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IN EVIDENZA

  • Sbalzato fuori dall’auto, muore 20enne nel Brindisino

    La dinamica dell’incidente è ancora in corso di accertamento. La vittima è un ragazzo di 20 anni di Busto Arstizio, che stava trascorrendo qualche giorno di vacanza in Puglia con alcuni amici.Sbalzato fuori dall’auto, muore 20enne nel Brindisino – Nanopress.itI carabinieri stanno ascoltando il gruppo di amici che si trovava con il 20enne al momento della tragedia. Sbalzato fuori dall’auto, muore 20enne nel BrindisinoSecondo quanto riferiscono le testate locali, la vittima – un 20enne lombardo – era in vacanza a Torre Santa Sabina, marina di Carovigno (Brindisi), quando è caduto da un’auto in movimento, sbattendo la testa sull’asfalto. La dinamica dell’incidente è ancora in fase di accertamento. Pare che fosse seduto sul sedile posteriore di una Opel Corsa quando lo sportello si è aperto e lo ha sbalzato fuori dall’abitacolo. Purtroppo, i soccorritori non sono riusciti a rianimarlo. I suoi amici, con cui era in vacanza in Puglia, sono stati ascoltati dai carabinieri nell’ambito delle indagini. LEGGI TUTTO

  • Landini: parte del Paese non sa che ci sono i referendum

    Ascolta la versione audio dell’articolo1′ di lettura«C’è un problema di scarsa informazione. Finora le tv e i giornali non hanno fatto un’informazione, tante persone non sanno che c’è il referendum», «oggi siamo qui perché è importante informare le persone visto che non tutti lo stanno facendo. C’è una parte di Paese che non sa che ci sono i referendum». Lo ha detto il segretario della Cgil, Maurizio Landini, coi giornalisti al mercato di piazzale don Baroni a Lucca, prima tappa toscana oggi per invitare a votare Sì ai cinque referendum su lavoro e cittadinanza dell’8-9 giugno. «È importante esser qui, parlare per ricostruire una partecipazione, una democrazia»«Referendum perché per i giovani è un disastro»«Perché facciamo questi referendum? Perché per i giovani è un disastro, c’è una precarietà senza fine, ci sono salari troppo bassi, si muore sul lavoro. Quindi è il momento di provare a cambiare questa situazione». Così ancora Landini.Loading…«Quello che vogliamo fare è andare a ascoltare, anche ascoltare le critiche, perché è un momento in cui devi anche ricostruire un rapporto per provare a cambiare la situazione. Non è che abbiamo fatto tutte le cose giuste, bisogna essere onesti. Essere qui è un elemento di umiltà per ascoltare, per capire, per verificare se quello che stiamo facendo corrisponde ai bisogni delle persone». Per il segretario della Cgil «è importante fare questo lavoro in questo mese – ha anche detto – di contatto, di coinvolgimento, ascoltando le persone e invitando le persone a decidere. Poi, ognuno vota quello che ritiene più opportuno, noi ovviamente li invitiamo a votare ’sì’, ma ognuno usa la sua testa». LEGGI TUTTO

  • Referendum 8 e 9 giugno 2025, le posizioni dei partiti: da Fratelli d’Italia al Pd

    Il Partito Democratico si schiera a favore del sì su tutti e cinque i quesiti e in particolare su quelli che puntano a smantellare parti del Jobs Act, la riforma sul lavoro approvata durante il governo Renzi. La segretaria Elly Schlein ha ribadito la volontà di correggere quelle norme che, secondo il Pd, hanno indebolito le tutele dei lavoratori. “Si vota per dei referendum che vogliono contrastare la precarietà, aumentare la sicurezza di chi lavora nel Paese che nella Costituzione dice che la Repubblica è fondata sul lavoro, ma non sul lavoro qualsiasi, sul lavoro dignitoso, sul lavoro di qualità, sul lavoro non precario, non povero, su un lavoro più sicuro. Andremo a votare anche per affermare il diritto di cittadinanza di tutte quelle persone a cui dopo tanto tempo in Italia è ancora negato”, ha riferito Schlein. L’invito rivolto agli elettori è quindi quello di recarsi alle urne e votare sì per abrogare le disposizioni in materia di tutele crescenti, licenziamenti e contratti a termine LEGGI TUTTO

  • Ascesa e declino di 23andMe

    Fino a qualche anno fa 23andMe era considerata una delle più promettenti e ricche aziende per i test genetici, nata con la promessa di offrire sistemi innovativi per prevedere l’insorgenza di particolari malattie. Oggi le sue condizioni sono talmente precarie da indurre chi ha cause legali con la società ad abbassare le proprie pretese di risarcimento pur di avere qualche soldo. È quello che è successo lo scorso settembre a un gruppo di clienti di 23andMe, che per risolvere una causa legata alla diffusione di dati personali – una vicenda risalente al 2023 e che aveva portato a grandi critiche nei confronti dell’azienda – alla fine ha chiesto 30 milioni di dollari, molto meno di quanto ipotizzato inizialmente, proprio nel timore che in tempi brevi la società possa essere venduta o non abbia più le risorse per pagare.La notizia è stata ampiamente ripresa sui giornali ed è vista come uno dei segni più tangibili della crisi di 23andMe. La società ha perso infatti buona parte del proprio valore in borsa, passando da circa 6 miliardi a meno di 150 milioni di dollari, e fatica a raccogliere nuovi clienti e contratti. Senza nuove idee, la sua cofondatrice Anne Wojcicki potrebbe non essere in grado di salvarla, dopo 20 anni di grandi promesse e risultati spesso deludenti.
    L’alternarsi di successi, enormi investimenti e grandi perdite, con licenziamenti di massa e le dimissioni di vari membri del consiglio di amministrazione, sono nella storia di molte aziende tecnologiche della Silicon Valley, ma nel caso di 23andMe sono ancora più peculiari perché interessano un settore in cui sono state riposte grandi speranze sia da parte degli investitori sia dei clienti. Le aziende che si occupano di salute hanno cercato di sfruttare più di altre le evoluzioni tecnologiche offerte da Internet per offrire servizi innovativi, ingrandirsi e raccogliere gigantesche quantità di dati, spesso sfruttando i vuoti legislativi lasciati da leggi ormai datate.
    23andMe esiste dal 2006, quando fu fondata da Wojcicki insieme a Linda Avey e a Paul Cusenza, che uscì quasi subito dall’iniziativa. Dopo essersi laureata in biologia alla Yale University, nel 1996 Wojcicki aveva iniziato a lavorare come consulente per alcuni fondi di investimento nel settore dell’assistenza sanitaria. Raccontò in seguito di non averne avuto una grande impressione: molte società avevano il solo scopo di produrre e offrire trattamenti medici molto costosi per ottenere il massimo dei rimborsi dalle assicurazioni sanitarie, che gestiscono buona parte dell’accessibilità alle cure negli Stati Uniti. 23andMe nasceva quindi con l’idea di scardinare alcuni di quei modelli di gestione dell’assistenza sanitaria, puntando su metodi innovativi per l’analisi dei dati per la salute. Una conoscenza fortuita favorì il piano.
    In quegli anni Wojcicki aveva conosciuto Sergey Brin e Larry Page, i due cofondatori di Google che avevano preso in affitto il garage di Susan Wojcicki come loro prima sede della startup che stava sviluppando il motore di ricerca. Susan era sorella di Anne e avrebbe poi avuto un ruolo nell’azienda, diventandone una delle più importanti dirigenti e la responsabile di YouTube.
    Tra Brin e Anne Wojcicki era iniziata una relazione e quest’ultima aveva scoperto che Avey stava pensando a sistemi innovativi per offrire a tutti test genetici come sistema di prevenzione per alcune malattie. Wojcicki era interessata all’idea e disse ad Avey che avrebbero potuto collaborare per mettere in piedi una startup. Avey accettò, pensando che Wojcicki fosse il collegamento ideale con Brin e quindi con Google per avere risorse e visibilità.
    Fu in effetti Brin a investire i primi milioni di dollari in 23andMe, a facilitare la ricerca di altri investitori e a valutare l’assunzione di alcuni dipendenti. La scelta del nome derivava dalle 23 paia di cromosomi presenti nel nucleo delle cellule dell’organismo umano in cui è raccolto il materiale genetico di ogni persona. Nel 2007, poche settimane dopo il matrimonio tra Brin e Wojcicki, Google annunciò un importante investimento nella società, che divenne molto discussa e guardata con interesse da altri fondi di investimento.
    L’idea alla base dei servizi di 23andMe era semplice e al tempo stesso ambiziosa. Attraverso il sito dell’azienda si acquista un kit per l’esame del DNA che viene spedito a casa, il cliente sputa in una provetta e la manda a 23andMe che ne analizza il contenuto. Sulla base delle informazioni genetiche raccolte dalla saliva, la società mostra poi al proprio cliente quello che ha scoperto, dalla presenza di geni che indicano il maggior rischio di ammalarsi di qualcosa a una sorta di albero genealogico che mostra la propria discendenza su base geografica.

    Grazie alla grande visibilità data dal coinvolgimento di Google, migliaia di persone inviarono i loro sputi a 23andMe, ricevendo in cambio informazioni genetiche di ogni tipo come la predisposizione a soffrire di calvizie o di obesità e informazioni più particolari come le cause genetiche della consistenza del proprio cerume. Wojcicki si fece notare anche per l’organizzazione di feste in cui ospiti come il miliardario Rupert Murdoch o il produttore cinematografico Harvey Weinstein venivano invitati a sputare nelle provette per sottoporsi ai test.
    Anche grazie a questi eventi 23andMe era riuscita a far parlare di sé, ma il prezzo di 399 dollari per ogni kit era comunque troppo alto per rendere di massa i test genetici. Nel 2009 Wojcicki pensò che uno degli ostacoli alla crescita dell’azienda fosse Avey, che da genetista aveva un approccio più cauto e conservativo nella promozione di ciò che effettivamente si poteva ottenere con un test. Nella maggior parte dei casi, avere uno o più geni riconducibili a una malattia non significa che prima o poi si svilupperà quella malattia: altre variabili genetiche, stili di vita e fattori ambientali hanno un ruolo altrettanto importante. Nei propri “Termini e condizioni” 23andMe chiariva questi aspetti, che però non trasparivano molto dalla comunicazione sulla possibilità di avere grafici e stime sulla presenza di geni noti per essere associati a certe malattie.
    Wojcicki ottenne che Avey venisse estromessa dalla società, diventandone in questo modo l’unica figura di spicco. Le conoscenze maturate in quel periodo le permisero di entrare in contatto con il miliardario Yuri Milner che fece un grande investimento in 23andMe, tale da permettere all’azienda di vendere i test del DNA a 99 dollari.
    La forte riduzione del prezzo e una prima campagna pubblicitaria in tutti gli Stati Uniti attirarono l’attenzione della Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia statunitense che si occupa tra le altre cose di farmaci e test diagnostici. La versione del test per scopi sanitari non aveva le autorizzazioni necessarie per essere venduta e la FDA ne bloccò le vendite, riducendo le possibilità di espansione della società.
    Furono necessari circa due anni prima che 23andMe producesse tutta la documentazione necessaria per ricevere un’autorizzazione da parte della FDA. L’operazione richiese milioni di dollari, ma infine rese possibile la vendita dei kit senza particolari limitazioni e in pochi anni i clienti diventarono circa otto milioni.
    Wojcicki puntò molto sulla promozione della parte legata ai test per la discendenza, venduti come uno strumento per scoprire da quali aree geografiche provenissero i propri avi, anche se queste ricostruzioni sono soggette a numerosi errori e approssimazioni. Questo ambito offriva qualche sicurezza in più rispetto a quello dei geni e delle malattie, sul quale comunque l’azienda continuava a fornire servizi e a effettuare ricerche.
    Sergey Brin e Anne Wojcicki a un evento di 23andMe a New York nel 2008, la coppia ha divorziato nel 2015 (Donald Bowers/Getty Images for The Weinstein Company)
    Questa strategia commerciale permise a 23andMe di superare alcune difficoltà economiche sorte negli anni in cui non poteva vendere i propri kit per via delle limitazioni imposte dall’FDA, ma segnalò anche la spregiudicatezza di Wojcicki nel gestire una società che ha a che fare con la salute. La FDA impose a 23andMe di non fornire informazioni sulla presenza di varianti genetiche che potrebbero far aumentare il rischio di ammalarsi di alcuni tipi di cancro, così come di non fornire informazioni su quali farmaci potrebbero funzionare meglio in base ai profili genetici.
    23andMe stava comunque raccogliendo un’enorme mole di dati sulle caratteristiche genetiche di milioni di persone e Wojcicki pensò di sfruttarle in altro modo, offrendo servizi per analisi di massa alle aziende farmaceutiche. Nel 2018 fu stretto un accordo con GSK per l’utilizzo in esclusiva dei dati per cinque anni, ma trovare altre società interessate a collaborare con 23andMe si rivelò più difficile del previsto. GSK nel 2023 ha esteso la propria collaborazione per un anno, attraverso un contratto aggiuntivo da 20 milioni di dollari, ma ultimamente 23andMe non ha più annunciato nuovi accordi con altre aziende.
    I clienti che hanno inviato i loro sputi alla società possono scegliere se metterli a disposizione per attività di ricerca o mantenerli privati, ma 23andMe è stata criticata spesso per il modo in cui gestisce i dati degli utenti. In particolare sono emersi problemi di sicurezza, divenuti evidenti nel 2023 con il furto dei dati di sette milioni di persone, circa la metà degli utenti dell’azienda. E proprio da quella violazione dei dati sarebbe poi partita l’iniziativa legale per la quale c’è ora la proposta di una risoluzione con un risarcimento da 30 milioni di dollari.
    Appena due anni prima della perdita dei dati, 23andMe si era quotata in borsa, approfittando di un periodo in cui c’era un grande interesse per le società che promettevano di aumentare il proprio valore grazie a offerte pubbliche di acquisto miliardarie. Nel febbraio del 2021 il prezzo di una singola azione raggiunse i 321 dollari, ma a partire dal 2022 23andMe iniziò un rapido declino in borsa perdendo buona parte del proprio valore. Oggi un’azione vale poco meno di 5 dollari e anche per questo ci sono forti dubbi sulla capacità dell’azienda di rilanciare le proprie attività.
    L’andamento delle azioni di 23andMe da quando è in borsa (Google)
    Secondo gli analisti il rapido declino di 23andMe in borsa è dipeso sia dallo sgonfiarsi della bolla legata ai servizi per la salute nella Silicon Valley, sia da alcune scelte commerciali poco efficaci dell’azienda. La divisione dedicata alla ricerca di nuove terapie non ha mai portato a risultati soddisfacenti, anche a causa dello scarso coinvolgimento delle grandi aziende farmaceutiche. Nel 2022 23andMe aveva assunto 150 persone per provvedere allo sviluppo di nuovi farmaci, ma l’investimento si è rivelato troppo oneroso, tanto da portare in breve tempo al licenziamento di circa metà delle persone coinvolte in quelle attività.
    Un altro punto debole di 23andMe è stato a lungo il modello basato sul singolo acquisto di un kit, che espone l’azienda alle oscillazioni della domanda, che è sensibilmente diminuita negli ultimi anni. Per provare a superare questa impostazione l’azienda offre da qualche tempo 23andMe+, un servizio in abbonamento per ricevere periodicamente rapporti personalizzati sulla propria salute, consigli per vivere meglio e dettagli su non meglio specificate future scoperte. La sottoscrizione dell’abbonamento ha un costo iniziale di 229 dollari e c’è poi una spesa annuale di 69 dollari.
    23andMe+ ha raccolto poche centinaia di migliaia di adesioni, senza diventare determinante per la società. Nel 2021 23andMe aveva previsto 2,9 milioni di abbonamenti entro la fine di marzo 2024, ma ha chiuso il 2023 con 640 mila abbonati scesi a 562mila nei primi mesi di quest’anno.
    A novembre del 2023 23andMe ha poi presentato Total Health, un nuovo piano in abbonamento che costa quasi 1.200 dollari all’anno e che promette di offrire test genetici più approfonditi, oltre a una serie di servizi per effettuare esami di laboratorio e ricevere consulenze mediche. Il piano non è al momento coperto dalle assicurazioni ed è quindi completamente a carico dei singoli clienti, che al momento non sembrano essere interessati. Il punto di ingresso per la maggior parte di loro è del resto il test nella sua versione classica ed economica, che offre però informazioni generiche e spesso deludenti, di conseguenza non incentiva molto il passaggio alle versioni più costose.
    Tra le altre cose, Total Health viene promosso come un sistema per invecchiare meglio e più lentamente (23andMe)
    Gli abbonamenti e i nuovi servizi per ora non sono stati sufficienti per rinvigorire gli affari di 23andMe, che da quando è stata fondata non ha mai prodotto utili e che lo scorso anno ha licenziato circa un quarto dei propri dipendenti, proprio per ridurre le spese. Le condizioni precarie dell’azienda hanno spinto Wojcicki a proporre di togliere dal mercato azionario l’azienda, ma l’offerta di acquisto per azione – circa 0,40 dollari rispetto ai 10 di quando fu quotata – non solo non ha convinto gli investitori, ma ha anche portato alle dimissioni dell’intero consiglio di amministrazione. I suoi componenti hanno accusato Wojcicki di non avere presentato una proposta credibile e si sono lamentati di non potere fare nulla, visto che Wojcicki ha la quantità di azioni necessaria per vincolare ogni decisione al proprio voto nel consiglio.
    Alla fine della scorsa settimana 23andMe ha proposto di ridurre il numero di azioni in possesso dei suoi investitori, in modo da fare aumentare il valore di ogni singola azione. È una procedura che viene talvolta seguita dalle aziende in difficoltà e che rischiano di uscire da alcuni listini azionari, in questo caso lo statunitense NASDAQ. In mancanza di una ripresa significativa del valore azionario, 23andMe potrebbe essere esclusa dal listino a novembre.
    Nel frattempo Wojcicki ha iniziato a fare proposte ad alcuni fondi di investimento, annunciando l’intenzione della società di potenziare il modello di condivisione dei dati raccolti dai propri utenti con aziende del settore farmaceutico e delle biotecnologie. Non è però chiaro se possa esserci un effettivo interesse per quei dati, considerato che negli ultimi anni sono diventati disponibili a prezzi più accessibili registri con l’intero genoma, cioè tutto il DNA che si trova all’interno di una cellula, rispetto a dati più frammentari come quelli raccolti da 23andMe.
    Le notizie poco incoraggianti sull’andamento della società hanno inoltre avuto un effetto negativo sulle vendite dei kit e degli altri servizi, più che altro per una ridotta fiducia nei sistemi di gestione dei dati dell’azienda. La diffidenza deriva dall’incertezza sulla gestione dei dati nel caso di fallimento o vendita della società, considerato che contengono informazioni sensibili e legate alla salute dei clienti. La società dice che continuerà a mantenere la propria politica per cui i dati possono essere condivisi solo con un consenso dei diretti interessati, e che questa regola sarà mantenuta anche nel caso di una vendita, ma il trasferimento dei dati in sé verso la società acquirente sarebbe comunque un cambiamento a cui pochi clienti avrebbero pensato mentre sputavano in un’innocente provetta quasi vent’anni fa. LEGGI TUTTO

  • Baby prostitute a Bari, adolescenti adescate con la promessa di guadagni facili: 10 arresti

    Le indagini sono partite a seguito della denuncia di una mamma. Quattro donne e due uomini sono finiti in carcere. Per due clienti delle giovanissime sono scattati i domiciliari. Baby prostitute a Bari – Nanopress.itPer un terzo cliente e il gestore di una struttura in cui si consumavano i rapporti tra le giovanissime e i clienti, è stato disposto l’obbligo di dimora nel Comune di residenza.Giro di baby prostitute scoperto a BariCon la promessa di facili guadagni e regali di lusso, avrebbero fatto prostituire delle ragazze minorenni. È con questa accusa che questa mattina si sono aperte le porte del carcere di Bari per quattro donne e due uomini. I sei indagati avrebbero gestito e organizzato un giro di prostituzione. È stata la denuncia di una mamma a far scattare le indagini degli agenti della Squadra Mobile di Bari.Per altri due clienti delle giovanissime, che secondo gli inquirenti erano consapevoli della minore età delle ragazze, sono scattati gli arresti domiciliari. Per un altro cliente e per il gestore di una struttura ricettiva in cui spesso avevano luogo gli incontri tra le baby prostitute e i clienti, è stato disposto l’obbligo di dimora nel Comune di residenza. Le indagini hanno preso il via nel marzo 2022, a seguito della denuncia presentata dalla mamma di una ragazza di 16 anni, che frequentava una presunta escort poco più grande di lei. A quel punto, gli inquirenti hanno scoperto il giro che coinvolgeva decine di ragazzine, perlopiù minorenni, le cui prestazioni sessuali venivano pagate anche centinaia di euro. Le indagini dopo la denuncia di una mamma – Nanopress.itCosa prevede la legge sulla prostituzione minorileIn Italia, la prostituzione di persone maggiorenni non costituisce reato; tuttavia, la prostituzione minorile è severamente punita dalla legge. La normativa vigente non punisce il minore che si prostituisce, ma tutti coloro che traggono profitto da questa situazione. In altre parole, il minorenne che decide di vendere il proprio corpo in cambio di soldi non commette reato. Al contrario, si macchiano di un grave delitto tutti quelli che sfruttano da questa condotta.Reclutamento della prostituzione minorile: Chiunque recluti o induca alla prostituzione un minorenne è punito con reclusione da sei a dodici anni e una multa da 15.000 a 150.000 euro. Il reclutamento riguarda chi procura minori per venderli a coloro disposti a pagare per una prestazione sessuale.Favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione minorile: Con la stessa pena (da sei a dodici anni e multa da 15.000 a 150.000 euro) è punito chi favorisce, sfrutta, gestisce, organizza o controlla la prostituzione di un minore. LEGGI TUTTO

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