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Rapì il piccolo Tommaso Onofri, concessa la semilibertà a Salvatore Raimondi: “È un’ingiustizia”
Da diversi mesi, Salvatore Raimondi esce dal carcere di Forlì per lavorare come magazziniere. L’uomo è stato condannato a vent’anni di reclusione per aver partecipato al rapimento del piccolo Tommaso Onofri.Sequestro Tommaso Onofri, concessa la semilibertà a Salvatore Raimondi – Nanopress.itPaola Pellinghelli, madre della vittima, ha espresso profonda amarezza per la concessione di permessi premio e semilibertà a Raimondi.Il rapimento di Tommaso OnofriIl rapimento di Tommaso Onofri è uno delle pagine di cronaca nera più drammatiche del nostro Paese. Il 2 marzo 2006, nella frazione di Casalbaroncolo, vicino Parma, due uomini mascherati fecero irruzione nella casa della famiglia Onofri. Dopo aver legato e imbavagliato i genitori, Paolo e Paola, e il fratello maggiore Sebastiano, i rapitori portarono via il piccolo Tommaso, di soli 17 mesi. Le forze dell’ordine iniziarono immediatamente le ricerche, ma per circa un mese non ci furono sviluppi significativi. I genitori fecero diversi appelli pubblici, sperando nel ritorno del loro bambino. Il 2 aprile 2006, Mario Alessi, uno dei rapitori, confessò il crimine e indicò il luogo dove il corpo di Tommaso era stato nascosto. Il bambino era stato ucciso poco dopo il rapimento, probabilmente per paura di essere scoperti. Mario Alessi fu condannato all’ergastolo per l’omicidio, mentre la sua compagna, Antonella Conserva, ricevette una condanna a 24 anni di carcere. Salvatore Raimondi, che partecipò al rapimento ma non all’omicidio, fu condannato a 20 anni di reclusione.Concessa la semilibertà a Salvatore RaimondiProprio Salvatore Raimondi, coinvolto nel rapimento del piccolo Tommaso Onofri, è attualmente in regime di semilibertà. Ogni mattina esce dal carcere di Forlì per lavorare come magazziniere. Raimondi sta finendo di scontare una condanna a 20 anni per il rapimento, durante il quale il piccolo Tommaso fu tragicamente ucciso a badilate. Raimondi – Nanopress.itNonostante Raimondi abbia già scontato 16 anni e mezzo di carcere, non è ancora completamente libero a causa di una condanna aggiuntiva di tre anni per estorsione nei confronti di un altro detenuto nel 2018. Durante il processo per la morte di Tommaso Onofri, i giudici hanno creduto alla versione di Raimondi, secondo cui lui partecipò al rapimento ma non all’omicidio, che fu commesso da Mario Alessi.La madre del piccolo Tommy, Paola Pellinghelli, ha espresso profonda amarezza riguardo ai permessi e alla semilibertà concessi a Raimondi, definendoli un’ingiustizia. “Questa non è giustizia, è ingiustizia” ha detto la donna in un’intervista alla Gazzetta di Parma. LEGGI TUTTO
Lavoro, ecco la strategia di Schlein tra Jobs act, Cgil e tour di ascolto delle imprese
Ascolta la versione audio dell’articolo4′ di letturaNon solo quel che resta del renziano Jobs act, già fortemente ridimensionato negli anni dalla Corte costituzionale, con Elly Schlein che sostiene i quattro referendum abrogativi promossi dalla Cgil di Maurizio Landini e mezzo Pd contrario a partecipare a una campagna per cancellare una riforma allora votata da tutto il partito (Da Lorenzo Guerini a Graziano Delrio, dai liberal di Libertà Eguale Stefano Ceccanti, Enrico Morando e Giorgio Tonini alle ex capogruppo Debora Serracchiani e Simona Malpezzi, dall’unico rappresentante della minoranza in segreteria Alessandro Alfieri all’ex ministra Marianna Madia: già in molti hanno dichiarato che in primavera non ritireranno le schede sul Jobs act e voteranno solo sulla cittadinanza). Il nuovo fronte caldo del Pd sui temi economici e del lavoro si è aperto proprio in queste ore, con la discussione in Aula a Montecitorio della proposta di legge di iniziativa popolare per la partecipazione dei lavoratori al caitale d’impresa promossa dalla Cisl e dal suo leader in scadenza Luigi Sbarra (il suo mandato finisce il 12 febbraio) e fortemente osteggiata dalla Cgil di Landini in nome del benaltrismo.Il nuovo fronte dei riformisti dem: non possiamo votare contro la partecipazione dei lavoratoriIn assemblea del gruppo, in vista del voto previsto la prossima settimana, è ancora Guerini a dare battaglia: «La partecipazione dei lavoratori è un principio e un obiettivo importante che finalmente può trovare una prima affermazione grazie alla legge di iniziativa popolare proposta dalla Cisl che ho sottoscritto anche io alcuni mesi fa – è il Guerini pensiero – A onor del vero il testo uscito dalla commissione, come evidenziato dai membri del Pd, è stato significativamente modificato e annacquato rispetto alla proposta originaria. Ma non possiamo votare contro». Con Guerini, contro la tesi del voto contrario sostenuta da Arturo Scotto e Cecilia Guerra (entrambi provenienti da Articolo 1), si sono schierati tra gli altri l’ex sindaco di Bologna Virginio Merola, Anna Ascani, Simona Bonafé e Andrea De Maria. L’astensione potrebbe infine essere un compromesso, se Schlein vorrà evitare una spaccatura, ma il tema è comunque cartina di tornasole delle forti divisioni che attraversano il maggior partito d’opposizione, dal lavoro alla politica internazionale.Loading…Il j’accuse di minoranza e cattolici: troppo schiacciati sulla CgilUn Pd troppo schiacciato sulle posizioni “ultrasinistre” di Landini? Poco attento ai “penultimi” ossia alla classe media impoverita, come ha denunciato l’ex premier ed ex commissario Ue Paolo Gentiloni, che per il suo ritorno in campo ha scelto non a caso la platea orvietana dei riformisti di Libertà Eguale? E, soprattutto, un Pd poco attento alle ragioni del mondo produttivo del Nord? Sono queste le accuse della minoranza del Pd, e non solo: da Romano Prodi ai cattolici democratici riuniti il 18 gennaio scorso da Delrio a Milano, fino allo stesso Dario Franceschini che pure ha sostenuto Schlein nella sua corsa alle primarie contro Stefano Bonaccini, in molti mettono ormai in dubbio che con la proposta politica schleiniana si possano vincere le prossime elezioni.La strategia di Schlein della «riconnessione sentimentale»Dietro le scelte sul Jobs act e sulla Pdl per la partecipazione dei lavoratori al capitale d’imoresa c’è senz’altro, come ha spiegato il fedelissimo di Schlein in segreteria Marco Sarracino, la volontà di ricostituire l’asse storico con la Cgil allentatosi nella stagione renziana, quando il Pd guardava piuttosto alla Cisl: «Sui temi economici e sociali Schlein ha registrato non solo un avanzamento elettorale ma anche una riconnessione sentimentale con mondi che ci avevano abbandonato –. Nella stagione del Jobs act rompemmo non solo con il sindacato (e qui si intende appunto la Cgil, ndr) , ma anche con il mondo della scuola e con chi votò per il referendum sulle trivelle… Fu uno dei punti più bassi della storia politica».La risposta: un tour tra le imprese del Nord con Orlando (e Misiani)Riconnessione sentimentale con il sindacato rosso, dunque. Ma che ci sia bisogno di riconnettersi almeno in parte anche con chi il lavoro lo produce è esigenza ben presente alla segretaria “movimentista”. Che ha risposto a modo suo, ossia affidando già a fine anno la missione di fare una proposta di politica industriale al leader storico della sinistra dem ed ex ministro Andrea Orlando, appena dimessosi dal Parlamento per ricoprire la carica di consigliere regionale dopo essere stato battuto in Liguria dal centrodestra di Marco Bucci. E per la “riconnessione sentimentale” si parte subito, da metà febbraio, con un tour in tandem con il responsabile economico del partito Antonio Misiani (della stessa corrente di Orlando) nelle regioni del Nord produttivo: prima Veneto, poi Emilia Romagna e Lombardia. Un tour che vuole evocare quello fortunato fatto da Pier Luigi Bersani ed Enrico Letta nel 2006 prima della seconda vittoria di Romano Prodi. Intanto Orlando ha già incontrato il presidente di Confindustria Emanuele Orsini e nei prossimi giorni incontrerà la presidente Ance Federica Brancaccio. LEGGI TUTTO
Bimbo morto in piscina a Orosei, il pm chiede la condanna per i proprietari dell’hotel
Il bambino – Riccardo Mulas, 7 anni – rimase intrappolato nel bocchettone di scolo della piscina di un albergo a Orosei, provincia di Nuoro. La piscina in cui è morto il piccolo Riccardo – Nanopress.itPer i due proprietari della struttura ricettiva l’accusa è di omicidio colposo. Bimbo morto in piscina a Orosei, chiesta condanna per i proprietari dell’hotelIl pubblico ministero di Nuoro ha chiesto una condanna a un anno di reclusione per la proprietaria e l’amministratore dell’albergo nella cui piscina morì il piccolo Riccardo Mulas, il bambino di 7 anni che rimase intrappolato nel bocchettone di scolo della piscina. La tragedia si verificò il 2 settembre del 2018.Per i due imputati l’accusa è di omicidio colposo. Il magistrato ha imputato ai due “la responsabilità della manutenzione della piscina, per il quale avevano l’obbligo giuridico di evitare che diventasse un rischio per le persone, inserendo la grata sul bocchettone di scolo.” I legali di parte civile si sono associati alla richiesta del pubblico ministero, ma hanno anche chiesto una provvisionale immediatamente esecutiva di 100mila euro per i genitori della vittima.L’amministratore della società comproprietaria dell’albergo è già stato condannato con rito abbreviato a 5 mesi per omicidio colposo. Il ritorno in aula è previsto per il 3 novembre prossimo. LEGGI TUTTO
Sì a guerra e atomica per l’86% dei russi. Ecco il Paese di Putin
Sei russi su sette (l’86,6% del campione intervistato) sostengono in principio un’eventuale aggressione militare di Mosca a Paesi dell’Unione Europea. Non solo: i tre quarti degli intervistati non sono contrari nemmeno all’impiego da parte della Russia di armi nucleari. Lo rivela un sondaggio pubblicato da Active Group, un gruppo di ricerca ucraino. Il campione è stato consultato tenendo conto delle leggi restrittive russe che obbligano a usare la dicitura «operazione speciale» al posto di «guerra» e a definire «nazisti» le forze militari difensive ucraine.«L’impressione generale che abbiamo ricavato dall’indagine spiega Andriy Eremenko, che ha fondato Active Group nel 2011 è che i russi che hanno accettato di rispondere alle nostre domande dimostrino aggressività non solo verso l’Ucraina, ma anche nei confronti dell’Ue». I tre quarti del campione approverebbero l’eventuale estensione dell’attuale «operazione speciale in Ucraina» a ulteriori Paesi, e indicano nella Polonia il bersaglio preferito. L’idea di recuperare con la forza l’impero sovietico perduto nel 1991 con la fine dell’Urss sembra sorridere alla maggioranza dei russi: oltre alla Polonia (indicata dal 75,5% degli intervistati), essi vorrebbero vedere i loro soldati nella veste di invasori e occupanti nelle tre Repubbliche baltiche (41%), in Bulgaria, Romania, Ungheria e nella ex Cecoslovacchia (39,6%). Ma anche la Georgia (32,4%) e la Moldavia (28,8%) dovrebbero «tornare alla madrepatria», mentre meno del 5% si azzarda ad approvare un attacco anche a Paesi dell’Europa occidentale. La gran parte dei russi, dunque, pensa che i Paesi dell’Europa orientale che hanno scelto ormai 30 anni fa di sfuggire al dominio russo e di far parte della comunità occidentale si trovino in una specie di libertà vigilata, e che sarebbe pieno diritto della Russia rimetterli a forza sotto il proprio tallone. Solo il 17,6% del campione ha preferito non rispondere alle domande sull’estensione della «influenza militare russa» all’estero, e un insignificante 1,4% ha risposto che la Russia non dovrebbe espandersi: assai meno comunque di quanti sostengono l’opportunità di aggredire gli stessi Stati Uniti (4,6%), mentre c’è perfino un nocciolo duro di guerrafondai assoluti che asseconderebbe un tentativo di Putin di mettere sotto controllo il mondo intero (12,5%). Un secolo di ossessiva propaganda anti occidentale fatto salvo l’intervallo degli anni Novanta ha lasciato segni indelebili nell’opinione pubblica russa, anche se bisogna ricordare che Putin soffoca la libera informazione e inculca un’ideologia nazional-imperiale che ha ormai perfino riabilitato la sanguinaria figura di Stalin, presentato anche nelle scuole come artefice della grandezza nazionale. Senza poi dimenticare l’esistenza, soprattutto tra i giovani e i residenti nelle grandi città, di una coraggiosa minoranza chiaramente ostile al regime ma messa in condizione di non «disturbare il Manovratore» (vedi il destino di Aleksei Navalny). Ma l’aspetto più impressionante riguarda l’accettazione dell’arma nucleare per aggredire i Paesi vicini «se Putin avesse informazioni sul loro possibile uso contro la Russia»: dal 40,3% arriva un sì incondizionato, dal 34,3% una disponibilità parziale e solo dal 25,4% un no secco. Siamo ridotti a sperare che i vertici del regime siano più responsabili dei loro sudditi. LEGGI TUTTO
Meloni in aula, sulla difesa compromesso nella maggioranza
Ascolta la versione audio dell’articolo2′ di letturaRafforzare la sicurezza interna ed esterna dell’Unione, ma nell’ottica di un’alleanza Nato dalla quale non si può prescindere. E stando ben attenti a non mettere a repentaglio le finanze pubbliche. Un obiettivo che si potrà raggiungere anche tramite l’introduzione di piani di garanzia pubblica per il finanziamento degli investimenti sia nell’industria della difesa sia nei settori tecnologici, logistici ed infrastrutturali, così come proposto dall’Italia in sede Ecofin dello scorso 11 marzo, dove è stata accolta con favore la proposta del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti per uno strumento con garanzie europee capace di innescare investimenti privati fino a 200 miliardi di euro nella difesa. Questo sarà il cuore della risoluzione con la quale il centrodestra approverà le comunicazioni al Senato della premier Giorgia Meloni, in vista del Consiglio europeo di Bruxelles del 20-21 marzo. Un compromesso per cui alla vigilia nel centrodestra si esclude il rischio di crepe interne, sottolineando invece che le opposizioni andranno divise all’appuntamento. Anche il Pd lavora per cercare una sintesi al proprio interno per evitare nuove divisioni dopo quella sulla risoluzione al Parlamento europeo, che sarà invece il testo riproposto alle Camere da Azione. Avs ribadirà il “no al riarmo nazionale”.La quadra nella maggioranzaNella risoluzione di maggioranza sono evitati riferimenti espliciti, e potenzialmente divisivi, al ReArm Europe, limitando l’input a rafforzare la capacità operativa degli Stati Ue nel quadro dell’alleanza Nato. Nella risoluzione, sulla guerra in Ucraina è stata scelta una poi formula che comprende il lavoro con Ue, Usa e i tradizionali alleati per arrivare a una pace che rispetti il diritto internazionale, insieme a Kiev.Loading…Romeo (Lega): risoluzione M5S contro le armi? Magari ci asteniamoTrovata la quadra nella maggioranza, restano alcune incognite. La risoluzione del M5s, nella parte in cui si oppone al piano di riarmo europeo, potrebbe avvicinarsi alle posizioni dei leghisti, che però garantiscono di seguire i pareri del governo. «La risoluzione dei 5Stelle contro le armi? Magari ci asteniamo, seguiamo il parere del governo, magari il governo chiede modifiche» ha dichiarato Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega in SenatoRisoluzione M5s chiede a governo stop a piano riarmoTra i passaggi fondamentali del M5s, secondo quanto si apprende, c’è sicuramente quello che vuole che il governo si impegni «a manifestare, in tutte le sedi istituzionali, nazionali ed europee, la ferma contrarietà al piano di riarmo europeo “Rearm Europe”». Un piano bocciato dalla Lega al Parlamento europeo ma a favore del quale hanno votato invece Fdi e Forza Italia. I pentastellati chiedono poi all’esecutivo di «sostituire integralmente il piano di riarmo europeo con un piano di rilancio e sostegno agli investimenti che promuovano la competitività, gli obiettivi a lungo termine e le priorità politiche dell’Unione europea quali: spesa sanitaria, sostegno alle filiere produttive e industriali, incentivi all’occupazione, istruzione, investimenti green e beni pubblici europei, per rendere l’economia dell’Unione più equa, competitiva, sicura e sostenibile». LEGGI TUTTO