti i seggi a Pordenone, Monfalcone, Nimis e San Pier d’Isonzo
Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaIn Friuli Venezia Giulia seggi aperti in quattro comuni per il rinnovo delle amministrazioni. I seggi elettorali dei quattro Comuni del Friuli Venezia Giulia – Pordenone, Monfalcone, Nimis e San Pier d’Isonzo – sono stati regolarmente costituiti, come reso noto dal Servizio elettorale della Regione.Orario più lungo lunedì per la Pasqua ebraicaPer venire incontro agli elettori di fede ebraica, che domenica 13 e lunedì 14 aprile celebreranno la Pasqua, la Regione ha ampliato l’orario di apertura dei seggi. Gli elettori lunedì avranno sette ore in più per esprimere le proprie preferenze, rispetto alle ore 15, orario previsto dall’ultima Finanziaria della Regione per l’avvio delle operazioni di spoglio.Loading…Tutti comuni sciolti anticipatamenteLe elezioni comunali 2025 in Friuli Venezia Giulia prevedono il rinnovo degli organi di quattro comuni, tutti sciolti anticipatamente, due con popolazione inferiore a 15mila abitanti, Nimis e San Pier d’Isonzo, e due con popolazione superiore ai 15mila abitanti, Monfalcone e Pordenone. Per questi ultimi due è possibile il turno di ballottaggio se uno dei candidati alla carica di sindaco non dovesse ottenere almeno il 40% dei voti al primo turno (articolo 15 legge reg. 19/2013 come modificata dalla legge regionale 1/2024).Pordenone vota dopo l’elezione a Straburgo del sindaco CirianiPer esempio Pordenone, capoluogo di Provincia, torna alle urne dopo che il primo cittadino Alessandro Ciriani è stato eletto a Strasburgo alle Europee nel 2024 con 40mila preferenze. Dal mese di luglio la poltrona di primo cittadino è occupata dal vicesindaco facente funzioni Alberto Parigi (FdI). I candidati alle amministrative di Pordenone sono Alessandro Basso, Nicola Conficoni, Anna Ciriani e Marco Salvador. Il centrodestra sostiene Alessandro Basso, esponente di Fratelli d’Italia. A suo sostegno la sua “Pordenone civica”, la lista “Pordenone Cambia” di Alessandro Ciriani, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega. Il centrosinistra punta, invece, su Nicola Conficoni, espnente del Pd, sostenuto da Italia Viva e dalle liste “Un’altra Pordenone c’è”, “Il bene Comune”, “Pordenone in salute”. Non si è presentato il Movimento 5 Stelle. La consigliera comunale uscente Anna Ciriani correrà da sola con la lista “#AmiAmoPordenone”. Nel centrosinistra Marco Salvador si è presentato solo, sostenuto da una propria lista civica.Quattro candidati a MonfalconeSfida a quattro a Monfalcone. Il consigliere regionale del Pd Diego Moretti, 55 anni, guiderà una coalizione di centrosinistra, sostenuta dal Pd e dalle liste “Monfalcone Civica e Solidale”, “Insieme con Moretti” e “Progressisti per Monfalcone”. Il centrodestra punta sull’assessore alla Cultura uscente Luca Fasan, 60 anni (Lega), sostenuto da Fratelli d’Italia/Alleanza Nazionale, Forza Italia, la lista “Cisint per Monfalcone – Fasan sindaco” e il “Popolo della Famiglia”. In lizza anche Bou Konate, 62 anni, ex assessore ai Lavori pubblici della giunta Pizzolitto nei primi anni Duemila e presidente onorario dell’associazione Darus Salaam. Sostenuto da “Italia Plurale. In corsa anche Rudj Pecikar, 64 anni, che guida la lista civica “Insieme Liberi con Rudi per Monfalcone”. LEGGI TUTTO
POLITICA
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