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  • Incendio nella Presila Catanzarese, denunciati due coniugi

    È emerso che l’incendio che ha distrutto oltre 40 ettari di bosco nella zona della Presila è stato causato dall’incenerimento di residui di potature e pulizia di fondo agricolo.Incendio nella Presila, denunciati due coniugi – Nanopress.itI due coniugi, presunti autori del reato, sono stati deferiti all’Autorità Giudiziaria. Qualora le ipotesi accusatorie fossero confermate dalle indagini, marito e moglie rischiano la reclusione da 1 a 5 anni, secondo la normativa in materia.Incendio nella Presila Catanzarese, denunciati due coniugiI Carabinieri Tutela Forestale e Parchi hanno individuato i presunti autori di un devastante incendio che lo scorso 13 aprile ha raso al suolo oltre quaranta ettari di bosco nella zona della Presila, al confine tra i comuni di Mesoraca e Petronà, tra le province di Catanzaro e Crotone. Il rogo ha causato danni ingenti a terreni agricoli e ha richiesto un lavoro incessante da parte delle squadre antincendio regionali, della Protezione Civile e dei Vigili del Fuoco. La zona interessata dalle fiamme si trova in località “Acque Molle – Timpone Forcone” e ha distrutto una vasta area di rimboschimenti di pino ed eucalipto, nonché formazioni di macchia mediterranea, equivalente a circa 65 campi di calcio. Le cause dell’incendioGrazie al lavoro tempestivo dei carabinieri forestali, è stato possibile ricostruire la dinamica dell’evento. Attraverso l’ispezione delle superfici colpite dall’incendio e delle zone circostanti, nonché la raccolta di informazioni da testimoni, è emerso che l’incendio è stato causato dall’incenerimento di residui di potature e pulizia di fondo agricolo. I presunti autori del reato, una coppia di coniugi, sono stati deferiti all’Autorità Giudiziaria di Crotone. Qualora le ipotesi accusatorie fossero confermate, marito e moglie rischiano la reclusione da 1 a 5 anni, secondo la normativa in materia.Vigili del fuoco – Nanopress.itL’attività di prevenzione e repressione degli illeciti perpetrati ai danni dei boschi continua da parte dei Carabinieri del comparto Forestale di Catanzaro e Crotone, che hanno adeguato il proprio dispositivo di controllo su tutto il territorio, soprattutto nelle aree particolarmente esposte. Utilizzando anche strumenti tecnologici come le “fototrappole”, i militari stanno monitorando attentamente le zone a rischio per prevenire futuri incendi. LEGGI TUTTO

  • Oggi il Consiglio europeo per varare il piano di riarmo: ecco la linea di Meloni

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaIl convitato di pietra Donald Trump, il piano della commissaria Ue per la politica estera Kaja Kallas che piace sempre meno, l’inizio di un’era del riarmo dai contorni – finanziari e non solo – ancora ben poco definiti. Il summit Ue che si apre oggi non inizia tra i migliori auspici. Giorgia Meloni è atterrata a Bruxelles dopo aver incendiato i banchi dell’opposizione con le sue parole sul Manifesto di Ventotene. All’Europa Building troverà volti più accoglienti. Del resto, nelle conclusioni del Consiglio europeo, il pacchetto sulla Difesa c’è e avrà il consenso dei 27. Un consenso che, in Commissione, giudicano come un importante primo passo, a prescindere da distinguo sulle armi da acquistare – se made in Europe o anche americane – e dalle risorse a cui attingere.Prudenza dell’Italia sul riarmoE’ nei dettagli che il tavolo dei 27 rischia di fallire. L’Italia, ad esempio, non ha alcuna intenzione al momento di attivare la clausola di salvaguardia nazionale per la difesa. E non è certo la sola. Dall’altro lato i frugali, sul debito comune per l’acquisto di armi, hanno eretto un muro invalicabile: di eurobond non se ne parla. In vista del bilancio pluriennale e della necessità di ripagare il debito del Recovery sono tutti ancorati al rigore. Con la Germania che, dopo aver tolto il freno al debito, ha aumentato il suo pressing affinché tutti accrescano il contributo alla difesa. E’ in questo quadro che si inserisce la posizione dell’Italia. Una posizione prudente, a dir poco, sul piano per il riarmo.Loading…Dubbi sul piano Kallas per l’UcrainaE scettica, per usare un eufemismo, sul piano di Kallas per aiuti da 40 miliardi a Kiev. Un piano che, con il passare delle ore, assottiglia le sue ambizioni. L’obiettivo, ha spiegato l’Alto Rappresentante, è arrivare ad una proposta da 5 miliardi nelle prossime ore. Il punto, hanno spiegato più fonti europee, è che il piano non sembrerebbe neanche essere stato coordinato con la presidente Ursula von der Leyen. Al momento, manca un ampio consenso e il dibattito su Kiev vedrà, scolpito nella pietra, anche il veto dell’Ungheria. Tanto che il capitolo sull’Ucraina sarà approvato a 26, con una dichiarazione ad hoc del presidente del Consiglio europeo Antonio Costa. Un punto, tuttavia, è certo.Il Libro Bianco sulla difesaI vertici Ue vogliono dare all’esterno e all’interno del continente un duplice messaggio: la telefonata tra Trump e Putin può essere un primo passo ma, al tempo stesso, l’Ue resterà «ferma nel sostegno a Kiev». Perché di Putin l’Ue non si fida. E la corsa al riarmo affonda le sue radici anche in questa convinzione. Non a caso, a poche ore dal vertice Ue, la Commissione ha presentato il Libro Bianco sulla difesa, che riassorbe in modo organico il piano ReArm Europe, e fornisce maggiori dettagli per la sua messa a terra. Tra gli obiettivi principali c’è la volontà di aumentare la cooperazione tra gli Strati, che sono “invitati a incrementare rapidamente gli acquisti congiunti”, in linea con l’obiettivo “di almeno il 40%” proposto dalla Strategia europea per l’industria della difesa, anche “sotto l’egida dello strumento Safe”. Ovvero quel fondo da 150 miliardi costituito dai prestiti che non piace a tutti. Per accedervi, le capitali dovranno presentare progetti e associarsi tra loro o con almeno un Paese della zona Efta – Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera – più l’Ucraina. Non solo. Per garantire il “made in Europe” vi sono della clausole specifiche: almeno il 65% dei componenti europei per i prodotti non complessi mentre per quelli strategici, come la difesa aerea, si dovrà poter garantire il «pieno controllo nella progettazione». LEGGI TUTTO

  • Incendio su un volo Ryanair da Bologna: aereo dirottato in Lussemburgo

    Il volo, che è stato costretto a un atterraggio di emergenza, era diretto in Belgio. Sul posto sono intervenuti, tempestivamente, i vigili del fuoco, che hanno domato le fiamme. Incendio su un volo Ryanair da Bologna: aereo dirottato – Nanopress.itLe fiamme sarebbero partite dalla cucina dell’aereo.Incendio su un volo Ryanair da Bologna: aereo dirottatoIl volo Ryanair FR3938, partito questa mattina alle 10 dall’aeroporto Guglielmo Marconi di Bologna e diretto all’aeroporto belga di Charleroi, è stato costretto a un atterraggio di emergenza in Lussemburgo un’ora e mezza dopo la partenza. La ragione di questo improvviso cambiamento di rotta è stata un principio di incendio nella cucina dell’aereo. Fortunatamente, i pompieri sono intervenuti tempestivamente e hanno spento l’incendio. I passeggeri sono stati fatti scendere dall’aereo e al momento si trovano in attesa di un bus messo a loro disposizione dalla compagnia aerea low-cost per raggiungere Bruxelles. La testimonianza di una passeggeraUna passeggera a bordo ha raccontato: “Stavo dormendo e poi quando ho aperto gli occhi, improvvisamente ho visto tutte le hostess correre verso il fondo dell’aereo. A quel punto ho capito che c’era qualcosa che non andava. Poi abbiamo iniziato a sentire un odore acre e ci hanno detto che avremmo fatto un atterraggio di emergenza. Non c’è stato panico, ma è calato un silenzio totale a bordo.”Nonostante l’incidente, i passeggeri hanno mantenuto la calma. La passeggera ha continuato: “Solo quando sono arrivati i vigili del fuoco c’è stato un po’ di panico, perché abbiamo capito che avevamo rischiato. In aeroporto ci hanno detto che erano problemi tecnici, ma nessuno ci ha spiegato bene cosa fosse successo.”Una volta a terra, gli assistenti dell’aeroporto hanno comunicato che la compagnia aerea avrebbe messo a disposizione un bus per raggiungere Charleroi. Tuttavia, visto che non erano stati specificati i tempi di attesa, molti passeggeri hanno preferito prendere un treno diretto per Bruxelles. Successivamente, tramite un messaggio, Ryanair ha informato che quattro pullman sarebbero arrivati in aeroporto alle 13.45 per portare i passeggeri allo scalo di Charleroi, che dista circa un’ora di auto dalla capitale belga. LEGGI TUTTO

  • Meloni tra dazi e Nato: i rischi della missione a Washington che non può fallire

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaVarcare la porta dello Studio Ovale prima che scattino i nuovi dazi anti-europei: questo è l’obiettivo. E bisogna farlo in fretta, entro fine marzo, la prossima settimana. Perché dopo, dicono con un’alzata di spalle anche chi le sta vicino, “che ci va a fare?”. Il viaggio di Giorgia Meloni a Washington, il primo bilaterale con Donald Trump dopo il suo ritorno alla Casa Bianca, è da mesi nell’aria. Se ne parlava già prima che la premier italiana atterrasse per l’Inauguration Day, quando Trump si divertiva a scompaginare il protocollo e i suoi ospiti. E se ne parla ancora adesso, con un’urgenza crescente.Meloni punta a fare da ponte tra Usa ed Europa ma l’imprevedibilità di Trump mette a rischio la strategia Questa visita, però, non può esaurirsi in due fotografie da incorniciare e le parole benevole nei confronti della leader italiana. Meloni non può permetterselo. La premier ha bisogno di risultati da sventolare a Bruxelles e a Roma, qualcosa che riscatti il ruolo di ponte tra Europa e America che sembrava cucito su di lei e che invece, negli ultimi mesi, si è sfilacciato sotto i colpi dell’imprevedibilità trumpiana. Un ruolo che si è complicato con l’inversione a U di Washington sulla guerra in Ucraina, dove la nuova amministrazione ha sbattuto la porta in faccia all’Europa e lasciato Zelensky alle prese con il nuovo corso statunitense. Del resto: lo stesso Trump ha ammesso candidamente di trovarsi più a suo agio con lo Vladimir Putin che con il presidente ucraino, che ha liquidato con un trattamento brutale nel suo primo incontro alla Casa Bianca. Frasi e atteggiamenti che hanno lasciato spiazzati perfino i suoi più fedeli ammiratori, Meloni compresa.Loading…Vitale il legame con il presidente Usa Ma proprio per questo, per Giorgia Meloni, il legame con Trump è vitale. In Europa, deve destreggiarsi tra il rinnovato interventismo anglo-francese di Keir Starmer e Emmanuel Macron (unici in Europa dotati armamenti nucleri e ad avere un posto fisso al Consiglio di sicurezza) e il piano di riarmo da 800 miliardi di Ursula von der Leyen (sostenuto da tutti, a partire dalla Germania di Friedrich Merz). Il paradosso è che proprio chi come l’italia – Meloni in testa -da anni chiedeva di escludere le spese militari dai vincoli di bilancio ora si ritrova a contestare un’Europa che si indebita per la difesa. E mentre la leader di Fdi si arrovella, il suo alleato-nemico Matteo Salvini la scavalca e cavalca il malcontento gridando: “Mai debito per comprare armi!”. Il leader della Lega sogna di diventare il principale interlocutore di Trump (e di Elon Musk), dimenticando che proprio il Tycoon ha spinto la NATO a chiedere più soldi per la difesa, ha minacciato di uscire dall’Alleanza e ha dichiarato obsoleto perfino il vecchio tetto del 2% del PIL per la spesa militare. L’Italia, che neppure quel limite ha raggiunto, a giugno dovrà fare i conti con un aumento dell’asticella di almeno un punto.Lo spettro della guerra commerciale E poi c’è la mina più grossa: la guerra commerciale. I dazi annunciati da Trump sarebbero un colpo durissimo per un Paese esportatore come l’Italia. Non solo per i rapporti diretti con gli Stati Uniti, ma anche per l’effetto domino che si abbatterebbe sugli altri partner europei, a cominciare dalla Germania, primo cliente di Roma, seguita (a distanza) dalla Francia. Già oggi l’industria italiana sconta il peso della recessione tedesca e il calo della produzione. Un’ulteriore stretta americana rischierebbe di soffocarla.Questo è il quadro con cui Meloni deve fare i conti. Perciò, se va a Washington, dovrà tornare con qualcosa in mano. Qualcosa di concreto, da rivendere agli alleati interni e ai partner europei. Altrimenti, meglio lasciar perdere. Meglio evitare il viaggio. LEGGI TUTTO

  • Meloni chiede garanzie di sicurezza per l’Ucraina. E Salvini attacca: «Niente soldati italiani»

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaPer evitare una pace «fragile e temporanea» le garanzie di sicurezza per Kiev devono necessariamente passare per il contesto «dell’Alleanza atlantica». Niente soluzioni estemporanee, o invii di truppe fuori da questo contesto, è il messaggio che spedisce agli alleati europei Giorgia Meloni, anche perché, come dice in modo più ruvido il ministro della Difesa Guido Crosetto, «i contingenti non si inviano come si invia un fax».L’incontro Meloni-KristerssonL’avvertimento della premier, e ancora più esplicitamente del suo ministro della Difesa, è diretto certo a Keir Starmer, che Meloni incontrerà domenica a Londra, ma soprattutto al presidente francese Emmanuel Macron, che ai 27 oggi ha riassunto il senso del suo viaggio a Washington. La risposta europea va coordinata con l’azione americana, va ripetendo da giorni Meloni, che lo ha ribadito nel corso della call voluta dal presidente del Consiglio Ue Antonio Costa e lo ha esplicitato anche nelle dichiarazioni congiunte con Ulf Kristersson. Un nuovo incontro, quello con il primo ministro svedese, che prosegue sul filo dei temi affrontati nel vertice a 4 Nord-Sud in Lapponia prima di Natale. Sicurezza sia dei confini – e quindi grande sintonia sulle politiche migratorie e dei rimpatri -, sia declinata come difesa in un momento “di grandi sfide”, come sottolinea il capo del governo di Stoccolma, che riconosce alla premier l’impegno per «conservare questo collegamento transatlantico più stretto possibile».Loading…Il fastidio per l’attivismo di MacronNella breve call con gli alleati europei Meloni ha ripetuto, come aveva già fatto a Parigi, che secondo l’Italia l’invio di truppe europee in Ucraina è un’ipotesi poco «efficace e molto rischiosa». E che «molto più utile» sarebbe invece perseguire l’ipotesi di dare «concrete garanzie di sicurezza all’Ucraina». Per essere «certi che non accada di nuovo quanto visto in questi tre anni, e che le nazioni europee che si sentono minacciate possano sentirsi al sicuro», chiarisce accanto al suo omologo svedese. Che l’attivismo – e la proposta – di Macron non fossero piaciute ai piani alti del governo era cosa nota: lo rende chiaro Crosetto quando sui social punta il dito contro «i “contingenti europei” che vorrebbero mandare il presidente di una nazione comunitaria e quello di una nazione extracomunitaria». Per poi sottolineare che quando «si parla a nome dell’Europa bisognerebbe avere la creanza di confrontarsi», cosa che non è accaduta «per gli aspetti militari della questione».Salvini: parlare ora di mandare soldati a Kiev non ha senso Parole dure, che qualcuno legge anche come un argine all’agitazione di Matteo Salvini, pronto a ribadire nelle ultime ore che «mandare soldati italiani in terra di guerra non ha senso». Prima «Putin e Zelensky devono deporre le armi, poi si può ragionare di tutto», dice il vicepremier, scettico anche sull’aumento delle spese militari che non può essere fatto, a suo dire, a scapito ad esempio della “spesa sanitaria”.Spese per la Difesa esclse dal Patto di StabilitàUn sentire comune questo nell’esecutivo, che ha accolto con favore, come ha ribadito Meloni, la scelta di Ursula von der Leyen di «escludere le spese per la difesa» dal Patto di Stabilità. Un “primo passo” cui devono seguire “altre soluzioni”, ha insistito la premier, mentre Giancarlo Giorgetti dalla ministeriale G20 in Sud Africa lanciava la proposta di un “Recovery Plan per la difesa”. Un modo per «rilanciare l’industria e la crescita» oltre che per rispondere alle rinnovate esigenze di sicurezza. E la necessità di un fondo comune eviterebbe, secondo il ministro dell’Economia, che «ogni Paese inizi a muoversi autonomamente» facendo «aumentare inevitabilmente i costi» per i singoli Stati “in modo irrazionale”. LEGGI TUTTO

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