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Calabria, Tridico scioglie la riserva: disponibile a candidarmi
Ascolta la versione audio dell’articolo«Sì sono disponibile. Se tutte le forze progressiste ci sono, confermo la mia disponibilità a candidarmi per la presidenza della Regione Calabria». Con queste parole Pasquale Tridico, europarlamentare del Movimento 5 Stelle, ha sciolto la riserva. Con ogni probabilità sarà lui il candidato del centrosinistra alle elezioni regionali in Calabria a inizio ottobre. Nelle ore precedenti era stato lo stesso leader M5S, Giuseppe Conte, a confermare la candidatura di Tridico in Calabria (assieme a Vittoria Baldini e Anna Laura Orrico), definendo l’ex presidente dell’Inps «una personalità ampiamente apprezzata che, in una logica di servizio, offriamo come una preziosa risorsa ai cittadini calabresi».Sono ore cruciali anche per la Calabria. Si va alle urne il 5 e 6 ottobre. E il 6 settembre scadono i termini per la presentazione delle candidature. Un post di Tridico sui social di un paio di giorni fa, con la foto di una lunga tavolata e il messaggio “Calabria mia, terra mia”, era stato interpretato come un indizio, ma nelle ultime 48 ore il diretto interessato aveva manifestato ancora dubbi. Nel Pd si guardava però con scetticismo ad altri candidati che potrebbe esprimere il M5s, come le deputata Vittoria Baldino e Anna Laura Orrico (quest’ultima coordinatrice regionale M5s). Quella di Tridico viene vista come l’unica candidatura del M5s non divisiva. Mentre Avs insiste su Flavio Stasi, sindaco di Corigliano-Rossano.Loading…E sono ore di riflessione anche nel centrodestra. Roberto Occhiuto dopo le dimissioni ha annunciato l’intenzione di ricandidarsi, ma nella coalizione si fa largo – in caso di peggioramento del quadro giudiziario – l’opportunità di prevedere un ’Piano B’. È circolata anche l’ipotesi che Giorgia Meloni potesse mettere sul tavolo la carta Luigi Sbarra, ma arrivano solo smentite con l’ex segretario della Cisl che, viene assicurato, non avrebbe dato alcuna disponibilità per le Regionali, restando concentrato sul ruolo di sottosegretario al Sud. LEGGI TUTTO





Online i redditi dei parlamentari: Meloni dimezza, da 459mila a 180mila euro. Nella dichiarazione anche la nuova casa
Ascolta la versione audio dell’articoloScende di 278mila euro, a quota 180.031 euro il reddito di Giorgia Meloni relativo al periodo d’imposta 2024, quasi dimezzato rispetto ai 459.460mila euro dell’anno precedente. E nel Governo, nonostante manchino ancora alcuni dati, il più “ricco” risulta essere il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, con 259.716 euro dichiarati al Fisco. La fotografia arriva dalle prime informazioni sulle variazioni patrimoniali del 2025 comunicate dai parlamentari e pubblicate online sul sito della Camera.Meloni, la variazione registra l’acquisto della villa al TorrinoPer la premier, l’istantanea rileva l’«acquisto definitivo nuova abitazione come prima casa»: si tratta della villa comprata al Torrino, oggetto di una interrogazione parlamentare di Maria Elena Boschi e Francesco Bonifazi (Italia Viva) presentata a inizio anno che chiedeva di fare chiarezza sui lavori di ristrutturazione intervenuti, dai permessi urbanistici alla trasparenza di pagamenti e forniture. Innescata da un articolo del Fatto Quotidiano, l’interrogazione domandava anche se per la ristrutturazione dell’immobile «siano stati usati fondi pubblici o risorse per la sicurezza» e di rendere pubblico «l’elenco dei fornitori e le modalità di pagamento, bonus fiscali e detrazioni utilizzate per i lavori», con l’obiettivo di «verificare trasparenza, coerenza fiscale e assenza di favoritismi». La villa ha ospitato, da ultimo, alcune riunioni di governo sulla manovra finanziaria per il 2026.Loading…Per Tajani oltre 30mila euro in piùSe sono assenti i redditi del vicepremier leghista Matteo Salvini, sono pubblici invece quelli dell’altro vice azzurro, Antonio Tajani, che rispetto allo scorso anno dichiara oltre 30mila euro in più, 187.673 euro in tutto. Tra gli altri ministri, oltre al reddito di Nordio, si attestano sopra i 100mila il titolare del Mimit Adolfo Urso (126.340), quello della Salute Orazio Schillaci (102.176), dei Rapporti col Parlamento Luca Ciriani (100.701) e per le Disabilità Alessandra Locatelli (100.304). Invariato il dato comunicato dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti (99.623), poco più elevato del reddito dichiarato dal titolare del Viminale, Matteo Piantedosi (96.514).Calenda a quota 122mila euro, Schlein 98milaGuardando ai leader politici, il numero uno di Noi Moderati, Maurizio Lupi, sale da 124.864 euro a 224.683. Nel centrosinistra non sono ancora pubblicati i documenti relativi ai responsabili di Iv e M5s, Matteo Renzi e Giuseppe Conte, mentre risulta invariato il reddito della segretaria del Pd, Elly Schlein, che resta fermo a 98.471 euro. Sopra i 100mila, invece, il leader di Azione, Carlo Calenda (122.285 euro) e anche Angelo Bonelli di Avs (102.802), che supera di poco il collega Nicola Fratoianni (98.979). LEGGI TUTTO





Ponte sullo Stretto, Cosa succede dopo stop Corte dei Conti
Ponte sullo Stretto, Cosa succede dopo stop Corte dei Conti | Video Sky TG24 LEGGI TUTTO





Abu Mazen incontra Mattarella: “Israele ci riconosca”. Poi vede Meloni
Prosegue a Roma la visita di Abu Mazen. Il presidente palestinese ha incontrato al Quirinale il capo dello Stato Sergio Mattarella. “Per la repubblica italiana è un grande piacere averla qui a Roma confermando la grande amicizia che lega Palestina e Italia”, ha detto il presidente della Repubblica. “L’Autorità nazionale palestinese è un interlocutore assolutamente fondamentale per l’Italia e la Comunita internazionale”, ha aggiunto. Nel pomeriggio Abu Mazen è arrivato a Palazzo Chifi per l’incontro con la premier Giorgia Meloni. Ieri invece è stato ricevuto in Vaticano da Papa Leone XIV.
Mattarella: “Avanti concreti con due Stati”
“Occorre procedere con grande concretezza per gli aiuti umanitari e la ricostruzione di Gaza e verso la creazione di due Stati nella regione. Questi obiettivi passano attraverso il disarmo di Hamas e il forte coinvolgimento dei Paesi arabi”, ha detto ancora Mattarella. “Dobbiamo eliminare tutti quegli ostacoli che si frappongono alla soluzione dei due Stati due popoli – ha aggiunto il capo dello Stato – Bisogna fare presto per evitare che chi non vuole la pace, in entrambi gli schieramenti, possa riorganizzarsi. È indispensabile assecondare il piano di pace di Sharm el-Sheikh, mantenendo il rispetto del cessate il fuoco da ambo le parti. Le violenze allontanano la pace e la sicurezza per tutti, anche per Israele”.
Abu Mazen: “Vogliamo vivere accanto Israele, ora ci riconosca”
“Siamo contrari alla guerra, all’odio, al terrorismo. Vogliamo vivere in un nostro Stato accanto a Israele che abbiamo riconosciuto nell’88 e nel 93, con gli accordi di Oslo, come Stato e come territorio, ora anche Israele deve riconoscere a sua volta il nostro Stato e il nostro territorio”, ha detto il presidente palestinese Abu Mazen nel colloquio con Mattarella. “Una volta che avremmo raggiunto la pace, parleremo con tutti i Paesi arabi perché riconoscano lo Stato di Israele”, ha ribadito, spiegando che Hamas deve consegnare le armi e non dovrà svolgere alcun ruolo in futuro, perché non crede alla pace.
Abu Mazen a Palazzo Chigi
Nel pomeriggio Abu Mazen è arrivato a Palazzo Chigi per l’incontro con Giorgia Meloni. Circa un anno fa la premier offriva il sostegno italiano su tre punti chiave: l’azione dei mediatori per lo stop delle ostilità a Gaza, l’impegno per una soluzione politica duratura basata sulla prospettiva dei due Stati e la volontà del governo di svolgere un ruolo di primo piano nella stabilizzazione e nella ricostruzione della Striscia. Si riparte da questi cardini, con la differenza che intanto la tregua è stata raggiunta. LEGGI TUTTO

Mosca chiude l’Agenzia. L’ira di Israele
Nella nuova avventura che il mondo, bendato, sta intraprendendo, Israele e Russia confliggono. Putin ha annunciato la chiusura dell’Agenzia Ebraica in Russia, la «Sochnut» che divenne il primo governo di Israele: nata nel 1923, divenne nel ’48 il primo governo di Ben Gurion; tiene insieme nel mondo il bandolo della diaspora, laica e religiosa, del ritorno in Israele del popolo ebraico. Paese per Paese, città per città, il nesso fra identità culturale e religiosa delle varie comunità e Israele è là.Il ministero della Giustizia russo ha accusato la «Sochnut» di raccogliere informazioni sui cittadini russi, e questo è illegale. La risposta tecnica è stata l’incarico a un gruppo di legislatori israeliani di partire per Mosca per trovare il modo di far cessare l’inquisizione, ma per ora il gruppetto aspetta presso il ministero degli Esteri e non ottiene il permesso di presentarsi in Russia. L’Agenzia ha deciso al momento di spostare la sua attività online e a Gerusalemme, una sconfitta momentanea, accompagnata dalla protesta simile a una vera e propria minaccia di rappresaglia da parte del primo ministro e ministro degli Esteri Yair Lapid. Insieme a un gruppo di ministri in un incontro a porte chiuse ha segnalato rabbia, decisione, ma soprattutto un grande sconcerto insieme alla promessa di rivedere i rapporti con la Russia. Lapid pensa di richiamare l’ambasciatore per consultazioni, di rimandare la consegna del consegna alla Russia del complesso di una chiesa a Gerusalemme da tempo promesso, e soprattutto, si capisce senza dirlo, di spostarsi dalla scelta di non fornire armi agli Ucraini, né aiuto strategico.Non saranno certo le minacce a spaventare Putin: nella sua irritazione oltre alla spallata da bullo, probabilmente c’è anche un elemento personale. Lapid, al contrario di Bennett, e del rapporto molto cortese con l’accordo di non ingerenza del 2015 con Netanyahu, non ha contatti con Putin, e ha inveito parecchio contro i «crimini di guerra», le «stragi», le «aggressioni non provocate», pur mantenendosi sulla linea degli aiuti puramente umanitari e del sostegno morale a Zelensky.Israele, che sapeva bene di camminare su un’asse di equilibrio data la presenza militare massiccia della Russia in Siria, ha votato all’Onu il 7 aprile per espellere Putin dal Comitato per i diritti umani, ha spinto molto l’aiuto sanitario e l’immigrazione, Lapid è apparso come il miglior amico di Biden durante la visita di pochi giorni fa. L’incontro di Putin a Teheran e i nuovi accordi con gli ayatollah, anche se non hanno contemplato un aspetto esplicitamente anti israeliano, pure devono non averne escluso qualcuno. L’asse fra Russia, Iran e Turchia ha un tratto anti americano e anti israeliano. E in Siria Israele contrattacca il disegno iraniano di creare un fronte nemico pronto alla guerra, come quello degli Hezbollah in Libano. Adesso, vedremo se la Russia seguiterà a chiudere un occhio. Difficile che voglia confrontarsi militarmente con Israele, che sul campo resta un nemico molto temibile, e Putin è già molto occupato. Ma la chiusura dell’Agenzia è un atto duro, che mette insieme un attacco agli ebrei russi e a Israele, così catturato nello scontro mondiale di cui ha cercato invano di restare ai margini.Israele non può ignorare l’incubo degli ebrei bloccati come ai tempi di Nathan Sharansky, che dovette trascorrere 9 anni in prigione fra gli anni ’70 e ’80, quando l’Unione Sovietica perseguitava gli ebrei refusenik. Per ora siamo agli inizi di quello che si può trasformare in una prigione per circa un milione di ebrei russi. Un milione giunsero negli anni ’90 dopo la fine dell’Urss. Ma quando c’è una crisi mondiale, è raro che non risuoni un ritornello anti ebraico. Funziona. LEGGI TUTTO



