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IN EVIDENZA

  • Strage di Ustica, la Procura di Roma chiede l’archiviazione dell’ultima inchiesta

    Ascolta la versione audio dell’articolo1′ di letturaSembra destinata a restare senza colpevoli la strage di Ustica. La procura di Roma ha chiesto al gip l’archiviazione dell’ultima inchiesta sul Dc-9 Itavia che la sera del 27 giugno 1980 precipitò nel mar Tirreno, provocando 81 morti. Lo scrive la Repubblica, riferendo che per i pm lo scenario resta comunque quello della battaglia aerea ed è stata esclusa la pista della bomba esplosa a bordo.Secondo il quotidiano la procura romana non sarebbe riuscita a identificare la nazionalità dei caccia in assetto da guerra che quella sera erano nei cieli di Ustica e che avrebbero provocato l’abbattimento dell’aereo diretto da Bologna a Palermo e dunque a individuare i responsabili. E questo nonostante le decine di rogatorie internazionali – in particolare quelle degli ultimi anni con la Francia e gli Usa – e le numerose testimonianze raccolte dai magistrati.Ci sarebbe stata poca trasparenza nella collaborazione fornita dai Paesi ai quali l’Italia si è rivolta, con informazioni incomplete, non riscontrabili e in alcuni casi addirittura fuorvianti.Loading…Bonfietti: archiviazione su Ustica grande delusione «Con grande dolore e delusione apprendo la richiesta della Procura di Roma di archiviazione per la indagine sulla tragedia di Ustica aperta nel 2008 dopo le dichiarazione del Presidente Cossiga che indicava aerei francesi come responsabili dell’abbattimento del DC9 Itavia. È la reazione di Daria Bonfietti, presidente dell’Associazione parenti delle vittime della strage di Ustica. Dolore, sottolinea Bonfietti, «per i nostri morti che non hanno ancora avuto completa giustizia e delusione per i tanti anni di indagini e sforzi di magistratura e avvocati che non hanno ancora potuto portare alla completa verità». LEGGI TUTTO

  • Fabrizio Corona: “La serie su Yara? Bossetti è convinto di essere un attore” | Ecco quanto gli avrebbe dato Netflix

    “Il caso Yara: oltre ogni ragionevole dubbio”, la docu-serie uscita su Netflix il 16 luglio scorso, resta tuttora nella top ten delle serie più viste sulla piattaforma di streaming online. Fabrizio Corona: “La serie su Yara? Bossetti è convinto di essere un attore” | Ecco quanto gli avrebbe dato Netflix – Nanopress.itSulla messa in onda del documentario è intervenuto anche Fabrizio Corona. L’ex re dei paparazzi ha commentato l’intervista a Massimo Bossetti, il muratore di Mapello condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, e la scelta di pubblicare gli audio dei genitori di Yara, che nel corso di questi anni si sono sempre tenuti lontani da telecamere e sguardi indiscreti di giornalisti e televisione.“Il caso Yara: oltre ogni ragionevole dubbio”: la serie dei record su NetflixNon era molto difficile immaginare, anche prima della sua uscita, che la serie riguardante l’omicidio di Yara Gambirasio sarebbe stata un successo di ascolti. La docu-serie resta, a tre settimane dalla sua uscita sulla piattaforma di streaming online, nella top ten delle più viste. Un risultato che era facilmente immaginabile visto quanta attenzione ha attirato su di sé l’omicidio della piccola Yara Gambirasio, la ginnasta 13enne di Brembate di Sopra, uccisa il 26 novembre del 2010, mentre rientrava a casa, dopo essere stata nella palestra in cui si allenava. La docu-serie su Yara – Nanopress.itIl corpo di Yara fu ritrovato soltanto nel febbraio dell’anno seguente, quando un aeromodellista rinvenne quello che restava della giovane ginnasta in un campo abbandonato di Chignolo d’Isola.Le parole di Fabrizio CoronaLa serie ha suscitato molto interesse e ha generato diverse reazioni, tra cui quella di Fabrizio Corona. Durante un’intervista al podcast MondoCash, Fabrizio Corona ha espresso il suo disappunto per la scelta di Netflix di pubblicare gli audio privati dei genitori di Yara, considerandola una forma di sciacallaggio e strumentalizzazione del dolore. Inoltre, ha criticato Massimo Bossetti, l’ex muratore condannato per l’omicidio di Yara, per il suo comportamento nella serie, affermando che si comporta come un attore e che sarebbe stato pagato profumatamente per la sua partecipazione. Netflix potrebbe aver sborsato 50mila euro per far comparire, l’ormai ex muratore di Mapello, nella docu-serie, ha detto Corona ai microfoni di MondoCash.La serie, diretta da Gianluca Neri, si compone di cinque episodi. Come sempre, c’è chi si è schierato a difesa di Massimo Bossetti, che ha sempre ribadito la sua innocenza e la completa estraneità ai fatti, e chi ha continuato a credere che a uccidere la piccola Yara sia stato proprio il muratore di Mapello. LEGGI TUTTO

  • Caso Almasri, fonti dell’esecutivo: il governo invia memoria alla Cpi

    Il governo ha trasmesso alla Corte penale internazionale dell’Aja la propria memoria difensiva sulla vicenda del mancato trasferimento di Njiiem Almasri, il comandante libico arrestato a Torino il 19 gennaio e rimpatriato appena due giorni dopo. Lo si apprende da fonti dell’esecutivo. L’invio del documento è avvenuto alla vigilia della scadenza della proroga concessa alla stessa autorità italiana per depositare le proprie osservazioni. Lunedì, dopo l’ultima richiesta di rinvio, l’incartamento è stato inviato agli uffici dell’Aja in formato digitale.  L’atto, che riassume la posizione dell’esecutivo nell’affaire, è ora all’attenzione dei giudici con base nei Paesi Bassi che, in sostanza, accusano l’Italia di non aver eseguito il mandato d’arresto, di non aver perquisito Almasri, di non aver sequestrato i dispositivi in suo possesso e di aver sperperato denaro pubblico rimpatriandolo a Tripoli a bordo di un aereo dell’intelligence. 

    Quale era la posizione del ministro Nordio

    Secondo quando si apprende, non è escluso che nell’incartamento sia stato ribadito quanto affermato dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, nel corso dell’informativa in Parlamento a febbraio scorso. In sostanza il numero uno di via Arenula aveva sostenuto che l’arresto del generale libico, accusato di crimini contro l’umanità, era avvenuto senza una preventiva consultazione con il ministero, che il mandato della Corte penale internazionale conteneva “gravissime anomalie” e dunque era “radicalmente nullo”. In Aula Nordio ha ricordato che è il ministero della Giustizia, secondo la legge 237 del 2012, a curare “in via esclusiva” – recita la norma – i rapporti di cooperazione tra lo Stato italiano e la Corte penale internazionale. Ma nel caso di specie – è la posizione ribadita dal ministro – via Arenula è stata tagliata fuori fin dall’inizio.  Una notizia informale dell’arresto, avvenuto a Torino alle 9.30 del 19 gennaio, spiegò davanti ai parlamentari, “venne trasmessa da un funzionario Interpol a un dirigente del nostro ministero alle 12,37”. Solo il giorno dopo, lunedì 20 alle 12.40, il procuratore della Corte d’appello di Roma ha inviato “il complesso carteggio”. Ed alle 13.57 l’ambasciatore italiano all’Aja ha trasmesso al ministero la richiesta di arresto. La comunicazione della questura, ha spiegato a febbraio Nordio, “era pervenuta al ministero ad arresto già effettuato e, dunque, senza la preventiva trasmissione della richiesta di arresto a fini estradizionali emessa dalla Cpi al ministro”.     LEGGI TUTTO

  • Festa della mamma, Meloni: “Auguri a tutte, senza di loro non esisterebbe nulla”. VIDEO

    Nel giorno della Festa della mamma, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha diffuso un video per fare i suoi personali auguri. Le madri, dice la premier, “sono un monumento all’amore, alla dedizione, alla disponibilità e anche all’organizzazione” perchè “riuscire a mettere insieme tutto tra famiglia, vita, lavoro certi giorni sembra davvero impossibile”. Meloni continua: “Tra mille difficoltà ce la facciamo perché abbiamo testa, cuore e una forza che potrebbe sembrare sovrumana. Essere mamma è la sfida più impegnativa ma anche la più straordinaria che la vita possa regalare. Allora grazie a tutte le mamme, perché senza di loro semplicemente non esisterebbe nulla. Buona Festa della mamma, Italia”.          LEGGI TUTTO

  • Caso Almasri, ecco i reati in base ai quali sono indagati Meloni e 3 membri del governo

    Ascolta la versione audio dell’articolo3′ di letturaNessun margine di discrezionalità, una denuncia è stata presentata (per ammissione della stessa premier Giorgia Meloni). L’intervento della procura di Roma a valle della scarcerazione del generale libico Almasri, accusato dalla Corte penale internazionale di torture, era obbligato, come pure la contestazione dei reati oggetto della denuncia stessa, favoreggiamento e peculato.Il favoreggiamento è punito fino a 4 anni di reclusione Il primo, punito nel massimo con 4 anni di reclusione, è stato tra l’altro modificato nel 2012 per inserire espressamente la Corte penale internazionale tra i soggetti le cui indagini sono ostacolate dalla condotta della persona indagata.Loading…Il peculato è punito con sanzione fino a 10 anni e 6 mesiIl secondo, peculato, colpisce il pubblico ufficiale che ha, per ragioni legate al suo ufficio, il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, e se ne appropria illegittimamente: la sanzione nei casi più gravi arriva a 10 anni e 6 mesi; nei casi più lievi (uso momentaneo della cosa e sua restituzione), la detenzione arriva nel massimo a tre anni.Casa Almasri, la competenza del tribunale dei ministriA riprova poi dei ristretti margini sia operativi sia cronologici a disposizione della procura c’è poi anche l’articolo 6 comma 2 della legge n. 1 del 1989 sui reati ministeriali (i quattro componenti del Governo, il premier Meloni, il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano sono indagati in concorso tra loro).Meloni: “Ho ricevuto un avviso di garanzia da Lo Voi per Almasri”Nella norma si specifica che il procuratore della Repubblica, «omessa ogni indagine, entro il termine di 15 giorni» trasmette gli atti al tribunale dei ministri competente, «dandone immediata comunicazione ai soggetti interessati perché questi possano presentare memorie al collegio o chiedere di essere ascoltati». LEGGI TUTTO

POLITICA

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